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Autore: NiNieL82    15/09/2015    2 recensioni
Edith ha lasciato Kendal per tornare a Londra. Lo ha fatto per Ella e Dave, suoi figli; lo ha fatto perché ha capito di non poter scappare per sempre dalla decisione più importante della sua vita: decidere se stare con Orlando Bloom, padre dei suoi figli e fresco di divorzio da Miranda Kerr, oppure tornare ad essere la moglie di Jude Law, che ha sposato un anno prima.
In un susseguirsi di vicende e di emozioni, la vita e la via che Edith deve seguire si spiana lentamente davanti ai suoi piedi, mettendola come sempre alla prova, alle volte confondendola.
Chi sceglierà Edith? A chi darà il suo cuore?
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Orlando Bloom
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie ' I was born to love you.'
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Capitolo 9: Il seme del dubbio


Quando la porta di casa si chiuse alle sue spalle, Edith lasciò andare la borsa sul pavimento e sospirò affranta. Era come se in quelle ultime settimane fosse invecchiata di mille anni e che tutto quello che le era successo fosse passato su di lei come un tir lanciato a folle velocità lasciandola con tutte le ossa rotte.

Per quel motivo aveva deciso di non andare subito a casa di suo padre a prendere Ella e David. Aveva bisogno di qualche ora per capire, per digerire un po' tutto, per cercare di fare ordine nelle sue cose e specialmente nella sua vita.

Si guardò intorno e una fitta le attanagliò lo stomaco. Era disagio più che dolore, mentre ricordava quello che Jude le aveva detto proprio in quel salotto qualche giorno prima.

Ti lascio libera!

Da cosa Edith non lo aveva ancora capito.

Sapeva dentro di sé che non sarebbe mai stata libera, che non sarebbe mai riuscita a mettere un po' d'ordine nella sua vita. Aveva fatto volontariamente e no troppi casini per poterci riuscire. In tutto questo, anche se sapeva di non poter raggiungere il Nirvana, voleva almeno provare a raggiungere una parvenza di felicità. Ma sempre dentro di lei una vocina maligna le suggeriva all'orecchio che non sarebbe stato poi così facile. Sapeva che qualche cosa stava cambiando, che era impossibile che la rottura definitiva con Jude non avesse avuto notevoli strascichi, che solo il pensiero di mettere le cose al proprio posto con Orlando le faceva venire un attacco di panico da manuale. E sentiva che l'unica persona che riusciva a capirla era Gerard. E questo la spaventava, perché era anche l'unica che le mancava davvero.

-Edith! Non ci pensare nemmeno a incasinarti la vita. Non un'altra volta- pensò tra sé e sé.

Eppure dentro di lei lo sapeva che lo stava già facendo. Per tutto il viaggio non aveva pensato una sola volta a tutto quello che l'aspettava una volta a Londra, ma alla persona che stava lasciando a Wick.

-Non posso crederci. Non posso essere così stupida!- pensò lasciandosi cadere sulla poltrona e guardando le sue décolleté a punta, lucide.

Nel silenzio della sua casa cercò di capire, di pensare a cosa le stesse succedendo. Il peso delle sue emozioni gravò sul suo cuore già dal primo minuto, schiacciandolo. Ma doveva farlo. Doveva capire perché non aveva fatto altro che cercare Gerard, che pensare a Gerard quando succedeva qualcosa di brutto.

-E pensare che lo odiavi all'inizio. Proprio come Orlando!-

Ecco! Appunto. Lo aveva odiato come Orlando. Come per il suo grande amore c'era stato uno scontro niente male all'inizio ed Edith aveva pensato più di una volta di prendere a calci quell'insolente di uno scozzese. Poi, come per Orlando, aveva capito che di Gerard si poteva fidare. Erano diventati l'uno la spalla dell'altra.

In un silenzio attonito, Edith cercò di non pensare che troppe cose somigliavano alla sua storia con Orlando. E in quel silenzio cercò di scacciare i ricordi di chi, anni prima, ogni volta che litigava con Orlando, ogni volta che succedeva qualche cosa che palesemente andava ben oltre l'amicizia, diceva loro che erano andati troppo avanti, che non potevano essere più definiti amici.

