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Autore: Yellow Canadair    23/10/2015    3 recensioni
La ciurma di Cappello di Paglia si cerca confusa tra le onde. Franky piange senza ritegno davanti ai pochi rottami della sua creatura inghiottita dall'oceano. Hanno i vestiti strappati, sono stati travolti da travi e da onde, stringono i pochi oggetti scampati alla tragedia su un relitto che galleggia con loro. I ragazzi si fanno coraggio tra i flutti, cercano senza fortuna due dispersi. La notte morde con il suo freddo, il giorno bacia con la sua lingua rovente. Il sale spacca la pelle, la fame urla fra le viscere.
Stremati, approdano su una terra che esala umidi sospiri, le luci dell'ultima casa brillavano sul colle buio. E mentre i pirati dipanano il mistero di una Marine impazzita, un suono di cornamusa riempie l'aria...
Genere: Avventura, Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ciurma di Shanks, Monkey D. Rufy, Mugiwara, Nuovo personaggio, Shanks il rosso
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Father and Son 2

 


La voce del cecchino uscì più tremula di quanto avesse voluto: – Siamo disarmati – alzò la mano libera in segno di resa – Non uccideteci, per favore... –

– Chi siete? – Curtis non si fidava, fece scattare il caricatore della sua pistola e la puntò dritta alla testa di Usopp.

– Naufraghi –

Benn li stava sondando con l’Ambizione dell’Osservazione per vedere se la donna nascondeva sorprese. Ma era genuinamente sprofondata in un abbandono simile al sonno. Sembravano davvero due disperati.

– E di che equipaggio fareste parte? – rise Beckman, puntando anch’egli il suo fucile sui due.

– Che cazzo avete trovato? – disse una voce dall’esterno.

– Vieni un po’ qui, Yasopp. Sei bravo negli interrogatori, no?

– Yasopp… Yasopp di Shiropp? – Sogeking allargò a dismisura gli occhi, e non si rese nemmeno conto di aver pronunciato quelle parole. Benn lo guardò con più attenzione, ma il ragazzo non se ne accorse: la sua attenzione era calamitata sull’uomo alto, dal torace immenso e la testa piena di dreadlocks biondi che era appena entrato: suo padre.

– Io… io sono Usopp. –

Silenzio. Benn e Curtis squadravano il ragazzo, registrando tutti quei dettagli che non rendevano nemmeno necessario un test del DNA. Usopp e Yasopp si osservavano senza emettere un fiato, il minore sorridendo nonostante le labbra screpolate e disidratate, finalmente vicino al suo idolo, il padre che non vedeva da dieci anni. Il maggiore era incredulo e confuso; era davvero Usopp? La somiglianza era tanta ma di cialtroni e di sosia il mondo è pieno, lui lo sapeva. Che ci faceva lì? Perché era nudo? Chi era la donna svenuta con lui?

– Sono… sono il figlio di Banchina… sei diventato pirata perché mamma… voleva che tu seguissi il tuo sogno… – la voce di Usopp diventava sempre più flebile, vinta dal panico. Perché non gli credevano? E se si stesse sbagliando? Era diverso rispetto alla foto che Banchina aveva sul comò della sua camera da letto, certo, ma Usopp aveva visto gli avvisi di taglia negli anni… possibile che non fosse lui? – Vi siete sposati nella chiesetta fuori Shiropp, tu eri in ritardo, la mamma dovette calmare il prete…! Il tuo testimone era Weakjean, il tuo compagno di banco! –

Yasopp ascoltava immobile quei dettagli che solo Banchina, o almeno qualcuno a lei molto vicino, poteva conoscere.

– Yasopp – disse Beckman riponendo il fucile – Se è davvero tuo figlio, lo toglierei da quella merda e gli darei un sorso di rhum. Non ha una gran cera. E intanto, ragazzo – si rivolse ad Usopp – Complimenti: sei riuscito a farlo stare zitto –

 

Qualche ora dopo Ftoros, il medico di bordo della Red Force, uscì dall’infermeria con la sua tipica espressione imbronciata. Gli occhi perennemente nascosti dagli occhiali da sole a mosca e l’umore nero per la maggior parte del tempo riuscivano ad ingannare persino l’Ambizione dell’Osservazione di Shanks, che fu così costretto a chiedergli direttamente notizie dei due naufraghi.

