Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: _browns eyes_    27/09/2015    3 recensioni
E se non ci riuscisse, come diamine facevo a crescerla da solo? E se sbaglio qualcosa, e se non cresce nel modo che desiderava e la deludessi. Chiusi gli occhi per calmarmi, soprattutto per non piangere, ma non funzionò perché appena li riaprii una lacrima sfuggì al mio controllo.
Mi fermai ormai non ero nulla, mi voltai la fissavo vuoto. Lei si avvicinò a me lentamente e mi abbracciò ed io scoppiai a piangere. Come diavolo facevo a crescere una bambina da solo?
Ero semplicemente terrorizzato.
**
“Come? Dammi almeno un motivo!”
“C’è il tuo sposo, fatti aiutare da lui! Io mi tiro fuori”
“Perché? Adesso che eravamo diventati amici”
“è questo il punto! Noi non saremo mai amici!” urlai, facendola sobbalzare
“Perché fai così?”
“Non ti voglio intorno sapendo che non sei più mia. Non ti voglio intorno sapendo che non ti posso baciare e farti diventare mia! Ma soprattutto non ti voglio intorno sapendo che Sheyleen ha intorno sua madre e che non si ricordi di lei. Perché sei tu la madre!” sbraitai in lacrime, lei mi guardò sbalordita.
**
Spero che vi piaccia :)
Enjoy it :)
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
cap 25

Capitolo 25:

 Image and video
hosting by TinyPic

Passi frettolosi si udirono approssimare sempre di più finché la figura di mia sorella non spalancò la porta e il suo sorriso si spense. Non pareva più cosi entusiasmata di vedermi. In quell’esatto momento capii l’immensa delusione inflitta da mia sorella: l’unica persona di cui mi fidavo ciecamente.
Restammo qualche secondo in silenzio e poi con poca forza, feci un sorriso ironico e portai le mani sulle spalle di Sheyleen, la quale non stava capendo ciò che stava accadendo.

-Ho portato un’ospite in più. Non dà fastidio, vero?- fui strafottente, mentre i suoi occhi si inumidirono. Negò con la testa e si ricompose immediatamente.
-Mi dispiace- disse solamente.
-Non me ne faccio nulla delle tue scuse, Elisabeth- affermai duramente. Si rattristì maggiormente. Percepii la stretta della bimba e i suoi capelli biondi mi solleticavano lo stomaco. Abbassai lo sguardo e lo incrociai con quello di mia figlia, che fece una smorfia triste. La rassicurai e, catturandole la mano, voltammo le spalle a mia sorella per dirigerci alla macchina.
-Non l’ho mai abbandonata. Mamma e papà forse si, ma ne io ne Seth l’abbiamo fatto. Chiedi a Louis!- urlò, difendosi. M’innervosii di più e, lasciando la presa, mi rigirai malamente e la gelai sul posto.
-Io sono la madre, Elisabeth!- la tuonai, facendola spaventare. Ella non era l’unica, persino la piccola sobbalzò. -Non tu. Come ti sentiresti se avesti fatto la stessa cosa con Will?- regolai il tono della voce per non incutere paura a Shey visto che non se lo meritava.
-Non sono argomenti da trattare per strada. Entra e chiariamo- mi pregò bonariamente, indicandomi l’ingresso. Scossi la testa e aumentai la distanza tra di noi.
-Non voglio chiarire con te- sbottai.
-Non fare la bambina ed entra- m’impose, scendendo quei gradini -Ti prego- aggiunse, allungandomi la mano. Mi morsi il labbro inferiore con le parole di Dylan, che mi passarono per la mente. Poco prese in considerazione ad essere sincera. Non riuscivo proprio a darle la possibilità di spiegarsi. Era una cosa inconcepibile e lei lo sapeva benissimo.
-Sto imponendo a me stessa di non prenderti a schiaffi, Eli. Come pretendi d..-
-Ma che sta succedendo qui?-
intervenne la voce di mia madre, raggiungendo la porta. Si congelò sul posto quando notò la bimba. E fu proprio quest’ultima mi sorprese.
-Nonna Clare- urlò, divincolandosi da me e correndo da lei per cingerle le gambe. Io e l’altra ragazze la fissammo senza parole. Si conoscevano, vuol dire che era andata a casa da Louis. Sbattei le palpebre più volte, tentando di assimilare quella scena. Soprattutto quando il mio familiare si abbassò e la prese in braccio, accarezzandole la schiena per tranquillizzarla. Non potevo biasimare Sheyleen se fosse impaurita e non potevo non ammettere che era stata colpa mia.
-Sta calma, piccola. Mamma ha il brutto vizio di urlare in mezzo alla strada- mi fulminò. -Però adesso entriamo e ti facciamo una bella tazza di thé. Ok?- la piccola annuii. -Vero, Brooke?- mi interpellò con uno sguardo poco gentile, gli stessi che le regalavo anch’io senza esitazioni. Dovevo concedermi per mia figlia e fu per questo che annuii sconfortata e mi avvicinai alle donne.
-Mi dispiace, Shey- mormorai alla piccola, prendendola in braccio.
-Non fa nulla- ricambiò, baciandomi la guancia. Quello fu il segno che era passata il suo timore. 
Così tutte rientrammo e Elisabeth chiuse la porta d’ingresso alle nostre spalle. Al contrario di ciò che mi aspettavo, a quell’evento presero parte soltanto la famiglia di Seth e mi rallegrava poiché codesta non era per nulla pettegola e non si impicciava negli affari degli altri. Quando entrammo in salone fu palese la sorpresa di tutti, persino dei miei zii. Voleva dire che loro erano a conoscenza di tutto? Mi sentivo sempre più tradita.