Prese il cellulare, spaventata e scorse la rubrica. Tra le ultime chiamate c'era Rachel. Guardò il contatto con il pollice sospeso, quasi pronto a chiamare. Non lo fece. Mise il blocca schermo e andò verso il bagno. Si spogliò come faceva nella sua vecchia casa di Piccadilly, lasciando un capo per terra ad ogni passo che faceva e dopo aver aperto i rubinetti e aver fatto scorrere l'acqua calda, sciolse i capelli e si gettò sotto il getto ristoratore, cercando -invano- di cacciare via i pensieri, ma senza riuscirci. Si sentiva combattuta, spaventata, confusa. Specialmente confusa.

Eseguì i riti della doccia senza dare la cura necessaria che metteva ogni volta. Asciugò i capelli e li piegò in una coda alta. Non si truccò e si vestii senza guardare realmente quello che stava indossando. Poi chiamò il padre.

Era pronta per tornare ad essere mamma a tempo pieno.


Quando Edith aprì la porta di casa diede un lungo e profondo respiro. Negli anni in cui lei e suo padre avevano litigato, quando le cose non le andavano bene aveva sempre sentito il bisogno di quella casa, di quello che per lei era stato un rifugio sicuro.

Per anni aveva lottato contro se stessa e il suo orgoglio per non tornare indietro, per non essere lei la prima a chiedere scusa, ma questo l'aveva usurata e solo quando grazie ad Orlando era riuscita a far pace con il padre, un po' di quella ruggine che si era depositata sul cuore era andata via come per magia. Da allora, sempre, quando succedeva qualcosa di grave, si rifugiava dai suoi genitori: era successo quando aveva lasciato Orlando, quando aveva cercato una casa per andarsene da Londra e rifugiarsi in un posto sicuro, lontano da Jude e Orlando.

Ora però, per quanto un po' di tranquillità l'avesse magicamente pervasa, Edith sentiva che c'era qualcosa di sbagliato, che qualcosa era irrimediabilmente cambiato. Ed Edith sapeva che cos'era.

Sua madre non era lì, per la casa non si spandeva il profumo dei suoi buonissimi manicaretti o del suo profumo. Sembrava quasi che perfino la luce fosse diminuita nel grande salotto stipato di mobili semplici e con le pareti che nonostante fossero state ridipinte più e più volte non si erano mai allontanati dal color avorio.

Mamma!” gridò una vocina dalla cucina e subito seguita dallo scalpiccio di piccoli passi.

Edith sorrise e chinandosi allargò le braccia accogliendo prima Ella e la sua cascata di riccioli neri e David, che sì, aveva dei tratti che appartenevano ad Edith e alla sua famiglia, ma come per Ella, stava cominciando ad essere la copia sputata del padre.

Mamma! Sei tornata!” strillò Ella piena di gioia.

Edith annuì con gli occhi lucidi e David tese le braccia e con il suo inglese stentato, come quello di tutti i bambini di appena tre anni, disse:

Mamma. Mamma pappa!”

Edith rise e strinse tutti e due, sorridendo commossa, e sottovoce disse:

Dio mio! Come mi siete mancati!”

Stava ancora stringendo i figli quando vide un'ombra oscurare l'uscio. Sollevò lo sguardo verso quella direzione e vide il padre. O meglio lo spettro di quello che era suo padre.

Di Patrick Norton non era rimasto nulla. Dopo la separazione da Eloise, il dolore aveva lasciato segni probabilmente indelebili su di lui che aveva perso in pochissimo tempo molti chili e dava l'impressione di aver reso la sciatteria una sua prerogativa. Vederlo così rese Edith ancora più preoccupata: sapere che suo padre non stava bene la spaventava parecchio dal momento che ancora non riusciva a rendersi conto a pieno del fatto che stava irrimediabilmente perdendo sua madre.

Si avvicinò al padre e gli baciò la guancia, sospirando grata di trovare qualcuno in carne e in ossa piuttosto che un fantasma.

Come stai?” gli chiese con un filo di voce.

Patrick sospirò e gli occhi gli si fecero di nuovo lucidi. Guardo la casa, quasi questo gli bastasse per trovare Eloise come se non se ne fosse andata via ma si fosse nascosta dietro un mobile, pur sapendo che non era possibile.