– Cosa vuoi che ti dica? Sono giovani, si riprenderanno. Erano in stato di ipotermia, secondo grado lui e terzo lei. La ragazza ha una bella bronchite, ma è il minimo dopo quello che hanno passato.

– Sono svegli? – domandò l’imperatore.

– Solo il ragazzo. Ma… Shanks! – Ftoros richiamò il capitano che si era già avvicinato alla porta dell’infermeria e aveva la mano sul pomello, pronto ad entrare. Le ultime notizie davano Usopp come appartenente alla ciurma del suo protetto, Monkey D. Rufy: lui dov’era? La nave che era affondata era la sua? Il Rosso si girò verso il medico.

– È a pezzi. Lascialo riposare. –

All’interno, il Cecchino udì i passi del capitano e del medico allontanarsi, e tirò il fiato, sollevato. Sapeva che il capitano gli avrebbe fatto domande, chiesto che ci facessero lì, quale fosse la loro nave, chi fosse Nami, dove fosse Rufy. Il pensiero della ciurma perduta era fisso nella sua testa, ma non se la sentiva di rispondere, di parlarne. E il fatto che il suo interlocutore sarebbe stato uno dei Quattro Imperatori o il padre che non vedeva da dieci anni non faceva che aumentare la sua disperazione. Si strinse nelle coperte, infossandosi sotto di esse fino a sparire. Con gli occhi che facevano capolino dalla stoffa sbirciò Nami stesa nel letto accanto al suo: respirava piano, a fatica, ma il dottore di bordo l’aveva medicata e avvolta nelle coperte. Ora le stava salendo la febbre a causa della bronchite, ma il pirata era stato rassicurante: non era in pericolo, lui era in grado di curarla tranquillamente. Le aveva messo in testa il proprio berretto di lana per farla stare ancora più calda ed era andato via, lasciandoli soli a leccarsi le ferite e a rassicurarsi a vicenda.

Usopp vedeva nero. Solo con Nami, cosa sarebbe successo? Senza compagni, senza nave e senza casa. Erano spacciati. Suo padre non sembrava particolarmente felice di vederlo ma era solo grazie a quella parentela se l’omaccione dai capelli grigi e la sigaretta in bocca non gli aveva sparato subito, ponendo fine alle loro sofferenze.

Ma questo non significava che non lo avrebbe fatto in un secondo momento, no?

Non ricordava bene il momento in cui era stato condotto alla Red Force. Per un po’ aveva camminato nel sottobosco sulle sue gambe, con il mantello stellato del padre addosso; aveva un vago ricordo di Nami, svenuta, in braccio all’uomo con la sigaretta, poi doveva esser caduto… doveva aver perso i sensi…

Il suo corpo esausto lo trascinò in un sonno profondo senza che quasi se ne accorgesse, strappandolo al tetro universo delle sue paure.

 

Benn Beckman guardò cupo il proprio capitano, che era seduto su del cordame a poppa e guardava distrattamente verso la costa poco distante. Erano sbarcati all’ora di pranzo e quella che doveva essere una semplicissima ricognizione su un’isola disabitata era terminata prima del previsto per soccorrere due persone, una delle quali il figlio del buon Yasopp. “Piccolo il mondo”, pensò Beckman. “Piccolo e affollato”. A parte quest’imprevisto, avevano scoperto che l’isola non era più disabitata: si levava un filo di fumo dal camino di una casa apparentemente abbandonata sul fianco della collina più alta.

Il capitano si girò verso il suo Vice. Era stranamente taciturno, ma non sembrava troppo preoccupato per la situazione: sapeva benissimo che uno come Rufy avrebbe potuto cavarsela anche in un naufragio, e comunque arrovellarsi era inutile perché, al momento, non avrebbero potuto fare nulla nemmeno volendo.

– Per una volta che non scendo a terra per primo, andate a incontrare proprio il figlio di Yasopp! – sorrise scanzonato.

Beckman sorrise.

– Era da un po’ che non avevamo ospiti. – lo stuzzicò Shanks.

– Preferirei non raccoglierli in fin di vita, però! – rispose Benn, senza prendersela per l’allusione dell’amico; guardò sovrappensiero l’anello che gli cingeva l’anulare e si lasciò scappare un sorriso mentre serrava il pugno.

– Yasopp è ancora sotto shock? – si informò il capitano senza abbandonare il tono ilare.

