So
you can keep me
Inside the pocket
Of your ripped jeans
Holdin' me closer
'Til our eyes meet
You won't ever be alone
Wait for me to come home
Photograph, Ed Sheeran
3.
Sirius
doesn’t live here anymore
In Mangia,
prega, ama la protagonista vive
una situazione di completo disagio prima di intraprendere quello che
sarà il
suo viaggio strabiliante alla ricerca di sé stessa: vorrei
poter fare qualcosa
del genere anche io, tuttavia mi rendo conto che la mia, di situazione,
è più
tragica che altro—almeno psicologicamente parlando.
E’ proprio per questo che
Sirius mi manda emails da più settimane con annunci di
lavoro, è per questo che
Dorcas tende a sorvolare sull’argomento da un po’
di tempo a questa parte (ci
conosciamo esattamente da otto giorni e lo stesso arco di tempo
è privo di una
conversazione riguardante gli impieghi)… Sirius è
in piena sessione di studi, non
lo vedo da un pezzo e, nonostante la sua assenza, mi rendo sempre
più conto che
vivere con la mancanza di una figura come la sua potrebbe ancor meglio
aiutarmi
a sopravvivere in questa giungla.
“Ehi,
rossa”
Il fatto che
Dorcas si presenti nei momenti più assurdi del giorno non mi
stupisce più: lo
dimostra questa mattina, ore 7.43 di un venerdì qualunque,
colazione alla mano
e sguardo non impressionato (nonché non impressionabile) di
fronte alla mia
condizione mattutina; la osservo tutta pimpante mentre va in cucina e
mi
riempie un bicchiere di latte freddo, per poi farsi spazio sul divano
accanto a
me, un groviglio di coperte ad avvolgermi e lasciarmi pochi centimetri
per
respirare.
Buon
giorno, New York! si
dilunga
in notizie più o meno inutili, al che il mio sguardo da
ragazza decisamente
non-mattutina trova più interessante focalizzarsi sul
cornetto al cioccolato
nella busta celeste con la frutta sorridente che la 3B mi porge
allegra—non che
sia un grinch delle mattine e trovi assolutamente strano ed impensabile
che un
essere umano possa mai essere pronto per il sorgere di un nuovo giorno,
ma il modo con cui Dorcas
è pronta e
sveglia e in azione mi manda fuori di testa. Santo cielo.
“Amos ieri sera
ha chiamato” prorompe qualche attimo dopo, mentre la mia
bocca è totalmente
piena di cioccolato, “Non me lo aspettavo”
Continua a
parlare, ed ha capito che non riuscirò a risponderle pur
volendo: “Non è un
appuntamento, capito? E’
un
caffè
fra… quasi amici. Ho accettato. E per dimostrare come non ci
sia nessun secondo
fine a questo incontro, mi ha proposto di invitare anche
Benjy”
Annuisco lenta,
mentre un lampo di insicurezza fa capolino nei suoi occhi chiari.
Palpabile
come la sicurezza che rimarrò chiusa fra queste mura sino a
che qualcuno non mi
trascinerà con forza oltre la porta, mi rendo conto che
questa sua incertezza
nell’agire è qualcosa che tenta di soffocare il
più delle volte e questo un
tentativo di riuscita andato a male.
E’ ferita, ma
soprattutto, per la prima volta, sono convinta di intravedere un lato
di Dorcas
che non immaginavo avrei mai visto—o comunque così
presto, perché stiamo
ponendo le fondamenta per un legame e mi sembra di essere caduta
dall’impalcatura: daccapo, non credevo che questa Dorcas
colpita da un
qualsiasi ventenne di nome Amos potesse esistere.
Deglutisco
rendendomi conto di quanto il cioccolato sia benefico alla mia
esistenza,
“Benjy cosa dice?” domando in poco più
di un sussurro.