Vado avanti. I bambini mi hanno aiutato parecchio in queste settimane... E anche Paul ed Emma... Mi sono stati vicini...”

Edith annuì e sistemando il colletto della camicia del padre, disse:

Tranquillo papà. Ci sono anche io con te adesso... Non ti lascio solo!”

Il padre la guardò negli occhi. Fisso, in silenzio. Edith conosceva lo sguardo di suo padre, sapeva che poteva sondare dentro la sua anima e vedere i suoi segreti più profondi. Era stato lui a rendersi conto anni prima, che Edith non amava esibirsi in pubblico e che il piano non era la sua strada. Ma allora aveva fatto finta di niente e aveva aspettato che fosse la figlia a fare la prima mossa, quella che li mise l'uno contro l'altro per tanto tempo.

In quel momento, invece, gli occhi di Patrick si puntarono su dentro quelli di Edith e sollevando il viso della figlia con una mano, le chiese serio:

Sai qualcosa che io non so Edith?”

Edith si maledì mentalmente. La sua sensazione di essere nuda davanti all'uomo che le aveva dato la vita non era poi così sbagliata. Suo padre la conosceva come se fosse un libro aperto.

Perchè?” chiese fingendo stupore.

Patrick la guardò e disse:

Hai la stessa espressione di quando i tuoi fratelli combinavano qualcosa e tu nascondevi le loro malefatte!”

Edith sorrise e cercando di nascondere tutto con un sorriso, disse:

Non so niente papà. Sono solo mille problemi. Mille. Orlando che non mi da tregua, Jude che se n'è andato via...”

Patrick annuì e poggiandole una mano sulla spalla, scusandosi le disse:

Scusami Edith! Scusami! È che da quando tua madre è andata via mi sento come se qualcosa non quadrasse, come se qualcosa mi venisse nascosto!”

Papà! Nessuno ti sta nascondendo niente. Davvero!” e baciandogli di nuovo la guancia aggiunse: “Mi hanno detto Emma e Paul che dovrebbero venire a pranzo. Che hai preparato?”

Patrick la guardò con terrore e la ragazza, ridendo, replicò:

Ok! Chiamiamo un'agenzia di catering. Almeno siamo sicuri che mangiamo qualcosa di buono!” e avvicinandosi al telefono cominciò a sfogliare l'agenda telefonica cercando il numero di qualche ristorante per ordinare qualcosa take away.


L'atmosfera in casa Norton era gioviale come non lo era da anni, ormai.

Non erano mai stati una famiglia dal passato semplice. Liti e distacchi dolorosi avevano reso la storia passata dei Norton un'epopea che avrebbe fatto un baffo perfino ai sovrani di Gran Bretagna. Con tutto il rispetto per la Regina, naturalmente.

Nonostante questo c'era qualcosa che stonava. Edith se ne rendeva conto. Per quanto ridessero, per quanto i bambini corressero da una parte all'altra animando la casa con le loro voci cristalline, Edith sapeva che ogni adulto portava un peso segnato indelebilmente dalla partenza di Eloise. E lei, Edith, che sapeva il vero motivo, si sentiva in colpa. Terribilmente in colpa. Sapeva, dentro di sé, che tenere nascosto a suo padre il vero motivo per cui la moglie se n'era andata era sbagliato, anche se capiva il desiderio di sua madre di non voler far vedere a suo marito il suo corpo straziato dal dolore, dai medicinali e, inevitabilmente dalla malattia e dalla morte. Nonostante questo si sentiva colpevole guardando Patrick. In quegli ultimi giorni gli aveva negato di passare con la moglie quelli che diventavano gli ultimi giorni per lei e quel tempo perso non glielo avrebbe dato nessuno indietro. Si guardò intorno e cercò i visi dei fratelli. Anche loro erano all'oscuro di tutto, ma stavolta un altro pensiero la opprimeva. Eloise le aveva dato il compito di dire loro che la loro madre stava morendo e che quello era il vero motivo per cui aveva messo fine al matrimonio.

