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Autore: Amantea    01/11/2015    16 recensioni
Dall'episodio 37, fino al noto epilogo, a partire dalla scena del quadro, con un missing moment che mi sarebbe piaciuto vedere nell'anime, una notte delle lucciole un po' particolare, il tutto narrato dalla voce di Oscar.
(Cap. 1): "[…] Questa volta non opporrò resistenza.
Questa volta te lo dirò, che ti amo, che ti amo con tutta me stessa André. […] "
Doveva essere solo una OS... poi Oscar ha continuato a narrarsi...
Genere: Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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-3- La prima stella della sera

stelle


-3-
LA PRIMA STELLA DELLA SERA



E' il suono familiare di un cavallo al galoppo quello che interrompe il nostro abbraccio.
Da come si modula lo scalpiccio, e il nitrito, capisco che si è fermato davanti all'entrata principale.
Lascio la tua mano ma non c'è bisogno che ti chieda di seguirmi, so che pensi quello che penso io, e in pochi passi veloci siamo sul corridoio, affacciati dallo scalone.
Alain sull'attenti sorride alla nonna, che in un angolo tortura il grembiule tra le sue piccole dita, e poi volge lo sguardo quassù.
Riferisce a voce alta il dispaccio inviatomi da Dagôut, fissandomi con quegli occhi irriverenti che ormai conosco bene, e che ho imparato ad apprezzare, in questi mesi. Quando tace, sento il sangue martellare nelle tempie, e mi aggrappo alla balaustra.
"Il momento è arrivato, quindi...", mormoro.
Alain socchiude gli occhi, ancora sull'attenti. Ma poi getta un'occhiata ad André, e vi colgo una sottile allusione, o forse è solo un'impressione.
Non ci ha mai visto, in abiti civili.
Forse si stupisce di come sembriamo così simili, io e te, André. Di come sei al mio fianco, e mi sovrasti in altezza, vestito al pari mio, e nessuno direbbe che siamo soldati... che tu sei uno dei miei soldati. E ha ragione. Perché adesso siamo solo un uomo e una donna, André.
Un uomo e una donna che si amano.

Domattina alle 8 il Reggimento B è comandato a Parigi e affiancherà la milizia nazionale.
Il dispaccio è conciso e chiarissimo.
E se arrivasse l'ordine di sparare sulla folla...
"Riferisci che rientrerò in caserma domattina, Alain. E tranquillizza i tuoi compagni".
Porta la mano alla fronte, un ultimo guizzo i suoi occhi scuri sul volto di André, e sparisce dall'ingresso.
"Domattina, all'alba, lasceremo questa casa".
Mi volto verso di te. Ora che una voragine si è aperta sotto di me ho bisogno che tu mi tenga stretta, André.
E lo fai, afferrandomi il polso.
"Vieni".

Ti seguo senza parlare.
Come da bambini, corriamo per i lunghi corridoi di questa casa antica. Ne conosciamo ogni passaggio segreto, ogni gradino, ogni cunicolo, ogni stanza.
Vorrei chiederti del tuo occhio, ma ti muovi così sicuro e veloce, nella penombra, che non oso farti domande.
Anche perché mi mentiresti, come tuo solito, solo per farmi stare tranquilla.
"Attenta, qui", mi avverti.
Non ce n'è bisogno in verità, ricordo questo punto, dove il soffitto si abbassa, e una piccola scala porta a un'ala della casa abbandonata da tempo, e mai restaurata.
Ci venivamo spesso da bambini, a mangiare biscotti prima, a leggere poi, e spesso a guardare le stelle di notte, dal piccolo balcone con il parapetto semicrollato che da quassù incatena la vista sulla tenuta dei Jarjayes.
Lo sguardo scivola sulla poca mobilia coperta da teli ingialliti dal tempo, e poi si ferma su un involto appoggiato in un angolo.
Mi fai un cenno con la mano e ti aiuto. Ridi un po', e il suono della tua risata mi illumina il volto, che immagino molto pallido.
Prego perché tu non ti accorga che non mi sento affatto bene.
La corsa di poco fa mi ha tolto il respiro. Il petto brucia e sento che ...
Maledizione...
Mi trattengo finché posso, ma poi esplodo in un accesso di tosse, rapida a darti la schiena, una mano appoggiata alla parete, e una manica premuta contro la bocca.
La tua voce mi invoca allarmata, mi cingi le spalle, non voglio che guardi... non voglio che tu sappia.

Quando l'attacco finisce, mi accorgo che mi stai sostenendo completamente tu.

Ingoio il sangue rimasto sulla punta della lingua, il sapore ferroso mi disgusta, ma ormai ci ho quasi fatto l'abitudine.
"Oscar, dimmi che succede".
Il tono è imperioso e spaventato al contempo. Scrollo la testa, cerco di sorridere, arrotolo con la mano libera la manica striata di saliva rossastra, e nego.
"Deve essere stata la polvere...". In effetti c'era polvere nel telo che abbiamo tolto dal nostro tappeto, e altrettanta si è sollevata quando lo hai fatto cadere in terra, per srotolarlo. Vedo che lo hai sistemato come facevamo da bambini, per guardare il cielo stellato seduti vicini.
"E da quando in qua la polvere ti dà fastidio?" ribatti.
Cosa vuoi sentirti dire André? Che sono malata? Che il dottor Lassonne mi ha concesso pochi mesi di vita?
Non posso... non posso proprio farti questo.
Non sei l'unico ad avere dei segreti.
Voglio tenere la tristezza lontana da noi, questa sera.
Fare finta che tu ci veda benissimo, che io sia sanissima, e che a Parigi domani nessuno sparerà.

