Father
and Son 2
La voce del cecchino uscì più tremula di quanto avesse voluto: – Siamo
disarmati – alzò la mano libera in segno di resa – Non uccideteci, per
favore... –
– Chi siete? – Curtis non si fidava, fece scattare il caricatore della
sua pistola e la puntò dritta alla testa di Usopp.
– Naufraghi –
Benn li stava sondando con l’Ambizione dell’Osservazione per vedere se
la donna nascondeva sorprese. Ma era genuinamente sprofondata in un abbandono
simile al sonno. Sembravano davvero due disperati.
– E di che equipaggio fareste parte? – rise Beckman, puntando anch’egli
il suo fucile sui due.
– Che cazzo avete trovato? – disse una voce dall’esterno.
– Vieni un po’ qui, Yasopp. Sei bravo negli interrogatori, no?
– Yasopp… Yasopp di Shiropp? – Sogeking allargò a dismisura gli occhi,
e non si rese nemmeno conto di aver pronunciato quelle parole. Benn lo guardò
con più attenzione, ma il ragazzo non se ne accorse: la sua attenzione era
calamitata sull’uomo alto, dal torace immenso e la testa piena di dreadlocks
biondi che era appena entrato: suo padre.
– Io… io sono Usopp. –
Silenzio. Benn e Curtis squadravano il ragazzo, registrando tutti quei
dettagli che non rendevano nemmeno necessario un test del DNA. Usopp e Yasopp
si osservavano senza emettere un fiato, il minore sorridendo nonostante le
labbra screpolate e disidratate, finalmente vicino al suo idolo, il padre che
non vedeva da dieci anni. Il maggiore era incredulo e confuso; era davvero Usopp?
La somiglianza era tanta ma di cialtroni e di sosia il mondo è pieno, lui lo
sapeva. Che ci faceva lì? Perché era nudo? Chi era la donna svenuta con lui?
– Sono… sono il figlio di Banchina… sei diventato pirata perché mamma…
voleva che tu seguissi il tuo sogno… – la voce di Usopp diventava sempre più
flebile, vinta dal panico. Perché non gli credevano? E se si stesse sbagliando?
Era diverso rispetto alla foto che Banchina aveva sul comò della sua camera da
letto, certo, ma Usopp aveva visto gli avvisi di taglia negli anni… possibile
che non fosse lui? – Vi siete sposati nella chiesetta fuori Shiropp, tu eri in
ritardo, la mamma dovette calmare il prete…! Il tuo testimone era Weakjean, il
tuo compagno di banco! –
Yasopp ascoltava immobile quei dettagli che solo Banchina, o almeno
qualcuno a lei molto vicino, poteva conoscere.
– Yasopp – disse Beckman riponendo il fucile – Se è davvero tuo figlio,
lo toglierei da quella merda e gli darei un sorso di rhum. Non ha una gran
cera. E intanto, ragazzo – si rivolse ad Usopp – Complimenti: sei riuscito a
farlo stare zitto –
Qualche ora dopo Ftoros, il medico di bordo della Red Force, uscì
dall’infermeria con la sua tipica espressione imbronciata. Gli occhi
perennemente nascosti dagli occhiali da sole a mosca e l’umore nero per la
maggior parte del tempo riuscivano ad ingannare persino l’Ambizione
dell’Osservazione di Shanks, che fu così costretto a chiedergli direttamente notizie
dei due naufraghi.
– Cosa vuoi che ti dica? Sono giovani, si riprenderanno. Erano in stato
di ipotermia, secondo grado lui e terzo lei. La ragazza ha una bella bronchite,
ma è il minimo dopo quello che hanno passato.
– Sono svegli? – domandò l’imperatore.
– Solo il ragazzo. Ma… Shanks! – Ftoros richiamò il capitano che si era
già avvicinato alla porta dell’infermeria e aveva la mano sul pomello, pronto
ad entrare. Le ultime notizie davano Usopp come appartenente alla ciurma del
suo protetto, Monkey D. Rufy: lui dov’era? La nave che era affondata era la
sua? Il Rosso si girò verso il medico.
