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Autore: Yellow Canadair    13/06/2015    4 recensioni
La ciurma di Cappello di Paglia si cerca confusa tra le onde. Franky piange senza ritegno davanti ai pochi rottami della sua creatura inghiottita dall'oceano. Hanno i vestiti strappati, sono stati travolti da travi e da onde, stringono i pochi oggetti scampati alla tragedia su un relitto che galleggia con loro. I ragazzi si fanno coraggio tra i flutti, cercano senza fortuna due dispersi. La notte morde con il suo freddo, il giorno bacia con la sua lingua rovente. Il sale spacca la pelle, la fame urla fra le viscere.
Stremati, approdano su una terra che esala umidi sospiri, le luci dell'ultima casa brillavano sul colle buio. E mentre i pirati dipanano il mistero di una Marine impazzita, un suono di cornamusa riempie l'aria...
Genere: Avventura, Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ciurma di Shanks, Monkey D. Rufy, Mugiwara, Nuovo personaggio, Shanks il rosso
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nel nero dell’oceano


 

Calava la notte su un mare tenebroso e liscio come olio, al termine di una giornata tragica come poche. Il cielo si tingeva di rosso e di viola, il sole scomparso all’orizzonte ancora illuminava fiocamente l’oceano che diventava sempre più nero. I naufraghi venivano sollevati dai marosi, le mani si serravano tra loro in attesa che quel movimento dell’acqua simile ad un respiro cessasse.

Nessuno osava parlare. I piedi si dibattevano sott’acqua per rimanere a galla, i ragazzi nuotavano sovrastando un abisso nero di cui non si vedeva il fondo.

L’unico rumore che si sentiva era il continuo e penoso piangere di un uomo che aveva appena visto morire sua figlia. Disperato, se l’era vista portare via da un mostro che nessuno comprendeva bene, che nessuno era riuscito a vedere, che nessuno era riuscito a combattere.

Era successo tutto così in fretta che non avevano nemmeno fatto in tempo a scendere nel soldier dock system per scappare via con la Mini Merry II. La nave si era spezzata in due e, prima che cominciasse ad inabissarsi, Franky aveva visto i canali, ormai scoperti, perire agonizzanti mentre il mare li inghiottiva.

Aveva visto la sua vita scivolare nel buio del mare assieme allo Shark Submerge.

E al Waver di Nami.

E alla Mini Merry II.

La Thousand Sunny riposava, violentata, in un mare nero e profondo. Non l’avrebbe vista mai più. L’avventura era finita e la responsabilità di quella tragedia era solo sua: non solo la sua creatura non sarebbe più diventata la nave del Re dei Pirati, ma aveva messo a repentaglio la vita della sua famiglia a causa della sua superficialità.

Franky non se lo sarebbe mai perdonato.

Il grande cyborg piangeva aggrappato al relitto più grosso che erano riusciti a trovare. Sopra erano stati deposti Nico Robin e il corpo di Brook, la cui anima vagava lì attorno per cercare i dispersi. Rufy non aveva voluto saperne di mettersi al riparo dai flutti, ed era aggrappato al rottame galleggiante accanto a Franky, sorretto da Sanji.

Chopper, nella sua forma più piccola, si stava occupando dei feriti: le onde che, nonostante l’intervento di Zoro, li avevano travolti, avevano scaraventato loro addosso legno, metallo e detriti. Il piccolo dottore era riuscito a proteggersi sfruttando il suo guard-point, almeno fino all’ingresso in acqua. Poi, fortunatamente, Franky l’aveva acchiappato al volo assieme a Nico Robin, ed erano riusciti in qualche modo a cavarsela nonostante la donna avesse riportato un brutto colpo alla spalla destra nel tentativo di evitare che una trave travolgesse tutti e tre. La renna la stava medicando, con quel poco che c’era con loro, togliendole la stoffa lercia dalla ferita e facendole vento con l’hawaiana di Franky.

Quando aveva realizzato che la “Manovra d’Emergenza” era fallita miseramente, Sanji si era gettato alla ricerca disperata di Nami, ma la visione del suo capitano che perdeva le forze in mezzo all’acqua lo aveva fatto desistere dalla ricerca ed era corso in suo aiuto prima che il mare avesse la meglio sul Frutto del Diavolo. L’albero di mezzana gli era franato in testa ed era stato medicato con la bandiera, ma tutto sommato era vivo.