-Brooke..- tentò di proferire parola mio cugino.
-Non ti conviene parlare, Seth! Anzi a nessuno in questa casa conviene- borbottai, ponendo la piccola a terra e dirigendoci in cucina per la bevanda richiesta.

Nel luogo in questione, Sheyleen si sedette al tavolo dopo il mio consenso, al contrario di me che accesi il fuoco con sopra un pentolino di acqua per il thé.
-Zia- urlò una voce familiare, facendomi sobbalzare. Sorrisi istintivamente e mi abbassai al suo livello per abbracciarlo e baciarlo sulla guancia. E non fu l’unico ad entrare. Scocciata portai lo sguardo su mia sorella e mio cugino.
-Tesoro, perché non giochi un po’ con questa bimba? Si chiama Sheyleen e sono sicura che vorrebbe tanto giocare con te- disse Elisabeth a suo figlio. Infatti pochi secondi dopo Will portò mia figlia in giardino. Questa fu l’unica cosa di cui le ero grata. -Ora parliamo!- mi annunciò con un tono fermo e leggermente pacato.
-Aspetta ci devono essere anche mamma e papà all’appello. Almeno le cazzate sono al completo!- ribattei con acidità.
-Brooke, smettila. Noi..-
-Noi cosa, avanti?-
-Senti-
prese la parola Seth. -Secondo te, ti nascondevamo davvero una cosa del genere se non fosse per qualcosa di importante? Soprattutto quando c’era una piccola creatura indifesa che aveva bisogno della sua mamma? Andiamo, Brooke, ci conosci..-
-è proprio perché vi conosco che non mi sarei mai aspettata una cosa del genere da parte vostra!- l’interruppi innervosita.
-Non potevamo allontanarti ancora- intervenne Elisabeth, triste.
-Ancora?- domandai confusa. Che diavolo stava farneticando?
-Anche se tu non sapevi nulla di Sheyleen, io e Seth cercavamo di aiutare Louis da lontano- soggiunse.  Roteai gli occhi e mi morsi la lingua per evitare di gridarle in faccia.
-Poi non riguarda solo quello, ma anche le tue condizioni: se te lo avessimo detto, avrebbe influito negativamente sulle tue condizioni- aggiunse mio cugino lentamente.
-Brooke- mi richiamarono entrambi i miei genitori, entrando in cucina. Feci una risata amara e incrociai le braccia al petto.
-Perfetto! Famiglia di bugiardi al completo-
-Non ti permetto di parlarci cosi!-
mi strigliò mia madre con un tono serio.
-Ne ho il diritto. Eccome se ce l’ho!- replicai, alzando il tono della voce. -Eravate l’unico scoglio d’appoggio per me. L’unica cosa certa tra tutte e mi avete tradito. Come avete potuto?- sbottai.
-Non volevamo- replicò bonariamente mio padre, avanzando di un passo. Istintivamente indietreggiai, andando a sbattere con la schiena contro il lavello. Non volevo essere toccata da loro. Già stare nella stessa stanza era una tortura per il mio autocontrollo, il tocco avrebbe peggiorato le cose , oltre il fatto che provavo disgusto e disprezzo per loro.
-Certo come no- intervenne mia sorella irata. -Sei stato il primo ad allontanarla da Louis solo perché lui non era alla tua portata. Lui non era Jeff!- sbottò, rivolgendosi completamente a lui. Nel mio cervello si formulò una serie di immagini fino ad arrivare al volto del diretto interessato. Chi poteva mai essere di così tanto importante da spingere mio padre in un comportamento simile? -Non fare il santarellino, quando sei stato il primo a obbligarlo a rinchiuderla in orfanotrofio-
Sbarrai in modo disumano gli occhi, liberandomi di ogni singola domanda. La mia sorpresa era palese per tutti, i quali si rivolsero a vicenda uno sguardo per nulla confortatore. Erano tutti preoccupati dalla piega che stava prendendo quella situazione.

