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Autore: Nihal    07/08/2015    5 recensioni
«Identificatevi.»
Ebbene sì, i miei peggiori incubi si erano realizzati. E no, non sto parlando di quello in cui il professore di giapponese ci obbliga a passeggiare nel freddo perché qualcuno ha dato fuoco al suo cane. Mi riferisco ad un compuntissimo e sconosciuto ninja di Konoha che ci guardava con aria truce e aspettava che dicessimo qualcosa. E io quasi mi dimenticavo di quello che avevo concordato con Madara. Una cosa, però, l’avevo capita: il piano del capostipite degli Uchiha. Lui voleva farci rinchiudere nelle segrete! Sicuramente così Sasuke lo incontravamo, eh.
Di sfuggita mentre lo portavano nella sala di tortura dove attendeva un cazzosissimo Ibiki Morino, però lo incontravamo.

[Sequel di 'Ninjas are coming']
Genere: Comico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Naruto Uzumaki, Nuovo Personaggio, Sai, Sasuke Uchiha
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto Shippuuden
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Capitolo 15


Niente. Assolutamente niente. La buona notizia era che evidentemente non c’era nessun anbu appostato nei paraggi in attesa di farmi fuori. Quella un po’ meno buona era che Madara probabilmente aveva metaforicamente mandato Sasuke a dormire con i pesci e non si era voluto neanche sporcare le mani a togliermi di mezzo , tanto mi sarei ammazzata da sola sbattendo la testa su una pietra nel tentativo di fuggire da un attacco di qualche insetto assassino.
Scenario tutt’altro che improbabile, per la cronaca. Non sapevo più cosa fare: avevo sonno, avevo mal di testa, mi faceva male il braccio e, sinceramente, dovevo anche andare in bagno. Una giornata di merda, in parole povere. Non riuscivo più a reggermi sulle gambe, quindi rinunciai a stare in piedi e decisi che se dovevo morire tanto valeva farlo comodamente da seduta. Magari dormendo. Mi buttai praticamente per terra, decisa a non pensare alle cose che mi sarebbero potuto camminare addosso nel sonno. Non che avessi molto più spazio nel mio cervello per pensare. Ero talmente stanca che addormentarmi non mi era mai sembrato così facile: gli occhi si chiudevano che era una meraviglia. La prossima volta che non sarei riuscita a prendere sonno, altro che valeriana e pecore che non arrivavano mai alla staccionata. Una bella gita a Konoha, un paio di Uchiha psicopatici e svariati litri di sangue in meno e i problemi di sonno sarebbero spariti.
Era raro che riconoscessi la fase prima del sonno, quella in cui pensi e non pensi, sei sveglia e non lo sei. Quando ti vedi le cose davanti, ma se qualcuno ti parla riesci ancora a rispondere. Quando non ti accorgi quanto tempo passa e cinque minuti ti sembrano cinque ore. Quella volta, però, me ne ero resa conto, che mi stavo per addormentare. Scomoda, seduta di spalle contro una pietra, ma mi stavo per addormentare.
L’illuminazione mi era arrivata quando avevo iniziato a vedere le cose. Non tanto chiaramente ad onor del vero, ma era tutto per l’effetto del dormiveglia. L’anbu che avevo visto si avvicinava inesorabilmente verso di me. Ma non in modo minaccioso. O forse sì.
Perché ero sicura di stare allucinando? Per prima cosa perché non riuscivo a formulare un pensiero coerente che fosse uno, poi perché se fossi stata sveglia non avrei comunque avuto la forza di scappare e mi avrebbe accoppata, quindi tanto valeva credere che fosse un sogno.
«Ciao anbu» salutai. Nella mia mente gli feci anche un vago gesto con la mano, nella realtà probabilmente non avevo neanche mosso le labbra per parlare.
Ah, ecco, un altro motivo per cui stavo sognando! Se fossi stata sveglia non avrei salutato nessuno. Non mi piace avere contatti con la gente, soprattutto con quella che vuole seppellirmi sottoterra anzitempo.
