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Autore: Akemichan    27/09/2015    2 recensioni
«C'è un'ultima cosa che dovete sapere.» Il ghigno scomparve com'era venuto e Dragon tornò a parlare di lavoro. «Mentre Serse è un regno sotto il Governo Mondiale, Baharat non lo è. Fa parte dell'Impero di uno dei quattro Imperatori Pirata.» Una piccola pausa, per fissare i suoi occhi neri penetranti su Sabo. «Si tratta di Barbabianca.»
[...]
Incredibilmente, Sabo aveva avuto la reazione più composta, a parte gli occhi che si erano spalancati in un attimo: poi aveva abbassato lo sguardo, per nascondere il sorriso che gli si stava formando sul volto. Ace era entrato nella Rotta Maggiore già da due anni, ma era la prima volta che poteva avere concretamente una possibilità di incontrarlo. Improvvisamente Serse e la sua crudeltà erano diventati obiettivi di poco conto.
[Partecipante al Contest "Mahjong Contest" indetto da My Pride]
Genere: Avventura, Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Koala, Marco, Nuovo personaggio, Portuguese D. Ace, Sabo
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Il furto

Era sembrata una buona idea, inizialmente. L'ideale per entrare nel palazzo senza essere notati pareva proprio nascondersi all'interno di uno dei numerosi carri che portavano le provviste per la festa che si sarebbe tenuta quella sera, dato che erano coloro che venivano fatti entrare senza troppi controlli al cancello, l'unica apertura che si apriva nelle alte mura che circondavano l'interno enorme giardino, nascondendo alla vista l'interno. Non che il palazzo reale non si vedesse, dato che era enorme anche a distanza, ma quelle mura avevano impedito ad Hack di indagare più a fondo sulla situazione.

Dato che non avevano alcune notizia sulla pianta del palazzo, né che fine facessero le provviste quando erano all'interno, il carro scelto era stato quello che trasportava la carne di mostro marino: l'enorme serpente verde era stato tagliato a grandi fette in verticale, cosa che lo faceva apparire da fuori come ancora intero, e disossato, cosa che lasciava a Sabo un bel posto dove nascondersi all'interno del suo ventre. Da fuori era invisibile, anche se qualcuno avesse alzato il telo che proteggeva la carne per assicurarsi che stessero trasportando effettivamente quello che dichiaravano.

Quel nascondiglio era ottimo, ma puzzava. Puzzava di sangue e di pesce contemporaneamente, puzzava in una maniera nauseante. Probabilmente non ci avrebbe fatto caso se non avesse dovuto starci nascosto all'interno. Ovviamente si era protetto con un poncho di plastica, in maniera da non rimanere sporco per il resto del tempo, ma quello non poteva proteggergli le narici. Era sicuro che avrebbe perso la sensibilità agli odori per anni, dopo quella vicenda.

Quando fu certo che fossero all'interno del giardino reale, ma ancora abbastanza lontani dal palazzo, sgusciò fuori del corpo del serpente e strusciò fino al bordo del carro. Alzò con un dorso della mano la stoffa che lo chiudeva quel tanto che bastava per verificare la situazione all'esterno: oltre ai guidatori, il carro era affiancato da una serie di guardie. Erano abbastanza numerose da impedirgli di uscire senza essere scoperto.

Allora tornò all'interno e si spostò nel luogo dove più o meno doveva esserci una delle ruote. Strinse le dita ad artiglio di drago e le riempì d'Haki, quindi le immerse nel legno. Dosò la forza in modo da spaccarlo in due, ma senza che si avvertisse eccessivo rumore. Un attimo dopo le schegge volarono da tutte le parti e il carro si inclinò totalmente dalla parte della ruota colpita.

Sabo fece un balzo in orizzontale per afferrare l'altra estremità e quando fu sicuro che tutte le guardie si fossero spostate da un lato a controllare quello che era successo, saltò fuori, protetto dal fondo del carro inclinato e di corsa andò a nascondersi nella folta vegetazione che si trovava ai lati della strada d'accesso.

Non riusciva, a quella distanza, a sentire tutti i discorsi delle guardie, che per altro parlavano in un dialetto stretto, ma capì che non sospettavano minimamente che quello che era avvenuto dipendeva da un intervento esterno, per cui poteva rilassarsi e rimanere nascosto finché non arrivarono i soccorsi a riparare il carro.

L'attesa si fece anche più lunga perché nel frattempo altre persone con le provviste li avevano raggiunti e la carovana era diventata enorme, quasi più del mostro marino stesso. Poi, finalmente, gli ultimi rumori delle ruote dei carri che premevano rotolando sul terreno della strada svanirono in lontananza e Sabo tirò un sospiro di sollievo. Era dentro.