– Yoho! Eccomi! – una voce proveniente dall’alto fece voltare la testa a Chopper e Sanji. Non era una risata, quanto un richiamo: Brook era tornato.

– Ehi! Ci siete tutti? – la voce di Zoro arrivò, e stavolta persino Sanji fu felice di sentirla.

Dopo essere saltato verso prua per tagliare l’onda anomala che stava per travolgerli, dello spadaccino non era stata vista l’ombra. Quando Rufy, Sanji, Chopper, Franky e Nico Robin si erano riuniti era stato deciso di mandare l’anima di Brook in giro per cercare di recuperare gli assenti.

Lo spadaccino, sovrastato dall’anima fluorescente di Brook, nuotava verso di loro a stile libero. Sembrava illeso, e aveva con sé persino le spade che non sembravano appesantirlo più di tanto, mentre invece si era sbarazzato dello yukata fradicio.

– Manca qualcuno? – tuonò avvicinandosi.

– Dove sono Nami e Usop? – capì immediatamente lo scheletro, sussurrando con la sua voce spettrale – Torno a cercarli –

– Ce la fai ancora? – si accertò Sanji.

– Sono stato cinquant’anni separato dal mio corpo… qualche ora non farà differenza. Trattatemelo bene – disse Brook prima di volare via, brillando fioco nella notte che si avvicinava.

– Franky – sussurrò cauto il cuoco – Se accendi le luci, per Brook sarà più semplice tornare indietro.

– Rufy! – esclamò lo spadaccino nuotando fino al suo capitano – Cerca di issarti su! Via dall’acqua!! – lo spronò il vicecomandante.

– No, Zoro – sussurrò debole Rufy con un sorriso spento – Va bene così, non ti preoccupare! –

– Teme che, se sale, si ribalti il relitto – spiegò Sanji in vece di Cappello di Paglia – Preferisce dare la precedenza a Robin, Chopper e Brook –

– Allora a lui penso io – tuonò lo spadaccino portandosi al fianco del capitano, aiutandolo a reggersi al precario pezzo di legno.

– Andrà tutto bene – sorrise indomito Cappello di Paglia, sorridendo e mostrando il pollice alto – Siamo pirati! Ce la faremo! Ce la faranno anche Nami e Usop, ne sono sicuro! –

 

Il sole aveva ceduto il passo all’oscurità più totale.

Una brezza fredda si era sollevata insistente e increspava l’acqua.

I ragazzi rabbrividirono, stringendosi vicini. Nico Robin, sul relitto, si era addormentata seduta contro Chopper in guard point, e Rufy, stremato, era stato issato vicino a loro quando ormai non poteva più nemmeno ribattere.

Zoro e Sanji galleggiavano vicini, la voglia di litigare sembrava essere affondata con la nave. La piccola renna aveva svolto la bandiera che cingeva la testa di Sanji per dare un’occhiata alla sua ferita e ora il drappo copriva Nico Robin addormentata.

Avevano pensato di procedere verso oriente, in fondo seguendo il log pose stavano andando in quella direzione, ma cominciare a muoversi avrebbe significato abbandonare Nami e Usop. Anche se, a causa delle correnti, loro si stavano già muovendo.

– Aspettiamo che torni Brook – disse Rufy con un filo di voce, ma indubbiamente deciso – E poi andiamo verso la prossima isola.

Tutti sospirarono pesantemente, senza ribattere. Faceva freddo, si era sollevata una brezza fresca che faceva arricciare le onde dell’oceano. Franky galleggiava sulla schiena, reggendo il corpo di Brook e le katane di Zoro, con la testa svuotata di ogni pensiero. Aveva acceso i suoi capezzoli come un faro per Brook, che era ancora in giro a cercare Nami e Usop.

Il peggio, lo sapevano tutti, sarebbe arrivato quando, l’indomani, il sole avrebbe arso spietato sulle loro teste.

