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Autore: queenjane    25/08/2015    2 recensioni
Dedicato, in ordine alfabetico, a Amantea, Lucy'71, Mgrandier, Orny'81, Pamina'71, Tixit, Veronica Franco
Gli antichi dividevano le varie età dell'uomo nella stirpe dell'oro, dell'argento,
del bronzo, degli eroi e del ferro. Tempo addietro ho scritto delle one-shot, che intendo ampliare.
Da leggere come storie a sé o seguito di Golden Age oppure come spin off della storia "The dragon and the rose"..
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Oscar François de Jarjayes, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ottobre 1763.
 
  • Catherine, raccontami una storia di quando te e Luois eravate piccoli.
  • Perché, Oscar?
  • Per favore.
Nostro fratello, nato nel 1739, di aprile, spirato di malattia nel novembre 1749, che hai amato e venerato, eri la minore, se voglio sapere qualcosa di lui posso chiedere solo a te, che racconti e non imbellisci.
Ti raccogli, nel passato.
Ecco Luois, tiratore di fionda, il biondo erede, il tuo prediletto, fosse vissuto io ci sarei? Scrolli le spalle, mi stringi forte.
  • Bilancia meglio il peso, così!- le mostrò il movimento, le luci  e le ombre che battevano sui visi, lui aveva i capelli dorati come il padre, erano vicini al laghetto a confine delle tenuta dei Saint-Evit e dei Jarjayes, rispettivamente, le famiglie del loro padre e della loro madre.
    - Divertita?A posto?-La canzonò
    –Tu continueresti fino a  domani, ma le bambole no?
    - Mi annoiano, vedi il lato positivo, signor fratello, ti affini, monsieur le Comte Luois Regnier Augustin de Jarjayes-
    Peggio di un maschio, era da un anno e coda che andavano avanti, un loro segreto, lui aveva ceduto, come sempre, stufo di richieste e piagnistei, salvo scoprire che era infaticabile.
    –Louis-
    -CAT-
    -Per te questo ed altro-
    Poi- Tanto ti diverti e ti sei evitato una punizione-
    Era quasi affogata per andargli dietro quella primavera, e lo aveva coperto, barattando il segreto con quello.
    “Va bene, ma poi non devi piangere o andare a lamentarti….Devi combattere, come un drago, meglio un dragone, intesi, Cat…

    E lei aveva mantenuto, incredibile come, quando voleva qualcosa, puntasse sul bersaglio, taceva  e non si lamentava, anche se la prendeva in giro, era davvero brava, una piccola Amazzone in fieri, un drago, una tigre.
    ….Quando eravamo piccoli, io cinque anni, lui andava per gli otto, ci arrampicavamo sugli alberi, lui tirava sassi con una fionda, ad un cane una mucca o all’orizzonte, non voleva, io insistevo, alla fine diceva sempre di sì, la mia preferenza per lui era quasi scontata, la sorpresa era come non si scocciasse di avermi sempre dietro.

    “Cat, ecoute una storia”, se le inventava, o riprendeva quelle di nostra madre …

    Quando si scocciava o litigavamo,non esistevano santi, me le dava quante ne reggevo e io ricambiavo con alacre solerzia, peccato perdessi quasi  sempre,  le gambe e le braccia piene di lividi, lui nero per i morsi e i calci tributati, magari mi aveva strappato una ciocca di capelli … Io sparivo per un po’, lui uguale, poi bastava un sorriso, una parola, giocare a scacchi o toccare il suo cavallo, Zephyre per passare sopra la questione. I nostri genitori si amavano, altro che, tranne che mia madre era una “ribelle”, lui un soldato, gli faceva sì sì, poi agiva come reputava più opportuno e lui … dipendeva.
  • Spesso si metteva a ridere, sennò si incupiva e lei lo portava nelle loro stanze.. mia madre era una ribelle nata, la pensava a modo suo su tanti argomenti, i difetti compensati dai pregi.

