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Autore: SabrinaSala    23/08/2015    2 recensioni
Emanava un fascino particolare. Qualcosa di antico mescolato a un qualcosa di moderno. La pelle chiara, il naso perfetto. Gli zigomi alti e marcati, gli occhi di quel particolare punto di blu, in grado di apparire quasi neri a volte, ma non ancora contaminati dagli effetti del passaggio, costellati da ciglia chiare come i capelli corti. E le labbra… oh, le labbra! Labbra disegnate. Da togliere il fiato. Rosse e sensuali.
Ed era suo.
Lo era sempre stato...
***
«Allora non hai proprio capito, Rose! » Sean la guardò con disprezzo «C’è chi farebbe carte false pur di ottenere una possibilità. Una sola possibilità di avere quello che a te è stato semplicemente offerto! »
***
Nord America. XXI° secolo. L’inquieta Rose si chiede perché mettere in discussione tutto. Una vita perfetta, un fidanzato perfetto, un futuro perfetto. Ma quel "patto di sangue", sancito più di duecento anni prima, sembra soffocarla mentre due caldi occhi nocciola potrebbero indicarle l’unica via d’uscita. L’unica deviazione dalla strada che qualcuno ha già scritto per lei…
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 5 – Attrazione
 


«Non pensavo che saresti venuta davvero! » sorrise Scott al volante, lo sguardo rivolto all’orizzonte carezzato dalle luci dell’alba.
Rose si sistemò meglio sul sedile mezzo sfondato. Sorrise. Ma le labbra le tremavano, incontrollabili. Aveva fatto una sciocchezza e lo sapeva.
Cosa le era saltato in mente? Infilarsi nell’auto di uno sconosciuto, perché questo era in fondo Scott per lei, e lasciarsi alle spalle la città e tutti i suoi abitanti. Quella tranquilla e protettiva cittadina canadese a nord di Victoria e della più famosa Vancouver, che l’aveva vista nascere e crescere. E che presto l’avrebbe vista fidanzarsi con uno degli esponenti più importanti della comunità…
Un brivido le attraversò le spalle, partendo dalla nuca. Non seppe identificarne la causa. Scott? Lo sconosciuto che sorrideva accanto a lei.
O Ethan, il suo fantastico fidanzato… che non poteva odiare, ma che non riusciva nemmeno ad amare?
«Sappi che non sono abituata a scappare da Sunsetville con il primo che capita! » precisò.
Scott le rivolse uno sguardo caldo e acceso. Era divertito ed emozionato.
Tornò con gli occhi sulla strada e picchiettò con una mano sul volante, incapace di trattenere l’eccitazione.
«Beh» disse «Sei una Van Dyk… Puoi fare quello che vuoi! » concluse.
Rose cambiò improvvisamente espressione e Scott equivocò il motivo del broncio che le aveva trasfigurato il volto.
«Ma sono contento che tu abbia scelto di scappare con me… e non con il primo che capita» mormorò cercando di porre rimedio a qualcosa che non poteva capire.
Rose annuì, concedendogli un sorriso teso. Appoggiò il gomito alla portiera, all’altezza del finestrino e poi il mento al palmo aperto della mano.
Il viaggio fu breve. Eppure sufficiente a lasciarsi alle spalle l’ampia pianura di Sunsetville. Il furgoncino affrontò una serie di pendii e di tornanti, inerpicandosi tossendo lungo strade larghe ma sterrate. Inghiottito da fitte e frondose foreste di conifere. Infine, superato un piccolo specchio d’acqua, si fermò.
Scott e Rose scesero contemporaneamente dal mezzo. La ragazza si strinse istintivamente tra le braccia a causa dell’aria frizzante. Entrambi con lo sguardo fisso ad una piccola ma graziosa costruzione in legno e pietra che, nonostante gli anni di incuria, se ne stava dignitosamente in piedi.
A prima vista, il cottage dei Devenport sembrò ridotto male. Il piccolo steccato che delimitava il patio, dal pavimento in assi di legno divelte, si piegava su se stesso, verso la porta. Le intemperie avevano consumato e sbiadito la facciata e gli infissi soffocati dai rampicanti. Ma il tetto era ancora in piedi e il basamento in pietra garantiva una certa stabilità.
Scott chiuse con un colpo secco la portiera del furgone.  