 

~


– Nami! Nami dove sei?? – la voce terrorizzata del cecchino corse sul mare, disperdendosi nel nulla.

– Sono qui, calmo – riemerse la ragazza, che non aveva fatto altro che andare per un attimo sott’acqua con la testa reclinata all’indietro per togliersi dal viso ciocche di capelli incollate dall’acqua.

– Non andare da nessuna parte!! – la pregò Usop afferrandola per le spalle e scuotendola.

– Dove accidenti vuoi che vada??? – si arrabbiò la navigatrice.

– Che facciamo, Nami? – piagnucolò il ragazzo.

C’era poco da fare; prima che la nave si spezzasse in due sotto i furiosi colpi di una sorte misteriosa, uno degli alberi si era abbattuto sul laboratorio di Nami, che si trovava lì vicino; la ragazza, per evitare che il pesantissimo pennone la travolgesse, aveva fatto un salto all’indietro sulla scala dove si trovava ma, nel ricadere per terra mentre il suo osservatorio veniva schiacciato, si era retta alla balaustra delle scale; suddetta balaustra però, danneggiata, aveva ceduto sotto il peso della ragazza, e Nami era caduta in mare.

Usop colto dal panico era corso nella sua camera per recuperare tutto ciò che poteva prima dell’inevitabile inabissamento che il suo pessimismo aveva già previsto con ampio anticipo. Sulla strada per tornare in coperta era passato per la sala dell’acquario, invasa dall’acqua a causa di crepe sul pavimento, e anche il vetro della vasca, seppur rinforzato, era prossimo al cedimento. Cedimento che arrivò esattamente mentre il cecchino era in mezzo alla stanza: sotto la pressione dell’acqua che cadeva, il pavimento che già zampillava da parecchio ebbe il suo colpo di grazia, e il ragazzo dovette ritenersi fortunato se aveva mantenuto i sensi mentre veniva coperto da tonnellate d’acqua. Era riemerso pochi metri a poppa della nave, aveva visto una macchia di capelli arancioni vicino a lui e aveva fatto appena in tempo a raggiungerla prima che fossero travolti e spazzati via dall’onda di maremoto che aveva distrutto la Sunny.

Nami, cercando di liberarsi dalla mano dell’amico che le stringeva le dita in una morsa disperata, si guardò attorno. – Eravamo in vista di un’isola, prima di naufragare – ragionò – Seguendo il log pose possiamo tentare di raggiungerla. – concluse mostrando al compagno lo strumento che aveva al polso.

– Ma senza una nave è impossibile…

– Qui però rischiamo di farci mangiare dai Re del Mare, sai?

Usop cominciò a nuotare, lento ma deciso, e Nami si avviò seguendolo sorridendo soddisfatta. Però era una felicità destinata a durare non più di pochi secondi, il tempo perché nella sua mente si facesse strada l’idea che aveva appena perso la sua casa, la sua famiglia e il suo capitano.

 

~

 

Conoscendo la genialità di Franky come carpentiere, per di più con una propensione particolare per modificare il proprio corpo e renderlo più simile ad una macchina che ad una creatura biologica, nessuno si stupì nel vedere che era attrezzato anche perché le sue gambe, piegate, diventassero due eliche e che lui stesso, una volta distesosi sulla pancia, potesse diventare il “Franky Warship I”. Aveva composto anche una canzone per quando avrebbe mostrato quella prodezza agli amici, ma adesso il cyborg non sapeva nemmeno se l’avrebbe mai più cantata.

Le luci dei capezzoli, adesso che Brook era tornato a mani vuote, erano spente e sommerse.

Aveva navigato trascinando dietro tutti, sia quelli che galleggiavano in autonomia sia i ragazzi che, dotati di frutto del diavolo, erano stesi su un infimo relitto per non affogare. Avrebbe voluto morire anche lui con la Sunny, e affondare con il suo sogno: il senso di colpa per il fatto che la sua creatura non avesse retto a quelle misteriose sollecitazioni che l’avevano distrutta era devastante. Ma come poteva lasciarsi morire e abbandonare al loro destino i suoi amici, come poteva dire a Rufy “mi dispiace, ma io mi fermo qui”? Come poteva stare inerme a sentire Chopper che singhiozzava dicendo che a Robin stava salendo la febbre, e sotto il sole non avrebbero avuto nemmeno dell’acqua per farla bere?

