Ultimo capitolo, spero che la storia vi sia piaciuta! Buona lettura.
Il
dolore e la morte sono parte della vita.
Rifiutarli
è rifiutare la vita stessa.
Havelock Ellis
Quinto capitolo
Tutto era stato predisposto. Aveva chiamato la banca e messo tutti i risparmi di
una vita, una bella sommetta, in un fondo universitario a nome di Danny. Il
ragazzo non avrebbe più dovuto preoccuparsi del denaro per lo studio. Aveva poi
lasciato i suoi libri alla biblioteca della prigione e il negozio ad una
associazione per gatti randagi. Dei suoi gatti non si era preoccupata, sapeva
che Danny si sarebbe occupato di tutti e quattro. Finite le formalità era
uscita e aveva fatto una passeggiata. Il sole era caldo quel giorno e lei
rimase seduta sulla panchina davanti al negozio per molto tempo.
“Salve”,
si voltò e incontrò gli occhi dolci della giovane prostituta.
“Buongiorno”,
disse allora lei e la ragazza le si sedette accanto.
“Non
l’ho mai vista seduta qua fuori”
“Non
lo faccio mai”
“Ma
oggi è un giorno speciale…”, concluse per lei la prostituta. Eris si voltò a guardarla, questa volta per davvero. Vi era
del dolore in lei, ma anche forza. Aveva visto molte cose brutte ma non aveva
permesso che scalfissero il suo animo. La vecchia donna sorrise alla giovane.
“Già,
oggi è un giorno speciale”. Si alzò e con un altro sorriso la salutò per poi
rientrare al negozio.
Poco
dopo Danny arrivò.
Aveva
la faccia tesa e stanca di qualcuno che non ha chiuso occhio tutta la notte ma
non le disse niente, invece prese lo spolverino e cominciò a pulire le
superfici degli scafali.
Non
dovettero attendere molto. Elisabeth arrivò puntuale.
Con lei c’era suo figlio John che tra le braccia teneva una bambina di tre
anni.
Entrarono
nel negozio e il padre della bambina guardò Eris con
paura. La paura di essere deluso.
“Ciao”.
Nel silenzio generale fu la bambina a parlare, aveva una bandana rosa che
nascondeva la perdita dei capelli e al naso un tubicino le portava ossigeno.
“Ciao”,
rispose allora Eris, la guardò con un sorriso ma
dovette reprimere un brivido nel vedere l’orrore tenebroso che aveva nel corpo.
Polmoni, fegato, reni, intestino, niente era libero da quel cancro nero. “Come
ti chiami?”, chiese alla piccola.
“Eris”. Elisabeth si trovò gli
occhi della vecchia Eris piantati contro. “Lo ha
scelto la nonna”, continuò la piccola, ignara dello scambio che stava avvenendo
tra le due anziane donne.
“E’
un bel nome”, disse solo lei, poi guardò il padre. “Quando l’avrò preso
prendete la bambina e uscite. Avete capito bene?”
“Sì”,
rispose solo John. Non c’era bisogno di dire che la bambina non doveva essere
presente mentre lei moriva.
“Danny…”
“No,
io rimango”. Eris sospirò poi guardò Elisabeth che scosse la testa decisa, chiudendo la
discussione prima che incominciasse.
“Papà?
Nonna? Cosa succede?”, chiese la piccola, che cominciava a percepire la
tensione presente nel negozio.
“Andrà
tutto bene”, rispose allora la nonna. “Ti voglio bene piccola mia”, disse, poi
si abbassò per darle un bacio sulla fronte.
Eris
annuì, era il momento. Sorrise guardando la sua piccola omonima poi afferrò
quel dolore. Non appena lo toccò iniziò a bruciarla ma lei non lo lasciò
andare. Strinse i denti e tirò ancora. Poi lo ebbe e lo accolse dentro di lei.
“Vai”,
mormorò mentre il dolore la sommergeva. Il padre afferrò la bambina e quando fu
in piedi la guardò.
“Grazie”,
disse poi si voltò e uscì rapido.
“Donalo
a me”. Danny entrò nel suo campo visivo e tese la mano.
