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Autore: Yellow Canadair    05/11/2015    4 recensioni
La ciurma di Cappello di Paglia si cerca confusa tra le onde. Franky piange senza ritegno davanti ai pochi rottami della sua creatura inghiottita dall'oceano. Hanno i vestiti strappati, sono stati travolti da travi e da onde, stringono i pochi oggetti scampati alla tragedia su un relitto che galleggia con loro. I ragazzi si fanno coraggio tra i flutti, cercano senza fortuna due dispersi. La notte morde con il suo freddo, il giorno bacia con la sua lingua rovente. Il sale spacca la pelle, la fame urla fra le viscere.
Stremati, approdano su una terra che esala umidi sospiri, le luci dell'ultima casa brillavano sul colle buio. E mentre i pirati dipanano il mistero di una Marine impazzita, un suono di cornamusa riempie l'aria...
Genere: Avventura, Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ciurma di Shanks, Monkey D. Rufy, Mugiwara, Nuovo personaggio, Shanks il rosso
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ritorno a casa

 



Il mattino dopo, sulla Red Force, c’era movimento: era ora di accompagnare Usopp alla villa della collina, per chiedere se anche i suoi abitanti avessero visto dei naufraghi.

– Hai fretta di rivedere Rufy, capitano? – domandò Curtis a mensa.

– Non rivedrò Rufy. – rispose Shanks agguantando un grosso cornetto caldo che stava su un piatto al centro del tavolo con altri numerosi e fragranti fratellini. – Abbiamo fatto una promessa… ci rivedremo quando sarà diventato un vero pirata.

– Senza nave, non è nemmeno un capitano. – sospirò tristemente Lucky Lou mentre mangiava un grosso cosciotto di mucca, per cominciare con sprint la giornata.

– Non sarà capitano, ma è certamente un valido pirata! – lo difese Yasopp sventolando un manifesto da ricercato fresco di stampa. – Dressrosa distrutta e Flottaro sconfitto! Carta canta! Mio figlio non è certo nella ciurma del primo novellino che passa! –

– Certo! – sorrise Shanks. – Ma non è un gran momento per lui, avremo tempo di vederci quando sarà un vero pirata… completo di nave! Benn, te ne puoi occupare tu? –

Il vice fece un cenno d’assenso con la testa, poi si andò a sedere accanto al suo capitano.

– Non è il ragazzo il problema, vero? – disse in un sussurro, mentre si versava del caffè. Shanks annuì.

Si erano accorti che la ragazza di nome Nami era gentile con loro, rispettosa e tranquilla. Ma era anche un tipetto sveglio, e fin troppo svelto. Si perdeva sulla Red Force con troppa facilità per essere un navigatore, e Shanks avrebbe giurato che stesse cercando di capire che cosa avesse spinto un imperatore su un’isola come quella. Da sola non avrebbe potuto fare molto, anche volendo, ma la prudenza non era mai troppa, specie nella Rotta Maggiore.

Per questo avevano deciso di risolvere la faccenda dei due ragazzi nel minor tempo possibile.

Mezz’ora dopo, infatti, Usopp camminava dietro quegli uomini grossi e muscolosi, sforzandosi di tenere il loro passo e di non far sentire loro i denti che gli battevano e il cuore che tremava al pensiero di cos’avrebbero potuto incontrare in quell’orribile e umida isola. Oltretutto era sicurissimo che quei pirati riuscissero a percepire le sue emozioni con l’Ambizione della Percezione, cosa che contribuiva al suo nervosismo e gli faceva sudare le mani anche se faceva un gran freddo! Accidenti! Sarebbe morto di paura prima del tramonto, se lo sentiva!

Bastava guardarli in faccia, quei tre tipacci, per morire di terrore! Gli anfibi militari, i fucili più alti di loro, i mantelli scuri e i volti devastati dalle cicatrici, testimoni di chissà che orribili carneficine! E la cosa che lo sconcertava di più era che uno di quei tipacci… era suo padre Yasopp.

