Capitolo
25:
Passi frettolosi si udirono approssimare
sempre di più finché la figura di mia sorella non spalancò la porta e il suo
sorriso si spense. Non pareva più cosi entusiasmata di vedermi. In quell’esatto
momento capii l’immensa delusione inflitta da mia sorella: l’unica persona di
cui mi fidavo ciecamente.
Restammo qualche secondo in silenzio e poi
con poca forza, feci un sorriso ironico e portai le mani sulle spalle di
Sheyleen, la quale non stava capendo ciò che stava accadendo.
-Ho portato un’ospite in più. Non dà
fastidio, vero?- fui strafottente, mentre i suoi occhi si
inumidirono. Negò con la testa e si ricompose immediatamente.
-Mi dispiace- disse solamente.
-Non me ne faccio nulla delle tue scuse,
Elisabeth- affermai duramente. Si rattristì
maggiormente. Percepii la stretta della bimba e i suoi capelli biondi mi
solleticavano lo stomaco. Abbassai lo sguardo e lo incrociai con quello di mia
figlia, che fece una smorfia triste. La rassicurai e, catturandole la mano,
voltammo le spalle a mia sorella per dirigerci alla macchina.
-Non l’ho mai abbandonata. Mamma e papà forse
si, ma ne io ne Seth l’abbiamo fatto. Chiedi a Louis!- urlò, difendosi. M’innervosii di più e, lasciando la
presa, mi rigirai malamente e la gelai sul posto.
-Io sono la madre, Elisabeth!- la tuonai, facendola spaventare. Ella non era l’unica,
persino la piccola sobbalzò. -Non tu. Come ti sentiresti se avesti fatto la
stessa cosa con Will?- regolai il tono della voce per non incutere paura a
Shey visto che non se lo meritava.
-Non sono argomenti da trattare per strada.
Entra e chiariamo- mi pregò bonariamente, indicandomi
l’ingresso. Scossi la testa e aumentai la distanza tra di noi.
-Non voglio chiarire con te- sbottai.
-Non fare la bambina ed entra- m’impose, scendendo quei gradini -Ti prego-
aggiunse, allungandomi la mano. Mi morsi il labbro inferiore con le parole di
Dylan, che mi passarono per la mente. Poco prese in considerazione ad essere
sincera. Non riuscivo proprio a darle la possibilità di spiegarsi. Era una cosa
inconcepibile e lei lo sapeva benissimo.
-Sto imponendo a me stessa di non prenderti a
schiaffi, Eli. Come pretendi d..-
-Ma che sta succedendo qui?- intervenne la voce di mia madre, raggiungendo la porta.
Si congelò sul posto quando notò la bimba. E fu proprio quest’ultima mi
sorprese.
-Nonna Clare- urlò, divincolandosi da me e correndo da lei per
cingerle le gambe. Io e l’altra ragazze la fissammo senza parole. Si
conoscevano, vuol dire che era andata a casa da Louis. Sbattei le palpebre più
volte, tentando di assimilare quella scena. Soprattutto quando il mio familiare
si abbassò e la prese in braccio, accarezzandole la schiena per
tranquillizzarla. Non potevo biasimare Sheyleen se fosse impaurita e non potevo
non ammettere che era stata colpa mia.
-Sta calma, piccola. Mamma ha il brutto vizio
di urlare in mezzo alla strada- mi
fulminò. -Però adesso entriamo e ti facciamo una bella tazza di thé. Ok?-
la piccola annuii. -Vero, Brooke?- mi interpellò con uno sguardo poco
gentile, gli stessi che le regalavo anch’io senza esitazioni. Dovevo concedermi
per mia figlia e fu per questo che annuii sconfortata e mi avvicinai alle
donne.
-Mi dispiace, Shey- mormorai alla piccola, prendendola in braccio.
-Non fa nulla- ricambiò, baciandomi la guancia. Quello fu il segno che
era passata il suo timore.