In quel preciso momento sentì una furia cieca ma silenziosa montare dentro di lei. Come aveva potuto, sua madre, essere così egoista? Come aveva potuto chiederle di nascondere a suo padre una verità così ingombrante e al contempo chiederle di dire tutto ai suoi fratelli, senza pensare a quello che avrebbe voluto dire per lei, in quel preciso momento della sua vita, avere un peso del genere sulle spalle?

Tutto bene?”

Edith si voltò e guardò Emma, sua sorella. In lei qualcosa era cambiato: era sempre bellissima e sensuale come quando calcava le passerelle, ma nei suoi occhi c'era solo un'immensa tranquillità. Da quando Clay era entrato nella sua vita tutto era cambiato, lei era cambiata. Lo spettro dell'anoressia era diventato un lontano ricordo, aveva persino smesso di andare da uno psicologo. Aveva cominciato ad aver davvero fiducia in se stessa e non a mostrare una faccia diversa a seconda della collezione con cui sfilare. Di quella piccola figura esile che guardava Edith con arroganza su di una poltrona in un centro di recupero a New York era rimasto davvero poco. Davanti a lei c'era una donna e questo rendeva la giovane giornalista orgogliosa dei progressi e dei cambiamenti che aveva fatto sua sorella nella sua vita.

Posò una mano su quella di Emma e disse:

Mi dai una mano?”

Emma corrugò la fronte e senza domandare niente seguì la sorella, prendendo alcuni piatti vuoti dalla tavola. Edith fece lo stesso e si eclissarono in cucina.

Una volta poggiato tutto sul tavolo di legno al centro della cucina e aver socchiuso la porta, Edith si poggiò al muro e passando una mano sulla faccia, disse:

Non voglio fare troppi giri di parole. So perché la mamma se n'è andata dalla zia Mag!”

Emma corrugò la fronte proprio come aveva fatto a tavola qualche secondo prima. Aveva capito che qualche cosa non andava e sapeva che quella che stava seguendo era una confessione, o almeno l'inizio di quella che doveva essere una confessione.

Ho promesso alla mamma che vi avrei detto il vero motivo. Però non posso farlo adesso!”

Perchè?”

La voce di Emma nascondeva una nota di rimprovero: Edith sapeva che la sorella aveva capito e che era contraria.

La mamma non vuole che il papà sappia la verità!”

Dopo quell'affermazione Emma incrociò le braccia e sollevò un sopracciglio che annunciava tempesta. Mettendo quindi le mani avanti, Edith disse:

Emma... Lo so che ti può sembrare strano. E ho visto come sta papà. Davvero. So che la mamma sta sbagliando e sono davvero d'accordo con te sul fatto che anche papà debba sapere la verità...”

Che si scopa un altro?” domandò sputando veleno Emma.

NO!” esclamò Edith scioccata da quella domanda. Non si era mai resa conto che vista dal lato di chi non era a conoscenza della verità, quello era il primo pensiero che poteva venire in mente.

E allora cosa? Si è innamorata di qualcun altro?” continuò furibonda Emma.

La mamma sta morendo!” disse Edith in un soffio, senza nemmeno pensare a quello che stava dicendo.

Emma barcollò appena, sentendo quella frase. Le braccia caddero lunghe sui fianchi e l'aria di sfida che aveva preso quando la sorella maggiore le aveva confidato di essere a conoscenza del motivo per cui la madre aveva deciso di lasciare il padre aveva lasciato posto a quella di doloroso stupore che ora aleggiava per tutta la cucina.

Con orrore di Edith gli occhi di Emma si riempirono di lacrime.

Em! La mamma non vuole che papà lo sappia! Ti prego!”

Emma annuì e cercando di riprendere contegno riuscì solo a farfugliare:

Come? Quando te lo ha detto?”

Edith sospirò e si mise a sedere. E poggiando i gomiti sul tavolo disse, tenendo la testa tra le mani:

Il giorno dopo che io e Orlando l'abbiamo trovata, zia Maggie mi ha chiamata e mi ha detto di andare da lei, perché la mamma mi voleva parlare. Ho preso un taxi e mi sono catapultata, perché come te e Paul volevo delle spiegazioni, volevo capire il perché di quella decisione. Quando sono arrivata a casa della zia ho trovato la mamma in cucina. Mi ha detto che ha un tumore al cervello. Che ci sono già delle metastasi...”