Lui – lei? Esso? – comunque, non rispose, ma continuò ad avvicinarsi. Probabilmente era socievole come me. Dopotutto le persone nei sogni le creavo io, probabilmente avevo immaginato questo anbu a mia immagine e somiglianza. In quel caso entro qualche secondo sarebbe inciampato in una radice. Anche se la radice non c’era.
Ad un certo punto – la velocità dei sogni! – mi fu così vicino da potergli vedere le scarpe. Un po’ infangate. Mi era capitato anche un anbu zozzone, che fortuna! E aveva del ketchup addosso.
«Anbu, quando mangi le patatine devi fare attenzione, se no ti sporchi tutto e sembra che hai accoppato qualcuno per strada» gli farfugliai.
Anche lui, se doveva andare in giro, poteva almeno assicurarsi di non avere residui di cibo addosso. Mi chiesi vagamente come avesse fatto a farsi cadere del ketchup sui pantaloni. Chissà dove aveva trovato delle patatine nella foresta, tra l’altro. Il fatto che il ketchup fosse anche sulla sua katana, poi, era davvero inspiegabile. Probabilmente aveva mangiato delle patatine giganti e le aveva infilzate con quella, decisi.
Soddisfatta della mia spiegazioni alzai lo sguardo per vederlo in volto. Cioè, in maschera.
«Sono proprio brutte quelle maschere. Poi non ci soffochi lì dentro?» borbottai.
Con mio stupore l’anbu si inginocchiò di fronte a me, in modo che ci trovassimo maschera a faccia.
«Ora devi ascoltarmi bene.»
Oh, le prime parole che diceva. E la voce mi era familiare. E mi stava dando ordini. Perché la gente doveva darmi ordini anche quando dormivo? Poi lo stavo ascoltando, altrimenti non avrei sentito ciò che mi aveva detto perciò era superfluo che mi dicesse di ascoltarlo. E aveva del ketchup anche sulla maschera.
«Ho voglia di patatine.»
«Laura, ascoltami e ricorda ciò che ti dico.»
Mi conosceva. Mi conosceva e non mi aveva offerto le patatine? Non molto educato da parte sua, eh.
«Non ti ascolto, è maleducato parlare con una faccia davanti alla maschera. Con una maschera davanti alla faccia» farfugliai. Il dono della parola mi stava abbandonando.
Si tolse la maschera. E forse sarebbe stato meglio se l’avesse tenuta addosso. Non ero pronta a trovarmi di fronte Itachi sporco di ketchup. Adesso capivo perché mi conosceva, almeno. Quando una persona cerca di accopparti ma non ci riesce, tende a ricordarsi di te.
«Non devi fidarti di Madara.»
Era un po’ come il bue che diceva cornuto all’asino. Itachi mi metteva in guardia da Madara, Madara mi metteva in guardia da Itachi e io non mi mettevo in guardia da nessuno perché ero troppo stupida per non fidarmi quando qualcuno si offriva di aiutarmi. Ma a quel punto avevo capito che di Madara non ci si poteva fidare – mi aveva lasciato con Ibiki Morino! – e di Itachi tanto meno – aveva tentato di seccare me e Sasuke solo l’anno prima. Ormai dividevo la gente tra quelli che tentavano di farmi fuori, quelli che non volevano darmi le patatine e il resto. Visto che quelli che non volevano darmi le patatine coincidevano con quelli che volevano farmi fuori, alla fine c’erano solo due categorie. Nella mia mente mi era tutto chiaro.
«Madara non ha ancora tentato di ammazzarmi. Più o meno. Non direttamente almeno. E poi tu non sei reale.»
Gli ammiccai con fare saputo. Come se non sapessi che si trattava tutto di un sogno delirante. E Itachi era morto. Probabilmente. Comunque l’ultima volta che l’avevo visto era in procinto di andare all’altro mondo.
«Mi dai i numeri del lotto?»
Una volta tanto che mi ricordavo di chiederli.
«Devi ascoltarmi, non c’è tempo. Sasuke deve tornare da Naruto, non può stare qui.»