“No”
“Sì,
forza, sono un ragazzo forte, posso battere il cancro, lei era una bambina, non
ne aveva la forza e tu sei vecchia ma io, io posso portarlo e vincerlo”. Danny
la guadava con convinzione e Eris capì che aveva
maturato quella decisione già la sera prima. Era un ragazzo dolce e gentile, un
ragazzo forte ma troppo… morbido. Mentre lo capiva comprese anche che non
avrebbe potuto dargli il suo dono. Tutti quei dolori lo avrebbero distrutto.
Si
accasciò a terra e Danny la afferrò.
“Dammelo!”
“Danny,
chiama un’ambulanza, per favore, non è così terribile come sembrava…”. Il
ragazzo sgranò gli occhi e annuì poi corse a chiamare aiuto.
“E’
un bravo ragazzo…”, mormorò piano. Elisabeth si
inginocchiò accanto a lei e le prese la mano.
“Gli
hai mentito.”
“Sì,
sto morendo, è troppo forte…”
“Dallo
a me”
“Elisabeth…”, disse solo lei poi alzò la mano accarezzando
quel volto tanto amato.
“Non
ho mai smesso di amarti, mai, nemmeno un secondo. Ho avuto la famiglia che
volevo e c’era un vuoto in me. Se potessi tornare indietro non percorrerei la
stessa strada”. Si abbassò su di lei e le depose un bacio sulle labbra. “Ora,
ascoltami. E’ mia nipote ed è giusto che sia io a morire per lei, non tu. Avevo
bisogno che lo facessi per salvarla ma ora ho bisogno che salvi me, dammi
questo dolore. Non lasciarmi vivere con la colpa di aver ucciso la donna che
amo”.
Era
un bel discorso, Elisabeth era sempre stata dotata
per i bei discorsi e questo doveva averlo preparato. Eris
sorrise.
“Elisabeth, non ho mai saputo impormi su di te…”. La donna
sospirò di sollievo.
“Allora
donami questo dannato cancro e tienimi tra le braccia mentre me ne vado”
“No”,
disse lei. “Non sono più la donna che ti ha lasciato andare via senza fare
nulla, sono vecchia e molto più saggia”. Ridacchiò ma fu presa da un attacco di
tosse. Non appena riuscì a respirare di nuovo continuò: “Sei una brava nonna e
una brava madre, hanno bisogno di te e io sono stanca. Permettimi di farti
questo ultimo regalo, la vecchia Eris per la piccola Eris”.
Le
lacrime scendevano lucenti dagli occhi di Elisabeth
che scuoteva la testa senza però poter più dire niente.
“Sono
qua!”. Danny entrò nel negozio assieme ad un medico e due barellieri.
Eris
lasciò la mano di Elisabeth mentre veniva sollevata e
messa sulla barella, il medico si affaccendava attorno a lei ma Eris vi badava appena, non vi era più dolore. Non c’era più
nulla, le lacrime di Elisabeth, lacrime per lei,
avevano lavato via ogni passata sofferenza.
Mentre
usciva vide gli occhi sgranati dalla preoccupazione di Danny, gli occhi
sofferenti e pieni di consapevolezza e di amore di Elisabeth,
gli occhi curiosi della signorina Crowne e dei vicini attirati dalla sirena
dall’ambulanza e poi vide i suoi:
occhi pieni di compassione, occhi forti e dolci al contempo.
La bambina udì le urla e sobbalzò
poi tornò a correre, lasciò la soffitta e corse in strada. Lei era lì, un gruppo
di SS la stava trascinando contro il muro mentre uomini e donne urlavano e
ridevano della stupida ebrea che credeva di potersi nascondere in una soffitta,
sotto il loro naso.
Eris vide il plotone d’esecuzione
formarsi, vide i fucili alzarsi e guardò la sua amica, Sarah, la giovane donna
che le aveva insegnato il valore di un libro, che le aveva raccontato favole e
sogni. Aveva occhi forti e dolci, occhi di compassione per lei che doveva
assistere ad uno spettacolo simile. L’ebrea tese la mano verso di lei e in un
gesto spontaneo lei tese la sua. I fucili fecero fuoco ed Eris
non fu più una bambina.
Eris
alzò la mano verso la giovane prostituta e sorrise, la ragazza alzò il braccio
in un gesto spontaneo e lei le consegnò il suo dono, così come le era stato
donato. Poi alzò gli occhi al cielo e sorrise.