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Autore: SabrinaSala    11/06/2015    27 recensioni
Il proiettile lacerò l’aria. Poi la carne.
Sorpreso, André si portò una mano al petto. La giubba blu intrisa di sangue.
-Oscar… - mormorò in un soffio. E in quel nome c’era tutto. Dolore, sgomento, paura… Paura di perderla. Adesso. Di perdere lei, la sua vita… Dopo averla finalmente trovata - Oscar… - ripeté.
Genere: Azione, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alain de Soisson, André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Saint-Just, Victor Clemente Girodelle
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 15 – Fine e Inizio
 
-André! – la voce di Oscar vibrò nell’aria, secca come un colpo di pistola.
-Oscar… - rispose lui, appoggiandosi al granitico Alain - Perché gridi, Oscar? Va tutto bene… va tutto bene – rise, facendo leva sulle braccia dell’amico per rimettersi in piedi.
E al suono della sua risata, Caesar si impennò. Come spinto dalla stessa emozione che dallo stomaco saliva ed esplodeva nel petto della sua bionda amazzone.
André… mormorò allora lei a fior di labbra prima di impartire ordini con voce appena tremante.
-Alain -, disse come ipnotizzata – aiutalo a salire in carrozza e allontaniamoci da qui! Raggiungiamo Mondidier, subito! – esortò, scambiando un’occhiata d’intesa con il Generale ancora fermo al suo fianco.  
 
***
 
Il breve tragitto, che separava i viaggiatori da Montdidier, apparve loro infinitamente lungo.
Oscar guidava il drappello. Il cuore che le batteva forte e un senso di spossatezza che le rendeva difficile proseguire contrapposto all’urgenza di raggiungere un posto sicuro per fermarsi, parlarsi. Ritrovarsi…
Al suo fianco, il Generale, i cui uomini chiudevano la carovana. Alain fiancheggiava invece la carrozza, lo sguardo fisso sul suo occupante più giovane, un sorriso sulle labbra e l’immancabile stecchino tra i denti. Ogni tanto, il bel soldato dai capelli corvini socchiudeva gli occhi, emettendo un sospiro silenzioso ma al tempo stesso profondo.
Nell’abitacolo, André se ne stava con la testa appoggiata al sedile, il volto tirato di chi vive una grande emozione. Di fronte a lui, Eloise.
André schiuse le labbra per parlare, ma lei sollevò appena la mano sinistra, fermandolo con un cenno.
-Va tutto bene, André… - mormorò usando  le sue stesse parole, chiamandolo per la prima volta con il suo nome e cercando di non farsi sentire, contando sull’agitazione di Madame Boullet che, come la servitù, appariva scossa e ansiosa di raggiungere le strade più battute del paese.
 