Non mi aveva dato i numeri del lotto e adesso mi suggeriva di far buttare Sasuke tra le braccia di Naruto? Non sapevo che i due avessero quel genere di relazione. Insomma, ogni tanto sembravano una coppia di vecchi che litigava, ma non avevo mai pensato che fossero una coppia.
«Sasuke e Naruto non sono una coppia, Sasuke piace a m- cioè no. Punto. Hai capito?»
«Dovete tornare indietro. Non appena Sasuke si riprende. E dovete lasciare questo posto prima possibile, non è sicuro.»
Non sapevo neanche dov’era Sasuke. Non ero neanche tanto sicura di dove fossi io. E se stessi parlando davvero con Itachi. E se stessi effettivamente parlando. Forse Ibiki Morino mi aveva drogata e non ci avevo fatto caso. O forse Madara. O era stato Itachi? Magari non avrei dovuto fidarmi nemmeno di Sasuke.
«Non so dov’è Sasuke e non seguo i tuoi ordini. Ho smesso di fidarmi della gente che non mi dà da mangiare. O che tenta di ammazzarmi.»
«Sasuke è nella caverna. Dovete andarvene e non devi far sapere a Sasuke di questo incontro.»
Andarcene. E io che volevo stare ancora un po’ a Konoha, era un posto così tranquillo, ottimo per la villeggiatura. Eliminava tutto lo stress. Eliminava tutto, punto.
«Non appena Madara si riprenderà si metterà subito sulle tracce di Naruto.»
Mi stavo perdendo. Era il sogno più complicato che mi fosse mai capitato e di sogni complicati ne ho fatti. Come quello in cui la fine del mondo avrebbe ucciso tutti se non fossi riuscita a far crescere in tempo il cocomero dell’orto, solo che poi il cane ci era saltato sopra e l’aveva staccato dalla pianta e il cocomero era troppo piccolo allora il mio professore mi aveva detto che se avessi dato l’esame il giorno dopo Dio avrebbe fermato la fine del mondo, ma Sasuke non voleva perché gli stava antipatico il professore… ma questo adesso non è importante. Itachi che mi faceva un monologo davanti era importante.
«Perché non ci vai tu a proteg-»
Itachi mi fece segno di tacere. Presa alla sprovvista smisi di parlare e, nel silenzio, sentii anche io quello che lui doveva aver sentito molto prima di me. Rumore nel bosco. Qualcuno si stava avvicinando.
Mi tirò su di peso. Urlai. Un po’ perché mi aveva schiacciato il braccio, un po’ perché mi ero scocciata di gente che mi tirava su come un sacco di merda.
«Mollami!»
Itachi mi mise una mano sulla bocca e mi fece nuovamente cenno di non parlare. Era un sogno un po’ movimentato quello.
In quelli che dovevano essere stati pochi secondi ma che a me parvero molto di più, Itachi scalò la parete che portava la caverna con me addosso. Più di una volta mi vidi sul punto di cadere. Forse non dovevo tenere gli occhi aperti quando i ninja mi buttavano da una parte all’altra senza che io potessi farci niente. Mi scappò un altro urlo quando attraversammo la cascata. Già faceva freddo, passare sotto dell’acqua congelata non era il massimo. Itachi mi posò per terra, ma era troppo buio per vedere qualsiasi cosa. Almeno per me. Probabilmente lo sharingan aveva anche la vista a infrarossi e io non lo sapevo.
«Devo sviare gli altri anbu. Ricordati quello che ho detto» disse. O almeno mi sembrò. Dopo essere passata sotto l’acqua le mie orecchie non erano nella loro forma migliore. E già di solito non sentivo molto bene. Non vederci e non sentirci non aiutava. Meno male che il pavimento era caldo e morbido. Mi stesi cercando una posizione confortevole che non tardai a trovare. Non me la ricordavo così bella quella caverna. Finalmente avrei potuto dormire. O almeno era quello che speravo perché un urlo improvviso mi costrinse ad aprire gli occhi. Ero a casa e quella che stava urlando era Carmen. Sasuke la stava di nuovo minacciando con lo Sharingan?