«E’ messo male…» mormorò guardandosi attorno, serpeggiando con lo sguardo tra le erbacce che regnavano incontrastate.
Rose emise un sonoro sospiro d’assenso ma rivolgendogli lo sguardo notò la luce che attraversava quello scuro di lui. Una luce nuova. Il riverbero acceso dalla sfida.
Lo guardò sorpresa. Indugiando sulla sua espressione. Quel ragazzo sorrideva! Sorrideva divertito dalla sfida che lo aspettava e i suoi occhi erano accesi e più grandi e più belli.
Rose avvertì un tuffo al cuore.
«Rimbocchiamoci le maniche e facciamoci strada fino alla porta!» propose Scott, all’oscuro dei pensieri e delle emozioni che agitavano il cuore di Rose. «Proviamo a entrare. Mi faccio un’idea dei lavori da fare, poi ti riporto in città!» ammiccò precedendola e liberandole la strada dalle erbacce che sembravano avvinghiarsi, voraci, alle sue gambe man mano che procedeva.
«Non ho fretta» rispose Rose guardando dove metteva i piedi.
«Sbagliato signorina! » le sorrise Scott, raggiunto il patio.
Si tolse e gettò l’immancabile camicia a scatti sul quel che rimaneva dello steccato, rimanendo con la sola t-shirt grigia che si tese sul petto per la reazione all’aria fredda del mattino «Non dire mai a un uomo che ha tutto il tempo di dedicarsi ai suoi giocattoli… O lo farà! » rise mettendo in evidenza la fossetta sul lato destro delle labbra.
Un paio d’ore più tardi, Scott aveva finito di aprire, controllare e misurare la casa e tutto quello che conteneva.
«Ecco fatto!» decretò strappando l’ennesima ragnatela, raggiungendo Rose accomodata sul bracciolo di un vecchio divano sistemato in fondo alla stanza principale, una sorta di cucina e soggiorno,  e appendendosi con un braccio a una delle travi che caratterizzavano il soffitto.
Rose sollevò lo sguardo dalle pagine ammuffite del libro che stava sfogliando e fu colta alla sprovvista dai suoi occhi scuri, proprio sopra di lei. Dai muscoli guizzanti di quel braccio abbronzato e tornito. Dalle chiazze di sudore che tingevano di scuro la t-shirt grigia, tesa e appiccicata alla pelle. Dal viso sporco di polvere. Dai capelli arruffati.  
Scott afferrò la maglia al centro del petto e la tirò verso l’esterno.
«Lo so, sono disgustoso… »si rammaricò di fronte allo sguardo della ragazza, immaginando che la sua espressione fosse dovuta al proprio stato pietoso. Poi sciorinò un sorriso seducente, un sorriso che si aprì un varco, bianchissimo, tra la polvere e il sudore «La buona notizia è che fuori ho visto un pozzo!»
Rose sollevò un sopracciglio. Se solo quel ragazzo avesse potuto immaginare…
Chiuse il libro, sollevando uno sbuffo di polvere e si alzò.
«Aspetta…» Scott la trattenne, le sfiorò la fronte con le dita, afferrando tra pollice e indice una ragnatela che le si era fermata vicino l’orecchio destro. «Ecco…» mormorò a fior di labbra, accorgendosi solo in quel momento degli occhi di lei che lo guardavano con un’espressione indecifrabile e di quanto fosse bella, quella mattina, forse ancora un po’ assonnata.
Si fermò, così com’era. Lì dov’era. Poi le fece scivolare la mano dietro la nuca, sfiorandole il lobo dell’orecchio con la punta del pollice e, con un movimento rotatorio, la linea della mascella e poi il collo. Esitò. Poi Rose vide il suo volto avvicinarsi. Le sue belle labbra farsi serie, poi schiudersi. Avvertì il suo respiro. Caldo e irregolare, leggermente affrettato. Mentre esitava ancora, trattenendosi, umettandosi le labbra, dondolando impercettibilmente avanti e indietro.
Le ciglia scure di Scott ombreggiavano a tratti lo sguardo magnetico, in un movimento di palpebre ritmico e seducente che passava dalle labbra al naso, agli occhi di lei. Rose avvertì la pressione delle dita, sulla nuca, tra i capelli farsi più forte, quasi una morsa, che la tratteneva e la attirava inevitabilmente. Poteva sentire il battito accelerato del suo cuore.
