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Autore: ValeryJackson    22/09/2015    6 recensioni
[Seguito de La Pietra dei Sogni]
Dicono che non ci è dato scegliere la cornice del nostro destino, ma che siamo noi a decidere cosa mettervici dentro.
Skyler, però, non è affatto d'accordo. A diciassette anni si è ritrovata al centro di una profezia millenaria dettata dalle Parche, e non sa come venirne a capo.
Gli dèi hanno nominato lei, Michael, John ed Emma come i prescelti; custodi di doni che potrebbero salvare o peggiorare le sorti del Campo. E loro non possono tirarsi indietro.
Perché Prometeo è in agguato, deciso a tornare. Ma la figlia di Efesto non è sicura di essere pronta a fronteggiarlo.
Lui le ha rubato il fuoco, strappandole con la forza qualcosa di cui ora sente inspiegabilmente la mancanza, e lei avverte il peso di tutte le responsabilità che incombono su di lei.
Attraverso amori, dolori, amicizie, litigi, lacrime, promesse, delusioni e alleanze del tutto impensate, la ragazza dovrà ritrovare nel profondo della propria anima le fiamme che ha in sé, e prepararsi per la battaglia.
Perché Prometeo le ha già portato via tutto ciò per cui vale la pena vivere.
Ed ora è pronto a toglierle anche ciò per cui vale la pena morire.
Genere: Azione, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Connor Stoll, Leo Valdez, Nuovo personaggio, Percy Jackson, Sorpresa, Travis & Connor Stoll
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Girl On Fire'
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Dopo un intero inverno trascorso a ricucire con cura ogni lacerazione che il corso degli eventi aveva inflitto sulla propria anima, John sentiva finalmente di avere qualcosa per cui essere felice.
Mentre spiegava alle reclute più giovani del Campo il modo giusto di incoccare una freccia, aveva avuto la disarmante sensazione di aver trovato – dopo tanto tempo- il modo per impedire al proprio passato di gravargli come un peso sul cuore.
Per anni, con il proprio sorriso, aveva illuso le persone di avere una vita perfetta, priva di problemi; ma nel momento esatto in cui tutte le disavventure dell’estate precedente erano giunte ad un “lieto” fine, si era reso conto di quanto ciò che inizialmente aveva dato per scontato, in realtà fosse il dono più prezioso che gli dei gli avessero offerto.
Aveva degli amici; o meglio, dei fratelli. Emma, Michael e Skyler erano la sua famiglia, il suo porto sicuro. Quella mattina la figlia di Efesto si sarebbe nuovamente unita a loro, e per quanto avessero potuto restare in contatto grazie ad una serie di messaggi Iride, nulla eguagliava l’indiscutibile senso di completezza che provavano quand’erano tutti e quattro insieme. Come se fossero imbattibili, impossibili da scalfire. Come se sentissero di poter sfidare anche il mondo stesso, con la consapevolezza che questo non avrebbe mai potuto annientarli, finché si sarebbero supportati l’un l’altro.
Lui ci sarebbe sempre stato, per ognuno di loro. E sapeva che la cosa era reciproca.
Il loro era stato un tacito accordo che li aveva uniti nell’istante in cui, seduti sotto quell’albero nella Baia di Zefiro, avevano confessato le rispettive paure. Dopo quell’episodio, il loro rapporto era stato un crescendo di emozioni condivise, di abbracci, di protezione, di rispetto, che li aveva resi indivisibili, proprio come i tre moschettieri. 
E quei tre semidei, per il figlio di Apollo, erano diventati un’autentica certezza prima che potesse anche solo rendersene conto.
Loro erano il suo miracolo; le altre facce di quella che era un’unica e splendente medaglia.
E poi, oltre ai suoi migliori amici, aveva anche Melanie.
Melanie.
La storia con la figlia di Demetra non avrebbe potuto andare meglio. Dopo l’inizio burrascoso che avevano avuto e la difficile lotta del biondo per riuscire a conquistare la fiducia di lei, ora potevano vantare un amore degno di questo egregio nome.