«Che c’è?» le chiesi, andando verso la fonte del rumore. Quando arrivai in cucina capii cosa stava succedendo. Naruto aveva buttato giù un vaso nel tentativo di scappare da Carmen che lo rincorreva. Perché lui aveva preso i suoi biscotti.
«Mi avete fatto spaventare!» urlai, ma loro non mi ascoltavano.
Alla fine decidemmo di sederci tutti sul divano a guardare un film. Tutti tranne Sasuke.
«Dov’è Sasuke?»
«Si sta vestendo.»
Sasuke si vestiva?
«Perché?»
«Si sarà scocciato di andare in giro nudo.»
«Stava andando in giro nudo?»
«Sì, fino a due secondi fa. Non l’hai visto?»
Come potevo perdermi una cosa del genere?
«Ok, guardatevelo voi il film! Sasuk-» feci per chiamarlo ma poi decisi che era meglio salire le scale di soppiatto.
In camera c’erano Naruto e Sai che giocavano a carte, ma non Sasuke.
«Ma Sasuke nud- cioè, Sasuke dov’è?»
«Non lo so. Prima si stava allenando nudo in cortile.»
Nudo in cortile? Voleva far morire di crepacuore i vicini? Era meglio andare a chiamarlo. E non perché volessi vederlo mentre si allenava nudo, solo perché non volevo che succedesse qualcosa ai vicini. Scesi le scale di corsa e arrivai in cucina. Carmen e Naruto stavano mangiando una tazza di latte e cereali. Naruto aveva un cappello in testa con delle orecchie da gatto. Il mio cappello. Decisi che poteva tenerselo, io dovevo andare da Sasuke. Uscii in cortile e vidi Sai che stava giocando con il cane.
«Ma Sasuke?» chiesi.
«Ha detto che doveva riportare a Anna un libro che ti aveva prestato, allora è uscito nudo.»
Perché doveva riportarglielo lui, il libro? Perché Anna poteva vederlo nudo e io no?
Così mi toccava anche prendere il pullman. Magari riuscivo a fermarlo prima che salisse se arrivavo in fretta alla fermata. Corsi come una disperata per tutto il paese, finché non arrivai alla fermata del pullman, però c’era solo Carmen che doveva andare a scuola.
«Ma Sasuke?»
«Ha detto che doveva pulire la katana, nudo.»
La katana. Era nell’armadio in camera, dovevo ritornare a casa. Non potevo perdermi Sasuke che lucidava la sua spada senza vestiti addosso. Cioè, intendevo che non potevo lasciare che i miei genitori vedessero Sasuke che lucidava la sua spada senza vestiti addosso.
Feci di nuovo una corsa verso casa. Mi precipitai in camera, solo per trovarci Naruto che leggeva un libro sul letto di Carmen e Sai che mangiava del ramen sul mio. Se mi rovinava il copriletto il ramen glielo facevo mangiare da dove di solito lo faceva uscire.
«Ma Sasuke?»
«È a scuola. Nudo.»
D’accordo, dovevo solo andare a scuola. Non era giusto che un intero corpo studentesco si godesse lo spettacolo e io no. Meno male che ero già alla fermata del pullman. Arrivai a scuola, ma sembrava chiusa. Evidentemente erano finite le lezioni. Sì, cos’ aveva senso: Sasuke non si sarebbe mai spogliato davanti a un mucchio di studenti assatanati. La porta era aperta. Non esistevano più i lucchetti di una volta. Entrai. Ero sicura che Sasuke fosse in classe. La mia vecchia classe. Mi precipitai lì. Sasuke era steso per terra di fronte alla porta. Poteva starsene a casa nel letto.
«Ma non sei nudo.»
«No.»
«Mi avevano detto che eri nudo.»
«Mi sono rivestito perché avevo freddo.»
«Ma fa caldo!»
«Fa freddo.»
Sì, effettivamente faceva freddo. Prima però faceva caldo. Non esistevano più le mezze stagioni, evidentemente.
«Non puoi essere nudo solo per due secondi?»
«No.»
Mi sedetti di fianco a lui, arrabbiata. Evidentemente ero l’unica persona nel raggio di chilometri a non averlo visto nudo. Gli tirai i capelli.