Aveva sempre pensato che il rischio di possedere dei giardini enormi fosse poter permettere agli estranei di intrufolarsi all'interno disponendo di una serie di nascondigli impossibili da trovare. Difatti, le guardie che facevano i turni sulle mura potevano limitarsi a controllare l'esterno, ma il terreno interno era così ampio che il loro guardo si sarebbe perso. Se inoltre si aggiungeva che la vegetazione che decorava quel particolare giardino avrebbe fatto invidia come rigogliosità alle mangrovie di Sabaody, il che gli permetteva di procedere praticamente parallelo alla strada e di fatto essere abbastanza nascosto da non essere individuato.

Aveva abbandonato il poncho in uno dei cespugli, ma sentiva ancora quella maledetta puzza di pesce. Se fosse stato scoperto, sarebbe stata quella la causa, ne era certo. Fortunatamente, piano piano, riuscì a percepire altri odori, come quello intenso della foresta che stava attraversando.

Questa diventava più rada da permettergli di individuare il palazzo, composto da tre ali a ferro di cavallo, e quattro piani. La particolarità di questo erano le varie colonnine che si alzavano agli angoli e i tetti a cupola. Ciò che però interessava maggiormente Sabo era la facciata: non era liscia come quella di molti palazzi, ma era totalmente decorata con motivi geometrici a rilievo, cosa che gli avrebbe facilitato la vita nell'arrampicarsi prima di entrare.

Attorno al palazzo vero e proprio il giardino era normale, composto di basse aiuole, siepi tagliate in maniera artistica e fontane che spruzzavano acqua verso il cielo. Tuttavia, la foresta continuava, in un certo senso, separando completamente quella piccola oasi artistica dalle vere e proprie mura, che invece non avevano alcuna decorazione, erano funzionali e basta.

I carri delle provviste che arrivavano a palazzo non attraversavamo i giardini in maniera retta fino all'ingresso principale, ma svoltavano a sinistra per poi scomparire dietro una delle ali del palazzo, per cui Sabo immaginò che vi si trovassero le cucine. Le stanze residenziali dovevano quindi trovarsi nell'ala destra, quindi prese quella direzione, rimanendo sempre nascosto nella foresta al limite della strada.

Una volta arrivato davanti alla facciata dell'ala destra, fece un calcolo mentale di quanto tempo avrebbe preso attraversare in fretta quella parte di strada e aiuole che lo separava dal palazzo ed arrampicarsi almeno fino al primo piano. Probabilmente meno di cinque minuti, ma potevano bastare ai soldati sulle mura per individuarlo: normalmente le guardie osservavano l'esterno, ma sarebbe bastato che una di loro si voltasse al momento sbagliato per rovinare tutto il piano.

Prese dalla tasca il piccolo lumacofonino dei rivoluzionari, che non poteva essere intercettato, e chiamò Koala.

«Sei dentro?» fu il modo di rispondere di lei.

«Nel giardino, sì» disse Sabo. «Per il palazzo ho bisogno di una mano. Una diversione per le guardie sulle mura.» Alzò lo sguardo per osservare il sole e stabilire una direzione. «Nel lato est.»

«Va bene.» Koala non chiese nemmeno che cosa aveva in mente, né che cosa avrebbe fatto per distrarre i soldati. «Quanto ti serve?»

«Cinque minuti dovrebbero essere sufficienti. Ci aggiorniamo dopo.»

«Ricevuto.» E abbassò la cornetta.

Sabo ripose il lumacofonino nella tasca e si chinò, strusciando vicino alla strada il più possibile, in maniera da essere pronto a staccare quando fosse venuto il momento. Non dovette attendere tanto, perché pochi minuti dopo sentì una delle guardie urlare qualcosa e degli scalpiccii lontani. Allora scattò in avanti e fu subito sotto la facciata, poi si aggrappò usando la decorazione per appoggiare i piedi e le mani ed arrampicarsi.

Nel mentre, aveva usato l'Haki della percezione per essere sicuro che nessuno fosse nella stanza che aveva puntato, quindi poté spaccare il vetro della finestra senza il pericolo che qualcuno dall'interno lo notasse e poi infilò la mano per aprila. Vi balzò dentro, accuciandosi immediatamente sotto il davanzale per diventare invisibile. Quando fu sicuro che nessuno aveva notato la sua intrusione, si alzò e chiuse la finestra. Tirò anche le tende, in maniera che da lontano non si notasse il vetro rotto.

Si guardò attorno per vedere esattamente in che stanza era entrato: si trattava di una camera da letto matrimoniale. Ovviamente era enorme ed era composta da un bagno personale, una camera-armadio ed un salottino privato.

Sabo sapeva che i palazzi che si rispettavano avevano numerose camere per gli ospiti e considerano che si trovava in uno reale non c'era dubbio che queste stanze fossero numerose e fossero state preparate per contenere tutti gli invitati della festa di quella sera. Dato che molti venivano dai villaggi vicini, se non da altre isole, nessuno sarebbe tornato a casa se non il giorno successivo.

