Ritorno
a casa
Il mattino dopo, sulla Red Force, c’era movimento: era ora di
accompagnare Usopp alla villa della collina, per chiedere se anche i suoi
abitanti avessero visto dei naufraghi.
– Hai fretta di rivedere Rufy, capitano? – domandò Curtis a mensa.
– Non rivedrò Rufy. – rispose Shanks agguantando un grosso cornetto
caldo che stava su un piatto al centro del tavolo con altri numerosi e
fragranti fratellini. – Abbiamo fatto una promessa… ci rivedremo quando sarà
diventato un vero pirata.
– Senza nave, non è nemmeno un capitano. – sospirò tristemente Lucky
Lou mentre mangiava un grosso cosciotto di mucca, per cominciare con sprint la
giornata.
– Non sarà capitano, ma è certamente un valido pirata! – lo difese
Yasopp sventolando un manifesto da ricercato fresco di stampa. – Dressrosa
distrutta e Flottaro sconfitto! Carta canta! Mio figlio non è certo nella
ciurma del primo novellino che passa! –
– Certo! – sorrise Shanks. – Ma non è un gran momento per lui, avremo
tempo di vederci quando sarà un vero pirata… completo di nave! Benn, te ne puoi
occupare tu? –
Il vice fece un cenno d’assenso con la testa, poi si andò a sedere
accanto al suo capitano.
– Non è il ragazzo il problema, vero? – disse in un sussurro, mentre si
versava del caffè. Shanks annuì.
Si erano accorti che la ragazza di nome Nami era gentile con loro,
rispettosa e tranquilla. Ma era anche un tipetto sveglio, e fin troppo svelto.
Si perdeva sulla Red Force con troppa facilità per essere un navigatore, e
Shanks avrebbe giurato che stesse cercando di capire che cosa avesse spinto un
imperatore su un’isola come quella. Da sola non avrebbe potuto fare molto,
anche volendo, ma la prudenza non era mai troppa, specie nella Rotta Maggiore.
Per questo avevano deciso di risolvere la faccenda dei due ragazzi nel
minor tempo possibile.
Mezz’ora dopo, infatti, Usopp camminava dietro quegli uomini grossi e
muscolosi, sforzandosi di tenere il loro passo e di non far sentire loro i
denti che gli battevano e il cuore che tremava al pensiero di cos’avrebbero
potuto incontrare in quell’orribile e umida isola. Oltretutto era sicurissimo
che quei pirati riuscissero a percepire le sue emozioni con l’Ambizione della
Percezione, cosa che contribuiva al suo nervosismo e gli faceva sudare le mani
anche se faceva un gran freddo! Accidenti! Sarebbe morto di paura prima del
tramonto, se lo sentiva!
Bastava guardarli in faccia, quei tre tipacci, per morire di terrore!
Gli anfibi militari, i fucili più alti di loro, i mantelli scuri e i volti
devastati dalle cicatrici, testimoni di chissà che orribili carneficine! E la
cosa che lo sconcertava di più era che uno di quei tipacci… era suo padre
Yasopp.
Non era come se lo immaginava. Certo, aveva letto sul giornale degli
articoli sulla ciurma di Shanks, e aveva guardato con ammirazione il suo avviso
di taglia, ma in realtà quando lui pensava “mio padre”, gli veniva in mente lo
Yasopp magrolino e un po’ provinciale che abitava in una fotografia sbiadita
sul comò della camera da letto di Banchina. Era così che aveva imparato a
conoscerlo, era così che lo immaginava quando, troppo piccolo per leggere i
giornali, raccontava alla madre morente che il suo amato pirata stava tornando
da lei, l’avrebbe abbracciata e l’avrebbe curata.
Usopp strinse i denti al ricordo di sua madre, e al ricordo di tutte
quelle bellissime avventure che lei gli raccontava. Diceva sempre che il papà
era lontano, è vero, e che li aveva lasciati soli, però gli diceva anche che
l’aveva fatto per inseguire il suo sogno, per essere libero, e che non era
giusto tenerlo prigioniero su un’isola piccola piccola, era come tenere un
uccellino in gabbia sul balcone di casa.