Com'è possibile che non ci siamo accorti di niente!” intervenne disperata Emma.

Edith scosse la testa sentendo le lacrime pronte a scendere. Dovette far leva su tutta la sua forza di volontà per evitare di piangere dal momento che non solo non voleva farlo, ma sapeva che se avesse cominciato a piangere anche Emma avrebbe ceduto e sarebbe stato difficile tenere nascosto a Patrick il vero motivo di tutto quel dolore.

Non lo so. È stata davvero brava. Mi ha solo detto che ha cominciato a fare degli esami subito dopo che papà ha avuto l'infarto. Per precauzione. Pensava che non ci fosse niente ed invece le hanno fatto fare altri esami. E da lì si sono resi conto che aveva un tumore al cervello e che ormai c'erano delle metastasi in tutto il corpo!”

E perché non vuole che papà lo sappia?”

Edith sospirò. Era difficile capire e spiegare una richiesta del genere, dal momento che anche lei aveva ancora tante obiezioni sull'argomento.

Perchè vuole che se la ricordi sana, indipendente e non distrutta dalla malattia!” rispose con un'immensa tristezza nella voce.

Emma la guardò sconcertata. Stava per attaccare quando la porta della cucina si aprì. Per un attimo Edith ebbe paura di vedere Patrick entrare, ma per uno strano scherzo del destino vide Paul, che curioso chiese:

Che cosa state complottando voi due?” poi guardando le facce delle due sorelle, aggiunse serio: “Ok! Non mi sembra che sia il momento adatto per scherzare!”

Emma fece uno strano verso, un misto tra una risata e uno sbuffo e disse:

Certo che fai bene a non scherzare, dal momento che tua sorella sapeva perché nostra madre ha lasciato casa Norton e non ci ha detto niente!”

Paul guardò Edith sconcertato da quell'affermazione ed Edith riuscì solo ad annuire.

La mamma mi ha chiesto di riunirvi appena possibile. Ecco perché sono tornata a Londra”

Per caso è successo qualche cosa di grave?”

La voce di Paul era piena di paura, la stessa che Edith leggeva negli occhi di Emma.

Sì!” rispose Emma con voce rotta.

Paul tornò a guardare Edith che per la seconda volta, con la voce pari ad un soffio, disse:

La mamma ha un tumore al cervello. Sta morendo!”

Paul reagì peggio di Emma. Lui, il piccolo di casa, quello vezzeggiato, difeso da Eloise si stava trovando davanti ad un'ineluttabile verità: sua madre non era eterna e per di più la vita gliela stava portando via molto prima di quanto potesse immaginare, di quanto avesse programmato.

State scherzando, vero?”

Edith scosse la testa ed Emma chinò la sua incapace di reggere a lungo le lacrime. Lacrime che apparvero anche negli occhi di Paul.

E ha lasciato per questo papà?”

Non vuole che la veda soffrire!” rispose Edith che sentiva il peso di tutto quello che aveva significato anche per lei la malattia della madre.

Paul stava per rispondere quando la porta di cucina si aprì di nuovo, lentamente. Stavolta il destino non aveva aiutato Edith come aveva fatto prima lasciando che entrasse nella stessa stanza in cui si stava parlando del segreto della madre l'unica persona rimasta a cui davvero interessasse la verità. Stavolta dietro c'era Patrick, con gli occhi sgranati, che guardava scioccato i tre figli.

Edith sentì il cuore in gola e subito scattò in piedi.

Io lo sapevo. Lo sapevo che se mi stava lasciando un motivo doveva esserci!” mormorò Patrick con voce rotta mentre dietro di lui, nella sala da pranzo era ormai calato un silenzio irreale. Tutti erano in silenzio, ascoltando quello che stava succedendo.

Papà!” esclamò Emma preoccupata. “Siediti!”

Patrick scosse la testa e guardando Edith disse:

Io avevo capito che tu sapevi. Lo vedevo nei tuoi occhi. La stessa espressione di quando succedeva qualcosa e cercavi di nascondercelo a me e a tua madre...”

Papà! Non mi far preoccupare. Siediti, bevi un bicchiere d'acqua!” rincarò Edith, sollevandosi dalla sedia e guardando il padre preoccupata.