Non sentendo presenze nel corridoio, aprì la porta e controllò: l'intero corridoio, decorato in maniera molto simile alla facciata, era composto da una serie di porte, ma solo alcune di queste avevano la chiave appesa alla serratura. Controllando con l'Haki della percezione, si accorse che quelle senza corrispondevano a quelle in cui c'era qualcuno all'interno, ospiti già arrivati a cui era stata assegnata una stanza.

Allora Sabo prese la chiave, ammirandone il portachiavi a tema con il resto dell'arredamento, e si chiuse dentro. Non poteva essere sicuro che le camere non fossero già state assegnate, ma era anche possibile che fossero gli ospiti stessi a sceglierle secondo le loro preferenze tra quelle disponibili. In questo caso, sarebbe stato al sicuro fino alla sera. Riprese il Lumacofono.

«Sono dentro» disse solo.

«Benissimo. Ci sono stati problemi?»

«Non mi pare, nessuno mi ha visto e sono in un posto che non dovrebbe essere controllato.»

«Come restiamo d'accordo per stasera?» Quando era la lavoro, Koala era di poche parole.

«La festa inizia alle nove, per cui immagino che i reali si facciano vivi per le dieci, se non dopo» spiegò Sabo. Ricordava con orrore le attese interminabili quando i suoi genitori lo costringevano ad accompagnarlo alle serate mondane nella speranza di organizzare il suo matrimonio. «Facciamo per le undici per sicurezza.»

«Va bene.» Avevano progettato che Koala avrebbe preparato un diversivo, in modo che persino nella stanza da ballo l'attenzione sarebbe stata distolta quel tanto che bastava a Sabo per entrare correndo e strappare la "Stella Blu" dalla cintura della regina Atossa. Certo, dopo sarebbe scattato l'allarme, ma sarebbe stato troppo tardi. Senza più doversi nascondere, Sabo avrebbe potuto liberarsi con facilità dei soldati che avrebbero tentato di fermarlo.

Avrebbe voluto fare un giro di perlustrazione per individuare la via di fuga più veloce, ma sentiva che c'erano ancora troppe persone in giro e di sicuro ne sarebbero arrivate altre ad occupare le stanze del suo corridoio. La cosa migliore era aspettare l'inizio della festa, quando tutti gli ospiti sarebbero stati radunati nel salone e le cameriere nei paraggi ad occuparsi delle portate.

Allora si tolse le scarpe per dargli una pulita nel lavandino, dato che a suo parere sapevano ancora troppo di sangue di mostro marino - anche il resto secondo lui puzzava, ma non si fidava a farsi un bagno completo, per il momento. Poi si sdraiò sul letto, senza sgualcire troppo il copriletto perfettamente stirato, ad attendere l'inizio della festa.

***
 
Come delegazione dei Pirati di Barbabianca, erano stati inviati Satch e Vista. In realtà non è che fossero stati invitati, avevano vinto a morra cinese con gli altri comandanti, dato che a tutti piaceva andare a determinati tipi di festa, ingozzarci di cibo diverso dal solito e mescolarsi a nuova gente. Marco, invece, non aveva avuto bisogno di scommettere alcunché, si dava per scontato che sarebbe andato, soprattutto quando era stato stabilito che ci sarebbe stato Satch. Il suo compito effettivo era quello di controllare che gli altri due non combinassero casini. Gli spettava sia perché era il più responsabile là dentro, sia perché aveva l'immensa sfortuna non di non potersi ubriacare.

Così Marco passava il tempo appoggiato con la schiena ad una delle colonne che costellavano la stanza da ballo, di fatto limitandola ad un preciso rettangolo che culminava nel baldacchino con i troni reali, sorseggiando quello che pareva un superalcolico ma che il suo frutto del diavolo avrebbe assorbito in un attimo. Il suo sguardo passava rapido sui presenti, per individuare atteggiamenti sospetti, quindi si fermava sulla culla, sistemata davanti al trono, ogni qual volta qualcuno ci si avvicinasse per porre i suoi omaggi al bambino. La cerimonia del battesimo era già avvenuta, quindi la maggior parte della gente preferiva passare il tempo a bere e a chiacchierare, cosa che rendeva il suo compito più semplice.

Sarebbe stato ancora più semplice se non avesse dovuto anche preoccuparsi dei suoi due compagni di ciurma, che al contrario erano quelli che gli davano più preoccupazioni. La gente in quel posto non aveva paura dei pirati, dato che erano stati più volte protetti da loro, al contrario ne erano decisamente interessanti e né Satch né Vista avevano la minima intenzione di non passare come possibili elementi di intrattenimento. Ma Marco sapeva che non dovevano in alcun modo esagerare e quindi doveva stare all'erta pronto ad intervenire.

«Dovresti lasciarti andare, sai» gli disse Satch, avvicinandosi alla colonna che serviva da postazione di vedetta. «Cosa vuoi che succeda?»