-Cosa?- soffiai con voce priva di tono e con il respiro diminuito.
-Sta’ zitta!- la gelò sul posto l’uomo. Mia sorella scosse la testa e strinse le sue mani, lungo i fianchi, a pugno per evitare di utilizzarle.
-Cosa? Mi fai schifo e mi faccio schifo io in questo momento ad averle mentito per coprire voi!- sibilò, tremolante. Non era un bel segno: stava per perdere il suo controllo. E lei era l’ultima a farlo. Al contrario, io non ci stavo più capendo nulla anche perché la mia mente era rimasta bloccata alla frase precedente. Non poteva dire sul serio Elisabeth. Insomma non lo avrebbe mai fatto.. o si?
Intesi all’istante che non conoscevo affatto la mia famiglia e che in quei maledettissimi anni si erano solo rivelati come li faceva comodo. Perlustrai il territorio disperata, tentando di connettere i fili del mio cervello per capire meglio la situazione. Tuttavia mi confondevo e impazzivo sempre di più. Cosa significava coprire? Perché ancora? Significava che me n’ero andata di casa per un motivo, ma quale?

-Smettila, immediatamente!- proseguì autoritario, avanzando metri.
-Questo è il momento della verità e di certo non me ne starò zitta!-
-Ti ho detto di smetterla-
urlò, spingendola di poco. Seth si mise tra di loro per impedirgli di toccarla di nuovo e il suo sguardo parlava per sé. Non doveva azzardarsi a sfiorarla nuovamente. Mentre mia madre se ne stava in un angolo con la mano sulla bocca e gli occhi lucidi. Si era allarmata quando il marito aveva avanzato passi verso la figlia maggiore come se fosse un déjàvu.
 