***
 
-Ho capito. – annuì il Generale, dando le spalle ad Oscar. Gli occhi rivolti agli strali viola del tramonto di quell’estate “bollente” che si allungavano all’orizzonte, oltre il vetro della finestra che guardava ad oriente.  Le mani strette in una morsa alla base della schiena perfettamente eretta.
Quell’immagine, tanto familiare quanto temibile, le strappò per la prima volta un sorriso, anche se appena accennato, portandola a domandarsi quand’era che una figlia smettesse di sentirsi tale al cospetto del genitore…
Nonostante la carriera, nonostante l’età adulta e le divergenze di opinioni, Oscar si era sempre sentita figlia, o figlio, in compagnia del generale… Così adesso. In quella locanda. Nella stanza che lui si era fatto assegnare e dove l’aveva pregata di raggiungerlo. C’era qualcosa di diverso, però, nell’espressione di suo padre. Un velo di tristezza e di preoccupazione.  E lei sapeva bene di essere la causa di almeno una parte di quella preoccupazione.
Si erano raccontati gli ultimi avvenimenti, pacatamente. Come due commilitoni assegnati a due compiti diversi.  Eppure, Oscar continuava a sentirsi una bambina al suo cospetto. Al cospetto di quei profondi occhi blu. Determinati quanto i suoi…
Un destino beffardo li aveva fatti incontrare nel momento e nel luogo più impensabili.  Lo stesso destino beffardo aveva fatto in modo che ancora una volta il Generale fosse l’artefice della sua vita. Del suo ennesimo cambiamento di rotta. Alla sua apparizione, infatti, e all’errata interpretazione di quella spada levata, atta questa volta a difenderla, era da imputare il nuovo trauma di André. Un trauma in grado di far scattare qualcosa nella sua testa confusa.
-Partirò stasera stessa, Oscar. – riprese l’uomo inaspettatamente, spezzando con la sua bella voce austera il filo di qualunque pensiero.
Allargando con la mano sinistra  la giacca all’altezza del cuore e affondando l’altra nella tasca interna, senza voltarsi, trovò quello che stava cercando.
Lei fissò quelle spalle larghe e i lievi movimenti che le scuotevano appena.
Il Generale estrasse una lettera sigillata. La sua mano, ora sollevata nello specchio della finestra, la esponeva allo sguardo interrogativo della figlia.
-Non ti ho mandata a chiamare per raccontarti del mio ultimo incarico… Ne, tantomeno, per dirti quanto sia stato sorpreso di incontrarti in quel bosco, mentre tornavo a Parigi, Oscar. – affermò, voltandosi e guardandola fissamente negli occhi. Quasi inchiodandola alla porta che chiudeva la stanza e i loro discorsi.
Le porse la lettera e con un cenno della mano la invitò a prenderla.
-Sapevo che ti avrei rivista, un giorno. – continuò – L’ho portata con me, aspettando quel momento. –
Oscar sfilò la busta dalla mano del padre, continuando a non capire.
-Ho ricevuto la lettera che hai lasciato sulla tua scrivania, in caserma* e questa è la mia risposta. –
Oscar sussultò, ricordando le parole tracciate su quel foglio. Impallidì. Fece scivolare lo sguardo sulla busta, poi lo riportò in quello del Generale i cui occhi avevano perso la durezza di un tempo.
-Ho riflettuto sulle tue parole… - affermò lui piegando leggermente un angolo delle labbra in un sorriso indecifrabile. –E l’unico modo che ho per liberare André… - esitò  - … è rendere libera te, Oscar. –
Oscar trasalì. Le gambe quasi le cedettero e con mani tremanti aprì la busta per leggerne il contenuto.
“Trasmetto a mia figlia Oscar François de Jarjayes ogni potere decisionale e di firma in merito alla propria persona.” La lettera conteneva poi altre istruzioni  che riguardavano il patrimonio di famiglia, firme e sigilli, compreso quello reale.
Oscar sollevò lo sguardo sul Generale che, forse per la prima volta da quando, ancora bambina,  le aveva regalato la prima spada, sorrideva contemplando la gioia mista allo stupore che trasfiguravano il bel volto della figlia.
-Sei libera, Oscar. Libera di vivere la tua vita. – mormorò accennando il saluto militare. E detto questo, si avviò alla porta superandola senza attendere una risposta.
-Aspettate… - lo pregò lei senza voltarsi. Chiudendo gli occhi per trattenere le lacrime e l’emozione che la soffocava.
Entrambi, in quel momento, inspirarono profondamente. Godendo della reciproca presenza, senza guardarsi.
-Grazie. – mormorò Oscar -  Vi ringrazio padre. – concluse con lo stesso tono austero del genitore.  
L’uomo fece un cenno col capo, come se Oscar potesse vederlo.
-Fammi avere vostre notizie, Oscar. – la pregò. Dunque, lasciò la stanza. 
Lo attendeva un lungo viaggio verso Parigi e il delicato compito di scortare l’ennesima famiglia nobile in fuga verso i porti di Calais o Le Havre.
 