«Già la tua ubriacatura potrebbe essere un problema» replicò Marco secco. Satch sbuffò: non aveva mai nascosto che trovava un difetto l'incapacità di Marco di subire in alcun modo gli effetti dell'alcol. «Non dovrebbe succedere nulla, ma lascio a voi il divertimento» aggiunse, accennando con il capo a Vista, dall'altra parte della stanza, che metteva in mostra le sue capacità con la spada affettando un melograno per un paio di signore estasiate dall'esibizione.

Satch si irritò per il fatto che bastasse così poco ad attirare l'attenzione e marciò in quella direzione con l'intenzione di mettersi in competizione con il compagno. Marco tornò a rilassarsi appoggiato alla sua colonna e terminò il liquido che aveva nel bicchiere. Satch aveva ragione, probabilmente non sarebbe successo nulla. Baharat era un paese relativamente povero, che sopravviveva grazie all'agricoltura e all'allevamento interno che a risorse naturali o floridi commerci. Nessuno era interessato a quel paese, che lui sapesse, nemmeno il Governo Mondiale. Solo loro, a cui invece le provviste facevano decisamente comodo, soprattutto a fronte di un compito semplice come quello di proteggerli.

Erano già stati a diverse feste organizzate dalla regina Atossa e dal suo consorte e non era mai successo nulla, a parte il mal di testa dei suoi compagni il giorno successivo: gli alcolici di Baharat erano particolarmente rinomati. Fu anche per questo motivo che su colto impreparato da ciò che avvenne dopo: nonostante avesse detto che sarebbe rimasto attivo, una parte di lui aveva finito per rilassarsi decisamente troppo, sicura per l'esperienza che non avrebbero avuto problemi di sorta. Ma si doveva anche ammettere che parte del merito era da imputarsi a coloro che avevano organizzato il furto.

Iniziò tutto da un rumore d'esplosioni all'esterno, cosa che attirò l'attenzione di tutti i presenti. Marco scattò sull'attenti preoccupato, ma gli fu subito chiaro che non si trattava di bombe né di cannonate, il rumore era decisamente diverso da quello a cui era abituato dopo anni di battaglie in mare. Non c'era nemmeno stato quel tremore solito del terreno. Si allungò comunque per guardare fuori dalle ampie vetrate che dalla sala da ballo davano sul balcone e poi sui giardini antistanti e gli occhi gli si riempirono di luci consecutive che partivano dal basso e illuminavano tutto il cielo, prima di spegnersi.

«I fuochi d'artificio!» gridò qualcuno dietro di lui, con voce estasiata.

Pareva essersi preoccupato per nulla, si trattava semplicemente di uno spettacolo previsto ma non annunciato, quando sentì chiaramente la voce della regina Atossa che gridava. Si voltò in un istante, il tempo di vedere una figura veloce sfrecciargli accanto, oltre il balcone, con il mantello nero che sventolava dietro di lei. Il suo primo istinto fu di seguirla, ma lo trattenne perché doveva assicurarsi prima che la regina stesse bene. Non abbe nemmeno bisogno di avvicinarsi per capire quello che era successo: la "Stella Blu" era un diamante così enorme che la sua scomparsa dalla cintura di Atossa era qualcosa che balzava immediatamente all'occhio.

I suoi occhi saettarono nella stanza per controllare Satch e Vista: nonostante l'alcol che avevano nel corpo, erano già pronti e attivi a controllare quello che era successo. Marco sapeva che non aveva bisogno di dire loro nulla, se si erano accorti - e lo erano, ne era certo - di ciò che era successo. Aspettò che si voltassero verso di lui e una volta che incrociarono il loro sguardo annuì e, senza aggiungere altro, trasformò le sue braccia in ali e si gettò all'inseguimento del ladro.
 
***

Sabo aveva optato per la soluzione più spettacolare: scappare direttamente dalla finestra della sala da ballo che dava sul balcone. Non era certo per manie di protagonismo, anche se non poteva negare di aver fatto un leggero sorriso al pensiero, ma semplicemente perché era l'unica via di fuga davvero rapida. I fuochi d'artificio che Koala aveva fatto scoppiare avevano attratto tutte le persone della sala, il che gli assicurava i due minuti che gli servivano per attraversare lo spazio dal trono al balcone senza essere quasi notato, o almeno fermato. 

Anche la stessa regina era distratta da quella scena, anche se in una maniera diversa da quella degli altri ospiti: lei infatti sapeva che non erano previsti fuochi d'artificio. Quindi era balzata in piedi assieme al suo consorte, ma invece di chiamare subito qualcuno i suoi occhi avevano indugiato un minuto di troppo sulle luci del cielo, il che aveva consentito a Sabo di correre verso di lei, afferrare la "Stella Blu" e strapparglierla dalla cintura. Solo allora Atossa aveva gridato, ma era troppo tardi, perché Sabo aveva già preso la rincorsa verso l'esterno.