«Che fai?»
«Mi arrabbio!»
Cercò di alzarsi per spingermi indietro, ma io non mollai la presa, anzi. Gli caddi praticamente addosso. Se non potevo vederlo nudo, almeno potevo accarezzargli i capelli.
«Ti accarezzo solo i capelli, posso?»
«Io accarezzo i tuoi, allora.»
Avevamo un patto. Era dalla prima volta che l’avevo visto che avevo voglia di toccargli i capelli. Per vedere secondo che razza di legge fisica mantenessero quella forma. Erano morbidi. Sperai di essermi lavata i miei. Dopo la gita a Konoha probabilmente nessun individuo sano di mente avrebbe avuto voglia di mettermi le mani nei capelli senza desiderare di amputarsele subito dopo. E io non volevo che Sasuke si amputasse le mani, non mi piacevano i moncherini.
Avevo mal di testa.
«Sasuke non tirarmi i capelli, mi fai male!» mi lamentai.
Aveva detto che voleva solo accarezzarmeli, perché mi stava facendo venire mal di testa?
«Laura cosa stai facendo?»
«Ti accarezzo i capelli.»
«Laura.»
«Ma mi avevi detto che potevo!»
«Laura!»
Aprii gli occhi di scatto. Ero praticamente distesa addosso a Sasuke e lo sguardo omicida che mi stava rivolgendo non era sicuramente un sogno. Faceva freddo, la testa mi faceva male e il braccio peggio ancora. Il pavimento della caverna era bagnato così come me e probabilmente anche Sasuke. Non sembrava messo bene neanche lui. Mi alzai di colpo, guadagnandomi un giramento di testa spettacolare.
«Quindi non sei mai stato nudo?» borbottai, la realtà che affondava dentro di me a poco a poco. Mi ero addormentata. E la situazione in cui mi ero risvegliata mi faceva desiderare di essere ancora nel mondo dei sogni.
«Come stai?» chiesi.
Domanda stupida. Ma io non stavo tanto bene, non si poteva chiedere troppo alle mie facoltà mentali. Ed ero ancora con la testa al mio sogno in cui ero praticamente saltata addosso a Sasuke come una posseduta. Imbarazzante.
«Bene» mi liquidò.
Poi mi ricordai. Itachi. Me l’ero sognato? Probabilmente sì. Se era stato un sogno, però, non si spiegava come mi fossi ritrovata nella caverna quando la sera prima ero di sotto. Forse Madara era ritornato, gli avevo fatto pena e mi aveva portato di sopra. Almeno avevo appurato che non aveva tolto di mezzo Sasuke. Per ora. Non sembrava in buone condizioni. Dire che era pallido era un eufemismo e persino il suo sguardo non era completamente lucido. Madara. Itachi aveva detto che non dovevo fidarmi. Però Madara aveva detto che non dovevo fidarmi di Itachi. Sasuke non si fidava di nessuno dei due. Ce la giocavamo a carte?
«Forse dovremmo dormire ancora un po’» proposi. Non ci stavo capendo più niente e sinceramente non mi sarebbe dispiaciuto riprendere il sogno da dove Sasuke l’aveva interrotto.
«No, dobbiamo andarcene di qui.»
Sì, dovevamo. No, non dovevamo. Itachi aveva detto che dovevamo andarcene quindi la cosa più logica era fare il contrario.
«No! Restiamo qui!» urlai quasi.
Persino Sasuke fece per ritrarsi, spaventato dalla mia foga.
«Perché?»
«Perché It-»
No, Itachi aveva detto di non dire a Sasuke che ci eravamo parlati. Il che forse voleva dire che dovevo dirglielo? Se glielo avessi detto, però, Sasuke sarebbe schizzato a cercarlo per farlo fuori e probabilmente sarebbe morto lui e anche io se mi avesse abbandonato lì.
«Perché it-empi non sono maturi per andare via. Dobbiamo aspettare» farfugliai.
«Non c’è tempo.»
«Ma tu devi riprenderti! E dobbiamo andare a salvare Naruto!»
Ops. Parlavo sempre troppo.