Patrick scosse la testa e stringendo i pugni chiese:

Come ha potuto? Come può volermi tenere fuori dalla sua vita proprio ora?”

Perché ti ama!” esclamò Edith con voce rotta. “E non vuole che tu possa soffrire per lei!”

Patrick guardò la figlia maggiore senza vederla davvero. Sorrise e per un folle attimo Edith pensò che fosse impazzito, poi si rese conto che una lacrima stava lentamente rigandogli una guancia e il cuore della giovane giornalista si spaccò. In quel preciso istante ebbe la certezza che suo padre non solo aveva capito che sua moglie lo amava come mai aveva amato qualcuno nella sua vita nonostante le sue continue mancanze, ma che per uno strano scherzo del destino, proprio quando capiva di essere la cosa più importante per Eloise, la vita gliela stava togliendo e lei nel gesto d'amore più grande che Patrick avesse mai visto, si era allontanata da lui per non farlo soffrire, per non renderlo partecipe del suo dolore.

Portami da lei!” disse guardando Paul.

Papà... La mamma non vuole che tu...” stava per dire Edith ma Patrick allungò la mano e disse:

Quando capirai e capirete tutti voi quello che ho capito io, allora ascolterò i vostri consigli. Per anni ho lasciato che mia moglie mi sopportasse, senza mai supportarla. Per anni ho dato per scontata la sua presenza, la sua devozione. Devo ammettere di aver anche pensato che, in cuor suo, vostra madre avesse smesso di amarmi per colpa di tutti i miei errori con voi. Ma non è stato così. Oggi ho capito che anche ora che aveva bisogno del mio supporto non l'ha cercato e non perché avesse paura di un mio rifiuto, perché sapeva che per una cosa del genere sarei stato accanto a lei, avrei combattuto accanto a lei... Eloise mi ha tenuto fuori dalla sua malattia per non farmi soffrire, come gesto estremo d'amore. E sapete perché?” e domandando questo guardò ognuno dei figli negli occhi, mentre i suoi colmi di lacrime cominciavano ad arrossarsi. “Lo ha fatto perché quando stavo male, subito dopo l'infarto, le ho detto che senza di lei non potevo vivere, che solo l'idea di perderla mi avrebbe ucciso... E lei mi ha tenuto nascosta la sua malattia per questo!”

Nella cucina e nel resto della casa regnava il silenzio. Persino i bambini non ridevano e giocavano più. Tutti erano davanti alla porta della cucina. In un angolo Emma piangeva, schiacciata da tutti quegli avvenimenti come Edith e Paul. Gli altri stavano in un silenzio attonito. Lo stesso silenzio di chi sa di essere davanti a qualcosa di definitivo, di troppo grande per essere digerito in fretta e da cui inevitabilmente verrà travolto.

Portatemi da lei, vi prego. Non voglio litigare, rispetterò qualsiasi sua decisione. Voglio solo che capisca che ci sono. Anche se non vorrà tornare qua. Io voglio davvero che starle vicino fino alla fine. E farò di tutto per riuscirci!”

Paul annuì e disse:

Ho la macchina in garage. La prendo e sono da te!”

Patrick stava per rispondere quando Edith disse:

Vengo anche io... Devo spiegarle che non è stata una cosa voluta!”

Allora vengo anche io!” protestò Emma.

Paul annuì e disse:

Penso che dobbiamo andare tutti noi. La famiglia Norton stasera deve parlare di qualcosa d'importante!” e dopo aver detto una cosa a Jessy, sua moglie, mentre usciva, s'incamminò verso l'ingresso.

Da quel momento in poi tutto fu molto frammentario per Edith, frastornata da quello che era successo. Sapeva solo che un attimo prima stava consolando David che piangeva disperato vedendola sulla porta, spaventato dall'idea che la madre potesse partire di nuovo, e poi era nel sedile posteriore, accanto ad Emma che singhiozzava silenziosamente, mentre la macchina scorreva silenziosa per le strade di Londra.

Arrivò a casa di sua zia Maggie che erano le otto di sera. Dalla finestra a bovindo del soggiorno si vedeva il televisore che trasmetteva un varietà trasmetto su ITV1.