Non era come se lo immaginava. Certo, aveva letto sul giornale degli articoli sulla ciurma di Shanks, e aveva guardato con ammirazione il suo avviso di taglia, ma in realtà quando lui pensava “mio padre”, gli veniva in mente lo Yasopp magrolino e un po’ provinciale che abitava in una fotografia sbiadita sul comò della camera da letto di Banchina. Era così che aveva imparato a conoscerlo, era così che lo immaginava quando, troppo piccolo per leggere i giornali, raccontava alla madre morente che il suo amato pirata stava tornando da lei, l’avrebbe abbracciata e l’avrebbe curata.

Usopp strinse i denti al ricordo di sua madre, e al ricordo di tutte quelle bellissime avventure che lei gli raccontava. Diceva sempre che il papà era lontano, è vero, e che li aveva lasciati soli, però gli diceva anche che l’aveva fatto per inseguire il suo sogno, per essere libero, e che non era giusto tenerlo prigioniero su un’isola piccola piccola, era come tenere un uccellino in gabbia sul balcone di casa.

Il risultato era… quella situazione. Il padre davanti a lui che camminava spedito nella boscaglia e suoi amici altrettanto inquietanti che lo spalleggiavano e che ogni tanto lo prendevano in giro per istigarlo a parlare. Invece Yasopp e Usopp rimanevano in silenzio, imbarazzati.

I tre pirati si fermarono all’improvviso: la boscaglia era finita e loro erano arrivati in una radura in mezzo alla foresta, invasa da alti sterpi che rendevano impossibile proseguire senza un buon lavoro di lame. Benn Beckman ne approfittò per accendersi una sigaretta mentre Yasopp e Vanja studiavano la posizione in cui si trovavano.

– Ehi, ragazzo, vieni un po’ qui. – tuonò il Vice di Shanks.

Usopp, colto alla sprovvista, sobbalzò. Avrebbe tanto voluto girare i tacchi e mettersi a correre più veloce del vento, ma era rigido come un pezzo di legno e difficilmente avrebbe percorso più di qualche metro. Si avvicinò lentamente a Benn, notando che armeggiava con qualcosa che era andato ad incastrarsi nella tasca sinistra dei suoi pantaloni.

Yasopp e il colossale Vanja gesticolavano a qualche metro più in là e sembravano nel bel mezzo di una discussione.

Tra le dita di Beckman brillò un bagliore sinistro.

Voleva ucciderlo! L’avevano trascinato fuori dalla nave con la scusa di andare a cercare notizie di Rufy ma in realtà volevano solo sgozzarlo come un capretto senza sporcare la nave!!

Forse allora Nami era già morta!!! L’avevano fatta in mille pezzi mentre lui era in mensa a fare colazione e l’avevano buttata a mare, oppure l’avevano mangiata!

Usopp deglutì a vuoto, ma sembrava che la saliva fosse sparita dalla sua bocca. A fatica mise un piede davanti all’altro e riuscì ad arrivare ad un paio di metri dal pirata. Chissà, forse sarebbe riuscito ad evitare la coltellata, forse l’adrenalina avrebbe fatto il miracolo… forse sarebbe stato così rapido da non sentire il dolore.

– Vuoi? –

In una mano Benn aveva un accendino scintillante; nell’altra, tesa verso Usopp, un pacchetto di sigarette aperto.

Usopp fissava i filtri arancioni e bianchi nella scatoletta.

– Rilassati, ragazzino. – sorrise ironico Beckman. Il tempo dell’offerta era evidentemente scaduto, e il pacchetto di sigarette era sparito. – Se avessimo voluto farti fuori l’avremmo fatto prima. Yasopp! – chiamò.

Il cecchino si voltò.

– Manca poco alla casa, vero? –

Yasopp si voltò verso Vanja, il navigatore. Questi gesticolò animatamente verso Benn.

Siamo vicini, un’ora al massimo e ci saremo.

La grande scimmia che accompagnava Vanja sottolineò la frase con alti strilli.

Usopp non si sarebbe mai abituato a quei dialoghi muti, ma era incantato dall’abilità di segnare non solo di Vanja, ma anche dei suoi amici: non c’era un solo compagno della sua ciurma che non lo capisse. La scimmia, Roccia, non lo perdeva mai di vista, tanto che a volte sembrava essere una sorta di balia, per il pirata; Usopp non sapeva se ridere o meno quando, a colazione, la scimmia si era arrabbiata perché Vanja non usava il tovagliolo.