Era come se i pianeti riuscissero ad allinearsi solo quando i due erano insieme, e il ragazzo si chiedeva come avesse fatto, prima, senza di lei.
Senza il suo profumo, senza il suo sorriso; senza le loro dita che parevano incastrarsi perfettamente, quasi non fossero state plasmate per fare altro. Senza quella lieve quanto piacevole stretta alla bocca dello stomaco, e l’impressione che il mondo trovasse il proprio equilibrio non appena le loro labbra si sfioravano.
John poteva giurare di non aver mai provato dei sentimenti tanto intensi per nessuna, prima di allora; ed era sicuro di innamorarsi di lei giorno dopo giorno un po’ di più, come il sole che venerava a tal punto da luna da morire ogni notte, pur di permetterle di respirare.
Melanie era il suo primo pensiero al mattino, l’ultimo prima di andare a dormire, e soprattutto tutti gli altri nel mezzo; era il suo ieri ed il suo domani.
Era il suo presente e il suo futuro.
E l’unica cosa che il figlio di Apollo voleva era svegliarsi con lei al proprio fianco, e trascorrere le serate ad osservarla meditare. Voleva condividere con lei ogni istante della prorpria vita, e ridere con lei, e addormentarsi abbracciato a lei, ed inebriarsi del suono della sua risata perché sentiva di esserne ormai dipendente.
Si può amare tanto una persona da voltarsi di scatto ogni volta che si sente il suo nome, quasi fosse un richiamo, e quell'appellativo ti appartenesse?
Come può una piccola frazione di secondo passata in sua compagnia racchiudere una tale immensità?
Dirigendosi verso la Cabina Sette con l’intenzione di farsi una doccia prima dell’arrivo di Skyler, il ragazzo si poneva silenziosamente quelle domande. Ma non fece in tempo a trovarvi risposta, che qualcuno lo urtò accidentalmente, distogliendolo con malagrazia dal flusso dei suoi pensieri.
«Scusa!» esclamò una voce femminile, sovrapponendosi immediatamente con il suo «Miei dei!»
«Mi dispiace, non volevo» aggiunse quindi la semidea, chinandosi a terra per raccogliere un borsone dal quale si erano rovesciate una serie di cianfrusaglie. Nonostante non fosse riuscito a scorgere il suo viso, il biondo ebbe lo strano presentimento che quel tono fosse familiare.
«Non preoccuparti» la tranquillizzò, imitandola per poterla aiutare a rimettere in ordine i suoi effetti personali. «È stata colpa mia, non ti avevo vi-»
Qualsiasi cosa avesse intenzione di dire gli morì sulle labbra non appena incontrò le sue iridi del colore del mare.
La ragazza aveva dei lineamenti dolci e maturi, e una linea d’eyeliner a rendere il suo sguardo intenso e penetrante. Teneri boccoli mogani le incorniciavano il viso cambiato, ed osservando le sue curve al punto giusto e quelle labbra rosee e carnose, John si convinse di non averla mai vista prima di allora.
Ma quegli occhi erano inconfondibili, e il rendersi conto di ciò dipinse sul suo volto un’espressione interdetta.
«Rose?» domandò infatti, sorpreso.
La figlia di Poseidone sorrise timidamente, spostandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
«Ciao, John» mormorò.
Il ragazzo era stupito e confuso. Da quanto la piccola Rosemary Jackson era diventata così… bella? Dov’erano finiti i suoi tratti infantili, e le sue guance un po’ paffute? Da dove e quando era spuntato fuori quel prosperoso seno?
Il figlio di Apollo si morse con forza la lingua, rimproverandosi di avervi anche solo lanciato un’occhiata. Quella che aveva di fronte restava sempre la sorellina del suo migliore amico, ovviamente; ma che cosa le era successo?
«Sei…» Esitò, cercando con fatica il termine più adatto. «Diversa.»