Il risultato era… quella situazione. Il padre davanti a lui che
camminava spedito nella boscaglia e suoi amici altrettanto inquietanti che lo
spalleggiavano e che ogni tanto lo prendevano in giro per istigarlo a parlare.
Invece Yasopp e Usopp rimanevano in silenzio, imbarazzati.
I tre pirati si fermarono all’improvviso: la boscaglia era finita e
loro erano arrivati in una radura in mezzo alla foresta, invasa da alti sterpi
che rendevano impossibile proseguire senza un buon lavoro di lame. Benn Beckman
ne approfittò per accendersi una sigaretta mentre Yasopp e Vanja studiavano la
posizione in cui si trovavano.
– Ehi, ragazzo, vieni un po’ qui. – tuonò il Vice di Shanks.
Usopp, colto alla sprovvista, sobbalzò. Avrebbe tanto voluto girare i
tacchi e mettersi a correre più veloce del vento, ma era rigido come un pezzo
di legno e difficilmente avrebbe percorso più di qualche metro. Si avvicinò
lentamente a Benn, notando che armeggiava con qualcosa che era andato ad
incastrarsi nella tasca sinistra dei suoi pantaloni.
Yasopp e il colossale Vanja gesticolavano a qualche metro più in là e
sembravano nel bel mezzo di una discussione.
Tra le dita di Beckman brillò un bagliore sinistro.
Voleva ucciderlo! L’avevano trascinato fuori dalla nave con la scusa di
andare a cercare notizie di Rufy ma in realtà volevano solo sgozzarlo come un
capretto senza sporcare la nave!!
Forse allora Nami era già morta!!! L’avevano fatta in mille pezzi
mentre lui era in mensa a fare colazione e l’avevano buttata a mare, oppure
l’avevano mangiata!
Usopp deglutì a vuoto, ma sembrava che la saliva fosse sparita dalla
sua bocca. A fatica mise un piede davanti all’altro e riuscì ad arrivare ad un
paio di metri dal pirata. Chissà, forse sarebbe riuscito ad evitare la
coltellata, forse l’adrenalina avrebbe fatto il miracolo… forse sarebbe stato
così rapido da non sentire il dolore.
– Vuoi? –
In una mano Benn aveva un accendino scintillante; nell’altra, tesa
verso Usopp, un pacchetto di sigarette aperto.
Usopp fissava i filtri arancioni e bianchi nella scatoletta.
– Rilassati, ragazzino. – sorrise ironico Beckman. Il tempo
dell’offerta era evidentemente scaduto, e il pacchetto di sigarette era
sparito. – Se avessimo voluto farti fuori l’avremmo fatto prima. Yasopp! –
chiamò.
Il cecchino si voltò.
– Manca poco alla casa, vero? –
Yasopp si voltò verso Vanja, il navigatore. Questi gesticolò
animatamente verso Benn.
Siamo vicini, un’ora al massimo
e ci saremo.
La grande scimmia che accompagnava Vanja sottolineò la frase con alti
strilli.
Usopp non si sarebbe mai abituato a quei dialoghi muti, ma era
incantato dall’abilità di segnare non solo di Vanja, ma anche dei suoi amici:
non c’era un solo compagno della sua ciurma che non lo capisse. La scimmia,
Roccia, non lo perdeva mai di vista, tanto che a volte sembrava essere una sorta
di balia, per il pirata; Usopp non sapeva se ridere o meno quando, a colazione,
la scimmia si era arrabbiata perché Vanja non usava il tovagliolo.
– Un’ora e ci siamo – ripetè Yasopp a beneficio del figlio.
– Andiamo avanti, Vanja – disse Benn alzandosi e battendo una pacca
sulla spalla del navigatore.
I due uomini si incamminarono facendosi largo tra la macchia umida con
spade e katane, e Yasopp rimase indietro con suo figlio.
– Mi dispiace non essere stato… molto diplomatico, ieri sera. Ero
convinto lo sapessi. – mormorò Yasopp.