– Magari – sospirò il pistolero – Sta raccontando per la terza volta di quando il figlio si arrampicò sull’albero per salvare quattro uccellini da un’aquila reale.

– Oh, è diventata un’aquila? Qualche anno fa era un cuculo –

Benn scosse la testa. Era un vizio, quello di Yasopp, col quale convivevano da anni.

Una folata di vento freddo fece sventolare le falde dei pesanti mantelli e arruffò i capelli dei due uomini. Shanks annusò l’aria, e tirò su col naso.

– Mette al brutto – disse.

– La rada è riparata –

– Veramente pensavo al naufragio… domani, quando andremo alla villa sulla collina, chiederemo se hanno raccolto dei resti o se c’è una spiaggia dove si depositano.

Beckman annuì, accendendo una sigaretta con le mani a coppa per difenderla dal vento. Ebbe qualche difficoltà, ma alla fine la brace prese fuoco. Si affacciò al parapetto, guardando il mare che spariva all’orizzonte inghiottito da una bassa nebbia.

Erano tornati su quell’isola dopo la bellezza di quindici anni, dopo aver insultato Shanks in lungo e in largo per il grandissimo buco nell’acqua fatto all’epoca; lui, il Rosso, era agli inizi della sua carriera da capitano ed era convintissimo di aver trovato la tipica isola del tesoro.

Benn ricordava benissimo la moltitudine di buche scavate da cui erano uscite, nel migliore dei casi, ossa di animali. Da allora, prima di intraprendere una qualsiasi ricerca, le mappe venivano passate al vaglio di Benn, Lucky e soprattutto di Vanja, il navigatore.

E invece il giovane Shanks, fresco di gavetta con il Re dei Pirati, non si era sbagliato; semplicemente, come tutti loro, non aveva capito.

A tale conclusione erano arrivati pochi mesi prima, a Foosha, grazie ad una frase pronunciata per caso da Juls, la giovane moglie di Beckman, nel piccolo pianterreno dove abitava, in fondo alla strada principale del paesino.

Un caso, uno strano scherzo del destino, ma una singola frase di quella donna aveva risvegliato la memoria di Benn, che senza perdere tempo aveva ribaltato la cabina del capitano alla ricerca dei diari di bordo dell’epoca e delle vecchie cartine che avevano utilizzato.

Per fortuna che Shanks era un tipo nostalgico, che ci teneva particolarmente ai souvenir e non buttava mai niente!

Dopo quella rivelazione inaspettata lui e Vanja avevano girato parecchie biblioteche, ma finalmente quell’avventura di quindici anni prima aveva preso senso: avevano davvero trovato l’isola del tesoro, ma non l’avevano trovato perché non erano stati in grado di vederla.

Shanks aveva gongolato come non mai, avrebbe rinfacciato loro a vita che aveva ragione.

La caccia al tesoro poteva ricominciare.

 

~

 

A sera fatta, Usopp scivolò fuori dal letto per andare in bagno. Aveva appena finito di parlare con Nami riguardo la loro situazione ed erano concordi su una cosa: avevano avuto una fortuna sfacciata nell’imbattersi nel padre del ragazzo. Vero che, dai racconti sconnessi di Rufy, Shanks sembrava un buon diavolo, ma era pur sempre un pirata e loro facevano parte di una ciurma avversaria.

Usopp nonostante ciò era spaventato, e non era molto convincente il fatto che si ostinasse a dire che avrebbe portato in salvo Nami mentre tremava di paura al pensiero di incontrare di nuovo l’omaccione con la sigaretta.

«Quello è Benn Beckman» lo aveva istruito Nami sottovoce, prima di tossire forte. «Pistolero, è con il Rosso da anni. Esperto tiratore e accanito fumatore. Ha una taglia di…»

«Non voglio nemmeno saperlo!» aveva piagnucolato Usopp. «Ma tutte queste informazioni…?»

«I giornali» aveva sorriso la ragazza.

Adesso però, nonostante l’infermeria accogliente che occupava con Nami, aveva proprio bisogno di sbrigare una faccendina in privato.

Trovò il bagno in fondo al corridoio, come gli aveva indicato alcune ore prima il medico di bordo. Bussò con precauzione, pregando che non fosse occupato per non affrontare spiacevoli faccia a faccia.

Non rispose nessuno.

Usopp sorrise, girò la maniglia e tirò la porta verso di sé.