“Brooke stava andando in giro per quei corridoi bianchi e poco affollati. Era un bene che non erano in tanti nel reparto ospedaliero.  La ragazza vagava senza una meta precisa: ella voleva solo sgranchirsi un po’ le gambe. Era stata per troppo tempo sdraiata su quel maledettissimo letto ad ascoltare gli inutili pettegolezzi della madre. Ne era grata di averle raccontato cosa era successo nei suoi anni di assenza da casa, ma stava assimilando troppe cose in poco tempo. La sua mente cercava di collegare a qualche ricordo esistente, ma non ci furono grandi risultati. Così per evitare di deludere la madre fingeva di esserselo ricordato e di interessarsi. Lei non voleva questo. Non voleva solo delle stupide parole pronunciate da una persona estranea. No, certo che no, lei voleva riviverli uno per uno! Svoltò l’angolo, che la imbucò nel corridoio della sua stanza. Con lieve stupore vide dei ragazzi dinnanzi alla sua porta. Inarcò un sopracciglio e avanzò di un passo, però il vociare la fermò.
-Andiamo, Lou, non possiamo stare qui- gli ricordò il ricciolino, nervoso. Il diretto interessato, era il castano tra i tre, annuì. Brooke rimase leggermente intrappolata dalla piccola creatura che aveva in braccio. Era meravigliosa. Era la più bella bimba che aveva mai visto. Come di incanto, i suoi piedi si mossero e raggiunse quel piccolo gruppetto. La bimba, la quale si accorse della ragazza, fece un piccolo sogghigno e un sorriso si allargò sulla sua tenera e paffutella faccina. Brooke la salutò.
-Che bella bimba!- esclamò, facendo sussultare quei tre, che si voltarono. Avevano entrambi i visi sbalorditi e gli occhi spalancati. Non se lo sarebbero mai aspettato.
Il cuore di Louis accelerò e scoppiò dalla felicità con enorme speranza. Magari si era ricordata di loro. Proseguiva a pronunciare nella sua mente.
-Si chiama..- tentò di pronunciare il nome, ma non gli fu data l’occasione. Infondo al corridoio apparvero due adulti sorpresi e preoccupati.
-Brooke!- la sgridò il padre della ragazza. -Che ci fai qui?-
-Ave..-
-Non importa, entra!- l’obbligò senza esitazioni e repliche. Anche se la ragazza voleva ribattere qualcosa, però la madre si avvicinò di fretta e con un piccolo sorriso la fece rientrare. Una volta dentro, la donna più anziana parlò e le andò a sistemare il letto, ma la figlia non la seguì: ella rimase dietro alla porta ad ascoltare la conversazione.
-Brooke!- la chiamò la madre, sconvolta. La bionda l’intimò di fare silenzio , ma venne trascinata via. Ebbene si, la donna aveva paura che la fanciulla potesse ascoltare qualcosa di troppo.
-Perché papà sta discutendo con quei ragazzi? Non hanno fatto nulla di male- disse ingenuamente, mentre udiva delle urla e un improvviso pianto. Era la bimba!
-Non lo so, cara- mentì, rimboccandole le coperte. Pochi secondi dopo entrò l’uomo irritato.
-E che diamine! Clare, dobbiamo cambiare ospedale. Prepara le cose di Brooke-
-Ma perché?- chiese confusa, notando che la madre eseguì l’ordine del marito.
-Perché si, tesoro. È meglio per tutti-
Brooke voleva insistere, eppure tacque nell’osservare gli occhi del padre pieni di odio e disprezzo. Ma che gli era capitato con quei ragazzi?”
 

Mi portai una mano alla testa e la vista si sfocava leggermente, ma fortunatamente mi ripresi quasi subito, focalizzando ciò che mi circondava.
-Tu hai fatto tutto questo! Prenditi le tue responsabilità per una volta-
-Non verrò criticato da una puttana come te-
-Davis!-
lo richiamò sconcertata mia madre. Ora era troppo!
-Questa puttana ha il tuo stesso sangue, razza di deficiente- intervenne mia sorella con quella poca forza e i suoi occhi cominciarono a inumidirsi. Seth, il quale fu il più vicino, le mise un braccio sul fianco e una mano sulla spalla per calmarla. -In confronto a Trevor o Louis, tu non sei neanche uno sputo che si calpesta- sibilò, distaccandosi dal ragazzo e correndo fuori dalla stanza. Il silenzio s’impadronì di noi per qualche istante, permettendoci di udire solo i respiri accelerati dei due uomini e le lacrime represse di mia madre. La tensione era così affilata che ci si poteva tagliare.
-Sarai contenta ora?- mi chiese retoricamente con uno sguardo glaciale.
-Oh non dare la colpa a me. è tutta colpa tua. E lo è sempre stata! Ora mi è più chiara la situazione e tu mi fai schifo- affermai, avanzando qualche passo. -Congratulazioni, hai perso le tue uniche figlie- conclusi, uscendo dalla stanza per recarmi da Elisabeth. Mi dispiaceva così tanto che si era dovuta assorbire delle inutili offese per causa mia. 