Aveva previsto di proteggersi con l'Haki mentre spaccava la vetrata del balcone, ma fu abbastanza fortunato da non averne bisogno, perché era una serata così calda che avevano disposto che rimanesse aperta. Ciò gli facilitò la fuga perché fu sul balcone senza nemmeno aver fatto un rumore, anzi, coperto a sufficienza degli scoppi dei fuochi d'artificio nel cielo, quindi un attimo dopo si era gettato al di sotto, incurante dell'altezza, atterrando con facilità all'interno di un'aiuola.

Non aveva più molto tempo; i fuochi non sarebbero durati a lungo, quindi scelse il lato delle mura la cui direzione portava verso il mare più velocemente. Le guardie di ronda sapevano che quello spettacolo non era previsto, per cui erano più interessate a capirne la causa che a controllare il palazzo, dove avrebbero dovuto lasciare il compito ai loro colleghi, la maggior parte dei quali era però salita al terzo piano a controllare che nella sala da ballo la situazione fosse sotto controllo. Sabo si liberò con un paio di calci delle poche che ebbero il coraggio di mettersi sulla sua strada e poi balzò sulle mura e da lì prese la spinta per salire sul tetto della casa più vicina: era fuori del palazzo.

Non si voltò nemmeno un attimo a controllare dietro di sé, ma continuò a correre con la "Stella Blu" stretta fermamente nella mano sinistra sudata. Non avrebbe completato la missione finché non l'avesse consegnata a Serse, quindi non aveva il tempo di rilassarsi almeno finché non avesse lasciato Baharat. Le voci delle guardie che si erano accorte della sua fuga erano ormai scomparse in lontananza, ma lui non rallentò il passo, con lo sguardo fisso verso l'orizzonte nero che si estendeva davanti a lui.

Nonostante fosse notte, la strada era sufficientemente illuminata dalla luce degli edifici per permettergli di vedere dove stava andando. Tuttavia, era anche abbastanza scuro per fargli notare immediatamente quello che sembrava un fuoco fatuo di colore azzurro che veniva nella sua direzione. Si fermò quando la vide superarlo con l'intenzione di atterrare davanti a lui e fece istintivamente un passo indietro: ma era appena arrivato sul tetto e quindi era al limite dello spazio disponibile.

Marco aveva già fatto scomparire tutte le fiamme che lo circondavano quando assumeva completamente l'aspetto di una fenice, facendo tornare la zona nella semi oscurità, e adesso stava in piedi di fronte a lui. Il suo viso era completamente inespressivo, come se l'intero incidente avvenuto sotto i suoi occhi non l'avesse minimamente scalfito. Fissò Sabo come per studiarlo, con una certa attenzione clinica che gli provocò dei brividi lungo la schiena.

«E' stato un bello spettacolo» concesse infine, allungando finalmente le labbra in un sorriso gentile. «Adesso, ti dispiacerebbe molto restituirmelo?» Parlava con un tono di voce molto calmo, come se si trovasse a fare una conversazione casuale con qualcuno che aveva incontrato per strada. Era evidente che era così certo dei suoi mezzi da non doversi nemmeno preoccupare di fare sul serio.

Sabo strinse la presa sulla "Stella Blu" e ricambiò lo sguardo. Sentiva il cuore battergli nel petto e non credeva fosse dovuto esclusivamente alla corsa. Aveva davanti il Comandante della Prima Flotta dei Pirati di Barbabianca e la cosa non poteva lasciarlo indifferente. Innanzitutto, perché si trattava di una delle ciurme più famose della storia della pirateria, di cui Sabo aveva letto ammirato quando era ancora un bambino intrappolato nel regno di Goa, e vederli dal vivo era un po' come incontrare una pop star. E seconda ma non meno importante ragione era che si trattava di un compagno di suo fratello.

Non sapeva ancora quali ragioni avessero spinto Ace ad unirsi ai pirati di Barbabianca, sapeva solo quello che aveva letto suoi giornali e non erano certo informazioni attendibili o sufficienti. Perciò studiava la persona che aveva davanti come se potesse rivelargli ciò che voleva sapere: com'era andata con Ace? Stava bene? Era felice? Erano davvero tante le domande che gli si accavallavano nella mente e che avrebbe voluto fare.

Invece disse solo: «Dopo tutta la fatica che ho fatto, sarebbe un po' un peccato, non credi?».

Forse era per la delusione che Ace non fosse tra i Comandanti presenti alla festa, o forse perché quando entrava in "modalità missione" era difficile distrarlo, ma il suo cervello era completamente concentrato sulla sua priorità e non lasciava spazio alle distrazioni, per quanto queste fossero importanti per lui. Non era il momento di sedersi ad un bar a chiedere a Marco di raccontargli di Ace. Lo desiderava, ma riusciva a trattenerlo dentro di sé senza che questi desideri parlassero per lui.

«Posso capire» concesse Marco dolcemente. «Ma di fatto non posso lasciartelo fare. Non è meglio risparmiare una fatica ad entrambi?»