***
 
-Oscar… -  
André penetrò con lo sguardo la stanza del comandante, fermandosi sulla soglia.
Un movimento leggero, proveniente dall’angolo della parete dirimpetto alla porta, un delicato fruscio,  gli rivelò la presenza della donna.
Immersa nell’ombra, trincerata nel silenzio, Oscar occupava una sedia di legno chiaro, scrostata là dove un tempo doveva essere stata dipinta di un particolare tono dorato. Una camicia bianca indosso, pantaloni scuri a fasciarle le gambe snelle. Sullo schienale, come una corazza pronta a proteggerla, la giubba militare.  Severo “soldato blu” che vegliava sulla sua incolumità.
Dal proprio punto di osservazione, Oscar catturò con lo sguardo la figura alta e maschia che copriva lo specchio della porta. La luce delle bugie, nel corridoio alle spalle dell’uomo, giocava di trasparenze con la stoffa leggera della sua camicia ampia, dalla scollatura generosa, mettendo in evidenza le forme delle braccia e del torace perfetto. I fianchi snelli, le spalle larghe e tornite. Quell’uomo era suo.
Ma quando gli sguardi finalmente si incrociarono, tra i due prevalse ancora il silenzio. Il momento tanto atteso era arrivato. Un momento anelato. Necessario come l’aria che respiravano. Eppure temuto…
Lentamente, Oscar si sollevò dalla sedia per poi fermarsi e rimanere immobile.
Fu lui a cancellare con un due lunghe e decise falcate la distanza che ancora li separava. Teneva in mano qualcosa. Un libretto liso e consunto. Qualcosa che Oscar riconobbe come il suo  diario.
Fermandosi di fronte a lei, illuminato dal chiarore azzurrognolo che si irradiava dalla finestra alla sua sinistra, ultimo retaggio di quella sera d’agosto che scivolava suadente tra i vicoli di Montdidier, André le porse il libretto, senza una parola, guardandola fissamente in quegli occhi blu che la penombra rendeva quasi neri.
-Vai all’ultima pagina, Oscar… - la esortò cogliendo la sua esitazione, sfiorando con le dita quelle più esili e bianche di lei.
Scivolando con lo sguardo sulle pagine del diario, Oscar trovò l’ultima annotazione. Un’aggiunta al pensiero inquietante che aveva ammantato l’alba del  dodici luglio…
Dopo aver espresso il timore per gli avvenimenti incombenti, André aveva aggiunto poche parole. A matita. Evidentemente a posteriori.
“12 luglio 1789. La fine e l’inizio. Je t’aime, Oscar**
Una piccola matita dallo stelo blu scivolò allora tra le pagine aperte.
-Ho trovato solo questa… - mormorò una voce profonda e carezzevole.
Oscar sollevò lo sguardo. E la vide.
Vide la propria figura riflessa nello sguardo di André, finalmente.  In quell’unico occhio. Unica luce che le poteva ancora offrire. E lei si ritrovò improvvisamente a casa. 
Istintivamente si gettò tra le sue braccia, stringendolo a sé. Sorrise, la fronte appoggiata al suo petto, respirandone il profumo di sapone, l’odore maschio della sua pelle delicatamente abbronzata, il sapore. Quasi annidata nella sua figura.
Poi si sollevò, sciogliendo quell’abbraccio istintivo.
-André io… -  mormorò decisa a raccontarsi, ma senza tuttavia sapere da dove ricominciare. Decisa a parlargli della lettera del generale, a chiedergli degli altri membri della compagnia, a condividere i suoi ricordi…
Lo sguardo di lui la racchiuse completamente, avvolgente, carezzevole e bramoso.
-Basta Oscar…  – mormorò con voce roca attirandola nuovamente a sé. –Basta… -