– Un’ora e ci siamo – ripetè Yasopp a beneficio del figlio.

– Andiamo avanti, Vanja – disse Benn alzandosi e battendo una pacca sulla spalla del navigatore.

I due uomini si incamminarono facendosi largo tra la macchia umida con spade e katane, e Yasopp rimase indietro con suo figlio.

– Mi dispiace non essere stato… molto diplomatico, ieri sera. Ero convinto lo sapessi. – mormorò Yasopp.

– Mamma non me l’aveva mai detto. – rispose il ragazzo sorridendo tristemente. – Come mai… insomma, perché è finita? – Usopp aveva paura nel porre quelle domande, significava infrangere il sogno che Banchina aveva cucito per lui, bambino. Ma chissà se e quando avrebbe rivisto il padre, e quella era una bugia che stava vivendo da diciassette anni.

– Voleva che vivessi il mio sogno, senza legami ad ostacolarlo. – rispose con sincerità Yasopp.

Usopp si fermò in mezzo al sentiero. – Ma… è esattamente quello che mi diceva lei. Diceva che era orgogliosa di te per la tua scelta, e non avrebbe impedito a nessun legame di ostacolarti…

– …lei cosa? –

– Era orgogliosa della tua scelta… – sussurrò Usopp chinando la testa. – E non avrebbe impedito a nessun… –

Yasopp di Shiropp abbracciò suo figlio, ma in realtà stava stringendo a sé quello che di Banchina rimaneva sulla Terra.

– …non avrebbe impedito a nessun legame di ostacolarmi… quindi decidemmo di sciogliere il matrimonio, di comune accordo. – completò il padre.

Banchina non aveva mai mentito; aveva solo deciso di non dire a suo figlio un particolare trascurabile.

 

~

 

– Sanjiiii!! – strillò Rufy – Sono pronti i cestini da pirata? –

– Vuoi abbassare la voce?! – fu il repentino rimprovero del cuoco, consegnato con un aggraziatissimo calcio nelle gengive del capitano. – La mia dolce Robin e la piccola Pipe stanno ancora dormendo! –

Era da poco sorto il sole e Rufy, Zoro e Franky erano pronti ad andare in ricognizione su una spiaggia indicata loro da Yama, dove a suo dire era lì, che in caso di forti mareggiate, andavano a depositarsi rottami e scarti del mare. I Mugi adesso si trovavano nel grande salone della casa dove vivevano Yama e Pipe, un salone ampio dalle pareti di pietra scura che ricordava quelli dei castelli medievali, soprattutto a causa del grandissimo camino che dominava una delle pareti brevi e il lungo tavolo di legno massiccio che occupava gran parte della sala. Ai lati del camino si aprivano due porte: una conduceva ad una piccola stanza che a sua volta portava in cucina, e varcando l’altra si arrivava alle scale, da dove si saliva ai piani superiori, dove c’erano le stanze di Yama e di Pipe, o, tramite un’altra porta, si andava in un corridoio dove affacciavano le stanze del pianterreno. Sulla parete opposta a quella del camino si apriva il portone d’ingresso. Non c’erano finestre, salvo un rosone sopra la porta principale e due bifore ai lati della porta. L’illuminazione era dovuta tutta al grande lampadario su cui brillavano dei grossi ceri, amplificati poi da un gioco di specchi posizionati tra i ferri che componevano il lampadario stesso.

I pirati di Cappello di Paglia dormivano in una stanza in disuso al pianterreno, una camerata una volta destinata alla servitù della grande casa, che Pipe aveva aperto con una chiave pescata in un grande e tintinnante mazzo. In realtà Yama aveva offerto loro due o tre delle camere padronali del primo piano, ma i pirati avevano preferito una soluzione più spartana, dicendo che non era loro intenzione arrecare troppo disagio e che sarebbero ripartiti appena Franky fosse riuscito a costruire un’imbarcazione con la quale tornare all’isola precedente o andare a quella successiva, per trovare i materiali adatti ad una nave che avrebbe sostituito la Thousand Sunny. In realtà tutti loro, al di là di una sensazione di inquietudine che li aveva colti dal momento in cui, sulla spiaggia, avevano sentito le note di Scotland the Brave, preferivano rimanere sulla difensiva e non abbassare la guardia; coloro che si erano ripresi, inoltre, facevano muro attorno a Sanji e Nico Robin, assicurandosi che Chopper avesse tutta la tranquillità necessaria per rimetterli in sesto il prima possibile.