Posso batterlo? Questa era la prima domanda che gli si era affacciata alla mente. Sabo era certo che i pirati di Barbabianca fossero una categoria superiore rispetto alle persone con cui gli capitava di scontrarsi normalmente, ma lui si era allenato da una vita per essere in condizioni di combattere ad armi pari con chiunque gli si parasse davanti, quindi non si sarebbe sottratto ad una sfida.

Poi però si rese conto che quel pensiero era più un suo desiderio personale di mettersi alla prova che una decisione giusta da prendere per completare la missione. C'erano altri due Comandanti di Barbabianca in giro, senza contare che sicuramente le guardie si sarebbero messe in allarme e combattere contro l'intero esercito di Baharat non era qualcosa che aveva progettato. Al momento la sua priorità era mantenere il possesso della "Stella Blu" nelle mani dei rivoluzionari.

«Sì» disse infine. «Credo che risparmierò la fatica ad entrambi.» Sapeva che Marco si sarebbe messo in allarme comunque, se quello che aveva letto sul suo conto era vero, ma era l'unica cosa che gli era venuta in mente per cercare di prendere un po' di tempo. Un secondo dopo aveva lanciato il diamante in lontananza, verso il mare. Erano abbastanza vicini e lui aveva abbastanza forza nelle braccia perché superasse il limite dell'isola e precipitasse nelle acque scure con un piccolo "pluff" non udibile da dove si trovavano loro.

Marco aveva seguito il volo del diamante con lo sguardo finché questo non era scomparso in mare, ma quell'istante diede il tempo a Sabo di riempire le sue braccia di Haki e di immergere i pugni nelle tegole. «Respiro del Drago!» Non aveva avuto tempo di valutare esattamente dove fosse il "cuore" del tetto su cui erano appoggiati, quindi sapeva che la distruzione non sarebbe stata grande come al solito, ma in questo caso bastava che fosse un colpo abbastanza a sorpresa da rallentare Marco e permettere a lui di sparire.

Chiedendo perdono al proprietario della casa a cui aveva distrutto il tetto, saltò giù e si immerse nei vicoli della parte vecchia di Baharat. La "Stella Blu" era al sicuro. Utilizzare il piano di riserva era qualcosa che avrebbe preferito non fare, ma non gli era rimasta altra scelta. Aveva cosparso la propria mano di un liquido che si illuminava al contatto con l'acqua di mare, liquido che si era trasferito sul diamante, di modo che Hack, che stava aspettando immerso nell'acqua del porto, potesse individuarlo facilmente. Avevano stabilito la direzione e Sabo era certo di averla rispettata.

Koala emerse da uno degli stretti vicoli e gli fece cenno. Lui annuì e subito la seguì: entrambi si nascosero in un angolo buio, dietro una tenda abbandonata, per avere un attimo di tempo mentre le persone sfrecciavano nella via principale.

«Ho spedito il diamante ad Hack, a quest'ora dovrebbe averlo già recuperato» le disse in fretta. «Raggiungilo e partite appena è possibile.»

«Vieni anche tu!»

«Non posso» replicò lui. «Devo fare da esca. Se andassimo tutti assieme non smetterebbero di cercarci, non farebbero partire navi o individuerebbero subito una che sta viaggiando. Ma se li distraggo vi darò abbastanza tempo per allontanarvi di qui.»

Per di più, Marco volava, il che gli dava la possibilità di raggiungere una nave in fretta. Era vero che poi sarebbe stato da solo contro loro tre, ma Sabo non escludeva che potesse trasportare qualcuno sulla schiena e avrebbe comunque preferito evitare uno scontro diretto con un pirata di Barbabianca. Per quanto trovasse irregolare poter volare, non poteva negare che l'avrebbe utilizzato anche lui come vantaggio se avesse potuto.

Koala lo fissò intensamente. Stava cercando di capire se la proposta di Sabo fosse davvero la migliore per la missione, o dipendesse in larga parte dal suo desiderio di incontrare Ace, cosa che gli era stata negata dalla sua assenza al ballo. Il suo sguardo era serio, per quanto si guardasse intorno e le sue mani si muovessero per cercare di valutare se avessero ancora abbastanza tempo. Lei si poté dire soddisfatta: non c'era da preoccuparsi, per Sabo stava venendo prima la missione.

«D'accordo» acconsentì. «Ci dirigeremo direttamente verso Persia e poi aspetteremo tue notizie.»

«Datemi una settimana massimo» decise Sabo. «Se non vi contatto, andate avanti con il piano da soli.»

Non aveva esitazioni a lasciare tutto nelle loro mani, dopo i fratelli i suoi due compagni erano le persone di cui si fidava maggiormente, sia come persone sia per le loro capacità. Quanto a lui, non sapeva bene cosa sarebbe successo. Aveva alcuni piani in mente, nel caso le cose fossero andate troppo male, ma il suo obiettivo primario era far perdere tempo agli inseguitori e poi nascondersi finché non si fossero rassegnati e avessero smesso di cercarlo. Ma una parte di lui era già convinta che non gli sarebbe andata così bene. Era un rischio che valeva la pena correre.