Così tutte rientrammo e Elisabeth chiuse la porta
d’ingresso alle nostre spalle. Al contrario di ciò che mi aspettavo, a
quell’evento presero parte soltanto la famiglia di Seth e mi rallegrava poiché
codesta non era per nulla pettegola e non si impicciava negli affari degli
altri. Quando entrammo in salone fu palese la sorpresa di tutti, persino dei
miei zii. Voleva dire che loro erano a conoscenza di tutto? Mi sentivo sempre
più tradita.
-Brooke..- tentò di proferire parola mio cugino.
-Non ti conviene parlare, Seth! Anzi a
nessuno in questa casa conviene- borbottai,
ponendo la piccola a terra e dirigendoci in cucina per la bevanda richiesta.
Nel luogo in questione, Sheyleen si sedette
al tavolo dopo il mio consenso, al contrario di me che accesi il fuoco con
sopra un pentolino di acqua per il thé.
-Zia-
urlò una voce familiare, facendomi sobbalzare. Sorrisi istintivamente e mi
abbassai al suo livello per abbracciarlo e baciarlo sulla guancia. E non fu
l’unico ad entrare. Scocciata portai lo sguardo su mia sorella e mio cugino.
-Tesoro, perché non giochi un po’ con questa
bimba? Si chiama Sheyleen e sono sicura che vorrebbe tanto giocare con te- disse Elisabeth a suo figlio. Infatti pochi secondi dopo
Will portò mia figlia in giardino. Questa fu l’unica cosa di cui le ero grata. -Ora
parliamo!- mi annunciò con un tono fermo e leggermente pacato.
-Aspetta ci devono essere anche mamma e papà
all’appello. Almeno le cazzate sono al completo!- ribattei con acidità.
-Brooke, smettila. Noi..-
-Noi cosa, avanti?-
-Senti- prese la parola Seth. -Secondo te, ti nascondevamo davvero una cosa
del genere se non fosse per qualcosa di importante? Soprattutto quando c’era
una piccola creatura indifesa che aveva bisogno della sua mamma? Andiamo,
Brooke, ci conosci..-
-è proprio perché vi conosco che non mi sarei
mai aspettata una cosa del genere da parte vostra!- l’interruppi innervosita.
-Non potevamo allontanarti ancora- intervenne Elisabeth, triste.
-Ancora?- domandai confusa. Che diavolo stava farneticando?
-Anche se tu non sapevi nulla di Sheyleen, io
e Seth cercavamo di aiutare Louis da lontano- soggiunse. Roteai
gli occhi e mi morsi la lingua per evitare di gridarle in faccia.
-Poi non riguarda solo quello, ma anche le
tue condizioni: se te lo avessimo detto, avrebbe influito negativamente sulle
tue condizioni- aggiunse mio cugino lentamente.
-Brooke- mi richiamarono entrambi i miei genitori, entrando in cucina. Feci una
risata amara e incrociai le braccia al petto.
-Perfetto! Famiglia di bugiardi al completo-
-Non ti permetto di parlarci cosi!- mi strigliò mia madre con un tono serio.
-Ne ho il diritto. Eccome se ce l’ho!- replicai, alzando il tono della voce. -Eravate l’unico
scoglio d’appoggio per me. L’unica cosa certa tra tutte e mi avete tradito.
Come avete potuto?- sbottai.
-Non volevamo- replicò bonariamente mio padre, avanzando di un passo.
Istintivamente indietreggiai, andando a sbattere con la schiena contro il
lavello. Non volevo essere toccata da loro. Già stare nella stessa stanza era
una tortura per il mio autocontrollo, il tocco avrebbe peggiorato le cose ,
oltre il fatto che provavo disgusto e disprezzo per loro.
-Certo come no- intervenne mia sorella irata. -Sei stato il primo ad
allontanarla da Louis solo perché lui non era alla tua portata. Lui non era
Jeff!- sbottò, rivolgendosi completamente a lui. Nel mio cervello si
formulò una serie di immagini fino ad arrivare al volto del diretto
interessato. Chi poteva mai essere di così tanto importante da spingere mio
padre in un comportamento simile? -Non fare il santarellino, quando sei
stato il primo a obbligarlo a rinchiuderla in orfanotrofio-
Sbarrai in modo disumano gli occhi,
liberandomi di ogni singola domanda. La mia sorpresa era palese per tutti, i
quali si rivolsero a vicenda uno sguardo per nulla confortatore. Erano tutti
preoccupati dalla piega che stava prendendo quella situazione.