Si avvicinarono alla porta in silenzio e fu Patrick a suonare. Per due volte pigiò il tasto del campanello che riecheggiò per la casa con il suo suono gentile.

Fu Margareth ad aprire. E quando vide Patrick, superato lo stupore, sorrise e disse:

Sono contento che tu sia qua!” e facendo spazio lasciò che i nipoti e il cognato entrassero nel salotto della sua casa dove, seduta sul divano Eloise guardava la tv.

Forse fu per il fatto che non la vedeva da una settimana e perché sapeva che sua madre era malata, ma Edith notò il viso più scavato della donna, le mani che stringevano con forza la sua tazza, quasi che quell'unico appiglio le potesse confermare il suo esserci, il suo essere ancora viva.

Patrick la guardò in silenzio, per qualche secondo. Come per Edith essere a conoscenza del fatto che la moglie fosse malata gliela fece vedere sotto occhi differenti: sembrava infatti cullarla con lo sguardo, implorandola silenziosamente di permettergli di avvicinarsi a lui.

Che ci fate qua tutti quanti?” chiese Eloise con voce roca.

Edith sospirò e rispose:

Mamma... Ti ricordi quella cosa che mi avevi chiesto? Beh! Le cose non sono andate come il previsto!”

Eloise rizzò la schiena risentita e disse:

Edith Isabel Norton sono davvero delusa dal tuo comportamento. Mi sembra di essere stata abbastanza chiara quando ti ho chiesto...”

Mamma è stata colpa mia!” ammise Emma. “L'ho costretta a dirmi la verità ed è stato un rapido susseguirsi di eventi...”

Voi non dovevate...” stava per dire Eloise ma Patrick si intromise e replicò:

Volevi davvero che non sapessi una cosa del genere? Pensavi che sarei stato così cieco da non rendermi conto di una cosa simile? Mi volevi nascondere la tua malattia fino alla fine? E cosa mi avrebbero raccontato tuoi figli una volta morta?”

Eloise strinse le labbra e rispose:

Ci avrei pensato quando sarebbe stato il momento!”

Patrick sorrise e disse:

Non sono arrabbiato con te, Eloise. Anzi, forse per la prima volta da quando siamo sposati mi rendo conto di che razza di marito io sia stato e di quanto sia disinteressata questa tua richiesta. Oggi ho scoperto che nonostante la persona terribile che sono stato, tu mi hai davvero amato e questa tua decisione ne è la prova. Hai pensato a me prima che al tuo dolore, al fatto che avevi palesemente bisogno di aiuto. E di questo non posso che esserti grato. Ma voglio, davvero, che tu affronti questa prova con me. So che non sarà semplice. E so che soffriremo entrambi, ma non ho paura di questo. O meglio, ho paura. Una paura fottuta. Ma se questo è il nostro destino, l'unica cosa che ti chiedo è di non chiudermi fuori. Non voglio. Non posso accettarlo. Io voglio starti vicino. Come ci siamo detti, nella buona e nella cattiva sorte. E affronteremo anche questa. E la sconfiggeremo!”

Eloise sorrise triste e replicò:

Tua figlia non ti ha detto che sto morendo!”

Sì! Me lo ha detto! Anche se non direttamente! Ma non è detto che non si possa porre rimedio a questa cosa...” disse Patrick avvicinandosi e prendendole le mani.

Ecco perché non volevo che lo sapessi...” rispose Eloise scuotendo la testa con un sorriso ormai rassegnato nel volto.

Se tu vuoi lottare, ce la faremo!” continuò Patrick.

NO! NON POSSO. STO MORENDO. NON C'È PIÙ NIENTE DA FARE PATRICK. È INUTILE!” disse Eloise togliendo le mani da quelle del marito. E con gli occhi lucidi disse: “Non volevo dirtelo perché non volevo che mi vedessi morire, ma non volevo vedere nemmeno la paura nei tuoi occhi. E non volevo nemmeno dirlo a nostri figli, proprio per questo motivo. La vostra paura per me è un veleno. E ogni volta che la vedrò nei vostri occhi un pezzo di me comincerà a morire. Lentamente, ma lo farà... E non voglio, non voglio che vediate ogni istante e lo viviate come una lenta agonia. Non volevo un lungo addio. Non lo voglio ancora!”