    Non sempre, non comunque, dopo me erano nati altri due fratellini maschi, Leon era morto a tre mesi, Nicholas ad un anno, lei  ci sorrideva  sempre vedendoci, apriva le braccia, ma spesso e volentieri era  Papa a stare con lei, io stavo con Luois. Diceva che ero un uragano, una scocciatura, tranne che ero la sua migliore amica, eh?, il reciproco affetto era un sostegno…

    Una bambina, colma di grazia, con nuovi ardimenti e antiche paure, ogni stagione aveva i suoi riti e le sue meraviglie.
    In primavera le corse sui prati, disboscando poi le aiuole di rose e narcisi per sua madre.  Con il fratello gareggiavano a chi resisteva il più a lungo possibile su un muretto, a braccia aperte.  In estate (per evitare altri accidenti, le aveva insegnato a nuotare), in Normandia  era il gusto del sale sulla pelle, contare le barche che rientravano le sera, le stelle. In autunno affidava messaggi agli stormi di uccelli migratori, in inverno osservavano le fiamma che guizzavano, rabbia alla rabbia e cenere alla cenere. Intanto, come  volevasi dimostrare, Catherine continuò ad esercitarsi con la scherma (e dopo ho continuato, per anni, in segreto le mosse).
    E la curiosità di conoscere, avida e golosa, l’amore per i libri di viaggi e le lingue straniere. E…-
    - TU SEI UN MASCHIO MANCATO!Altro che storie, aveva arrotolato le gonne e montava ad uomo….

    -Poi non ti venire a lamentare se cadi e ti fai male
    —Va bene, ma ti risulta l’abbia fatto ultimamente?- Con sufficienza.
    Novembre 1749, i lutti e le sciagure toccarono il Generale, perse moglie e figlio per la difterite, una  catastrofe che lo svuotò, facendolo diventare di ghiaccio e pietra, un morto vivente, senza veri sorrisi o tenerezza.
    .”…Basta  chiedere, non torneranno più, capito, vuoi capire?
    ”NO”
    ”Sei stupida o cosa, ai funerali c’eri..”
    ”BASTA!” Questa era Isabel, l a nonna materna, la madre di Gabrielle, la prese per mano, preoccupata che la bambina non piangesse, fosse fredda e  muta dopo quei discorsi…

… Nei tempi remoti, viveva nelle terre di Tule, che dicevano essere l’ultimo confine conosciuto degli antichi regni, viveva, appunto un drago, verdi come smeraldi le sue scaglie, rossi gli occhi, una coda lunga venti metri, con ali per volare da un confine all’altro del regno, ne era il custode, un guardiano. Era immenso, forse il più grande esistito in quei luoghi, e nel passato e nel futuro..

- La storia del dragone l’avevi già inventata ..
  •  La inventammo io e lui, Oscar, poi te l’ho regalata e hai deciso tu delle cose, come il capriolo- La voce sottile come la punta di un diamante.  Le palpebre socchiuse, che andavi rievocando? Taci, sei nelle ombre.

    … un novembre da in incubo, il generale aveva pianto, spaccato non so quanti mobili in biblioteca, dopo avere sfilato la fede dalle dita gelide della contessa, straziato, impotente, per sempre fedele a Gabrielle, in quella vita e in quelle che sarebbero venute. Avevo approfittato del caos per andare da lui.

    -Ehi-
    Sfiorandogli un braccio segnato dai salassi, la stanza puzzava di malattia, il tavolo vicino alla finestre era pieno di medicinali, ampolle e bacinelle, il fuoco così caldo da svenire, nell'aria resti di pestiferi infusi. Era dimagrito da fare paura, il viso bianco come cera, carta, un petalo di camelia contro i candidi cuscini.

    -Vuoi che apra le tende? Vuoi dell’acqua?-
    Due cenni di assenso, i capelli biondi intrisi di sudore contro la mia spalla, mi permetteva di aiutarlo, era davvero messo male.

    -Che è successo? Non mi hanno mollato un momento, poi eccoti qui. La mamma? Come sta? MAMAN.

    - Si sta rimettendo-
    Gli servii la balla, pronta, diretta, ma lui non era stupido, osservò che ero vestita di grigio, il colore del lutto per un bambino e inventai che era morta una parente, era lucido e ci credette, o finse di crederci, non mi chiese specificazioni.

    Luois si stava imbarcando sulla leggendaria nave degli Argonauti, non verso il regno di Colchide, verso il ello d'oro, ma verso l'Ade, verso il fiume Lete, un sorso delle sue acque tuto fa scordare.
    - Cosa che devi fare anche tu, mi annoio senza di te- quel peccato l’avrei riscontato dopo, decisi, con gli interessi, le penitenze del prete e le sue bastonate, che importava.