«Cosa?»
Sasuke mi lanciò uno sguardo inquisitorio. E ora cosa facevo? Non potevo dirgli di Itachi. E non sapevo se era meglio aspettare Madara. Forse era meglio non fidarsi di nessuno e fare quello che volevo? Ma le mie decisioni erano sempre sbagliate: l’ultima che avevo preso era stata di andare a Konoha e non era finita molto bene.
«Nel senso che la tua missione è proteggere Naruto no? Dobbiamo andarcene da Konoha e tu devi riprenderti perché altrimenti non possiamo andarcene, però forse dobbiamo andarcene comunque di qui perché gli anbu ci staranno cercando… insomma decidi tu, io ti seguo» conclusi.
Tra me, Itachi e Madara probabilmente Sasuke era il più affidabile.
«Allora andiamo.»
Sasuke si alzò in piedi. Notai un’impercettibile esitazione. Era chiaro che qualunque cosa gli fosse successa nella prigione di Konoha doveva averlo debilitato anche se non si vedevano evidenti ferite fisiche.
«Ok» concordai, tirandomi su.
Dovetti aggrapparmi al suo braccio per non cadere. La testa mi girava talmente tanto che non ero sicura di essere ferma. Allo sguardo di Sasuke mollai la presa.
«Sì, beh, scusa, stavo per cadere, mi dispiace di aver infettato il tuo regale braccio» borbottai.
Lui alzò gli occhi al cielo – metaforico –, esasperato.
Fece per avviarsi verso la cascata. La sola idea di attraversarle di nuovo mi faceva venire l’angoscia. Ero ancora bagnata dalla sera prima.
«Aspetta!»
«Cosa c’è?»
Sembrava irritato. Non aveva affatto pazienza il ragazzo. Con calma, tanto il peggio che poteva capitarci era essere ricatturati dagli anbu ed essere sottoposti a torture inimmaginabili da Ibiki Morino che sarebbe stato ancora più cattivo di prima perché lo avevamo tramortito. Cioè, Madara lo aveva tramortito ma noi avevamo guardato e quindi eravamo complici probabilmente. Sì, aveva ragione non c’era tempo da perdere.
«Io non so scendere» gli spiegai.
Ogni volta che andavo in quella stupida caverna qualcuno mi ci portava. Non ero neanche sicura che Sasuke riuscisse a portare se stesso fuori, ma cos’altro potevamo fare? Io non potevo scendere. Doveva per forza portarmi. Ero sicura che mi avrebbe risposto con uno stizzito “d’accordo, sali in spalla” completo di sguardo dignitoso ma rassegnato. E l’idea non mi dispiaceva.
«Non ti ho insegnato a usare il chakra?»
«Grazie! So che sei stanco, ma non sarò un peso per t- cosa?»
La sua risposta non era stata ciò che mi aspettavo.
Per caso… non si aspettava che scendessi quella parete da sola? No, impossibile.
«Beh, sì?» risposi con un filo di voce.
«Allora concentra il tuo chakra sui piedi e scendi.»
«Scusami?»
In quel momento me ne resi conto. Nella vita precedente dovevo come minimo aver tradito il mio paese, era l’unica spiegazione per la sfortuna che mi perseguitava in quella presente.



Sì, ce l’ho fatta! Dopo una sessione esami devastante – devastante davvero :O – sono riuscita a scrivere il capitolo :) Avrei voluto finirlo prima, ma purtroppo la prima settimana di libertà che ho avuto ho dovuto passarla a poltrire, capiatemi XDXD Adesso che mi sono ripresa mentalmente però ce l’ho fatta XDXD Durante queste vacanze conto di scrivere almeno un altro capitolo che probabilmente posterò a settembre perché quando partirò per le “vere vacanze” non avrò un computer. In parole povere andrò in culandia dove non prende neanche internet quindi non mi prendo neanche la briga di portarmelo XD
Adesso… questo capitolo è un po’ di passaggio, ma da quello dopo dovrebbe succedere qualcosa! Spero comunque che vi piaccia!^^
Al prossimo capitolo!

Nihal

  
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