Divenne prima bianchissimo e poi rosso acceso nel trovarsi davanti il padre, completamente nudo salvo un’asciugamani sui fianchi.

 

~

 

– Vi chiedo scusa per Pipe – disse il vecchio Yama, seduto sulla comoda poltrona del salone della sua villa – Spero non vi abbia spaventati, e mi dispiace molto per l’equivoco con il vostro amico… – continuò volgendosi verso Brook.

– Non mi ha disturbato – rispose il musicista, con le falangi che stringevano delicatamente la mano pallida di Pipe – Mi dispiace molto non essere… la persona che lei crede –

Sulla spiaggia, Pipe aveva abbracciato Brook con trasporto e viva emozione, come se davvero si fosse appena ricongiunta al nonno dato per morto, sommergendo lo Scheletro di nomi di parenti e aneddoti passati a lui completamente estranei. Guardando spaesato i suoi amici altrettanto confusi, aveva deciso su due piedi di assecondare quella povera ragazza che sembrava così felice di averlo ritrovato.

Pipe era vicino a lui e gli teneva la mano con affetto e devozione, ma il suo sguardo era distante, e la ragazza era con la mente ben lontana da quel salone dove si trovavano i padroni di casa con i pirati.

– La povera Pipe ha difficoltà a separare quello che vede con i suoi occhi da quello che vede solo nella sua mente – sospirò tristemente Yama – Forse qualche dettaglio le ha ricordato suo nonno, o forse è stata un’associazione casuale. Non saprei dirlo –

Finalmente i superstiti della ciurma di Cappello di Paglia erano al sicuro e all’asciutto, nella grande casa che sorgeva sulle pendici del Profilo del Poeta, il colle che dominava la boscosa isola di Skye. Chopper era intento a prestare il suo aiuto a Sanji e Nico Robin in una stanza appartata, grazie specialmente a garze, bende e medicinali che Pipe gli aveva portato per curare i due compagni; in realtà per aiutare Sanji aveva offerto anche un tubetto di colla e un ventaglio di cartone, e il cuoco aveva accettato quegli strani doni con un sorriso galante e gentile.

Il resto della ciurma, Rufy, Zoro, Franky e Brook, erano nel grande salone del pianterreno, illuminato malamente da candele e dai pirati intenti a mangiare quello che la ragazza e il vecchio erano riusciti a mettere in tavola.

La casa era  molto grande, di forma squadrata, a due piani con una mansarda. Le stanze, a giudicare dal numero delle finestre, erano molto numerose e dai soffitti molto alti, ma ben poche ne venivano effettivamente usate: solo il grande salone con il camino che fungeva anche da sala da pranzo e la cucina al pianterreno e due camere da letto al primo piano; il resto dell’edificio era silente e abbandonato, i corridoi in disuso erano bui e quasi tutte le stanze erano chiuse a chiave o addirittura sbarrate con delle assi di legno.

– Siete il padre di Pipe? – domandò Zoro al vecchio.

– No, non siamo parenti. L’ho trovata alcuni anni fa sulla spiaggia nord-ovest di quest’isola, e già versava in condizioni mentali… instabili. Sì, instabile è la parola giusta.

Franky guardò meglio Yama e sollevò la testa, dicendo: – Era su una barca? O era naufragata?

– Naufragata. C’era stata una tempesta la notte precedente, c’erano anche i rottami di una nave –

– Noi siamo sbarcati nella zona sud – collegò Franky, come se una lampadina gli si fosse appena accesa nella testa.

– Quindi è probabile che Nami e Usopp siano stati trasportati a nord-est! – completò Brook.

– Speriamo – disse Yama sospirando – Mi dispiacerebbe molto se fosse successo qualcosa ai vostri amici.

– Usopp è un pirata, figlio di pirata – ribatté Rufy con un gran sorriso – Sa benissimo come comportarsi in queste situazioni! –

Tutti temevano per i due ragazzi, ma quello che aveva mostrato più preoccupazione per le sorti dei due era stato Chopper, la cui natura ingenua e schietta rendeva più evidenti i suoi sentimenti. Era stata Nico Robin, spalleggiata da Zoro, a ricordare a tutta la ciurma che i due compagni avevano dimostrato di avere una spiccata capacità di svincolare dalle situazioni difficili usando sotterfugi e senso pratico: sicuramente Nami era riuscita a trovare le correnti migliori per guadagnare terra, e c’era anche la bella fortuna che nessuno dei due fosse un possessore di Frutto del Diavolo. Di sicuro erano vivi, e Usopp avrebbe trovato il modo di contattarli.