L’avrebbe baciata… se non glielo avesse impedito.
Allora si aggrappò alla sua maglietta, piegando i gomiti e frapponendo gli avambracci tra loro. Avvertì forte il desiderio di quel bacio. Tanto quanto non aveva mai desiderato quelli di Ethan. Sollevò il viso, socchiudendo le palpebre ed esponendo così le labbra morbide al tocco delicato di Scott. Solo un istante. Il labbro superiore di lui che sfiorava quello di lei.
Si ritrasse.
«Non posso!» si negò voltandosi. Sfuggendo alla sua morsa e scivolando sotto il suo braccio. «Non posso…» mormorò. Più a se stessa che a Scott, portando una mano alla gola. Deglutì, respirando affannosamente.
Lasciò la casa, senza voltarsi e si fermò solo dopo aver attraversato a fatica il patio semi distrutto, sceso i gradini e percorso ancora qualche passo.
Scott si affacciò sulla soglia. Un braccio allo stipite.
Rose lo avvertì scendere i gradini e raggiungerla.
«Aspetta!» le disse afferrandola per le spalle e facendo in modo che si girasse a guardarlo. Le sollevò il capo, ostinatamente chino sul petto, poi tornò a stringerla, afferrandole le braccia perché non scappasse via di nuovo.
«Va bene» mormorò «Va bene così, per me…» e le sue mani lasciarono la presa, scivolando e allacciandosi dietro la schiena di lei, all’altezza della cintura.
Le sue braccia scesero dalle spalle lungo i fianchi e si allacciarono in fondo alla L’attirò a sé, appoggiandole il mento sulla nuca di nuovo piegata sul petto.
«E’ colpa mia» mormorò ancora, cullandola. «E’ solo colpa mia…» strinse gli occhi maledicendo la propria intraprendenza.
Avvertì Rose e il suo sospiro. Poi le sue parole, mormorate tra le pieghe grigie della sua maglietta, e il suo respiro caldo attraversare il tessuto e scaldargli il petto.
«No. La colpa è solo mia…»
Scott l’afferrò nuovamente per le spalle allontanandosi e piegandosi quel tanto che bastava a cogliere il suo sguardo scuro.
«E va bene… Adesso che abbiamo stabilito che è stata tutta colpa nostra…» sorrise «amici come prima e torniamo a casa! Cosa ne dici? Ti offro il pranzo! »
Rideva. Rideva come se quel piccolo incidente non l’avesse scosso né amareggiato e Rose gliene fu grata.
Si disprezzò per quello che era successo. Per averlo illuso… Per essersi tirata indietro quando invece avrebbe voluto quel bacio più di ogni altra cosa al mondo!
Lungo tutto il viaggio di ritorno, Scott le riempì la testa di chiacchiere. Sciocchezze, aneddoti, risate. Qualunque cosa pur di affollare il suo silenzio.
Mentre lei, raccolta in un angolo del sedile, si domandava ancora cosa l’avesse indotta a coinvolgere quel forestiero nel turbine dei propri pensieri e turbamenti.
Vederlo e desiderarlo era stato un tutt’uno. Era bastato uno sguardo per capire che in quegli occhi risiedeva la risposta alle sue domande. L’illusione di una vita diversa, calda, piena e appagante. Conoscerlo era stato uno sbaglio.
Scese dal furgone e chiuse la portiera. Nel posteggio del Mapple Tree Hotel non c’erano altre macchine. Non c’era nessuno…
«Mangiamo qualcosa insieme, allora? Ti va?» domandò Scott passandosi una mano tra i capelli scuri.
Rose rabbrividì. Non sentì neppure la sua domanda. Tutto quello che avvertì fu lo sguardo tagliente di suo fratello Sean. Qualcuno, in quel posteggio, c’era… si morse il labbro inferiore.
«Andiamo?» Scott le sfiorò un braccio, sorridendo, ignaro della presenza di Sean.
Rose scosse il capo.
«No… Non posso… » gli rispose lanciandogli una fuggevole occhiata carica di autentico terrore. «Devo andare! Sarà per un’altra volta…» farfugliò.
«Non sarà… » Scott l’afferrò per un polso, trattenendola, e lei si decise a guardarlo negli occhi.