– È a pezzi. Lascialo riposare. –
All’interno, il Cecchino udì i passi del capitano e del medico
allontanarsi, e tirò il fiato, sollevato. Sapeva che il capitano gli avrebbe
fatto domande, chiesto che ci facessero lì, quale fosse la loro nave, chi fosse
Nami, dove fosse Rufy. Il pensiero della ciurma perduta era fisso nella sua
testa, ma non se la sentiva di rispondere, di parlarne. E il fatto che il suo
interlocutore sarebbe stato uno dei Quattro Imperatori o il padre che non vedeva
da dieci anni non faceva che aumentare la sua disperazione. Si strinse nelle
coperte, infossandosi sotto di esse fino a sparire. Con gli occhi che facevano
capolino dalla stoffa sbirciò Nami stesa nel letto accanto al suo: respirava
piano, a fatica, ma il dottore di bordo l’aveva medicata e avvolta nelle
coperte. Ora le stava salendo la febbre a causa della bronchite, ma il pirata
era stato rassicurante: non era in pericolo, lui era in grado di curarla
tranquillamente. Le aveva messo in testa il proprio berretto di lana per farla
stare ancora più calda ed era andato via, lasciandoli soli a leccarsi le ferite
e a rassicurarsi a vicenda.
Usopp vedeva nero. Solo con Nami, cosa sarebbe successo? Senza
compagni, senza nave e senza casa. Erano spacciati. Suo padre non sembrava
particolarmente felice di vederlo ma era solo grazie a quella parentela se l’omaccione
dai capelli grigi e la sigaretta in bocca non gli aveva sparato subito, ponendo
fine alle loro sofferenze.
Ma questo non significava che non lo avrebbe fatto in un secondo
momento, no?
Non ricordava bene il momento in cui era stato condotto alla Red Force.
Per un po’ aveva camminato nel sottobosco sulle sue gambe, con il mantello
stellato del padre addosso; aveva un vago ricordo di Nami, svenuta, in braccio
all’uomo con la sigaretta, poi doveva esser caduto… doveva aver perso i sensi…
Il suo corpo esausto lo trascinò in un sonno profondo senza che quasi
se ne accorgesse, strappandolo al tetro universo delle sue paure.
Benn Beckman guardò cupo il proprio capitano, che era seduto su del
cordame a poppa e guardava distrattamente verso la costa poco distante. Erano
sbarcati all’ora di pranzo e quella che doveva essere una semplicissima
ricognizione su un’isola disabitata era terminata prima del previsto per
soccorrere due persone, una delle quali il figlio del buon Yasopp. “Piccolo il
mondo”, pensò Beckman. “Piccolo e affollato”. A parte quest’imprevisto, avevano
scoperto che l’isola non era più disabitata: si levava un filo di fumo dal
camino di una casa apparentemente abbandonata sul fianco della collina più
alta.
Il capitano si girò verso il suo Vice. Era stranamente taciturno, ma
non sembrava troppo preoccupato per la situazione: sapeva benissimo che uno
come Rufy avrebbe potuto cavarsela anche in un naufragio, e comunque
arrovellarsi era inutile perché, al momento, non avrebbero potuto fare nulla
nemmeno volendo.
– Per una volta che non scendo a terra per primo, andate a incontrare
proprio il figlio di Yasopp! – sorrise scanzonato.
Beckman sorrise.
– Era da un po’ che non avevamo ospiti. – lo stuzzicò Shanks.
– Preferirei non raccoglierli in fin di vita, però! – rispose Benn,
senza prendersela per l’allusione dell’amico; guardò sovrappensiero l’anello
che gli cingeva l’anulare e si lasciò scappare un sorriso mentre serrava il
pugno.
– Yasopp è ancora sotto shock? – si informò il capitano senza
abbandonare il tono ilare.
– Magari – sospirò il pistolero – Sta raccontando per la terza volta di
quando il figlio si arrampicò sull’albero per salvare quattro uccellini da
un’aquila reale.
– Oh, è diventata un’aquila? Qualche anno fa era un cuculo –
Benn scosse la testa. Era un vizio, quello di Yasopp, col quale
convivevano da anni.
Una folata di vento freddo fece sventolare le falde dei pesanti
mantelli e arruffò i capelli dei due uomini. Shanks annusò l’aria, e tirò su
col naso.
– Mette al brutto – disse.
– La rada è riparata –
– Veramente pensavo al naufragio… domani, quando andremo alla villa
sulla collina, chiederemo se hanno raccolto dei resti o se c’è una spiaggia
dove si depositano.