– Mamma non me l’aveva mai detto. – rispose il ragazzo sorridendo
tristemente. – Come mai… insomma, perché è finita? – Usopp aveva paura nel
porre quelle domande, significava infrangere il sogno che Banchina aveva cucito
per lui, bambino. Ma chissà se e quando avrebbe rivisto il padre, e quella era
una bugia che stava vivendo da diciassette anni.
– Voleva che vivessi il mio sogno, senza legami ad ostacolarlo. –
rispose con sincerità Yasopp.
Usopp si fermò in mezzo al sentiero. – Ma… è esattamente quello che mi
diceva lei. Diceva che era orgogliosa di te per la tua scelta, e non avrebbe
impedito a nessun legame di ostacolarti…
– …lei cosa? –
– Era orgogliosa della tua scelta… – sussurrò Usopp chinando la testa. –
E non avrebbe impedito a nessun… –
Yasopp di Shiropp abbracciò suo figlio, ma in realtà stava stringendo a
sé quello che di Banchina rimaneva sulla Terra.
– …non avrebbe impedito a nessun legame di ostacolarmi… quindi
decidemmo di sciogliere il matrimonio, di comune accordo. – completò il padre.
Banchina non aveva mai mentito; aveva solo deciso di non dire a suo
figlio un particolare trascurabile.
~
– Sanjiiii!! – strillò Rufy – Sono pronti i cestini da pirata? –
– Vuoi abbassare la voce?! – fu il repentino rimprovero del cuoco,
consegnato con un aggraziatissimo calcio nelle gengive del capitano. – La mia
dolce Robin e la piccola Pipe stanno ancora dormendo! –
Era da poco sorto il sole e Rufy, Zoro e Franky erano pronti ad andare
in ricognizione su una spiaggia indicata loro da Yama, dove a suo dire era lì,
che in caso di forti mareggiate, andavano a depositarsi rottami e scarti del
mare. I Mugi adesso si trovavano nel grande salone della casa dove vivevano
Yama e Pipe, un salone ampio dalle pareti di pietra scura che ricordava quelli
dei castelli medievali, soprattutto a causa del grandissimo camino che dominava
una delle pareti brevi e il lungo tavolo di legno massiccio che occupava gran parte
della sala. Ai lati del camino si aprivano due porte: una conduceva ad una
piccola stanza che a sua volta portava in cucina, e varcando l’altra si
arrivava alle scale, da dove si saliva ai piani superiori, dove c’erano le stanze
di Yama e di Pipe, o, tramite un’altra porta, si andava in un corridoio dove
affacciavano le stanze del pianterreno. Sulla parete opposta a quella del
camino si apriva il portone d’ingresso. Non c’erano finestre, salvo un rosone
sopra la porta principale e due bifore ai lati della porta. L’illuminazione era
dovuta tutta al grande lampadario su cui brillavano dei grossi ceri,
amplificati poi da un gioco di specchi posizionati tra i ferri che componevano
il lampadario stesso.
I pirati di Cappello di Paglia dormivano in una stanza in disuso al
pianterreno, una camerata una volta destinata alla servitù della grande casa,
che Pipe aveva aperto con una chiave pescata in un grande e tintinnante mazzo.
In realtà Yama aveva offerto loro due o tre delle camere padronali del primo
piano, ma i pirati avevano preferito una soluzione più spartana, dicendo che
non era loro intenzione arrecare troppo disagio e che sarebbero ripartiti
appena Franky fosse riuscito a costruire un’imbarcazione con la quale tornare
all’isola precedente o andare a quella successiva, per trovare i materiali
adatti ad una nave che avrebbe sostituito la Thousand Sunny. In realtà tutti
loro, al di là di una sensazione di inquietudine che li aveva colti dal momento
in cui, sulla spiaggia, avevano sentito le note di Scotland the Brave,
preferivano rimanere sulla difensiva e non abbassare la guardia; coloro che si
erano ripresi, inoltre, facevano muro attorno a Sanji e Nico Robin,
assicurandosi che Chopper avesse tutta la tranquillità necessaria per
rimetterli in sesto il prima possibile.