Occhi che la ferirono.
«No» mormorò concedendogli un sorriso «No… non è successo niente, in fondo» mentì, sapendo di mentire. Quel loro contatto ravvicinato aveva creato un baratro tra lei e Ethan e lo sapeva benissimo.
Si era avvicinata al fuoco e si era scottata. Poteva solo imputarsi tutte le colpe.
«Non è successo niente» ripeté congedandosi.
Scott recuperò la camicia a scacchi dal furgone e la indossò meccanicamente. Il tempo di un attimo e Rose era già lontana. Sospirò, dandosi tacitamente dello stupido. Decise che non aveva fame. Affondò una mano in tasca e recuperò il foglietto spiegazzato sul quale aveva scritto misure e materiale necessario alla manutenzione del cottage. Pensare ad altro, impegnarsi in altro, l’avrebbe calmato, forse. E il battito del cuore sarebbe finalmente tornato regolare.
 
***
 
«Rosalinda»
Alla voce familiare e fastidiosa di zia Geltrude, Rose socchiuse appena le palpebre. La donna si affacciò allora nella stanza della nipote. «Non hai nemmeno pranzato, oggi… Potevi scendere a cena» disse raggiungendo la ragazza seduta sul letto. Le gambe ritirate verso il mento.
Rose le lanciò uno sguardo stanco, poi tornò a fissare le pagine di un libro che non stava leggendo. Il volto pallido rischiarato dalla luce di un lampione che irradiava nella stanza attraverso la finestra accanto al letto.
«Non mi sento bene, zia… », mormorò.
Non mentiva. I sentimenti contrastanti di quegli ultimi giorni le avevano indotto un profondo senso di nausea. L’immagine di Scott la tormentava e il pensiero di Ethan la rendeva inquieta.
Geltrude si sedette sul bordo del letto. Sfiorò la fronte della nipote e le scostò una ciocca ribelle.
Rose rimase immobile.
«E’ il tuo fidanzamento a preoccuparti? »
Improvvisamente Rose si volse e cercò i suoi occhi dorati. Una ruga tra le sopracciglia.
Zia Geltrude rise portandosi elegantemente una mano alle labbra esangui, fasciata dal bel vestito scuro e un po’ antiquato che ne metteva in risalto la carnagione sorprendentemente chiara e liscia. Bella nonostante l’età.
«Cara la mia bambina» la schernì, guardandola negli occhi «Credi di essere la prima Van Dyk a provare questa inquietudine?» domandò con sguardo complice.
«Passerà tutto, vedrai. E ti abituerai in fretta… molto in fretta… alla tua nuova vita», mormorò. «Non appena vi sarete fidanzati, comincerai a riconoscere i vantaggi di questa unione…» la rassicurò.
Rose abbassò lo sguardo e Geltrude si alzò dal letto. Le mani in grembo.
«Devi solo mantenere la calma. Fino a quel momento», decretò perentoria.
Un consiglio? Si domandò Rose. O una minaccia, sorrise tra sé.
La donna lasciò la stanza. Rose guardò verso la porta rimasta aperta. Sulla soglia, dall’ombra, emerse Sean.



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CRONACHE DI SUNSETVILLE (ovvero, l'angolo dell'autrice):
Eccoci di nuovo a SUNSETVILLE e alla prese con la nostra storia! Chiedo venia, per chi mi segue, per il ritardo con il quale pubblico questo capitolo... Qualcuno di voi probabilmente sa che le mie ultime incursioni nel medioevo e nella cittadina di Rosenburg sono parte della motivazione... Ma torniamo a noi!
Altro capitolo e altro tassello, spero, per venire a capo dei sentimenti e della situazione di Rose! E nonostante Ethan sia il fidanzato "legittimo", sembra che fino ad ora Scott abbia preso prepotentemente piede quale protagonista della storia... Mi manca Ethan e spero manchi un tantino anche a voi che ancora, però, non lo conoscete come lo conoco io... ehm. Che dite, lo facciamo tornare? 
In attesa di scoprire cosa ci riserverà il prossimo capitolo, buona lettura e il solito, immancabile, GRAZIE a tutti... lettrici silenti (ma so che ci siete) e impavide commentatrici! 
A presto, Sabrina 
   
 
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