La mora parve perplessa. «Ehm… grazie?» replicò, incerta, per poi richiudere con uno scatto la cerniera della propria sacca e rialzarsi in piedi. Lui fece altrettanto, meravigliato dallo scoprire che ora, a differenziare le loro altezze, c’erano solo due spanne scarse.
«Insomma, spero fosse un complimento» ridacchiò Rose, divertita.
«No» si affrettò a rispondere il biondo, per poi correggersi: «Cioè, sì. Voglio dire, io ti trovo… mh.» Si grattò la nuca, a disagio, e per un attimo la conversazione rischiò di cadere in un imbarazzante silenzio.
«Quando sei arrivata?» le domandò dunque lui, impaziente di cambiare discorso.
«Questa mattina» rispose lei. «Io e Percy siamo passati prima dalla Casa Grande, per poter salutare Chirone. Ma poi lui è andato a salutare Annabeth, ed io ne ho approfittato per poter portare i miei bagagli in Cabina. Speravo di farcela da sola, ma pesano più di quanto immaginassi.»
John guardò le due valigie azzurre che la figlia di Poseidone si sforzava di portare con sé. Le indicò con un cenno del capo, inarcando titubante un sopracciglio.
«Hai bisogno di una mano?» si offrì.
«Oh, no, non preoccuparti. Non è necessario.»
«Lo faccio volentieri, se vuoi.»
A quelle parole la ragazza sollevò repentina la testa, e lui si chiese perché vi aleggiasse sbigottimento, nel suo sguardo.
«D-Davvero?» si accertò, al ché lui annuì con vigore.
«Ma certo!» confermò, come se fosse scontato. «Per me è un piacere, figurati.» E detto questo afferrò deciso uno dei trolley, coricandosi poi il borsone su una spalla. Regalò uno smagliante sorriso a Rose, e questa, dopo aver superato un’iniziate interdizione, vi ribatté con uno altrettanto bello.
Raccolto anche l’ultimo bagaglio, i due si avviarono verso la Casa Tre, iniziando a parlare dell’inverno trascorso, e di tutto ciò che aveva accompagnato il freddo.
E, ascoltando attentamente di come a casa Jackson fosse andato a fuoco il pranzo di Natale, il figlio di Apollo non poté fare a meno di notare come la pelle chiara della ragazza riflettesse alla perfezione i raggi splendenti del sole, domandandosi cosa fosse accaduto alla piccola e dolce Rosmary durante il compicato periodo della pubertà, e come avesse fatto, in così poco tempo, a passare dall'essere ancora una bambina al tramutarsi in una bellissima giovane donna. 
 
Ω Ω Ω
 
Skyler non sapeva come interpretare le emozioni contrastanti che la dominavano mentre attraversava cautamente il Campo alla volta della Cabina Nove.
Aveva già incrociato i fratelli Stoll, che senza neanche volerlo erano riusciti a contagiarla con la loro risata. Poi Iris, e ancora Katie, che le avevano dato un caloroso ‘bentornata’.
Ed infine anche Melanie, che a differenza dell’estate precedente sembrava decisamente più raggiante. La figlia di Efesto sapeva che le cose, tra lei e John, andavano alla grande, ed era contenta di poter constatare che – almeno loro- erano riusciti a scavalcare insieme tutte le barriere che avevano minacciato di incrinare il loro rapporto.
Da quando aveva capito quanto la vita fosse facilmente influenzabile dal continuo mutare delle cose, aveva imparato a non vedere nulla con superficialità. Quello che oggi era un dono, domani poteva essere solo un vago ricordo di ciò che era stato, e la coscienza di non poter fare nulla affinché ciò non accadesse la faceva sentire impotente di fronte all'incessante vorticare dell’universo.
Era come se il mondo roteasse troppo velocemente intorno a lei, e tutto diventasse una macchia indistinta; e lei spesso faticava a trattenere per troppo tempo delle memorie felici, che subito arrivava nuova confusione a spazzargliele via.