– Ma sono pronti o no? – insistè Rufy, abbassando di qualche decibel la
sua richiesta.
– Non ho cestini, primo; secondo, l’isola è così piccola che per pranzo
tornerete sicuramente qui, e probabilmente anche prima.
– Ma se mi viene fame prima? – piagnucolò il capitano.
– Resisti! – ringhiò il cuoco.
– Possiamo prendere qualche animale nella foresta. – ovviò Zoro. –
Andiamo? –
In quel momento, dalla stanza dove dormivano tutti i Mugi, uscì Nico
Robin, avvolta in una calda vestaglia verde scuro con gli orli di tartan verde
e rosso. Avanzò tranquilla fino al grande tavolo da pranzo e si sedette accanto
a Chopper. Sanji, che aveva ormai un radar incorporato per le sue signore, si
voltò e andò verso di lei, sorprendendosi di trovarla già in piedi.
– Robin cara – esordì abbandonando la lite con il suo capitano, vassoio
di biscotti in mano e tovagliolo appeso al braccio. – È un piacere vederti di
nuovo in piedi! – cinguettò.
– …non è che adesso ci diresti di che color- – Brook cercò di
intromettersi ma Sanji gli consigliò tramite calcio di rimandare la questione.
Nico Robin rise sommessamente, e accettò i biscotti che Sanji aveva con
sé. Quel ragazzo era davvero un cuoco straordinario, era riuscito a tirare
fuori dalla frugale credenza di Yama una colazione da hotel di lusso!
– Noi andiamo – annunciò Zoro ai presenti prima di seguire Rufy verso
il portone d’ingresso.
– Aspettate… – Nico Robin sollevò la testa all’improvviso, come colta
da uno strano sesto senso. – Dov’è Franky? –
– Era ancora in camera, quando sono uscito a preparare la colazione. –
fece Sanji.
– Non c’era più, quando io mi sono alzata. – rispose l’archeologa.
– Qui non l’ho visto… – sussurrò Pipe, anche se nessuno seppe bene come
interpretare la sua frase.
– Di sicuro non è passato per di qui, a meno che non sia stato
incredibilmente silenzioso. – disse Sanji.
– Stavi usando l’Ambizione? – chiese Zoro, pratico.
– No. – si rammaricò il cuoco. Non poteva avere la certezza, dunque,
che Franky non fosse uscito alla chetichella dalla casa. – Ma avrei sentito
chiudersi il portone dell’ingresso. – disse.
– Allora è tutto a posto. – risolse Rufy. – Sarà andato a vedere il
resto della casa!
– Potrebbe essere andato ai piani superiori – notò Chopper. – Una volta
usciti dalla nostra stanza, o si salgono le scale o si arriva nel salone.
– Sarà… – disse Sanji affacciandosi ad una delle finestre che davano
sulla facciata della casa.
Erano tutti abbastanza preoccupati per il carpentiere, in realtà.
L’affondamento della Sunny era stato un duro colpo per tutti, ma lui l’aveva
accusato particolarmente. Non poteva essere altrimenti: quella nave era la
materializzazione non solo del suo orgoglio come carpentiere e come artista nel
suo settore, ma anche il modo per realizzare il suo sogno.
– Dovremmo cercarlo…? – domandò Brook.
– La precedenza a Nami e Usopp, potrebbero essere in pericolo. – ruggì
Zoro, col consenso di Rufy.
– Forse è andato a dare un’occhiata in giro, non è il caso di
preoccuparsi. – disse Robin sorseggiando del caffè. – Semmai sentiremo delle
urla, o rumore di metallo sventrato, forse…
– Torneremo il prima possibile. – troncò il lugubre discorso Zoro.
Era un compito che di solito aveva Usopp, quello di frenare le
tenebrose fantasie di Nico Robin.
– Ehi! Gente in avvicinamento – avvertì Sanji, che era ancora
affacciato ad una delle finestre.