Alza le spalle
scrollando i capelli sulle scapole, “Non gliel’ho
detto”
“Potrebbe
rifiutare?” indago fermando lo sguardo sul volto della bionda
non-più-iperattiva. Ride,
al che mi
sembra più ansiosa di quanto creduto e mi pervade una strana
voglia di prendere
a schiaffi un perfetto sconosciuto solo per averla resa
così… non sono nelle
condizioni giuste per prendere una posizione, perché faccio
parte della vita di
queste persone da meno di due settimane, ma lo spirito di coraggio
mirato ad
annientare i nemici e combattere le ingiustizie sembra avere la meglio
su di
me, dimostrando come Amos, seppure sono certa sia un bravo ragazzo, sia
il
cattivo della situazione.
“Ben accetta. Eccome se accetta. Sarebbe in grado di
renderla l’uscita migliore del decennio o quella peggiore del
secolo” inclina
il capo e fa vagare lo sguardo sul volto della conduttrice di Buon giorno, New York!
“Non è solo lui che mi
preoccupa. E’
tutto il resto”
“Amos”
“Cosa?”
“Tieni a lui? C’è una
parte di te che nonostante tutto è ancora
legata a lui?” sembra rifletterci un attimo “Ne
varrebbe la pena?”
Assottiglio gli
occhi ed è lampante la sua risposta. La conduttrice di Buon giorno, New York! forza una risata
ed io ho la vaga
impressione che sia ora di cercarmi un lavoro.
“Posso procurarti
un colloquio con il mio capo, se desideri” – la
voce di Alice è squillante e
riesco a percepirla comunque anche se sono nella mia stanza e lei in
soggiorno
a ripulire il pianoforte – “Certo, il non avere un
degree non è incoraggiante,
ma potresti essere un’assistente… una
segretaria”
Afferro uno
scatolone dalla mia camera da letto e lo porto in soggiorno,
poggiandolo sul
piccolo tavolo basso posto fra il divano e le tre poltrone circostanti.
“Ti ringrazio,
ma—”
“Scusami, devo
rispondere” soffia imbarazzata, nella mano un cellulare
squillante. Annuisco
sorridente e lei ricambia, prima di poggiarlo sull’orecchio e
voltarsi,
passando una mano fra i capelli.
“Ehi…”
si
schiarisce la gola “Cosa? Dove
sei?”
Mi volto a
guardarla, anche se è di spalle, perchè ad un
tratto la sua voce si è incrinata
e tinta di una sfumatura più preoccupata che non mi piace
affatto… “No, io
non—arrivo subito”
Chiude la
telefonata, mi sveglio e fingo di guardare da tutt’altra
parte. Ma—beccata. Sei un
genio, Lily.
“Qual è
il mezzo
più veloce per arrivare al san Mungo?”
In questo momento
mi sento Sirius e la cosa non dovrebbe farmi sentire così
bene, dovrebbe
terrorizzarmi, e per questo mi odio per aver immaginato il mio migliore
amico
sorridente nella mia testa. Soprattutto
in questo evidente caso di emergenza. “Prendo le chiavi
dell’auto”
La 144esima Est
non è la strada più difficile da raggiungere, in
una qualsiasi giornata di
autunno a New York: tenendo conto che alla guida ci sono io,
però, e che il
periodo delle festività natalizie è davvero
vicino, non c’è da stupirsi se un
semplice tragitto di un quarto d’ora sia lievitato
leggermente; non importa
quanto mi sia scusata con Alice, lei mi ha rivolto un mezzo sorriso e
un grazie sincero, al che ho deciso
di
prenderle un caffè—davvero, è il minimo
che possa farle. So che è al quarto
piano, e so che c’è stato un incidente in cui non
è coinvolto Frank –grazie al
cielo- ma questo non è sufficiente perché possa
rimanere tranquilla.
Con poche falcate
riesco a raggiungere il distributore e poggio una mano sulla vetrata,
spingendo
con l’altra i tasti per ottenere un caffè
macchiato senza zucchero.