Prima che potesse soffocare nei suoi stessi, brutti pensieri, due braccia le avvolsero la vita da dietro, facendola sussultare. Presa alla sprovvista, la valigia e la grande borsa che portava non sé le scivolarono di mano, facendo risuonare alle sue spalle una sonora ed intenerita risata.
La ragazza riconobbe quel melodioso suono prima ancora di voltarsi a guardare.
«Non volevo spaventarti!» le assicurò prontamente Michael, mostrando i palmi divertito. «Lo giuro» continuò. «È solo che ho incontrato Travis, e lui mi ha detto che eri già qui, per cui ti sono venuto incontro, e quando ti ho vista ho avuto solo voglia di stringerti a me, perché dei mi sei…»
Ma Skyler non gli permise di terminare, e afferrandogli repentina il volto tra le mani si sollevò sulle punta, premendo con desiderio le labbra sulle sue.
Il figlio di Poseidone si abbandonò senza pensar troppo a quel contatto, e posandole il palmo aperto nell’incavo della schiena approfondì quel bacio. Le loro lingue si scontrarono dapprima con dolcezza, per poi prendere a spingersi e lottare con voracità, mentre i loro cuori battevano all’impazzata in sincrono con i loro affannosi respiri.
«…mancata» terminò flebilmente il ragazzo, non appena lei si fu allontanata quel tanto che bastava per poter posare la fronte contro la sua. Poi sollevò compiaciuto le sopracciglia. «Dovrei coglierti di sorpresa più spesso» constatò, al ché per la mora fu impossibile trattenersi dal ridacchiare.
Lo attirò emozionata a sé, nascondendo il viso nell’incavo della sua spalla ed inspirando a fondo il suo rassicurante profumo di salsedine.
Tra tutte le cose intorno a lei che si ostinavano fastidiosamente a cambiare, Michael per fortuna era riuscito a non farsi coinvolgere: il suo ribelle ciuffo di capelli scuri gli ricadeva sempre disordinato sulla fronte; gli angoli della sua bocca erano ancora incurvati nella stessa espressione malandrina con il quale la ragazza l’aveva conosciuto; e i suoi occhi, seppur cangianti, continuavano a brillare dello stesso familiare luccichio che li aveva sempre caratterizzati.
«Sono così felice che tu sia di nuovo qui» le sussurrò lui dopo un po’, lasciandole un tenero bacio sulla punta del naso.
«Anch’io» annuì lei, intrecciando le dita alle sue e portandosele alle labbra.
«Come va con tua nonna?» domandò quindi il moro, al quale – durante l’anno passato- la figlia di Efesto non aveva mancato di raccontare nulla.
«Bene, credo. Non è facile riallacciare i rapporti dopo tanto tempo, ma ci stiamo provando.»
«E tuo zio?»
«Sta imparando» confermò lei. «Anche se è ancora convinto che tu sia alto due metri ed abbia un occhio solo.»
Il figlio di Poseidone fece una smorfia, contrariato. «Non è stata una grande idea, parlargli di Tyson.»
«No, infatti» rise la ragazza, e nell’istante in cui lui le sfiorò dolcemente uno zigomo con il polpastrelli, lei posò la guancia contro il suo palmo, chiudendo gli occhi quasi a voler focalizzare l’attenzione unicamente sul tiepido torpore che quel contatto le infondeva.
«Finalmente sono a casa» mormorò, al ché lui le baciò la fronte.
«Come stai tu, invece?» le chiese poi, e il suo tono palesò una certa apprensione.
Skyler sospirò brevemente. «Bene» rispose.
«Ne sei sicura?» insisté Michael, e per farle intendere che le sue parole non lo avevano convinto affatto le accarezzò con il pollice lo spazio in mezzo agli occhi, dove solo allora la mora si rese conto essersi formata una ruga di preoccupazione.
Sbuffò dal naso, maledicendo la bravura di quel ragazzo nell’interpretarla.
«Puoi dirmelo, se c’è qualcosa che ti turba, sai?» le intimò.
La figlia di Efesto prese quindi fiato, intenta a parlare; ma inizialmente le sue corde vocali non emisero alcun suono.