Imprigionandole il viso tra le mani si riversò con impazienza sulla sua bocca dischiusa, pronta a riceverlo.
Un bacio intenso e bruscamente dolce nella sua urgenza. Le mani a stringerle il viso, poi la testa, le spalle. Giù fino alla vita e poi nuovamente a sfiorarle le scapole, a ritroso fino ad immergersi di nuovo nei suoi capelli biondi.
Si staccò, togliendole per la seconda volta il respiro. Fermo davanti a lei. Serio come non lo aveva mai visto, eppure rassicurante. Una mano dietro la nuca, quasi a trattenerla, l’altra  che scivolava lungo la  guancia, fino a seguire con l’indice la linea delicata del collo, poi il profilo della scollatura, che si allargava arrendevole sotto la spinta decisa delle sue dita,  indugiando là dove una cucitura serrava impertinente i due lambi di stoffa impedendogli di andare oltre, di osare oltre. Lo sguardo fisso negli occhi di lei, come a chiederle il permesso di proseguire quel gioco di avanscoperta e una spalla dalla pelle morbida che emergeva dalla stoffa candida.
Rapita, Oscar rispose con un cenno lieve del capo e le labbra di lui si piegarono in un sorriso dolce e malizioso allo stesso tempo.
Avvicinandosi ancora, le si fece addosso,  costringendola ad uscire allo scoperto. Lontana da quell’angolo. Lontana dall’ombra. Le catturò nuovamente il volto tra le mani, poi scese lungo le spalle, le sfiorò le braccia. Infine le serrò i polsi in una morsa tenera e decisa, trattenendoli dietro la schiena con entrambe le mani, così da circondarla completamente con le proprie braccia. Prigioniera alla sua mercé. Allora avanzò, inducendola a indietreggiare e passo dopo passo, lentamente ma inevitabilmente, iniziò una danza che la sospinse verso  il letto.
Con un guizzo,  la sollevò da terra e poggiando un ginocchio su quel materasso incredibilmente morbido la adagiò dolcemente là dove l’avrebbe raggiunta. Non prima, però, di rialzarsi e dedicare un momento ad ammirare  quel corpo di donna ancora vestito eppure terribilmente seducente.
Si liberò della camicia, passando la testa nella scollatura e attardandosi un attimo con le braccia imprigionate nella stoffa, all’altezza del petto, prendendosi così la prima soddisfazione di quella sera, cogliendo la propria immagine riflessa negli occhi ipnotizzati di Oscar. Una Oscar ora più consapevole di quanto stesse accadendo e del desiderio che le divorava anima e corpo. Adesso che erano complici. Complici negli sguardi e nelle pulsazioni che li avevano tormentati per giorni. Decisi a ritrovarsi, assaporarsi…
E André fu un tenero amante e un feroce conquistatore, dettando il ritmo di un’agonia dolcissima e struggente. E per la seconda volta, la fece sua. Con una voluttà che li avvolse e li condusse in una danza ritmica e sensuale. Una danza di sospiri e promesse. Di baci caldi e teneri, duri e appassionati. Di mani che si intrecciavano, cercandosi… trovandosi… scoprendosi.  E Oscar fu sua. Ancora e ancora. Arrendevole e intrigante. Lasciandosi amare. Pretendendo di amare. Le mani affondate nei suoi capelli scuri,  umidi di sudore, eppoi sulla schiena a seguire il guizzo di quei muscoli sodi. Morendo sulle sue labbra esigenti. Rinascendo ad ogni suo movimento ricercato e perfetto. Fu allora che lo graffiò. Inavvertitamente. E la smorfia leggera di André la fermò. Ma lui l’ammantò  con uno sguardo malizioso e un sorriso ancora foriero di mille promesse e piaceri… E fu di nuovo la fine e poi ancora l’inizio…
 