Beckman annuì, accendendo una sigaretta con le mani a coppa per
difenderla dal vento. Ebbe qualche difficoltà, ma alla fine la brace prese
fuoco. Si affacciò al parapetto, guardando il mare che spariva all’orizzonte
inghiottito da una bassa nebbia.
Erano tornati su quell’isola dopo la bellezza di quindici anni, dopo
aver insultato Shanks in lungo e in largo per il grandissimo buco nell’acqua
fatto all’epoca; lui, il Rosso, era agli inizi della sua carriera da capitano
ed era convintissimo di aver trovato la tipica isola del tesoro.
Benn ricordava benissimo la moltitudine di buche scavate da cui erano
uscite, nel migliore dei casi, ossa di animali. Da allora, prima di
intraprendere una qualsiasi ricerca, le mappe venivano passate al vaglio di
Benn, Lucky e soprattutto di Vanja, il navigatore.
E invece il giovane Shanks, fresco di gavetta con il Re dei Pirati, non
si era sbagliato; semplicemente, come tutti loro, non aveva capito.
A tale conclusione erano arrivati pochi mesi prima, a Foosha, grazie ad
una frase pronunciata per caso da Juls, la giovane moglie di Beckman, nel
piccolo pianterreno dove abitava, in fondo alla strada principale del paesino.
Un caso, uno strano scherzo del destino, ma una singola frase di quella
donna aveva risvegliato la memoria di Benn, che senza perdere tempo aveva
ribaltato la cabina del capitano alla ricerca dei diari di bordo dell’epoca e
delle vecchie cartine che avevano utilizzato.
Per fortuna che Shanks era un tipo nostalgico, che ci teneva
particolarmente ai souvenir e non buttava mai niente!
Dopo quella rivelazione inaspettata lui e Vanja avevano girato
parecchie biblioteche, ma finalmente quell’avventura di quindici anni prima
aveva preso senso: avevano davvero trovato l’isola del tesoro, ma non l’avevano
trovato perché non erano stati in grado di vederla.
Shanks aveva gongolato come non mai, avrebbe rinfacciato loro a vita
che aveva ragione.
La caccia al tesoro poteva ricominciare.
~
A sera fatta, Usopp scivolò fuori dal letto per andare in bagno. Aveva
appena finito di parlare con Nami riguardo la loro situazione ed erano concordi
su una cosa: avevano avuto una fortuna sfacciata nell’imbattersi nel padre del
ragazzo. Vero che, dai racconti sconnessi di Rufy, Shanks sembrava un buon
diavolo, ma era pur sempre un pirata e loro facevano parte di una ciurma
avversaria.
Usopp nonostante ciò era spaventato, e non era molto convincente il
fatto che si ostinasse a dire che avrebbe portato in salvo Nami mentre tremava
di paura al pensiero di incontrare di nuovo l’omaccione con la sigaretta.
«Quello è Benn Beckman» lo aveva istruito Nami sottovoce, prima di
tossire forte. «Pistolero, è con il Rosso da anni. Esperto tiratore e accanito
fumatore. Ha una taglia di…»
«Non voglio nemmeno saperlo!» aveva piagnucolato Usopp. «Ma tutte
queste informazioni…?»
«I giornali» aveva sorriso la ragazza.
Adesso però, nonostante l’infermeria accogliente che occupava con Nami,
aveva proprio bisogno di sbrigare una faccendina in privato.
Trovò il bagno in fondo al corridoio, come gli aveva indicato alcune
ore prima il medico di bordo. Bussò con precauzione, pregando che non fosse
occupato per non affrontare spiacevoli faccia a faccia.
Non rispose nessuno.
Usopp sorrise, girò la maniglia e tirò la porta verso di sé.
Divenne prima bianchissimo e poi rosso acceso nel trovarsi davanti il
padre, completamente nudo salvo un’asciugamani sui fianchi.
~
– Vi chiedo scusa per Pipe – disse il vecchio Yama, seduto sulla comoda
poltrona del salone della sua villa – Spero non vi abbia spaventati, e mi
dispiace molto per l’equivoco con il vostro amico… – continuò volgendosi verso
Brook.