– Ma sono pronti o no? – insistè Rufy, abbassando di qualche decibel la sua richiesta.

– Non ho cestini, primo; secondo, l’isola è così piccola che per pranzo tornerete sicuramente qui, e probabilmente anche prima.

– Ma se mi viene fame prima? – piagnucolò il capitano.

– Resisti! – ringhiò il cuoco.

– Possiamo prendere qualche animale nella foresta. – ovviò Zoro. – Andiamo? –

In quel momento, dalla stanza dove dormivano tutti i Mugi, uscì Nico Robin, avvolta in una calda vestaglia verde scuro con gli orli di tartan verde e rosso. Avanzò tranquilla fino al grande tavolo da pranzo e si sedette accanto a Chopper. Sanji, che aveva ormai un radar incorporato per le sue signore, si voltò e andò verso di lei, sorprendendosi di trovarla già in piedi.

– Robin cara – esordì abbandonando la lite con il suo capitano, vassoio di biscotti in mano e tovagliolo appeso al braccio. – È un piacere vederti di nuovo in piedi! – cinguettò.

– …non è che adesso ci diresti di che color- – Brook cercò di intromettersi ma Sanji gli consigliò tramite calcio di rimandare la questione.

Nico Robin rise sommessamente, e accettò i biscotti che Sanji aveva con sé. Quel ragazzo era davvero un cuoco straordinario, era riuscito a tirare fuori dalla frugale credenza di Yama una colazione da hotel di lusso!

– Noi andiamo – annunciò Zoro ai presenti prima di seguire Rufy verso il portone d’ingresso.

– Aspettate… – Nico Robin sollevò la testa all’improvviso, come colta da uno strano sesto senso. – Dov’è Franky? –

– Era ancora in camera, quando sono uscito a preparare la colazione. – fece Sanji.

– Non c’era più, quando io mi sono alzata. – rispose l’archeologa.

– Qui non l’ho visto… – sussurrò Pipe, anche se nessuno seppe bene come interpretare la sua frase.

– Di sicuro non è passato per di qui, a meno che non sia stato incredibilmente silenzioso. – disse Sanji.

– Stavi usando l’Ambizione? – chiese Zoro, pratico.

– No. – si rammaricò il cuoco. Non poteva avere la certezza, dunque, che Franky non fosse uscito alla chetichella dalla casa. – Ma avrei sentito chiudersi il portone dell’ingresso. – disse.

– Allora è tutto a posto. – risolse Rufy. – Sarà andato a vedere il resto della casa!

– Potrebbe essere andato ai piani superiori – notò Chopper. – Una volta usciti dalla nostra stanza, o si salgono le scale o si arriva nel salone.

– Sarà… – disse Sanji affacciandosi ad una delle finestre che davano sulla facciata della casa.

Erano tutti abbastanza preoccupati per il carpentiere, in realtà. L’affondamento della Sunny era stato un duro colpo per tutti, ma lui l’aveva accusato particolarmente. Non poteva essere altrimenti: quella nave era la materializzazione non solo del suo orgoglio come carpentiere e come artista nel suo settore, ma anche il modo per realizzare il suo sogno.

– Dovremmo cercarlo…? – domandò Brook.

– La precedenza a Nami e Usopp, potrebbero essere in pericolo. – ruggì Zoro, col consenso di Rufy.

– Forse è andato a dare un’occhiata in giro, non è il caso di preoccuparsi. – disse Robin sorseggiando del caffè. – Semmai sentiremo delle urla, o rumore di metallo sventrato, forse…

– Torneremo il prima possibile. – troncò il lugubre discorso Zoro.