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***
 
Un alito di vento alleviò piacevolmente la calura estiva, scivolando tra i muri e i vicoli del paese al seguito del chiarore azzurrognolo che preannunciava l’avvento di quella sera. 
Alain gettò istintivamente un’occhiata a quella finestra. L’unica che non avrebbe dovuto guardare.  Pentendosi subito dopo. Distogliere lo sguardo, infatti, non era stato sufficiente a cancellare dai suoi occhi l’immagine di André stretto al suo comandante.
Ficcò le mani in tasca,  chiedendosi quando fosse diventato così sciocco e puritano. Cosa poteva mai esserci in un abbraccio da imbarazzarlo a tal punto? Si passò una mano sulla nuca, ridacchiando tra sé e prevedendo, tra i due amanti, scintille, e affossando il leggero senso di malessere che gli attanagliava lo stomaco.
Missione compiuta! si disse. Da oggi, basta essere l’ombra del comandante! Ogni cosa tornerà al suo posto. Ottima fine, ottimo inizio!
Percorse un breve tratto di strada, tra ciottoli sconnessi, allontanandosi dalla  locanda ma  senza perderla di vista. Trovò un muretto di pietra e muschio e vi si sedette a cavalcioni. Poi estrasse dalla tasca interna della giacca l’armonica acquistata quella stessa sera e socchiudendo gli occhi intonò una vecchia canzone.
-Siete una continua sorpresa! – lo interruppe una voce ben nota.
Voltandosi alla propria sinistra, Alain spianò gli occhi scuri sulla figura che aveva parlato.
-Mademoiselle! – salutò mettendo a fuoco  l’immagine di Eloise. –Voi non siete da meno, a quanto pare! – commentò, cogliendo  il riferimento di lei alla musica e rimarcando, di conseguenza, il fatto che si trovasse in giro da sola dopo l’ora di cena. 
-Non ho bisogno della balia. – ribatté ironicamente la ragazza sollevando il mento.
Alain sorrise, poi rise di gusto.
-Ne sono convinto! –  affermò. Ma quando si accorse dello sguardo di Eloise rivolto alla locanda, ammutolì di colpo fissandola serio.
La ragazza si appoggiò di spalle al muretto.
-Non commiseratemi. – lo rimproverò. – Non ce n’è affatto bisogno. – disse. - Non mi sono mai illusa di rimpiazzare Serge con il vostro André. Se è questo che pensate. Mi bastava allontanarmi da Parigi. –
Alain inarcò un sopracciglio.
-Cosa avete intenzione di fare? – domandò.
Lei esitò. Poi, guardandolo negli occhi, decise che non aveva niente da perdere. E questo perché nessuno  avrebbe potuto fermarla, ormai.
-Raggiungeremo Amiens, come previsto. Ho già parlato con André. Restituirò la libertà a Serge. Rassicurerò Madame sul mio futuro. Poi me ne andrò a Calais e da lì mi imbarcherò per l’Inghilterra. – rispose scandendo bene ogni passaggio. Gli occhi sempre puntati in quelli di Alain.
Si volse.
-Non tornerò a casa. Non potrei accettare le imposizioni della mia famiglia che troverebbe sicuramente un sostituto brillante al fu Serge… - mormorò. –Non sono più una ragazzina. Sono stata fidanzata. Dovrei accettare chiunque si dovesse degnare di chiedere la mia mano. – scosse la testa impercettibilmente, facendo scivolare una ciocca di capelli castani sulla guancia. Poi rise. Rise amaramente e Alain non poté che notare quanto quella giovane donna amareggiata somigliasse ad Oscar.
-Siete un tipo straordinario… Lasciatevelo dire! – ammise spontaneamente.
Gli occhi di lei lo trafissero.
-E voi? – domandò. – L’avete persa! – disse con sguardo impudente,  accennando col capo alla locanda.
Alain ispirò profondamente. Quella ragazza sapeva essere fastidiosa e impertinente.
-Dovreste smetterla con queste sciocchezze… - mormorò. – Non ho perso nessuno. –
-Dimostratemelo! – sogghignò lei guardandolo ancora negli occhi.
Alain ammutolì, irrigidendo la mascella. Impertinente e provocatoria! Ringhiò il suo stomaco.
Saltò giù dal muretto, fronteggiandola e mentre lei, sussultando, arretrava di un passo, forse chiedendosi se non avesse esagerato, quell’immensa figura d’uomo le passò una mano dietro la schiena.  Afferrandola per la vita e trascinandosela addosso, Alain la baciò duramente.
-Contenta?- mormorò sulle sue labbra, staccandosi da lei  e facendole riprendere fiato.
Un sonoro ceffone gli fece volgere il capo.
Furente, Eloise si passò il dorso di una mano sulle labbra violate e sollevando le gonne si diresse altera verso la locanda senza mai voltarsi.
Alain si massaggiò la guancia.
“Mi dovete una faccia nuova, comandante…” mormorò tra sé. E tornando cavalcioni sul muretto, riprese a suonare quella vecchia canzone.
 