Era sicura di aver raccontato al figlio di Poseidone tutto ciò che era necessario sapere, ma solamente in quel momento si rese conto quanto poco quelle cose valessero, in confronto a tutto il resto che gli aveva taciuto.
Non gli aveva detto dei suoi ricorrenti incubi, e dell’angosciante sensazione di essere seguita ed osservata.
Non gli aveva spiegato del panico che le aveva attanagliato il cuore ogni volta che il fantasma dell’estate passata tornava ad incombere su di lei.
Non si era presa la briga di informarlo riguardo la sua costante paura che da un momento all’altro Prometeo potesse arrivare, portandole via ciò che di più caro aveva al mondo.
Non glielo aveva detto, e non l’avrebbe fatto. Non perché non si fidasse di lui, ma per il semplice motivo che per poterci riuscire aveva prima bisogno di far chiarezza personalmente con le proprie emozioni, e di capire come poter impedire a quest’ultime di renderla debole e vulnerabile.
«Sto bene» mentì con un fil di voce, non riuscendo a darla a bere neanche a sé stessa, con quell’ammissione. «Sono solo un po’ stanca, tutto qui. Ma ti assicuro che sto bene.»
Lui aggrottò la fronte, e Skyler capì che aveva colto in pieno la bugia. Ma nonostante questo, preferì lasciar correre, e abbozzando un appena accennato sorriso raccolse da terra il borsone di lei, coricandoselo su una spalla.
«D’accordo!» esclamò, prendendola per mano e aspettando che lei recuperasse l’altra valigia. «Sono sicuro che i tuoi fratelli non vedono l’ora di rincontrarti.»
Quando varcarono la soglia della Casa Nove, la giovane si sorprese nel constatare quanto avesse ragione.
L’accoglienza che ricevette fu del tutto calorosa, specialmente da parte di coloro che, negli anni precedenti, a malapena ricordavano il suo nome.
Dopo aver rischiato di perdere la vita, l’estate prima, i suoi fratelli avevano assunto nei suoi confronti una sorta di muto rispetto. Quello che aveva fatto per proteggere i propri amici e per salvare a ragazzo che amava aveva dimostrato a tutti quanto quella semplice ragazza dagli occhi mogani e i capelli striati di rosso fosse coraggiosa, impavida, un’eroina.
La figlia di Efesto non sapeva come spiegar loro che, invece, di ‘eroico’ lei non aveva proprio nulla.
In genere, gli eroi sono coloro che si sacrificano pur di difendere le altre persone.
Ma come avrebbe potuto trarre in salvo qualcuno lei, che non era in grado di tutelare nemmeno sé stessa?
«Puoi lasciarla qui» ordinò in direzione di Michael, indicandogli con un cenno distratto della mano il suo letto rivestito di lenzuola candide e pulite. Poi fece vagare lo sguardo per tutta la stanza, cercando qualcuno di apparentemente indefinito.
«Ma dove sono?» si chiese ad alta voce, allungando il collo nel tentativo di assicurarsi che non ci fosse nessuno intento a risalire la rampa delle scale che portava alle fucine.
«Chi?» volle sapere il figlio di Poseidone, non avendo compreso a chi si riferisse.
Lei si rabbuiò. «Non riesco a vedere quei due ingra-»
«Codice rosso!» urlò una voce alle sue spalle, e la mora fece appena in tempo a lasciarsi sfuggire un gridolino strozzato che due corpi la investirono, buttandola di peso sul materasso e spezzandole di netto il fiato.
«Ragazzi…» si lamentò infastidita, mentre le risate di Leo e Microft si fondevano in un unico, limpido suono.
«Bentornata, sorellona!» esultò il minore, e la ragazza spinse entrambi giù dal letto, borbottando qualcosa sulla loro grazia pare a quella di un elefante in calore.
«Ci sei mancata» annunciò l’altro, stringendosela al petto molto più forte del necessario.