Era un compito che di solito aveva Usopp, quello di frenare le tenebrose fantasie di Nico Robin.

– Ehi! Gente in avvicinamento – avvertì Sanji, che era ancora affacciato ad una delle finestre.

– Quanti sono? – Zoro sguainò le spade e uscì dalla casa; poi tornò sui suoi passi perché era entrato in uno sgabuzzino per le scope invece di varcare l’ingresso principale.

– Quattro – rispose il cuoco aguzzando la vista. – È USOPP!!! – gridò.

Immediatamente tutti i Mugi si affacciarono alle finestre della facciata, spintonandosi increduli.

– Speravo che Nami fosse con lui. – ringhiò Zoro. – E chi sono quei tre? –

– Benn Beckman, Vanja la Chiacchiera e Yasopp da Shiropp. Ciurma di Shanks il Rosso. –

Tutti si voltarono verso Nico Robin; a lei non serviva affacciarsi alla finestra, due occhi erano silenziosamente apparsi sopra al davanzale dove si era affacciato Sanji.

– Shanks?! – esclamò Rufy

– Shanks il Rosso è su quest’isola?! – si spaventò Chopper.

– Hanno preso Usopp come prigioniero? – domandò Brook sporgendosi verso Sanji.

– Non sembra proprio – rispose lui stringendosi nelle spalle. – Non è legato, né lo stanno minacciando. E poi, diamine! – guardò lo scheletro. – Yasopp è suo padre! Forse erano nei paraggi e l’hanno raccolto. –

– Che facciamo, Rufy? –

– Rufy? –

Una scheggia impazzita era saltata giù dal davanzale ed era atterrata davanti all’ingresso della tenuta. Benn, Vanja e Yasopp si schierarono immediatamente in posizione di difesa, ma fortunatamente Usopp li sorpassò correndo e si buttò tra le braccia di Rufy, evitando che i tre pirati passassero dalla difesa all’attacco.

 

~

 

– Shanks ti manda i suoi saluti, capitano dal cappello di paglia! – esordì Benn, in qualità di vice, una volta che fu fatto accomodare da Pipe, che intanto si era svegliata per il trambusto, al tavolo del grande salone, mentre accendeva una sigaretta facendo scattare il suo accendino blu.

– Come sta? È su quest’isola? – domandò subito Rufy.

– Sta benone, è sulla nave. Siamo alla fonda sulla costa opposta.

– Che ci fate qui? –

Yama, in vestaglia da camera accanto al camino, non aveva proferito parola per tutto il tempo; era piuttosto seccato che degli ospiti fossero stati fatti entrare in casa sua senza chiedergli il benché minimo parere, salvo delle scuse da parte della donna dai capelli mori. Adesso sembrava molto attento alle parole del pirata appena arrivato.

Benn Beckman non si fece cogliere impreparato: – L’isola era sulla nostra rotta, ne abbiamo approfittato per riposarci e fare provviste. –

– Purtroppo c’è poco da recuperare. – s’intromise Sanji pensando alle difficoltà nel preparare la colazione.

A Rufy bastò quella breve frase per distrarsi e andare a sentire cosa raccontasse Yasopp, che infervorato dagli occhioni sognanti di Chopper stava raccontando ai presenti di come, da ragazzo, avesse sconfitto la grande Tribù dei Piedi che Ballano, una popolazione di nobili guerrieri pirati contrabbandieri cannibali schiavisti che vivevano nel Mare Occidentale.

– Ohhh, Usopp, tuo padre è fenomenale!! – urlettava la renna.

– È un mito!! – caldeggiò subito Rufy.

– Allora è una cosa ereditaria… – brontolò Zoro, in disparte, verso Lucky Lou.

– Noi ci abbiamo fatto il callo. – rispose il pirata del Rosso, sogghignando e sgranocchiando un cosciotto che aveva portato con sé come merenda di metà mattina.

– Signor Yasopp, la prego, racconti di quando ha sbaragliato il Grande Capo Gigante delle Piovre Nere!! – supplicò Pipe.

– Anche tu?! – si rigirarono all’unisono Sanji e Zoro.