 
 
 
Amiens – fine agosto 1789. Epilogo
 
La luce piena di quella mattina si rincorreva in barbagli dorati sul pavimento della terrazza aperta sul giardino di villa Boullet.
André socchiuse l’occhio stanco cercando di proteggerlo dal sole troppo forte.
-Ne sei proprio sicuro, Alain? – tentò ancora  una volta, rivolto all’amico che gli sedeva accanto, attorno ad un piccolo tavolo imbandito per la colazione.
Per tutta risposta, l’uomo abbassò il capo sul petto e ridacchiando spostò lo stecchino da un angolo all’altro delle labbra. Poi si piegò  in avanti e sollevando un braccio, diede un paio di pacche sulle spalle dell’ex-commilitone.
-E’ tempo di ritirarmi, amico. – mormorò –Io mi dimetto! Il comandante non ha più bisogno di me, non ti pare? –
André ne soppesò la figura massiccia, tornata ad indossare la vecchia uniforme blu dopo quei giorni di libertà e riposo che si erano concessi. La tenuta della famiglia Boullet, era infatti divenuta per tutti loro un  nuovo, momentaneo rifugio, amorevolmente accuditi da Madam, ancora restia a separarsi dal suo Serge.
Lasciandosi andare contro lo schienale della sedia, André riportò lo sguardo sul giardino sottostante la breve gradinata della terrazza. Così facendo, Oscar ed Eloise, impegnate in un acceso  scambio di opinioni, tornarono nel suo campo visivo.
-Non cambierai idea, vero? – domandò qualche momento più tardi, tornando sull’ argomento che gli stava particolarmente a cuore.  L’imminente partenza di Alain gli causava una profonda tristezza.
Alain non rispose subito, ma seguì il suo sguardo trovando Oscar. Abbassò gli occhi scuri, distogliendo la mente da quella pericolosa figura bionda. Lasciando che fosse solo lo sguardo di André a carezzarla.  
-Il ruolo del terzo incomodo non fa per me – rise amaramente, augurandosi che l’amico non riuscisse a leggere quanta verità ci fosse in quelle parole.
Ma l’ uomo, perso nella contemplazione, non parve accorgersi di nulla.
-Torneremo a Parigi anche noi… - mormorò infatti distratto. – Non prima, però, di aver pensato alla salute di Oscar… -
Alain avvertì una stretta al cuore al pensiero della violenta tosse che aveva rischiato più volte di spezzare il suo fragile comandante.
-Una vita più regolare e tranquilla non potrà farle che bene. – commentò.
André annuì, poi si sporse leggermente in avanti come a voler osservare meglio la figura mora di Eloise.
-Anche Eloise dovrebbe fermarsi… - osservò con una punta di amarezza nella voce.
Non provava astio né rancore per quella ragazza che aveva mantenuto la parola sciogliendo, agli occhi di Madame, il fidanzamento con Serge. Solo una sorta di affetto. E l’idea che si stesse preparando a partire da sola, affrontando il viaggio per Calais lo impensieriva un po’. Pensiero condiviso anche da Oscar.  E probabilmente, era di questo che due donne argomentavano. Testarde entrambe.
-Con quel carattere? – sbottò istintivamente Alain, giocando  ancora con lo stecchino che teneva tra le labbra, lo sguardo fisso al giardino.
André gli rivolse un’occhiata sorniona. Ma non disse nulla, sorridendo tra sé.  Assaporando attraverso la camicia la carezza del sole e il piacere di quella giornata che avrebbero trascorso ancora tutti insieme prima dell’inevitabile fine che avrebbe portato per tutti un nuovo e imponderabile inizio…