-Cosa?- soffiai con voce priva di tono e con il respiro diminuito.
-Sta’ zitta!- la gelò sul posto l’uomo. Mia sorella scosse la
testa e strinse le sue mani, lungo i fianchi, a pugno per evitare di
utilizzarle.
-Cosa? Mi fai schifo e mi faccio schifo io in
questo momento ad averle mentito per coprire voi!- sibilò, tremolante. Non era un bel segno: stava per
perdere il suo controllo. E lei era l’ultima a farlo. Al contrario, io non ci
stavo più capendo nulla anche perché la mia mente era rimasta bloccata alla
frase precedente. Non poteva dire sul serio Elisabeth. Insomma non lo avrebbe
mai fatto.. o si?
Intesi all’istante che non conoscevo affatto
la mia famiglia e che in quei maledettissimi anni si erano solo rivelati come
li faceva comodo. Perlustrai il territorio disperata, tentando di connettere i
fili del mio cervello per capire meglio la situazione. Tuttavia mi confondevo e
impazzivo sempre di più. Cosa significava coprire? Perché ancora? Significava
che me n’ero andata di casa per un motivo, ma quale?
-Smettila, immediatamente!- proseguì autoritario, avanzando metri.
-Questo è il momento della verità e di certo
non me ne starò zitta!-
-Ti ho detto di smetterla- urlò, spingendola di poco. Seth si mise tra di loro per
impedirgli di toccarla di nuovo e il suo sguardo parlava per sé. Non doveva
azzardarsi a sfiorarla nuovamente. Mentre mia madre se ne stava in un angolo
con la mano sulla bocca e gli occhi lucidi. Si era allarmata quando il marito
aveva avanzato passi verso la figlia maggiore come se fosse un déjàvu.
“Brooke stava andando in giro per quei
corridoi bianchi e poco affollati. Era un bene che non erano in tanti nel
reparto ospedaliero. La ragazza vagava
senza una meta precisa: ella voleva solo sgranchirsi un po’ le gambe. Era stata
per troppo tempo sdraiata su quel maledettissimo letto ad ascoltare gli inutili
pettegolezzi della madre. Ne era grata di averle raccontato cosa era successo
nei suoi anni di assenza da casa, ma stava assimilando troppe cose in poco
tempo. La sua mente cercava di collegare a qualche ricordo esistente, ma non ci
furono grandi risultati. Così per evitare di deludere la madre fingeva di
esserselo ricordato e di interessarsi. Lei non voleva questo. Non voleva solo
delle stupide parole pronunciate da una persona estranea. No, certo che no, lei
voleva riviverli uno per uno! Svoltò l’angolo, che la imbucò nel corridoio
della sua stanza. Con lieve stupore vide dei ragazzi dinnanzi alla sua porta.
Inarcò un sopracciglio e avanzò di un passo, però il vociare la fermò.
-Andiamo, Lou, non possiamo stare qui- gli
ricordò il ricciolino, nervoso. Il diretto interessato, era il castano tra i
tre, annuì. Brooke rimase leggermente intrappolata dalla piccola creatura che
aveva in braccio. Era meravigliosa. Era la più bella bimba che aveva mai visto.
Come di incanto, i suoi piedi si mossero e raggiunse quel piccolo gruppetto. La
bimba, la quale si accorse della ragazza, fece un piccolo sogghigno e un
sorriso si allargò sulla sua tenera e paffutella faccina. Brooke la salutò.
-Che bella bimba!- esclamò, facendo sussultare
quei tre, che si voltarono. Avevano entrambi i visi sbalorditi e gli occhi
spalancati. Non se lo sarebbero mai aspettato.
Il cuore di Louis accelerò e scoppiò dalla
felicità con enorme speranza. Magari si era ricordata di loro. Proseguiva a
pronunciare nella sua mente.
-Si chiama..- tentò di pronunciare il nome,
ma non gli fu data l’occasione. Infondo al corridoio apparvero due adulti
sorpresi e preoccupati.