Aveva navigato finché aveva avuto Cola in corpo. Aveva fenduto le onde finché le eliche non avevano smesso di girare, con la sola idea che ad Oriente ci sarebbe stata una terra dove depositare i suoi amici. Dopo cinque ore di corsa forzata, anche Sanji e Zoro si erano messi ad aiutarlo, spingendolo con le gambe e andando avanti ancora per due ore. Poi il sole era salito ancora, la Cola si era esaurita, e i naufraghi si erano dovuti arrendere.

– Come sta? – domandò Sanji a Chopper, riferendosi alla donna che respirava a fatica stesa sulle assi del relitto. Le avevano arrangiato, con la giacca del cuoco, un piccolo riparo perché almeno la testa rimanesse all’ombra.

– Posso fare poco – disse il piccolo medico cercando di rimanere impassibile, ma i suoi occhioni erano pieni di tristezza – È forte, e sicuramente riuscirà a sopravvivere… ma dobbiamo portarla subito su un’isola! –

Quelle parole, unite al fatto che la renna nel dirle si sforzava di non tremare per non spaventare la diretta interessata, colavano come piombo fuso e bollente nel cuore degli uomini.

Erano in mare da quasi venti ore, senza mangiare e senza bere. Parte della Cola era servita per alleviare la pena di Robin, ma nessuno osava intaccare l’ultimo mezzo bicchiere che Franky aveva conservato.

La notte che scese fu un balsamo per i ragazzi, ma il freddo pungente che li colse fece loro quasi rimpiangere di non essere stati uccisi dalla calura diurna. Al mattino continuarono con ostinazione a nuotare quando furono raggiunti all’improvviso da un banco di nebbia.

– E adesso? – fece Zoro.

– Rimanete vicini. – dispose Rufy – Datevi la mano. Non dovete perdervi! –

Era come stare in una grande nuvola densa.

– Ehi! Avete sentito? – Brook alzò il capo dalla spalla di Franky che lo sorreggeva.

– Cosa? – fece il Zoro, con la bocca impastata per la sete.

Tutti tesero le orecchie, in attesa. Una nave di passaggio? Gabbiani? Se fossero stati gabbiani, avrebbe voluto dire che erano vicini alla costa! E avrebbero potuto mangiarli, considerò Rufy.

La nebbia cominciava a farsi sempre più gelida, sembrava quasi penetrare nella pelle arsa di sale mentre i ragazzi cercavano in quella coltre umida qualcosa che giustificasse l’esclamazione del musicista.

– Brook, non si sente niente… – sussurrò Chopper sudando freddo per la paura.

– Eppure io… – lo scheletro si guardava attorno, ma non vedeva altro che grigio, e un disco bianco, il sole, sopra la sua testa.

Thug thug thug…

– Ecco, di nuovo! – lo scheletro si illuminò.

Tutti sollevarono la testa. Stavolta era un rumore chiarissimo, veniva da nord ed era impossibile non udirlo: sembravano…

– Rumore di pale – mormorò Franky allarmato.

– Pale? – fece eco Zoro.

Robin sollevò una mano, e un suo dito affusolato indicò un punto alle spalle di Sanji.

Una sagoma scura, non più alta di due metri, si avvicinava verso di loro lenta e inesorabile. Zoro afferrò le spade, Sanji si posizionò davanti al gruppo sul relitto, decisi a vendere cara la pelle nonostante la debolezza, la fame e la disidratazione.

Poi però dall’oscurità emerse un ventre rotondo, un lungo collo bianco, delle corna tondeggianti e un sorridente muso di legno.