– Andiamo subito alla spiaggia! – incitò Rufy alzandosi dalla sedia. Ma non fece in tempo a fare due passi che crollò per terra, profondamente addormentato.

– Che razza di capitano – bofonchiò Zoro guardandolo critico, stappando una bottiglia di sakè.

– Immagino fosse stanco – disse Yama sorridendo. – Poco male; ormai è sera tardi, e le correnti che riportano i relitti sono quelle della mattina presto: domani andremo a vedere.

– Faccio un salto adesso – disse lo spadaccino prendendo le katane e avviandosi verso la porta.

– Non te lo consiglio – ammonì Pipe sorridendo – I relitti arrivano solo la mattina… e poi di notte sull’isola… –

I pirari fissarono la ragazza; i suoi occhi si riempirono di lacrime, che le rigarono le guance. – Di notte… le persone vanno via, non ci sono più… anche io dovevo, ho rischiato… tenente, la prego, mi lasci qui… si salvi… – fece il saluto militare, portandosi la destra tesa alla fronte, senza smettere di piangere. – È stato un onore navigare con lei. –

Pipe piangeva commossa e inconsolabile, pur rimanendo fieramente nella posa del saluto, con la mano destra tesa sulla sua fronte. Guardandola, sembrava di poter vedere la divisa bianca e blu di una fiera Marine, e non l’abito pesante di tartan verde e rosso che la riparava dall’umido e dal freddo.

– Pipe – sussurrò Brook avvicinandosi e sedendosi vicino a lei. La ragazza guardò nelle orbite vuote dello scheletro e nascose il volto contro il suo petto scarno, continuando a singhiozzare disperata fra le braccia del vecchio pirata.

Yama intervenne: – Non so cosa ci sia nel passato della povera Pipe – disse. – Non so nemmeno se ha questa confusione in testa dalla nascita o no, anche se credo di no. Da alcune frasi io credo avesse a che fare con la Marina, forse era una recluta, ma non ne so molto.

– Ha un Frutto del Diavolo, però – intervenne a sorpresa Franky.

– Ah, l’ha usato davanti a voi? Sì, ha mangiato uno di quei Frutti. – spiegò Yama – Motus Motus, mi pare si chiami. È in grado di spostare con il pensiero tutto ciò che tocca… è il potere della telecinesi.

 

~

 

– Io… – balbettò Usopp, emozionato. Non trovava le parole, in realtà voleva scappare ma… quello era suo padre! Suo padre!!

Sollevò il capo stringendo i denti, cercando coraggiosamente di non correre a rifugiarsi in infermeria.

– S-sono contento di conoscerti… – tartagliò tendendo la mano destra.

Yasopp troncò la frase a metà, sorprendendo il figlio con un abbraccio commosso.

Due anni prima gli era andato di traverso il sakè nel leggere di “Sogeking” sul giornale… come poteva dimenticare quella vecchia storia che lui e Banchina raccontavano al loro bambino, appena nato, nelle notti in cui lui si ostinava a non addormentarsi? E pochi mesi prima, quando si era quasi strozzato con una bistecca nel leggere del “Dio Usopp” a caratteri cubitali, su un avviso di taglia che per di più grondava sangue?

Usopp ricambiò quell’abbraccio cingendo l’uomo e serrando i denti per non scoppiare a piangere davanti a Yasopp, l’uomo che fin da piccolo aveva ammirato come il suo eroe, senza nemmeno conoscerlo: era suo padre, il più coraggioso tiratore del mondo, il migliore di tutti i pirati, e tanto gli bastava.

– Mi sei mancato – sussurrò.

Yasopp sospirò; era disabituato a simili gesti d’affetto, ma era così orgoglioso di quanto aveva fatto suo figlio come pirata che l’unica cosa che voleva, in quel momento, era sapere tutti i dettagli delle sue avventure e stringerlo come sognava di fare da quasi due decenni.

– Mi devi raccontare tutto – esclamò il padre sciogliendo l’abbraccio ma senza lasciare le spalle del figlio. – Voglio sapere di Sogeking, dell’incidente delle Sabaody, e… come diavolo hai fatto a diventare “Dio”?! –

Usopp ridacchiò, modesto: – Oh, solo qualche parola al momento giusto… anzi, in realtà Sogeking è stato un lampo di genio, ero a Water Seven con la mia ciurma, e i giganti ci avevano accerchiati… – cominciò a narrare.