                                                                                                                                                                                                               

 
 
 
 
Un paio di note:
*Riferimento alla lettera che appare nella mia FF “UNA DONNA”
**Autocitazione! Perdonatemi, è stato più forte di me… Riferimento “non casuale” al titolo della mia FF “JE T’AIME, OSCAR!”
 
 
DUE PAROLE…
Qui si chiude questo mio “SOLDATO BLU”. Spero vivamente vi abbia tenuto compagnia, così come ha fatto con me durante la sua stesura.
C’è una certa emozione, quando si giunge alla fine di un’avventura. Un sottile piacere misto ad un pizzico di prematura nostalgia. Nostalgia per il percorso fatto e per gli amici che ci hanno accompagnato. Ecco come mi sento adesso... NOSTALGICA! Un pezzo del mio cuore resterà per sempre legato a questo racconto, storia che non avrei mai immaginato di scrivere e per la quale devo invece ringraziare chi, con esortazioni e commenti, mi ha spinta a farlo… Il mio amore sconfinato per LADY OSCAR non pensavo mi avrebbe mai permesso di modificare anche solo una virgola di una storia (nella sua versione ANIME) che trovo già perfetta così, nel pieno della sua tragicità. Da oggi, invece, sorriderò un po’ di più, pensando a questi 15 capitoli "extra" omaggio all’anime stesso! Ringrazio Serge (dolce e sfortunato), Eloise (forte e sfrontata) e Alain (non credo di dover aggiungere nulla di più di quanto ho già espresso lungo il corso di questa storia…). Ringrazio Oscar e André (imprigionati in questa sorta di “gioco delle parti” che hanno permesso alla nostra eroina “algida e capricciosa, leonessa forte e fragile” di sperimentare anche solo per poco quella zona d’ombra nella quale André ha vissuto per anni) e soprattutto… ringrazio il DIARIO!
 
Un RINGRAZIAMENTO ENORME va poi tutti voi che mi avete seguita, sopportata e recensita. A chi ha avuto la pazienza di aspettare una mia risposta, a chi si è FIDATO ciecamente di me! 
 
DOMANDE, RICHIESTE e NUOVE ISPIRAZIONI sono le BENVENUTE!
 
Intanto, nella speranza di leggervi presto e di trovarmi ancora in vostra compagnia, vi ricordo il primo appuntamento con un nuovo progetto… anzi due! Da quando? Ma già da questo fine settimana, ehehehe!
E per ingolosirvi o semplicemente “indirizzarvi”, ecco due righe di presentazione generale relative ai due soggetti originali ai quali ho già accennato:

-MISERERE. Basso Medioevo. Sacro Romano Impero. Città di Rosemburg.  Pedine inconsapevoli di un gioco iniziato quando ancora erano in tenera età, Johannes e Justus, destinati rispettivamente all’Arma e al Clero, si trovano loro malgrado coinvolti in un ordito di peccati e di colpe… Non sarà sufficiente lo stretto legame con il Vescovo-Conte della città a salvare le loro anime.
 
-IMMORTALITY. Patto di sangue. Nord America. L’inquieta diciannovenne Rose si chiede perché mettere in discussione tutto. Una vita perfetta, un fidanzato perfetto, un futuro perfetto. Ma quel patto di sangue, sancito più di duecento anni prima,  sembra soffocarla mentre due caldi occhi nocciola potrebbero indicarle l’unica via d’uscita, l’unica deviazione da un percorso già scritto per lei…

Adesso vi saluto, senza rubarvi altro tempo prezioso, curiosa di scoprire chi ritroverò alla prossima avventura! 
A presto, Sabrina 

 
   
 
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