– Non mi ha disturbato – rispose il musicista, con le falangi che
stringevano delicatamente la mano pallida di Pipe – Mi dispiace molto non
essere… la persona che lei crede –
Sulla spiaggia, Pipe aveva abbracciato Brook con trasporto e viva
emozione, come se davvero si fosse appena ricongiunta al nonno dato per morto,
sommergendo lo Scheletro di nomi di parenti e aneddoti passati a lui
completamente estranei. Guardando spaesato i suoi amici altrettanto confusi,
aveva deciso su due piedi di assecondare quella povera ragazza che sembrava
così felice di averlo ritrovato.
Pipe era vicino a lui e gli teneva la mano con affetto e devozione, ma
il suo sguardo era distante, e la ragazza era con la mente ben lontana da quel
salone dove si trovavano i padroni di casa con i pirati.
– La povera Pipe ha difficoltà a separare quello che vede con i suoi
occhi da quello che vede solo nella sua mente – sospirò tristemente Yama –
Forse qualche dettaglio le ha ricordato suo nonno, o forse è stata
unassociazione casuale. Non saprei dirlo –
Finalmente i superstiti della ciurma di Cappello di Paglia erano al
sicuro e all’asciutto, nella grande casa che sorgeva sulle pendici del Profilo
del Poeta, il colle che dominava la boscosa isola di Skye. Chopper era intento
a prestare il suo aiuto a Sanji e Nico Robin in una stanza appartata, grazie
specialmente a garze, bende e medicinali che Pipe gli aveva portato per curare
i due compagni; in realtà per aiutare Sanji aveva offerto anche un tubetto di
colla e un ventaglio di cartone, e il cuoco aveva accettato quegli strani doni
con un sorriso galante e gentile.
Il resto della ciurma, Rufy, Zoro, Franky e Brook, erano nel grande
salone del pianterreno, illuminato malamente da candele e dai pirati intenti a
mangiare quello che la ragazza e il vecchio erano riusciti a mettere in tavola.
La casa era molto grande, di
forma squadrata, a due piani con una mansarda. Le stanze, a giudicare dal
numero delle finestre, erano molto numerose e dai soffitti molto alti, ma ben
poche ne venivano effettivamente usate: solo il grande salone con il camino che
fungeva anche da sala da pranzo e la cucina al pianterreno e due camere da
letto al primo piano; il resto dell’edificio era silente e abbandonato, i
corridoi in disuso erano bui e quasi tutte le stanze erano chiuse a chiave o
addirittura sbarrate con delle assi di legno.
– Siete il padre di Pipe? – domandò Zoro al vecchio.
– No, non siamo parenti. L’ho trovata alcuni anni fa sulla spiaggia
nord-ovest di quest’isola, e già versava in condizioni mentali… instabili. Sì, instabile
è la parola giusta.
Franky guardò meglio Yama e sollevò la testa, dicendo: – Era su una
barca? O era naufragata?
– Naufragata. C’era stata una tempesta la notte precedente, c’erano
anche i rottami di una nave –
– Noi siamo sbarcati nella zona sud – collegò Franky, come se una
lampadina gli si fosse appena accesa nella testa.
– Quindi è probabile che Nami e Usopp siano stati trasportati a
nord-est! – completò Brook.
– Speriamo – disse Yama sospirando – Mi dispiacerebbe molto se fosse
successo qualcosa ai vostri amici.
– Usopp è un pirata, figlio di pirata – ribatté Rufy con un gran
sorriso – Sa benissimo come comportarsi in queste situazioni! –
Tutti temevano per i due ragazzi, ma quello che aveva mostrato più
preoccupazione per le sorti dei due era stato Chopper, la cui natura ingenua e
schietta rendeva più evidenti i suoi sentimenti. Era stata Nico Robin,
spalleggiata da Zoro, a ricordare a tutta la ciurma che i due compagni avevano
dimostrato di avere una spiccata capacità di svincolare dalle situazioni
difficili usando sotterfugi e senso pratico: sicuramente Nami era riuscita a
trovare le correnti migliori per guadagnare terra, e c’era anche la bella
fortuna che nessuno dei due fosse un possessore di Frutto del Diavolo. Di
sicuro erano vivi, e Usopp avrebbe trovato il modo di contattarli.