(Non commenterò
il fatto che c’è qualcuno a cui piaccia questa
bevanda senza zucchero: avevo
provato a contestare Dorcas l’altro giorno ma il suo sguardo
illuminato da una
non voglia di ribattere mi aveva
accecata, per cui sono stata zitta… Proprio come oggi,
durante la mattinata,
quando avevo offerto un caffè Alice e lo farò
anche adesso. Da notare l’ironia
secondo cui ogni persona con cui ho a che fare da quando mi sono
trasferita a
New York preferisca il senza zucchero al mio semplice cucchiaino e
mezzo)
È un bip e afferro il bicchiere, iniziando a far girare il cucchiaino in plastica mentre raggiungo con lentezza la mia amica… i corridoi sono pressoché deserti e questo favorisce la conversazione con un tono di voce mediamente alto fra Alice e non so chi sia fuori con lei, in attesa.
“James?”
“Dov’è?”
Sono ad una
distanza improponibile da lei, nel senso che se volessi potrei
raggiungerla in
un batter d’occhio e porgerle il caffè, ma non lo
faccio e la mia non azione si
spiega perché la voce calda e rabbiosa dello sconosciuto
basta a mettermi in
guardia e identificare la futura conversazione come privata, nonostante
io sia
qui e stia chiaramente ascoltando.
“Sta facendo dei
controlli, o almeno Peter mi ha detto questo… sono arrivata
quando mi ha
chiamato, lui era preoccupato e sono corsa—”
“E Peter?
–
domanda nervosamente – lui
dov’è?”
“E’ con
lui –
spiega Alice con pacatezza – si da il caso che fosse
l’ultimo ad averlo
chiamato e i dottori l’hanno contattato una volta arrivati al
cellulare di
Remus… va tutto bene, James”
Non so chi
diamine siano Remus, Peter o James ma la loro preoccupazione
–che in un attimo
è diventata anche mia per via di Alice- mi fa nascere un
blocco, un ostacolo
alla bocca dello stomaco, come un qualcosa difficile da deglutire
perché se c’è
qualcosa che ho capito in questi minuti in cui sono qui è
che il legame che
stringe queste persone è forte, indistruttibile…
mi fa rabbia pensare che a
pochi passi da me c’è tutto quello che
vorrei—un’amicizia strepitosa, un farei
di tutto purchè tu stia bene e mi
do della stupida per aver diretto la mia mente verso Sirius: non
è che ce l’abbia
con lui –sarei infantile a farlo- ma l’unica cosa
vagamente paragonabile al
nervosismo del ragazzo con cui Alice discuteva è il mio,
quando Sirius a sette anni
si sbucciò un ginocchio sporcando il vialetto della sua
abitazione di troppo
sangue… è lo stesso di quando a sedici anni
provai a guidare, che lui annientò
con due stupide parole di conforto… lo stesso della sera del
Prom, dei
pomeriggi in biblioteca nella speranza di scrivere una lettera di
raccomandazione per il college, lo stesso dopo le discussioni con
mamma, papà e
Petunia che si è ripresentato al matrimonio di
quest’ultima.
Ma Sirius non
c’è
e la colpa, a dirla tutta, sarebbe solo la mia. Non voglio piangerci
sopra e
urlare facendo i capricci, solo perché il mio migliore amico
non c’è in questo momento di
difficoltà. L’avevamo
previsto, no? Ne avevamo parlato e avevamo addirittura archiviato la
discussione.
“Non riesco a non
far nulla” dice quella stessa voce calda e nervosa, al che io
mi sveglio dalla
posizione di guardia e riprendo ad ascoltare con attenzione
“Vuoi qualcosa da
bere?”
Un paio di passi
rapidi si avvicinano nella mia direzione ed io mi siedo rapidamente
sulla prima
panca vuota che incontro, in quei cinque secondi scarsi di vantaggio
che ho su
di lui—non mi volto nemmeno una volta verso la figura che
cammina sulla mia
sinistra, fingendo di essere in uno stato di trance totale dovuta al
mio caro
nella stanza posta di fronte a me, ovviamente vuota…
Riprendo fiato
rendendomi conto di averlo trattenuto fino ad allora quando porgo la
bevanda
ancora calda ad Alice, che mi ringrazia daccapo, mi sorride e inclina
il capo
timidamente, un gesto che sembra dire ‘non
dovevi’.