Guardai prima in giardino e non c’era. Poi nell’angolo della mia mente si disegnò un probabile posto e i miei muscoli lo seguirono. Salii le scale fino in camera sua e persino da fuori si potevano ascoltare dei singhiozzi ripetuti. Mi rattristai e, bussando alla porta, entrai lentamente. -Apple?-
-Bis- disse solamente, pulendosi dalle stupide lacrime e aprendo una valigia. Non dicemmo più nulla nei secondi successivi: lei trattenne i singhiozzi e intanto buttava dentro quell’oggetto tutti i vestiti suoi e del figlio. Invece io la fissai impotente però poi, infondendomi coraggio, mi avvicinai a lei e l’abbracciai di scatto. -Mi dispiace così tanto- scoppiò, piangendo sulla mia spalla.
-Non è colpa tua- mormorai, carezzandole la schiena e i capelli.
-Si, che lo è- replicò, disperatamente. Scossi la testa e l’allontanai di poco per issare un contatto visivo. Le tolsi la ciocca davanti ai suoi occhi rossi e le accarezzai la guancia.
-Non è assolutamente vero. Magari me l’avresti dovuto dire prima, però non è mai stata una tua intenzione allontanarmi da Louis e Sheyleen- affermai, abbozzando un mezzo sorriso.
-Ti spiegherò tutto, promesso-
-Magari dopo, adesso dobbiamo fare questa valigia, no?-
chiesi, retoricamente, con piccolo sorriso. Lei sospirò e confermò le mie parole. Ci riabbracciammo poiché ne avevamo bisogno entrambe in quel brutto momento. Ci impiegammo una mezzoretta e una volta terminata, scendemmo al piano inferiore. Nostra madre ci venne incontro e con poca delicatezza mi diressi alla pota, bloccata dalla figura di Seth. Deglutii e, respirando profondamente, mi approssimai a lui, concedendogli la borsa e il mazzo di chiavi della mia macchina. -Mettila nel bagagliaio e aspettaci là. Prendiamo Sheyleen e Will e arriviamo anche noi-
-Vuoi anche me?- chiese speranzoso.
-Se no non ti avrei detto di aspettarmi là, no?- risposi retoricamente, facendolo sorridere ampiamente. Scossi la testa e mi recai in giardino per recuperare i due bambini. Per mia grande fortuna furono disponibilissimi a venire da me. Salutai in fretta i miei zii e mi parai davanti a mia madre.

-Non volevo che andassero così le cose- ammise.
-Avevi una scelta da fare. E ovviamente hai preso quella sbagliata-
-Volevo fare la cosa giusta per la famiglia-
ribatté.
-No, volevi fare quello che ti era più comodo per negare l’esistenza di un problema. Hai sempre scelto la parte sbagliata con cui schierarti-
-Avevo sempre fatto il bene della famiglia. Quando saprai, capirai-
-Questo non cambia il fatto che siete stati due egoisti. Lascia perdere Louis, ma Sheyleen. Come avete potuto farlo?-
insistetti nel gesto malvagio eseguito.
-Dopo tutto quel casino volevamo solo riaverti a casa come prima-
-Eliminando la possibilità ad una bambina di avere una madre-
soggiunsi irritata. Abbassò lo sguardo ed io schioccai la lingua al palato. -Quanto vorrei essere stata io nei suoi panni- conclusi superandola. Si irrigidì sul posto.
-Brooke!- mi richiamò mia madre sconcertata, voltandosi. Mi bloccai alla sua richiesta disperata di chiarire tutto, ma ciononostante non la esaudii. Non era più mia madre per quello che mi interessava. 

Giunta alla porta, feci un piccolo sorriso sia a mia sorella che a mia figlia, le quali capirono quanto fosse stirato e contro ogni volontà. Sheyleen si avvicinò a me e mi prese la mano. Annuii e uscimmo tutte di casa. Attraversato il vialetto, ci mettemmo in macchina per raggiungere la casa di Seth senza alcuna esitazione. Era sempre stato un rifugio per tutti e tre e ne avevamo bisogno.
-Voglio la verità- sussurrai ai diretti in questione, ingranando la marcia spediti a quell’abitazione. Seth e Elisabeth, la quale aveva tra le braccia suo figlio, acconsentirono alle mie parole.
Dopo tre anni, avrei scoperto la verità e delle risposte definitive alle domande infernali e interminabili, che mi frullavano nel cervello? Speravo proprio di si!

Heilà, eccovi il 25esimo capitolo.
è molto veloce e abbastanza corto, rispetto agli altri, però l'ho inteso come uno dei tanti capitoli di passaggio.
In ogni caso, spero che vi sia piaciuto e fatemelo sapere attraverso una piccola recensione :D
Vorrei ringraziare le fantastiche persone che: la leggono, recensiscono e l'hanno messa tra preferiti/seguiti/ricordate.
Un ringraziamento particolare a Sara_Scrive per il meraviglioso banner.
Detto questo, vi lascio con le solite foto. Fatemi sapere che ne pensate.
A presto, ciaoo :D x

Image and video hosting by TinyPic

Image and video hosting by TinyPic
(lasciate stare la scritta D:)

  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: _browns eyes_