«Leo» boccheggiò lei, sgomitando leggermente. «Non… respiro…»
«Ops» si scusò lui, indietreggiando di qualche passo.
Skyler li squadrò attentamente, un’espressione seria e sdegnata in volto. «Avevate intenzione di uccidermi?» li rimproverò, ma fu ben presto tradita dalle sue stesse labbra, che presero lentamente ad incurvarsi in un radioso sorriso. «Oh, venite qui!» comandò, e i due non se lo fecero ripetere una seconda volta, attirandola in un abbraccio che avrebbe potuto fare invidia a quello dell’orso più possente.
«Dei, Micky, sei più alto di me!» appurò poi la mora, non capacitandosi di come ora il fratellino la superasse di circa tre centimetri.
A quel complimento, il ragazzino gonfiò il petto. «Beh, sto crescendo. Cosa pensavi, che sarei rimasto piccolo per sempre?»
«Oh, sì» lo prese in giro Leo, divertito. «Il piccoletto, qui, è deciso a fare conquiste, quest’estate» sghignazzò, avvolgendogli un braccio attorno al collo e scompigliandogli i capelli, incurante delle seccate proteste di lui.
«Smettila!» lo riprese, risentito. «Questo non è affatto vero!»
«Non c’è nulla di male» gli assicurò quindi la sorella, guadagnandosi una torva occhiataccia.
«Io non voglio rimorchiare nessuna!» si stizzì.
«Neanche Rose?» lo punzecchiò allora Leo.
«Che cosa c’entra Rose?»
«L’ho vista questa mattina» lo informò Skyler.
«Davvero? È già tornata?» scattò dunque quello, per poi accorgersi dello sguardo d’intesa che si scambiarono i maggiori e lanciare un gridolino di frustrazione. «Insomma, piantatela!» si adirò, facendo ridere entrambi i figli di Efesto; la ragazza si avvicinò poi per scoccargli un sonoro bacio sulla guancia, e lui se la pulì, fingendosi disgustato, poco prima di allontanare con una leggera spinta il fratello, che aveva sporto le labbra in fuori simulando quelle che avrebbero dovuto sembrare le carnose labbra della figlia di Poseidone in questione.
«Lo sai che scherziamo!» affermò bonariamente Valdez, posando entrambi i gomiti sulle spalle dell’uno e dell’altra. «Ma dico, ci pensate? I tre caballeros sono di nuovo insieme. Dobbiamo festeggiare!»
«Che cos’hai in mente?» chiese la mora, malandrina.
Il ragazzo aprì la bocca per parlare, ma poi la richiuse, sollevando un indice in aria. «Non lo so» ammise, per poi aggiungere: «Ma mi verrà in mente qualcosa.»
«Io ho una domanda» si intromise Microft, un po’ perplesso. «Io sono Paperino, José o Panchito?»
Di fronte a quel quesito, Skyler si lasciò sfuggire una sommessa risata, ed osservando i due fratelli con sguardo tenero avvertì un improvviso calore invaderle rasserenante il petto.
«Mi siete mancati, ragazzi» confessò, ed era sincera.
Le erano mancati, quasi più di tutto il resto del Campo.
Lo sguardo di Leo si addolcì i
mmediatamente; e, commosso, la tirò a sé per poterle baciare una tempia e darle uno scherzoso buffetto sul naso.
«Ci sei mancata anche tu.»
 
Ω Ω Ω
 
Quando conduci una vita da semidio ti rendi conto di come l’estate sia finalmente cominciata solo quando ti riunisci con tutti gli altri attorno al falò, subito dopo aver partecipato ad una delle classiche cene intrise del chiacchiericcio che puntualmente si levava da ogni tavolo.
Seduta sulla stessa panca sulla quale – due anni prima- Emma aveva inciso le loro iniziali, la figlia di Efesto non poteva fare a meno di sorridere di fronte alla pace e serenità che regnavano tra i presenti.
Accanto a lei, Michael e la figlia di Ermes si lanciavano frecciatine divertite, mentre John, mano nella mano con Melanie, le raccontava tranquillamente come fosse andata la propria giornata.