-Brooke!- la sgridò il padre della ragazza.
-Che ci fai qui?-
-Ave..-
-Non importa, entra!- l’obbligò senza
esitazioni e repliche. Anche se la ragazza voleva ribattere qualcosa, però la
madre si avvicinò di fretta e con un piccolo sorriso la fece rientrare. Una
volta dentro, la donna più anziana parlò e le andò a sistemare il letto, ma la
figlia non la seguì: ella rimase dietro alla porta ad ascoltare la
conversazione.
-Brooke!- la chiamò la madre, sconvolta. La
bionda l’intimò di fare silenzio , ma venne trascinata via. Ebbene si, la donna
aveva paura che la fanciulla potesse ascoltare qualcosa di troppo.
-Perché papà sta discutendo con quei
ragazzi? Non hanno fatto nulla di male- disse ingenuamente, mentre udiva delle
urla e un improvviso pianto. Era la bimba!
-Non lo so, cara- mentì, rimboccandole le
coperte. Pochi secondi dopo entrò l’uomo irritato.
-E che diamine! Clare, dobbiamo cambiare
ospedale. Prepara le cose di Brooke-
-Ma perché?- chiese confusa, notando che la
madre eseguì l’ordine del marito.
-Perché si, tesoro. È meglio per tutti-
Brooke voleva insistere, eppure tacque
nell’osservare gli occhi del padre pieni di odio e disprezzo. Ma che gli era
capitato con quei ragazzi?”
Mi
portai una mano alla testa e la vista si sfocava leggermente, ma fortunatamente
mi ripresi quasi subito, focalizzando ciò che mi circondava.
-Tu
hai fatto tutto questo! Prenditi le tue responsabilità per una volta-
-Non
verrò criticato da una puttana come te-
-Davis!-
lo
richiamò sconcertata mia madre. Ora era troppo!
-Questa
puttana ha il tuo stesso sangue, razza di deficiente- intervenne
mia sorella con quella poca forza e i suoi occhi cominciarono a inumidirsi.
Seth, il quale fu il più vicino, le mise un braccio sul fianco e una mano sulla
spalla per calmarla. -In confronto a Trevor o Louis, tu non sei neanche uno
sputo che si calpesta- sibilò, distaccandosi dal ragazzo e correndo fuori
dalla stanza. Il silenzio s’impadronì di noi per qualche istante, permettendoci
di udire solo i respiri accelerati dei due uomini e le lacrime represse di mia
madre. La tensione era così affilata che ci si poteva tagliare.
-Sarai
contenta ora?-
mi chiese retoricamente con uno sguardo glaciale.
-Oh
non dare la colpa a me. è tutta colpa tua. E lo è sempre stata! Ora mi è più
chiara la situazione e tu mi fai schifo- affermai, avanzando qualche
passo. -Congratulazioni, hai perso le tue uniche figlie- conclusi,
uscendo dalla stanza per recarmi da Elisabeth. Mi dispiaceva così tanto che si
era dovuta assorbire delle inutili offese per causa mia.
Guardai prima in
giardino e non c’era. Poi nell’angolo della mia mente si disegnò un probabile
posto e i miei muscoli lo seguirono. Salii le scale fino in camera sua e
persino da fuori si potevano ascoltare dei singhiozzi ripetuti. Mi rattristai
e, bussando alla porta, entrai lentamente. -Apple?-
-Bis- disse
solamente, pulendosi dalle stupide lacrime e aprendo una valigia. Non dicemmo
più nulla nei secondi successivi: lei trattenne i singhiozzi e intanto buttava
dentro quell’oggetto tutti i vestiti suoi e del figlio. Invece io la fissai
impotente però poi, infondendomi coraggio, mi avvicinai a lei e l’abbracciai di
scatto. -Mi dispiace così tanto- scoppiò, piangendo sulla mia spalla.
-Non
è colpa tua-
mormorai, carezzandole la schiena e i capelli.
-Si,
che lo è-
replicò, disperatamente. Scossi la testa e l’allontanai di poco per issare un
contatto visivo. Le tolsi la ciocca davanti ai suoi occhi rossi e le accarezzai
la guancia.