Ore dopo erano tutti e due a poppa, sotto il palmizio, a raccontarsi fitto fitto di avventure meravigliose che forse non erano avvenute che nella loro testa, o forse no. Sicuramente le cicatrici sul corpo di Yasopp testimoniavano una realtà meno colorita di quanto il pirata raccontasse, e il fisico del ragazzo nascondeva bene il difficile percorso dell’Arcipelago Boeing.

A notte fonda il discorso cadde su Shiropp, il piccolo villaggio dimenticato nel Mare Orientale.

– Era il momento di fare una scelta, Usopp… la tua unica colpa era quella di essere troppo giovane, altrimenti ti avrei chiesto se… se avresti voluto venire con me. –

– È lo stesso motivo per cui Rufy non è andato via con Shanks. – sorrise il ragazzo.

– Già! – rise Yasopp – Era un vero discolo! A Foosha ce lo ritrovavamo ovunque, sulla nave! Persino quando andavamo in bagno non potevamo stare tranquilli!

– Perché te ne sei andato? – domandò Usopp dopo qualche lungo secondo di silenzio.

L’assenza del padre era stato il rovescio della medaglia dell’ammirazione cieca che provava. Da un lato l’orgoglio di essere il figlio di un valoroso guerriero del mare, facendosi vanto tra la folla di avere sangue pirata nelle vene, dall’altro c’era una donna sola che moriva in un letto troppo grande per lei, e un grido che riempiva le vie del paesino…

«Arrivano i pirati!»

Yasopp sospirò. Guardò verso l’alto, dove nel buio sventolava un vessillo sfregiato. – La bandiera pirata mi stava chiamando. –

– E perché non sei mai tornato? – domandò ancora Usopp. Ripensava alla mamma, così serena nel letto mentre lui era disperato, un bambino spaccato in due dalla speranza e dalla morte.

Nella mente di Yasopp si disegnò una bugia perfetta.

Forse, però, quello era il momento per una semplice verità.

– Banchina non ha mai parlato molto bene di me, vero? –

Usopp levò di scatto la testa, meravigliato. – No… cioè, sì, no, non ha mai parlato male di te…! Mi raccontava… – ingoiò un groppo. – Mi raccontava che eri per mare… che saresti tornato… che saresti diventato il più coraggioso dei pirati... –

Yasopp sembrò sorpreso. – Che donna straordinaria… – strinse i denti e guardò verso babordo, dove il mare nero inghiottiva i pensieri dei naviganti.

– Il matrimonio con Banchina è finito quando avevi tre anni. – 







Dietro le quinte...

Buonasera (o buonanotte?) a tutti i lettori! Grazie per aver letto quest'ultimo capitolo e scusatemi tantissimo per il ritardo! A causa degli impegni ho dovuto rimandare per un bel po' la permanenza su EFP e limitare il tempo da dedicare alle storie, ma spero di riprendermi! 

Alcune cose sul capitolo.

Il titolo, "Father and Son 2" fa riferimento ad una OS su Yasopp e Usopp da me precedentemente scritta che si intitolava, appunto, "Father and Son", e aveva come colonna sonora la più famosa "Father and son" di Cat Stevens. Qui il link. 

L'immagine l'ho composta io sulla famosa vignetta di Oda della ciurma di Shanks a Marineford. I nomi e i ruoli dei personaggi nella seconda riga sono inventati da me perché dove Oda non si esprime un'autrice si deve pur arrangiare. 

Il nome di Usopp da questo capitolo in poi sarà scritto con la doppia P, visto che il personaggio stesso, scrivendo il suo nome in uno degli ultimi capitoli, ha usato questa traslitterazione. Cercherò di cambiarlo anche nel resto della storia, ma è probabile che mi dimentichi. 

Anche la moglie di Benn, Juls, esce da un'altra mia storia. Il link è qui e c'è pure un seguito qui, entrambi a rating rosso a causa dei temi forti trattati. Di lei, comunque, si parlerà un pochino nei prossimi capitoli, anche se certo non è il fulcro della storia.

Grazie per l'attenzione,

(spero) a presto!

Yellow Canadair

  
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