    -Anche io mi annoio-
    Un piccolo sorriso - Almeno quando sono sveglio.. E dormo tanto.

    - Ti racconto una storia-
    Le dita intrecciate, avevo scalciato le scarpe e mi ero stesa accanto a lui, sul fianco,la testa contro la mia spalla.

    - Anche se in genere è il contrario-
    Sorrise.

    - Dunque, nei tempi remoti, nelle terre di Tule, che dicevano essere l’ultimo confine conosciuto degli antichi regni, o nel Catai, decidi tu, vivevano un re ed una regina, lui si chiamava Regnier e lei Gabrielle-
    Annuì, gli carezzai una ciocca fradicia di sudore, asciugando quello sul viso con la manica.

    - Lui domava i cavalli, come Ettore di Troia, combatteva tutte le guerre, vincendole sempre, mentre la regina ….-
    Parole su parole, tutte le avventure di questa vita così lunga le ho vissute per te? Volevamo vedere il mondo, conoscere nuovi posti, essere  parte del tutto, uniti come due foglie su uno stesso ramo.... ci sono riuscita, un poco?
    -I principi erano due, un maschio ed una ragazzina che a sentire lui era un maschio mancato, ehi, che ridi, comunque l’erede si chiamava Luois come te, era inimitabile, uno spadaccino di primo rango, nessuno lo batteva con la fionda, tirava i sassi come un …. Mito e aveva un grande coraggio-
    Che mi inventavo?
    - Cioè, quando il re era assente, invasero il regno, ma il principe combatté, trasformandosi in un drago possente, verdi come smeraldi le scaglie, occhi rossi, lunga venti metri la coda, ringraziando la principessa sua sorella, che aveva trovato l’incantesimo, lui la proteggeva, però almeno a quelle cose badava lei- Una pausa, intanto voleva un altro bicchiere d’acqua e glielo diedi, poi mi strinse, da capo, avrei giurato che capisse più di quanto volesse ammettere, e viceversa,per me- Comunque, alla fine, lo chiamarono dragone, tanto era intrepido e potente. Ti piace lo so, quindi che è quello sguardo?

    - Hai scordato una cosa, questa la preciso io. – Le parole roche, mi sfiorò la guancia.
    - La principessa, Catherine, all’occorrenza poteva diventare il dragone della leggenda, non era un maschio mancato, semmai era una Amazzone, per combattere, fosse successo qualcosa al principe, ma anche no, in caso contrario, era brava-

    -No-
    Allora mi stava davvero dicendo addio ….

    - Sai, magari, il principe diceva che doveva combattere sempre, con onore, per proteggere chi amava, senza arrendersi mai, alla fine diventerai il dragone della leggenda, IL VERO DRAGONE -

    Un cenno, era stanco e non ne poteva più, ma dai rumori capii che non potevo filarmela  e mi nascosi sotto il letto, sparendo per ore, approfittando di un cambio per andare via

    - Muoviti o ti beccano-
    Era ancora più diafano nello scarto di poche ore, ancora lo salassavano e stava sempre peggio.

    – Ciao a presto, rimettiti, ti voglio bene-

    -Ciao, ti voglio bene, a presto … dragone-

    Chiaramente, ne presi per quella sparizione, frustate, dato che non riferivo dove mi fossi infilata, tanto … se ne andò quattro giorni dopo, la febbre alta ed in delirio, quando ero in procinto di andarmene, novella sposa, il discorso cadde su quei giorni e Isabel mi raccontò che parlava di un dragone combattente.
Di scenari incantati e regni lontani.

Quando seppi delle segrete qualità di Xavier e Juan, mio marito e mio suocero, nessun dubbio, nessuna esitazione nel scegliere il mio epiteto, dragone, quando dissero che ero pronta. Sapendo, allora come poi ed adesso, nella distanza, che avrebbe definito quella storia una pazzia assurda, tranne che mi avrebbe seguito. Alla fine, l’ho sempre portato dentro di me. Lui era un combattente nato, non aveva paura di battersi e solo la marte lo ha sconfitto, nessun rimpianto, devo ricordarmelo, mio prediletto eroe.