– Andiamo subito alla spiaggia! – incitò Rufy alzandosi dalla sedia. Ma
non fece in tempo a fare due passi che crollò per terra, profondamente
addormentato.
– Che razza di capitano – bofonchiò Zoro guardandolo critico, stappando
una bottiglia di sakè.
– Immagino fosse stanco – disse Yama sorridendo. – Poco male; ormai è
sera tardi, e le correnti che riportano i relitti sono quelle della mattina
presto: domani andremo a vedere.
– Faccio un salto adesso – disse lo spadaccino prendendo le katane e
avviandosi verso la porta.
– Non te lo consiglio – ammonì Pipe sorridendo – I relitti arrivano
solo la mattina… e poi di notte sull’isola… –
I pirari fissarono la ragazza; i suoi occhi si riempirono di lacrime, che
le rigarono le guance. – Di notte… le persone vanno via, non ci sono più… anche
io dovevo, ho rischiato… tenente, la prego, mi lasci qui… si salvi… – fece il
saluto militare, portandosi la destra tesa alla fronte, senza smettere di
piangere. – È stato un onore navigare con lei. –
Pipe piangeva commossa e inconsolabile, pur rimanendo fieramente nella
posa del saluto, con la mano destra tesa sulla sua fronte. Guardandola,
sembrava di poter vedere la divisa bianca e blu di una fiera Marine, e non l’abito
pesante di tartan verde e rosso che la riparava dall’umido e dal freddo.
– Pipe – sussurrò Brook avvicinandosi e sedendosi vicino a lei. La
ragazza guardò nelle orbite vuote dello scheletro e nascose il volto contro il
suo petto scarno, continuando a singhiozzare disperata fra le braccia del
vecchio pirata.
Yama intervenne: – Non so cosa ci sia nel passato della povera Pipe –
disse. – Non so nemmeno se ha questa confusione in testa dalla nascita o no,
anche se credo di no. Da alcune frasi io credo avesse a che fare con la Marina,
forse era una recluta, ma non ne so molto.
– Ha un Frutto del Diavolo, però – intervenne a sorpresa Franky.
– Ah, l’ha usato davanti a voi? Sì, ha mangiato uno di quei Frutti. –
spiegò Yama – Motus Motus, mi pare si chiami. È in grado di spostare con
il pensiero tutto ciò che tocca… è il potere della telecinesi.
~
– Io… – balbettò Usopp, emozionato. Non trovava le parole, in realtà
voleva scappare ma… quello era suo padre! Suo padre!!
Sollevò il capo stringendo i denti, cercando coraggiosamente di non
correre a rifugiarsi in infermeria.
– S-sono contento di conoscerti… – tartagliò tendendo la mano destra.
Yasopp troncò la frase a metà, sorprendendo il figlio con un abbraccio
commosso.
Due anni prima gli era andato di traverso il sakè nel leggere di
“Sogeking” sul giornale… come poteva dimenticare quella vecchia storia che lui
e Banchina raccontavano al loro bambino, appena nato, nelle notti in cui lui si
ostinava a non addormentarsi? E pochi mesi prima, quando si era quasi strozzato
con una bistecca nel leggere del “Dio Usopp” a caratteri cubitali, su un avviso
di taglia che per di più grondava sangue?
Usopp ricambiò quell’abbraccio cingendo l’uomo e serrando i denti per
non scoppiare a piangere davanti a Yasopp, l’uomo che fin da piccolo aveva
ammirato come il suo eroe, senza nemmeno conoscerlo: era suo padre, il più
coraggioso tiratore del mondo, il migliore di tutti i pirati, e tanto gli
bastava.
– Mi sei mancato – sussurrò.
Yasopp sospirò; era disabituato a simili gesti d’affetto, ma era così
orgoglioso di quanto aveva fatto suo figlio come pirata che l’unica cosa che
voleva, in quel momento, era sapere tutti i dettagli delle sue avventure e
stringerlo come sognava di fare da quasi due decenni.
– Mi devi raccontare tutto – esclamò il padre sciogliendo l’abbraccio
ma senza lasciare le spalle del figlio. – Voglio sapere di Sogeking, dell’incidente
delle Sabaody, e… come diavolo hai fatto a diventare “Dio”?! –
Usopp ridacchiò, modesto: – Oh, solo qualche parola al momento giusto… anzi,
in realtà Sogeking è stato un lampo di genio, ero a Water Seven con la mia
ciurma, e i giganti ci avevano accerchiati… – cominciò a narrare.