Lascio andare la
testa all’indietro fino a che non sfiora il muro.
***
Ho le gambe
incrociate sul divano rosso di Ben e Dorcas quando la voce squillante
di quest’ultima
mi richiama dal mio osserviamo i ritagli
di giornale nella speranza di trovare un lavoro: non so
quanto la mia
espressione sia divertente (tenendo conto dei capelli spettinati e
della penna
che li tiene stretti in una crocchia che ha miserabilmente fallito) ma
il suo
sorriso si illumina maggiormente quando mi guarda e si siede al mio
fianco.
“Ben è
uscito a
prendere il cinese, non può sentirci” –
prorompe incrociando anche lei le gambe
atletiche, un attimo prima di passarsi una ciocca bionda dietro
l’orecchio – “Ne
abbiamo parlato, ha detto di sì e anche che se tutto questo
è importante e può
funzionare, allora attiverà i suoi superpoteri e la
renderà la migliore uscita
del secolo”
Il suo è un
rapidissimo flusso di parole, fatto sta che nel frattempo sembra
divertita e
terrorizzata e io riesco a comprendere ogni singola parola pronunciata.
Osservo
con attenzione come le sue sopracciglia di corrughino quando sta
dicendo
qualcosa di importante o complicato e le fossette agli occhi quando li
socchiude o ride… è questo l’effetto di
avere una persona importante al proprio
fianco, quindi? Capace di manovrare la tua espressione ed i tuoi
sentimenti con
un semplice sì, no, capisco?
La
guardo ancora e giungo alla conclusione che sono felice che abbia
qualcuno come
Benjy nella sua vita. Ognuno merita quel tipo di persona per
sé.
“E’
grandioso,
Dorcas” mormoro
davvero contenta per
lei, al che il suo sorriso diviene più ampio e allegro.
“Ho parlato anche
con Amos, dovremmo vederci domani, forse a colazione, forse a
pranzo… puoi
darmi un consiglio su cosa indossare prima che tu cada nel tuo
inarrestabile
stato di sonno?”
“Ehi!”
“Niente cornetto
al cioccolato se mi contesti!”
grazie a tutti coloro che si ricorderanno di me e della storia: non ho aggiornato prima causa scuola, problemi vari e fine di himym (nonostante mi fossi spoilerata, ho pianto da morire)... mi scuso e spero che questo capitolo vi piaccia! non è molto lungo, perchè non siamo ancora entrati nella vicenda, ma pian piano arriviamo a parlare di Dorcas/Amos, Dorcas e l'amicizia con Benjy, Alice, Alice ed i suoi amici (see what I've done there? ehehe) Lily/Sirius, Lily/Dorcas, Lily/tutti quelli che respirano... che ne pensate? inizialmente non era così che i personaggi di james o remus o peter dovevano essere presentati barra abbozzati, ma mi sono resa conto che avrei dovuto scrivere di loro (più o meno) verso il capitolo cinque... meglio prima che mai, no? in più ho cambiato un po' la trama nella mia testa, e questo in ospedale è un momento importante, perciò!
lily sta pian piano dicendo addio alla sua dipendenza da Sirius: accetta di buon grado la sua assenza ad inizio capitolo, pensando che possa aiutarla mentre a metà/fine capitolo ritorna sui suoi passi di disperazione barra triste realizzazione... spero sia ben resa l'importanza della loro amicizia, anche perchè iniziamo a vedere scorci di quest'ultima grazie alle parole di lily (il ginocchio sbucciato, il prom, l'auto etc) che porteranno pian piano a capire meglio il prologo/primo capitolo, ossia la lite con i genitori e petunia ed il suo conseguente trasferimento a NY! qualcuno di voi ha già idee? :)
non ho ancora trovato il prestavolto ideale di amos, per questo vi lascio con Dorcas, una delle persone più vicine a Lily!
un bacio e a presto,
fede