– Ehi, Yasopp! – lo richiamò Benn ciccando in un bicchierino pieno d’acqua. – Dobbiamo tornare indietro. Grazie per il caffè. – concluse, rivolto a Sanji.

Yama si offrì di far loro strada.

– Ehm… – fece Sanji un po’ esitante, rivolto al pistolero. – È da quando sono naufragato che non fumo una sigaretta… ecco… –

– Sei fumatore?

– È una ciminiera. – disse Zoro passando vicino a loro diretto all’ingresso.

Benn Beckman sospirò, poi si frugò nelle tasche del pantalone. – Tieni, ragazzo. Fattele bastare. –

– Grazie! – rispose emozionato Sanji, prendendo una sigaretta dal pacchetto che Benn gli porgeva.

– Prendilo tutto, io ho la scorta alla nave. – concesse Beckman alzandosi in piedi e prendendo per sé solo una sigaretta per il viaggio di ritorno. – Allora… – disse rivolto ai pirati di Cappello di Paglia – Chi viene con noi a prendere la piccola Nami? –

 

~

 

Nami era stesa nella brandina dell’infermeria della Red Force. Respirava a fatica, ogni tanto tossiva, ma la febbre stava scendendo e Ftoros, il medico di bordo di Shanks, entrava di tanto in tanto a controllare che tutto fosse sotto controllo.

La navigatrice però, nonostante la debolezza, aveva sempre le orecchie e gli occhi ben spalancati, e raccoglieva tutti gli indizi che poteva su quella ciurma che la ospitava, un po’ per curiosità e un po’ per prudenza: era grata a Shanks, ma non si fidava completamente di pirati a lei ancora estranei. Chiedeva a Ftoros informazioni sulle medicine che le somministrava, e faceva domande senza troppi scrupoli persino allo stesso capitano, una volta abituatasi all’idea che quell’imperatore non faceva davvero paura, e Rufy aveva ragione a descriverlo come un buon diavolo.

“Ma sempre diavolo rimane”, pensava Nami, che si arrovellava su come quell’uomo potesse essere diventato un imperatore: sembrava che gli articoli di giornale che parlavano di lui descrivessero un’altra persona, perché il capitano della Red Force tutto sembrava fuorché spietato e pericoloso, con quell’aria da eterno ragazzo, pronto al bere e dalla battuta facile.

Da quando Usopp era andato via per cercare informazioni sulla loro ciurma, Nami era rimasta sola nell’infermeria, a guardare le venature di legno delle travi sul soffitto e a sentire gli uomini che cantavano sul ponte della nave, sopra la sua testa.

In fondo, pensava, non volevano ucciderla né farle del male, o l’avrebbero fatto ben prima. Shanks le aveva detto chiaro e tondo che, se non fossero riusciti a trovare notizie della loro ciurma su quell’isola, avrebbero lasciato lei e Usopp su quella successiva, e naturalmente in un luogo sicuro, non sulla soglia di una base militare!

E se non li avessero trovati mai più? Pensò Nami. Se il mare li avesse inghiottiti tutti? Se non avrebbe sentito mai più le loro voci? Uno ad uno richiamò alla memoria i suoi amici, la loro voce suonava limpida nella sua testa. Erano tutti fortissimi, pirati valorosi e naviganti esperti. Non potevano essere morti! Ma alcuni di loro avevano un Frutto del Diavolo, e se erano…?

No, non poteva essere. Zoro e Sanji non l’avrebbero mai permesso. E se anche loro fossero…? Se non avessero trovato un relitto cui aggrapparsi?

La ragazza sospirò, si passò una mano sotto la gola sentendola ancora bruciare per la febbre, e si inabissò sotto le coperte. Sparì dalla vista, e di lei non rimase altro che un rigonfiamento sotto le coltri. Sporse una mano fuori dalle coperte, arraffò il cuscino, e trascinò pure lui sotto le coperte.

– Nami! Dov’è Nami?! –

– Shhh! Siamo sulla nave di un imperatore! Ci uccideranno!!

Nami spalancò gli occhi sotto le trapunte, non vedendo altro che nero.

Le voci dei suoi compagni nella sua testa erano ancora più vivide di quanto credesse.