Ore dopo erano tutti e due a poppa, sotto il palmizio, a raccontarsi
fitto fitto di avventure meravigliose che forse non erano avvenute che nella
loro testa, o forse no. Sicuramente le cicatrici sul corpo di Yasopp
testimoniavano una realtà meno colorita di quanto il pirata raccontasse, e il
fisico del ragazzo nascondeva bene il difficile percorso dell’Arcipelago
Boeing.
A notte fonda il discorso cadde su Shiropp, il piccolo villaggio
dimenticato nel Mare Orientale.
– Era il momento di fare una scelta, Usopp… la tua unica colpa era
quella di essere troppo giovane, altrimenti ti avrei chiesto se… se avresti
voluto venire con me. –
– È lo stesso motivo per cui Rufy non è andato via con Shanks. –
sorrise il ragazzo.
– Già! – rise Yasopp – Era un vero discolo! A Foosha ce lo ritrovavamo
ovunque, sulla nave! Persino quando andavamo in bagno non potevamo stare
tranquilli!
– Perché te ne sei andato? – domandò Usopp dopo qualche lungo secondo
di silenzio.
L’assenza del padre era stato il rovescio della medaglia dell’ammirazione
cieca che provava. Da un lato l’orgoglio di essere il figlio di un valoroso
guerriero del mare, facendosi vanto tra la folla di avere sangue pirata nelle
vene, dall’altro c’era una donna sola che moriva in un letto troppo grande per
lei, e un grido che riempiva le vie del paesino…
«Arrivano
i pirati!»
Yasopp sospirò. Guardò verso l’alto, dove nel buio sventolava un
vessillo sfregiato. – La bandiera pirata mi stava chiamando. –
– E perché non sei mai tornato? – domandò ancora Usopp. Ripensava alla
mamma, così serena nel letto mentre lui era disperato, un bambino spaccato in
due dalla speranza e dalla morte.
Nella mente di Yasopp si disegnò una bugia perfetta.
Forse, però, quello era il momento per una semplice verità.
– Banchina non ha mai parlato molto bene di me, vero? –
Usopp levò di scatto la testa, meravigliato. – No… cioè, sì, no, non ha
mai parlato male di te…! Mi raccontava… – ingoiò un groppo. – Mi raccontava che
eri per mare… che saresti tornato… che saresti diventato il più coraggioso dei
pirati... –
Yasopp sembrò sorpreso. – Che donna straordinaria… – strinse i denti e
guardò verso babordo, dove il mare nero inghiottiva i pensieri dei naviganti.
– Il matrimonio con Banchina è finito quando avevi tre anni. –
Dietro le quinte...
Buonasera (o buonanotte?) a tutti i lettori! Grazie per aver letto quest'ultimo capitolo e scusatemi tantissimo per il ritardo! A causa degli impegni ho dovuto rimandare per un bel po' la permanenza su EFP e limitare il tempo da dedicare alle storie, ma spero di riprendermi!
Alcune cose sul capitolo.
Il titolo, "Father and Son 2" fa riferimento ad una OS su Yasopp e Usopp da me precedentemente scritta che si intitolava, appunto, "Father and Son", e aveva come colonna sonora la più famosa "Father and son" di Cat Stevens. Qui il link.
L'immagine l'ho composta io sulla famosa vignetta di Oda della ciurma di Shanks a Marineford. I nomi e i ruoli dei personaggi nella seconda riga sono inventati da me perché dove Oda non si esprime un'autrice si deve pur arrangiare.
Il nome di Usopp da questo capitolo in poi sarà scritto con la doppia P, visto che il personaggio stesso, scrivendo il suo nome in uno degli ultimi capitoli, ha usato questa traslitterazione. Cercherò di cambiarlo anche nel resto della storia, ma è probabile che mi dimentichi.
Anche la moglie di Benn, Juls, esce da un'altra mia storia. Il link è qui e c'è pure un seguito qui, entrambi a rating rosso a causa dei temi forti trattati. Di lei, comunque, si parlerà un pochino nei prossimi capitoli, anche se certo non è il fulcro della storia.
Grazie per l'attenzione,
(spero) a presto!
Yellow Canadair