-Non
è assolutamente vero. Magari me l’avresti dovuto dire prima, però non è mai stata
una tua intenzione allontanarmi da Louis e Sheyleen- affermai,
abbozzando un mezzo sorriso.
-Ti
spiegherò tutto, promesso-
-Magari
dopo, adesso dobbiamo fare questa valigia, no?- chiesi,
retoricamente, con piccolo sorriso. Lei sospirò e confermò le mie parole. Ci
riabbracciammo poiché ne avevamo bisogno entrambe in quel brutto momento. Ci
impiegammo una mezzoretta e una volta terminata, scendemmo al piano inferiore.
Nostra madre ci venne incontro e con poca delicatezza mi diressi alla pota,
bloccata dalla figura di Seth. Deglutii e, respirando profondamente, mi
approssimai a lui, concedendogli la borsa e il mazzo di chiavi della mia
macchina. -Mettila nel bagagliaio e aspettaci là. Prendiamo Sheyleen e Will
e arriviamo anche noi-
-Vuoi
anche me?-
chiese speranzoso.
-Se
no non ti avrei detto di aspettarmi là, no?- risposi retoricamente, facendolo
sorridere ampiamente. Scossi la testa e mi recai in giardino per recuperare i
due bambini. Per mia grande fortuna furono disponibilissimi a venire da me.
Salutai in fretta i miei zii e mi parai davanti a mia madre.
-Non
volevo che andassero così le cose- ammise.
-Avevi
una scelta da fare. E ovviamente hai preso quella sbagliata-
-Volevo
fare la cosa giusta per la famiglia- ribatté.
-No,
volevi fare quello che ti era più comodo per negare l’esistenza di un problema.
Hai sempre scelto la parte sbagliata con cui schierarti-
-Avevo
sempre fatto il bene della famiglia. Quando saprai, capirai-
-Questo
non cambia il fatto che siete stati due egoisti. Lascia perdere Louis, ma
Sheyleen. Come avete potuto farlo?-insistetti nel gesto malvagio
eseguito.
-Dopo
tutto quel casino volevamo solo riaverti a casa come prima-
-Eliminando
la possibilità ad una bambina di avere una madre- soggiunsi
irritata. Abbassò lo sguardo ed io schioccai la lingua al palato. -Quanto
vorrei essere stata io nei suoi panni- conclusi superandola. Si irrigidì
sul posto.
-Brooke!- mi richiamò
mia madre sconcertata, voltandosi. Mi bloccai alla sua richiesta disperata di
chiarire tutto, ma ciononostante non la esaudii. Non era più mia madre per
quello che mi interessava.
Giunta alla porta, feci un piccolo sorriso sia a mia
sorella che a mia figlia, le quali capirono quanto fosse stirato e contro ogni
volontà. Sheyleen si avvicinò a me e mi prese la mano. Annuii e uscimmo tutte
di casa. Attraversato il vialetto, ci mettemmo in macchina per raggiungere la
casa di Seth senza alcuna esitazione. Era sempre stato un rifugio per tutti e
tre e ne avevamo bisogno.
-Voglio
la verità-
sussurrai ai diretti in questione, ingranando la marcia spediti a
quell’abitazione. Seth e Elisabeth, la quale aveva tra le braccia suo figlio,
acconsentirono alle mie parole.
Dopo
tre anni, avrei scoperto la verità e delle risposte definitive alle domande
infernali e interminabili, che mi frullavano nel cervello? Speravo proprio di
si!
Heilà, eccovi il 25esimo capitolo.
è molto veloce e abbastanza corto, rispetto agli altri,
però l'ho inteso come uno dei tanti capitoli di passaggio.
In ogni caso, spero che vi sia piaciuto e fatemelo sapere attraverso una piccola recensione :D
Vorrei ringraziare le fantastiche persone che: la leggono, recensiscono e l'hanno messa tra preferiti/seguiti/ricordate.
Un ringraziamento particolare a Sara_Scrive per il meraviglioso banner.
Detto questo, vi lascio con le solite foto. Fatemi sapere che ne pensate.
A presto, ciaoo :D x