Alcuni figli di Apollo, come loro solito, avevano con sé i rispettivi strumenti musicali – tra chitarre e piccoli bonghi- ed intonavano Whatever degli Oasis mentre il resto dei ragazzi si dilettava a cantare.
Anche la mora, dopo un po’, si unì a quel coro improvvisato; e per un solo, memorabile attimo, tutto assunse un tono di assoluta perfezione.
Come se il mondo avesse smesso di girare così, a bruciapelo, dandole quindi la possibilità di scendere e di concedersi una tregua dai problemi, dalle incertezze, dalle paure, dai malumori.
Quasi tutto si stesse muovendo in assoluta sincronia, garantendo dunque l’armonia necessaria per alleviare il senso di oppressione che le comprimeva il petto.
Ma non durò a lungo, purtroppo. Non quanto Skyler aveva sperato.
Perché nell’istante stesso in cui un brivido risalì molesto sulla sua schiena, un ronzio metallico le invase i timpani, facendola pietrificare.
I testi di quelle canzoni si sovrapposero ad un bisbigliare serpentino, raccapricciante. Focalizzandovici con cura tutta la propria attenzione, la ragazza si sforzò per capire che cosa stesse sillabando quella voce sconnessa, che apparentemente sembrava si limitasse a mugugnare.
Fece vagare lentamente le proprie iridi screziate d’oro tra i presenti, ed ebbe di nuovo l’impressione di essere osservata; o meglio, che qualcuno la stesse spiando.
Non le ci volle molto per poter porre fine a tutti i propri dubbi. E mentre pareva che la scena si stesse svolgendo a rallentatore e che tutti si spostassero con movimenti affaticati e tardigradi, lei lo vide.
Era lì, in piedi qualche metro più in là, e la fissava dritto negli occhi, sfidandola con lo sguardo a segnalare la sua presenza.
Con il suo fisico asciutto, i capelli color nocciola e quelle due pietre di smeraldo che erano state imprigionate dalle sue ciglia, riusciva benissimo a confondersi tra la moltitudine di ragazzi, restando in disparte e non facendosi notare.
Eppure c’era, e lei non capiva come gli altri non se ne fossero accorti.
O forse era l’opposto, e lei era l’unica in grado di vederlo?
Era un’illusione, quella? Stava per caso sognando?
Sarebbe anche riuscita a dare una risposta a quei quesiti, se non fosse stata paralizzata dal terrore.
Matthew ghignò, sprezzante, e nonostante le sue labbra non si mossero riuscì comunque a comunicare con lei, insinuandosi tra i suoi pensieri.
La figlia di Efesto fu sopraffatta dalle vertigini, e non si rese conto del sudore freddo che le imperlava la pelle finché i vestiti non le si incollarono addosso. Si sentì soffocare, come se qualcuno avesse stretto i suoi polmoni in una morsa d’acciaio pur di impedirle di ingerire aria.
Il ragazzo dinanzi a lei si godette la scena; e mentre lei stringeva talmente tanto i pugni da conficcarsi a sangue le unghie nei palmi, lui le sussurrò qualcosa, ripetendo la stessa frase ancora, e ancora, e ancora, e…
«Skyler» la chiamò Michael, allontanandola bruscamente dal panico che minacciava di annientarla. «Ti senti bene?»
La ragazza comprese il perché di quella domanda solo quando si accorse del proprio corpo, che tremava quasi fosse attraversato da degli spossanti spasmi.
«S-Sì» si impose di replicare, il respiro che da più che superficiale tornava lentamente regolare. Chiuse le palpebre, sospirando una, due, tre volte. «S-Sto bene» reiterò.
«Stai tremando» insisté quindi il figlio di Poseidone, e non era affatto una domanda. Prese le sue mani tra le proprie, studiandola preoccupato con i suoi attenti occhi ora blu notte.