Patrick guardò la moglie in silenzio: sembrava che con quelle parole l'avessero travolto, come se Eloise l'avesse preso a schiaffi.

Edith ed Emma dietro di lui piangevano in silenzio, Paul a malapena tratteneva le lacrime.

Maggie, da una parte, ascoltava tutto a braccia conserte: conosceva il dolore della perdita e sapeva cosa stava provando ogni singolo membro della famiglia Norton, nonostante questo non disse una parola. Sapeva che in egual modo il suo essere cosciente di quel dolore l'avrebbe resa una maestrina esasperante e quella era l'ultima cosa che voleva.

Ci fu un attimo di silenzio, rotto dai singhiozzi delle due sorelle Norton, poi fu Patrick a parlare e dire:

Sarò più forte. Cercherò di accompagnarti in questo cammino, anche se saprò che sarà l'ultimo e lo farò con un sorriso. Ma ti prego. Torna da me. Non voglio perderti ora. Perché se ti perdo adesso non potrò far nulla, niente per rimediare al tempo perduto!”

Eloise lo guardò e sospirando disse:

No! Ho preso la mia decisione! Non voglio tornare a casa...” e mettendosi a sedere diede le spalle ai figli e al marito.

Patrick accusò il colpo stringendosi nelle spalle.

Chinò la testa e stringendo i pugni, disse:

Rispetto la tua scelta di non tornare a casa. Ma non mi puoi tenere fuori dalla tua vita. Ora più che mai. Che tu lo voglia o no farò io ne farò parte!” e senza dire altro uscì dalla casa.

Emma guardò il padre e la madre con sguardo perso, quasi sembrava comica la sua espressione ed Edith avrebbe riso in un altro caso, ma non allora. Era troppo scossa e anche arrabbiata con sua madre per rimanere a casa della zia. Si avvicinò alla sorella, le cinse le spalle sussurrandole 'Andiamo' e uscì salutando con un cenno Maggie, lasciando che Paul, in silenzio, la seguisse.

In quel momento c'era solo dolore dentro ogni fibra di Edith. Un dolore sordo che andava oltre la malattia della madre.

C'era delusione dentro di lei.

C'era l'impossibilità di capire un gesto d'amore così grande.

E la paura di vedere crollare suo padre solo per una scelta che aveva sempre ritenuto folle.


Si lasciò cadere con un sospiro sulla poltrona vicino alla finestra guardando il suo salotto in silenzio. I bambini dormivano nelle loro camere. Era stato difficile metterli a letto, ma una volta poggiata la testa sul cuscino erano crollati quasi subito.

Nel silenzio della sua casa Edith lasciò che tutto quello che era successo le piombasse addosso e in silenzio, con una mano premuta sulla bocca, pianse, a lungo, fino a che la testa non cominciò a farle male, fino a che non ebbe più lacrime da piangere.

Poi, stringendo le braccia al petto guardò l'ora. Erano appena le nove e mezza. Non aveva voglia di guardare la tv. Aveva voglia di sentire l'unica persona che sapeva l'avrebbe capita e prendendo il cellulare selezionò un numero dalla rubrica. Attese qualche minuto e poi quando dall'altro capo venne agganciata la chiamata disse:

Gerard! Ho bisogno di te...” e correggendo il tiro aggiunse: “Di parlare con te che sembri conoscermi come nessuno ha fatto mai!”



Bon!!!! Altro capitolo finito.

Sono stata abbastanza veloce stavolta.

Ringrazio la mia unica lettrice superstite

Chiaretta78 che

recensisce anche dopo

la mia lunghissima latitanza.

E la mia lettrice silente, Margherita, che mi ha minacciata di morte

quando sono stata troppo tempo senza

aggiornare.

Ringrazio i lettori silenti e quelli che hanno aggiunto

la storia nella lista delle

preferite,

ricordate e

seguite.

Grazie! Grazie davvero!!!

Per il momento vi lascio. Alla prossima.

E lasciate un vostro giudizio.

Positivo o negativo sarà sempre ben accetto.

Con affetto. Niniel82.

   
 
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