«Va'!»

«Fa' attenzione» gli disse Koala. Gli strinse solo per un attimo la spalla, quindi balzò fuori dal nascondiglio improvvisato e si mise a correre verso il porto senza più voltarsi indietro.

Sabo aspettò che fosse scomparsa nel buio dei vicoli, prima di uscire e dirigersi nella direzione opposta a quella che aveva preso lei. Ritornò in un attimo nella via principale, il tempo necessario, sperava, a farsi scorgere da qualcuno, quindi tornò ad immergersi nei vicoli più nascosti della città.

I suoi sensi erano all'erta per ogni minimo rumore e presenza e fu solo grazie a quelli che riuscì all'ultimo ad evitare un fendente che era diretto nella sua direzione. Si abbassò e rotolò di lato mentre due tagli netti si aprivano nel palazzo dietro di lui. Sabo balzò immediatamente in piedi, ma dovette schivare un altro colpo che gli era arrivato alle spalle, chinandosi e spingendosi con la mano poggiata a terra. Ciò però lo aveva spinto contro la facciata del palazzo, con entrambe le due direzioni del vicolo in cui si trovava bloccate dai due avversari.

Satch e Vista, gli altri due Comandanti presenti alla festa, si erano appena uniti all'inseguimento. Sabo ebbe appena il tempo di alzare lo sguardo per vedere se c'era un cornicione da usare come spinta per scappare dall'unica via ancora disponibile, quella del cielo, quando anche Marco atterrò planando davanti a lui proprio da quella direzione. Se contro uno era certo di potersela giocare, tre sarebbe stato un azzardo che non gli conveniva rischiare.

Per di più, stavolta Marco era arrabbiato, il che lo convinceva che era meglio non provare nemmeno a combattere, ma distrarli in qualche altra maniera. Orami Koala doveva essere vicina alla nave, quindi ancora qualche minuto e sarebbero riusciti a salpare senza che nessuno li fermasse.

Tra l'altro, Sabo non era preoccupato per nulla. Forse era perché si trattava dei compagni di Ace, ma sentiva un'istantanea simpatia verso quei pirati che lo spingeva ad essere tranquillo nonostante la situazione.

Alzò lentamente le braccia. «Mi arrendo» disse.

«Non è troppo facile così?» ridacchiò Satch. «Ti abbiamo battuto, tutto qui.»

Sabo gli scoccò un'occhiata di fuoco. Non mi avete battuto! Non abbiamo nemmeno combattuto! Ma per fortuna il suo cervello era ancora settato sulla missione e la sua bocca rimase ben chiusa rispetto a quello che il cervello gli suggeriva.

Marco non pareva condividere l'entusiasmo del compagno, perché continuava a fissare Sabo come aspettandosi che stesse aspettando l'occasione giusta per filarsela. Cosa che effettivamente lui avrebbe fatto, se non avesse avuto una motivazione più impellente per cui quella situazione non era poi così svantaggiosa. Dopo essersi assicurato che Sabo effettivamente non sarebbe andato da nessuna parte, lo spinse contro la parete ed iniziò a perquisirlo. Non fu sorpreso di trovargli in tasca un lumacofonino, ma Sabo aveva già deciso di viaggiare leggero - tanto da non avere con sé nemmeno il suo bastone - per cui non c'erano altri oggetti che potessero dare un indizio della sua identità o del suo piano.

«Non ha il diamante?» domandò Satch, che aveva fissato tutta l'operazione con attenzione, anche se era più un dato di fatto dato che non era stato trovato durante la perquisizione.

«L'ha gettato in mare» fu la risposta di Marco, secca. Era sicuro di essersi sbagliato e che in realtà la "Stella Blu" fosse nascosta da qualche parte tra le pieghe del vestito, scambiata con un falso che invece ora era sul fondo dell'oceano, ma la spiegazione era evidentemente un'altra.

«Cosa?!» esclamò Satch inorridito. «E ora come facciamo a ritrovarlo?»

«Oh, quindi è quel tipo di persona» commentò Vista. «Meglio danneggiare se stessi pur di fare un dispetto agli altri.»

«No» affermò Marco. «Non credo che sia così.» Fissò Sabo intensamente: non aveva più detto nulla ed era apparso incredibilmente docile, per uno che era in grado di spaccare un tetto con quella velocità e facilità. «Hai dei complici, vero?» domandò, alzando il lumacofonino come prova: non ne avrebbe avuto bisogno se non avesse dovuto contattare qualcuno. «Dove sono? Dov'è il diamante?»

Sabo ricambiò lo sguardo senza alcuna paura, con un'espressione neutra. Il suo cervello stava però girando a ritmo verticoso per trovare una soluzione accettabile al suo problema. Non avrebbe ammesso di aver avuto degli aiuti, benché fosse chiaro, dato che l'intero suo scopo era quello di permettere loro di scappare. Il che significava che doveva dare a Marco qualcosa che fosse sufficiente a fargli perdere interesse a trovare Koala e Hack.