All’improvviso l’uscio si spalancò con un botto, e la porta sbattè contro la parete.

– NAMI! –

La navigatrice si alzò a sedere di scatto sul letto, e vide sulla soglia dell’infermeria Sanji e Chopper.

Nei ricordi di Nami non sarebbe mai rimasto il momento in cui medico e cuoco coprirono la distanza tra porta e letto: un attimo prima erano sulla porta a fissarla sorridenti, e l’attimo dopo erano stretti in un abbraccio, tra lacrime e risate.

– Nami, tesoro! – Sanji emanava cuori che si disperdevano nella stanza; Benn Beckman, affacciatosi all’uscio, avvicinò la brace della sigaretta ad uno di essi, e il cuoricino scoppiò come una bolla di sapone.

Chopper, nella solita forma ibrida, era salito sulle coperte e l’aveva abbracciata di slancio, sedendosi tra le sue gambe e affondando il viso nella grande felpa da uomo che la copriva, singhiozzando e piangendo senza freni, e quasi rischiava di essere soffocato da Sanji, sopraggiunto subito dopo, che seduto sul letto stringeva la compagna, non permettendole di vedere nient’altro che il blu scuro del suo completo.

Nami per un istante pensò di quantificare in Berry il valore di quell’abbraccio, ricattare Sanji e farsi cucinare le ricette più complicate a base di agrumi, ma poi strinse i denti mentre con un braccio stringeva il biondino e con l’altro la renna e ringhiò:  – Perché diavolo ci avete messo tanto?! –

Soffocò le lacrime e si aggrappò al compagno, e Sanji molto coraggiosamente rimandò l’epistassi e continuò ad accarezzarle la testa.

– Oh, Nami! – singhiozzava Chopper – Nami, eravamo tutti preoccupati…! –

– Stiamo tutti bene. Siamo tutti vivi, mancavate solo tu e Usopp. – si affrettò a dire il cuoco.

– Che spettacolo patetico. – tuonò una voce facendosi largo tra i cuoricini.

– Zoro! – esclamò Nami sollevando la testa.

– Non dovevi aspettare a terra, stronzo? – marcò il territorio Sanji.

– No. – rispose semplicemente lo spadaccino, ghignando a Nami. – Se te la senti, posso portarti dagli altri anche subito – le disse spiccio, stringendo rudemente la mano che la navigatrice gli tendeva.

– “Posso portarti” le tue palle, Marimo! – s’infuriò Sanji, che già si era programmato una romantica passeggiata nella foresta con Nami tra le sue braccia che gli giurava amore eterno.

Un’ondata di Ambizione li investì in pieno.

Non li tramortì, ma fece loro drizzare i peli sulla schiena.

– Che ci fa. Tutta questa gente. Nella mia. Infermeria?! –

Ftoros era molto geloso della sua zona di lavoro.

   



 


Dietro le quinte...

Bentornati a tutti i lettori e grazie per aver letto anche questo capitolo! Eroici!! 

Un sentito ringraziamento alle ragazze della pagina Facebook "EFP - Fandom One Piece" che mi hanno aiutato a sbloccare la scena del ricongiungimento di Nami con i suoi amici! Grazie mille! Non sapevo davvero che pesci pigliare, chi mi legge da un po' sa che Nami non è proprio "materia mia", e che anche quando la tratto in coppia con Zoro mi faccio scudo del "non sappiamo bene come reagirebbe in situazione xy, quindi posso andare a naso". Qui no. Oda poi nell'ultimo capitolo *no spoiler* mi ha dato un altro po' di materiale quindi... viva Nami. 

Chiedo scusa a tutti gli studenti di architettura, design di interni e roba simile per la cartina da me disegnata: spero renda l'idea della casa in cui si stanno muovendo i protagonisti. Come da titolo, la pianta si riferisce al solo pianterreno. 

Mi farebbe molto piacere se voi lettori mi faceste sapere se la storia vi sta piacendo, se avete qualche teoria su quello che sta succedendo, anche se avete delle recriminazioni o se ho fatto errori, siete del tutto in libertà di farmeli notare!

Grazie a tutti quanti e a prestissimo!!

Yellow Canadair

  
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