Ripresi a parlare dopo venti giorni, giusto un po’, per non far diventare matta Isabel,  mia nonna materna, che era venuta a stare da noi, lui era andato a fare un giro delle guarnigioni, mentre io mi abituavo, si fa per dire..il risveglio era una tortura, li sognavo e li rivolevo, poi smisi di piangere, a che mi serviva? Mio padre era sempre in caserma o alla  reggia, vedermi lo riempiva di dolore, però che colpa avevo, di somigliare a mia madre, tranne che negli occhi, che erano i suoi?  SOLA, e avevo otto anni…

Sentivo che il generale beveva fino a stordirsi, cercando conforto in altre braccia, altre storie, avventure mercenarie, le era sempre stato fedele e ora?Definirmi silenziosa, scorbutica e lunatica era un eufemismo, lui invece era impeccabile nel gestirsi la carriera e la vita a corte. Presi tutto quello che potevo, sia di lui che di lei, oggetti, temevo che li avrebbe fatti sparire, come avrebbe voluto fare con me. Zephyre divenne il mio cavallo.

Tuttavia, gli occorreva un figlio maschio e doveva risposarsi, impegno che lo entusiasmava poco, in quel novembre 1750, appena il tempo di finire il lutto stretto.

E mia madre è stato il suo primo e ultimo amore.
Gabrielle Marie de Saint Evit, la sua amatissima, la sua immortale, mito immutabile e perfettibile, visto che non era perfetta.

- Catherine – Torniamo al presente, ci ho capito il giusto, eri con me ma lontano da me, insieme, nel passato.
Allora questa storia viene da lontano e me ne hai fatto dono.
La stanza è immersa nella luce del tardo pomeriggio, le foglie che battono contro i vetri hanno le sfumature di un caldo color bronzo e del lucido rame, sul tavolo un mazzo di fiori autunnali raccolto nei giardini, i petali tenui e delicati, la boiserie delicata nei colori chiari del bianco e dell'oro.
Scruto un prezioso objet d’art giunto da poco, tanto per essere in tema.
  • Cosa è?
  • Un manufatto giapponese.
  • E’ rotto  ma come lo hanno rimesso a posto?
  • Vedi Oscar, in Giappone quando qualcosa di prezioso si rompe, riparano il danno, con l’oro, come questo piccolo tesoro comprato dall’antiquario, infilandolo nelle sbrecciature.
Mah.
È un DRAGO di giada verde, prezioso e fragile, con sottili rotture,  colmate di oro, un coccio, non è perfetto come i manufatti ospitati nelle stanze di mia madre, quando ci vado, devo sempre tenere le braccia dietro la schiena per non  rompere nulla, guai se lacche perdono di lucidità, eppure…

Pelle di seta, ossa di cristallo, capelli di fumo, resta.
Mia sorella, la mia incrinatura ..

 MAMAN


Stai leggendo, pardon rileggendo l’Odissea, su un divanetto di damasco blu, quando ne esco con una delle mie.

– Ah il viaggio di Ulisse, che torna a casa, giusto, dopo la guerra di Ilio-
Prendo un sorso di cioccolata, spolverandola di cannella
- Sai, i bambini spartani iniziavano l’allenamento vero per addestrarsi come prodi guerrieri verso i dodici anni, una variazione di Plutarco-
Una panzana colossale, ma taci,me lo hai detto una volta che eravamo insieme, di questa storia, ma l’età sono sette anni, li ho compiuti, adesso a dicembre sono otto, ma .. vorrei una estensione.

- Facciamo così anche noi?- 
- Sì-

Era l’ansia, Oscar, dicevi sei mia per rassicurarti, un senso di possesso, appena potevi venivi da me e viceversa, le dita sul polso, uno strattone alla manica.

  Insieme, restavi impertinente, cocciuta, impetuosa, un tuo nomignolo (non di mia invenzione, chiariamo) era Attila, e non lo gradivi.


Pazienza, meglio quello delle maschere che rivestivi, dovevi diventare un perfetto “soldato” e la scuola del Generale era dura, rigore, disciplina, mai un lamento.
Sapevi anche tante cose, ci rimasi quando mi raccontasti dei giardini dei semplici nei conventi, nel Medioevo, le erbe officinali ti piacevano e ci siamo divertite un mondo a fabbricare pomate per i lividi, qualche volta, tanto te ne procuravi in quantità esponenziale, come le essenze, per il bagno, non sia mai che ti venisse in testa altro. E mi volevi bene e viceversa, un amore immenso
   
 
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