Apri la portafinestra, e l'aria calda di questa sera estiva invade la stanza.
Trascini il tappeto verso la soglia del balconcino e poi mi aiuti a sedermi. E' soffice, raduno le ginocchia al petto, e tu ti accomodi accanto a me, una gamba piegata e l'altra stesa, come fossimo su un prato.
I grilli hanno iniziato le loro canzoni, e il rosso del tramonto si è fatto cupo e violaceo. Da qui si coglie una buona porzione di cielo. Da bambini avevamo imparato a memoria la posizione delle costellazioni. Ci piaceva molto osservare le stelle.
"Come ti è venuto in mente questo posto?" ti chiedo.
La calma della sera pacifica anche il mio cuore. E' così tanto che non parliamo io e te, vicini tanto da sfiorarci.
"Qui non ci cercherà nessuno", rispondi. Ed è vero. E' tutt'ora una parte del palazzo che mio padre reputa proibita.
La tua malizia mi sorprende piacevolmente. Sei ancora l'André ragazzino, furbetto e calcolatore che la faceva in barba a tutto il palazzo, nonnina e Generale compresi.
"E poi, questo posto parla di noi", aggiungi.
La dolcezza della tua voce mi risplende fin nelle viscere. Cerco la tua mano, e tu mi stringi a te, la testa posata sulla tua spalla.
Guardo incantata il cielo che ha indossato ormai quasi del tutto la sua veste notturna, intarsiata di piccoli diamanti. 
Uno su tutti spicca per la sua fissità, noi lo conosciamo bene.
"Vedo la prima stella della sera, André!". La mia voce risuona di un entusiasmo infantile, perché da piccoli facevamo a gara a chi la individuava per primo.
Mi volto verso di te, quasi con l'intenzione di indicartela, pur sapendo che nemmeno distingui bene la mia figura così vicino alla tua.
E mi blocco.
Mi stai guardando, non so da quanto tempo. Il tuo sguardo è denso e profondo come il buio che dilaga oltre questo balcone.
Mi turba profondamente, eppure non sono a disagio.
La tua mano raggiunge il mio viso, mentre continui a fissarmi, scivolando da una pupilla all'altra, indugiando sulle mie labbra dischiuse, e tornando poi ai miei occhi.
"Sei tu la mia stella, Oscar", sussurri.
Rido del complimento galante che ti è uscito dalle labbra, una risata un po' nervosa, che già vibra del desiderio che provo per te.
E mi baci di nuovo, mentre mi dici che sono il tuo sole, la tua vita, e tutto ciò che hai.
Sono tutto ciò che hai.

Il tuo bacio ha perso la delicatezza che avevo conosciuto nel salone. Si è fatto più profondo, mi spinge contro questo tappeto.
Accarezzo la tua nuca, le spalle, sento la tensione dei muscoli delle tue braccia sotto alle dita, e scalzo a piccoli strattoni la tua camicia, perché è il contatto con la tua pelle che cerco. Non ti aspettavi che lo facessi, ti stacchi dalle mie labbra, e mi osservi, con un'espressione quasi rapita.
Voglio essere tua in questa notte che sembra appesa a un filo sottile, perso chissà dove nell'universo. 
"Ti amo così tanto".
E' l'unica cosa che riesco a dire, mentre ti attiro a me.



La luna si è alzata sull'orizzonte, seguendo la sua curva siderale.
La sua luce è poco più di un velo di latte adagiato sui profili dei nostri corpi.
Sdraiati fianco a fianco,
sento l'aria tiepida della notte sulla pelle sudata
e la mia mano accarezza la tua schiena, in un gesto gemello del tuo.
La tua voce è poco più di un bisbiglio, che solletica le mie labbra, e restiamo così, a guardarci, gli occhi a tratti socchiusi.
Rido contro la tua bocca per le piccole verità che l'amore ci fa dire, e che mi suonano dolci e ardite insieme.
Respiro l'amore infinito che hai per me.
Ci sono sensazioni che non si possono descrivere, ma solo vivere. E io le ho vissute, con te.

Dov'eravamo fino a oggi, André?
Avremmo potuto essere felici già tanto tempo fa.
Non è importante, mi rassicuri. Siamo sempre stati indivisibili. Ora lo saremo ancora di più.

Ed è fragile il confine tra di noi, così sottile e indistinto ... che lo abbiamo già annullato ... di nuovo.
Basta che la tua bocca si fonda con la mia. E' un gioco morbido, sempre più intenso e poi...
le tue mani ...
sfiorano
accarezzano
stringono
scendono
si insinuano
scivolano
si allacciano, umide, alle mie...
 ... e poi...

Oh, André... non fermarti...
non...

Ti voglio dentro di me
voglio la tenerezza con cui scioglierai anche l'ultimo dolore
voglio la tua forza e il tuo ardore
voglio conoscere il tuo sapore nella mia bocca
voglio perdermi nella tua voce che gode di me
voglio il calore del tuo seme che esplode nel mio ventre
e bruciare anche io, stavolta, insieme a te.



Io mi sento viva. Io voglio vivere. Per te.














   
 
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