Franky pianse, coprendosi il volto con le enormi mani. Se Sanji avesse avuto una sigaretta in quel momento, gli sarebbe sicuramente caduta di bocca. Chopper, saltellando pericolosamente, comunicava la notizia a Nico Robin che sorrideva con educazione, persino Zoro non potè esimersi da un sorriso di gioia. Il sorriso di Rufy si aprì da orecchio ad orecchio mentre il ragazzo gridò: – MINI MERRY! –

 

~

 

L’isola di Skye era immersa nel suo solito cielo bigio, sotto la costante minaccia di nuvole cariche di pioggia che facevano crescere rigogliosa una vegetazione di selci e sempreverdi. Nel maniero sul crinale del monte che sovrastava l’isola, un uomo anziano stava mangiando lentamente della cacciagione, fredda e sminuzzata, in una grande sala da pranzo polverosa e spoglia, sebbene scaldata dalle fiamme di un camino.

L’uomo batté due volte la forchetta sul fondo di porcellana del piatto.

– Pipe, dove vai? – muggì voltandosi verso la porta di accesso alla sua destra.

Era un uomo alto e magro, avvolto in un chimono bianco. Sulle spalle portava però una pesante coperta che sembrava un mantello. Portava una lunga barba bianca, forse per compensare la totale latitanza dei capelli dal cranio lucido.

– Sono appena tornata, signor Yama –

– Brava ragazza – si complimentò l’anziano cincischiando con la forchetta nel piatto freddo – Cosa stanno facendo?

– Sono sbarcati. Hanno cominciato a mangiare la sabbia della spiaggia. Io non credo sia buona… volevo dirglielo… ma non mi hanno creduta, hanno continuato a mangiare la sabbia…

– Sei uscita dalla tua stanza?

– No, signor Yama. – ammise serissima Pipe.

Pipe era una ragazza di forse trent’anni. Era pallida e magra, aveva i capelli neri che crescevano rigogliosi, legati con un nastro rosso poco al di sopra della nuca. Gli occhi, di uno strano arancione, erano grandi e a volte sembravano velati, distanti, opachi. Era vestita con abiti femminili, ma pesanti e adatti al clima umido e rigido dell’isola. Appesa alle spalle aveva quello che sembrava un otre da cui uscivano delle canne collegate fra loro da un cordino. Si aggiustò la gonna sovrappensiero, prima di continuare: – Non sono uscita dalla stanza… ho paura degli Altri. –

– Fai bene. Però adesso devi andare a prenderli, vuoi? – le disse gentilmente Yama.

– Quali di loro? Quelli che mangiano la sabbia o quelli della Baia del Morto? –

– I mangiatori di sabbia quanti sono? – si informò Yama.

– Sono sette – contò lenta la ragazza sulle dita – Anzi, sono sei: uno è già morto.

– Come fai a saperlo?

– Perché… – la ragazza si intristì. – Ci sono solo le ossa –

– Valli a prendere, portali qua.

– Non voglio! – gridò Pipe – Ho paura! Sono armati, vogliono ucciderci! Sono sbarcati dalla nave enorme, non hanno bisogno di aiuto! Sono pirati… noi arrestiamo i pirati…

– Ma no, mia cara, tu parli dei pirati alla Baia del Morto adesso! – la rimproverò Yama bonario – Devi prendere quelli approdati in fin di vita che hai visto sbarcare ieri! Te li sei già dimenticati?

– Quelli che mangiano la sabbia?

– Esatto, Pipe. Su, va’ prima che cali la sera. –

Pipe, nell’uscire dalla stanza, abbracciò l’otre che portava con sé e cominciò a suonare in una delle canne. Yama sorrise mentre il suono della cornamusa riempì la casa di una melodia malinconica e nostalgica.

 


Dietro le quinte...

Ciao! Benritrovati e scusate il ritardo! Spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento, tragedia immane a parte. La storia è ispirata alla fanart che apre il capitolo, di SybLaTortue che trovate qui

Come avete trovato Rufy? Ammetto di aver avuto parecchi problemi a gestirlo, se lo trovate OOC o il comportamento vi sembra strano, non esitate a farmelo notare! Grazie mille! 

Ritroviamo inoltre Yama, che era già stato citato nel prologo, e Pipe. Loro sono i due OC di quest'avventura. Come avrete senz'altro notato, Pipe si comporta in maniera un po' strana, i suoi dialoghi appaiono confusi. Cosa ci sarà dietro alle sue frasi? 

Appuntamento al prossimo capitolo! Grazie mille,

Yellow Canadair

  
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