«Volete sapere dov'è il diamante e perché mi serve?» parlò finalmente. «Ve lo dirò. Ma ad una condizione.»

Ne era certo, a Marco non era sfuggita il modo in cui aveva formulato la frase. L'aveva fatto per incuriosirlo, per spronarlo a chiedersi se la "Stella Blu" non avesse dentro di sé un significato nascosto o se il furto avesse un motivo che non fossero semplicemente i soldi. Ciò l'avrebbe spinto ad accettare le sue richieste, pur di saperlo, dato che la questione poteva riguardare la regina Atossa e quindi, indirettamente, i pirati di Barbabianca.

«Quale?» domandò infine. Non gli piaceva l'idea di trattare.

Era stato molto, molto difficile per Sabo trattenere il sorriso che l'idea gli stava procurando. «Lo dirò ad una persona sola, Ace Pugno di Fuoco.»

«No» fu la risposta immediata di Marco. Poi però non riuscì a mantenere il proposito è aggiunse: «Perché?».

«Questo» mormorò Sabo dolcemente, «non vi deve interessare.»

«Invece sì.» Era stato Vista a parlare, quello dei tre che appariva più quieto. «Si tratta di un nostro compagno, è il minimo assicurarci che sia al sicuro.» Marco annuì. Era evidente che avevano avuto la stessa impressione, ossia che fosse tutto parte di un qualche tipo di piano per giungere ad Ace. Il motivo poteva non essere chiaro, benché Marco potesse sospettare che c'entrasse il governo e Gold Roger, ma di sicuro non avrebbe permesso che Ace potesse correre dei rischi.

«Capisco» disse Sabo e questa volta lasciò il sorriso libero di increspargli le labbra, ma era leggermente malinconico, mentre abbassava lo sguardo a terra. Era felice che Ace avesse trovato delle persone che tenevano così tanto a lui e che si preoccupavano della sua salute, tuttavia gli mancavano i giorni in cui non c'era nessun altro che loro tre. «Potete prendere tutte le precauzioni che ritenete necessarie, non m'interessa. Ho solo intenzione di parlare con lui.»

Marco e Vista non apparvero comunque soddisfatti di quella proposta, nonostante Sabo avesse cercato di essere il più rassicurante possibile.

«Amico» disse Satch, dopo essersi avvicinato e avergli messo un braccio attorno alle spalle. «Non credi che sia meglio per tutti risolvere la situazione qui, tra di noi? Il Babbo è una bravissima persona, ma sai, nemmeno lui ha tanta pazienza con chi attacca le persone sotto la sua protezione. E nessuno di noi vuole vederlo arrabbiato, vero?»

Vista annuì vigorosamente: non che Barbabianca si fosse mai arrabbiato con loro, ma avevano sperimentato comunque come poteva essere in certe circostanze. «D'altronde, se davvero vuoi solo parlare con Ace, penso che anche lui sarebbe meglio disposto nei tuoi confronti se sapesse che sei stato così gentile da restituirci il diamante.»

Se la situazione fosse stata normale, o se davvero avesse fatto tutto quel macello solo per incontrare Ace, avrebbe accettato senza pensarci un attimo. Ma Sabo seguiva degli ordini e il fatto che conservassero il diamante abbastanza a lungo era una cosa fondamentale, per il quale, suo malgrado, parlare con Ace era qualcosa che passava in secondo piano.

«Potete cercare di farmi parlare inutilmente con tutti i mezzi che volete, se vi piace perdere tempo» disse allora. Contemporaneamente, concentrò l'Haki nella mano destra e piegò le dita ad artiglio per poi infilarle nella facciata del palazzo dietro di sé, aprendo delle larghe crepe. Marco aveva già visto che cosa poteva fare, ma una ripassata non poteva fare male. Poi però Sabo non proseguì con la distruzione e ripose il braccio lungo il fianco. «Oppure potete farmi parlare con Pugno di Fuoco e risolvere la questione in fretta.»

***

Akemichan parla senza coerenza:

Rileggendo questo capitolo mi sono accorta che forse il Sabo di questa storia è un po' troppo serio e preciso come rivoluzionario rispetto a quello che abbiamo visto a Dressrosa. Normale, dato che questa storia è stata scritta a Gennaio, quando ancora sapevamo poco di lui, e risale a un'idea ancora più vecchia. Però, in fondo, in questa storia c'è un Sabo diverso da quello del canon, che non ha scordato nulla del suo passato e che sa per quale motivo sensato è neri rivoluzionari, quindi tutto sommato questa caratterizzazione in parte diversa ci può stare - senza contare che comunque un po' di pazzia ce l'ha, visto quello che sta combinando XD Voi che ne pensate? Ha senso? XD
 
   
 
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