«Sto bene» ripeté Skyler, deglutendo a fatica e tentando invano di abbozzare un sorriso. «Lo giuro. È stato solo un calo di pressione, sono molto stanca.»
Ma non appena osservò le iridi del moro far trasparire tutto il suo sconcerto, si chiese per quale arcano motivo non gli stesse dicendo la verità.
Aveva forse paura? Di cosa, poi?
Di come avrebbe reagito nel saperlo, di cosa avrebbe potuto fargli Prometeo, o del modo in cui lei reagiva al solo sentir pronunciare quel nome?
Qualche istante prima, era stata sul punto di andare in iperventilazione, abbandonandosi alla paura che le avrebbe prosciugato via ogni energia, com’era già successo in precedenza.
Perché non era la prima volta che quel titano che si spacciava per ragazzo si presentava al suo cospetto, ripetendole sempre la stessa, petulante frase.
«Sto arrivando, Ragazza in Fiamme», e più che un avvertimento, suonava quasi sempre come una minaccia in una perfida promessa.
«Sto arrivando solo per te.»   

Angolo Scrittrice. 
Salve ragazzi! 
Pensavate di esservi già liberati di me? 
Mi spiace annunciarvi che è ancora martedì, e che io sono sempre qui con un nuovo capitolo, il primo di questa freschissima storia. 
Non ho molto da dire al riguardo, in realtà, se non che - come potete notare- è un capitolo di passaggio, in cui succedono poche cose che anche se apparentemente possono sembrare inutili, in realtà sono del tutto funzionali alla trama. 
Come ad esempio l'improvvisa trasformazione di
Microft e Rose. La pubertà fa miracoli, miei cari! E mentre lui ha guadagnato centimetri e qualche possibilità in più con le ragazze, lei ha assuto dei tratti più da... donna, lasciando senza parole anche il nostro povero John. Nella mia testa, ho sempre immaginato la figlia di Poseidone in questa sua nuova fase con il volto di Barbara Palvin, ma non so, non sono del tutto convinta. 
Che ne pensate voi, invece? Che conseguenze pensate che comporterà tale inaspettato cambiamento da parte dei due piccoli della storia? 
Ma passiamo invece a
Skyler, e al suo ritorno al Campo Mezzosangue. Ha rincontrato Michael, i suoi fratelli, i suoi migliori amici, e per un attimo tutto è parso perfetto. Ma il nemico è sempre in agguato; e come vedete, sembra voglia far capire alla ragazza che manca davvero poco, prima dell'inizio della sua vendetta.
Secondo voi, cos'ha in mente? E perché la figlia di Efesto reagisce così ogni volta che lo vede, se ne parla e ripensa agli avvenimenti dell'estate precedente? 
Bene: se devo essere sincera, avevo sempre immaginato un esordio un po' diverso per questa storia. Vi ho lavorato tantissimo, dedicandovi tutta me stessa, e mi è dispiaciuto non poco vedere che molto probabilmente l'emozione che ho provato io nello scrivere quel prologo non sono riuscita a trasmetterla anche a voi, e di questo sono mortificata. 
Se il primo vi ha deluso in qualche modo, non voglio dire che spero che con questo capitolo vi ricrediate, dato che non è certo uno dei migliori, ma mi auguro comunque che mi diate una possibilità di dimostrarvi tutte potenzialità che nel profondo possiede anche questa storia. 
Ringrazio ad ogni modo i miei favolosi Valery's Angels, che mi hanno regalato delle stupende recensioni dandomi una ragione in più per scrivere e pubblicare questo primo capitolo:
TamaraStoll, Sarah Lorence, unika, _angiu_, diabolika14 e anna4evermakeup
Grazie davvero, angeli. Siete i migliori!
Well, ora credo proprio che sia arrivato il momento di andare. 
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, e non esitate a dirmi se vi ha fatto schifo. Accetto tutte le possibili critiche, you know, purché costruttive. 
Un bacione ancora, e a martedì prossimo! scuola volendo
Sempre vostra,
 
ValeryJackson

 
  
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