– Quanti sono? – Zoro sguainò le spade e uscì dalla casa; poi tornò sui
suoi passi perché era entrato in uno sgabuzzino per le scope invece di varcare
l’ingresso principale.
– Quattro – rispose il cuoco aguzzando la vista. – È USOPP!!! – gridò.
Immediatamente tutti i Mugi si affacciarono alle finestre della
facciata, spintonandosi increduli.
– Speravo che Nami fosse con lui. – ringhiò Zoro. – E chi sono quei
tre? –
– Benn Beckman, Vanja la Chiacchiera e Yasopp da Shiropp. Ciurma di
Shanks il Rosso. –
Tutti si voltarono verso Nico Robin; a lei non serviva affacciarsi alla
finestra, due occhi erano silenziosamente apparsi sopra al davanzale dove si
era affacciato Sanji.
– Shanks?! – esclamò Rufy
– Shanks il Rosso è su quest’isola?! – si spaventò Chopper.
– Hanno preso Usopp come prigioniero? – domandò Brook sporgendosi verso
Sanji.
– Non sembra proprio – rispose lui stringendosi nelle spalle. – Non è
legato, né lo stanno minacciando. E poi, diamine! – guardò lo scheletro. –
Yasopp è suo padre! Forse erano nei paraggi e l’hanno raccolto. –
– Che facciamo, Rufy? –
– Rufy? –
Una scheggia impazzita era saltata giù dal davanzale ed era atterrata
davanti all’ingresso della tenuta. Benn, Vanja e Yasopp si schierarono
immediatamente in posizione di difesa, ma fortunatamente Usopp li sorpassò
correndo e si buttò tra le braccia di Rufy, evitando che i tre pirati
passassero dalla difesa all’attacco.
~
– Shanks ti manda i suoi saluti, capitano dal cappello di paglia! – esordì
Benn, in qualità di vice, una volta che fu fatto accomodare da Pipe, che
intanto si era svegliata per il trambusto, al tavolo del grande salone, mentre
accendeva una sigaretta facendo scattare il suo accendino blu.
– Come sta? È su quest’isola? – domandò subito Rufy.
– Sta benone, è sulla nave. Siamo alla fonda sulla costa opposta.
– Che ci fate qui? –
Yama, in vestaglia da camera accanto al camino, non aveva proferito parola per tutto il tempo; era piuttosto seccato che degli ospiti fossero stati fatti entrare in casa sua senza chiedergli il benché minimo parere, salvo delle scuse da parte della donna dai capelli mori. Adesso sembrava molto attento alle parole del pirata appena arrivato.
Benn Beckman non si fece cogliere impreparato: – L’isola era sulla
nostra rotta, ne abbiamo approfittato per riposarci e fare provviste. –
– Purtroppo c’è poco da recuperare. – s’intromise Sanji pensando alle
difficoltà nel preparare la colazione.
A Rufy bastò quella breve frase per distrarsi e andare a sentire cosa
raccontasse Yasopp, che infervorato dagli occhioni sognanti di Chopper stava
raccontando ai presenti di come, da ragazzo, avesse sconfitto la grande Tribù
dei Piedi che Ballano, una popolazione di nobili guerrieri pirati
contrabbandieri cannibali schiavisti che vivevano nel Mare Occidentale.
– Ohhh, Usopp, tuo padre è fenomenale!! – urlettava la renna.
– È un mito!! – caldeggiò subito Rufy.
– Allora è una cosa ereditaria… – brontolò Zoro, in disparte, verso
Lucky Lou.
– Noi ci abbiamo fatto il callo. – rispose il pirata del Rosso,
sogghignando e sgranocchiando un cosciotto che aveva portato con sé come
merenda di metà mattina.
– Signor Yasopp, la prego, racconti di quando ha sbaragliato il Grande
Capo Gigante delle Piovre Nere!! – supplicò Pipe.
– Anche tu?! – si rigirarono all’unisono Sanji e Zoro.
– Ehi, Yasopp! – lo richiamò Benn ciccando in un bicchierino pieno
d’acqua. – Dobbiamo tornare indietro. Grazie per il caffè. – concluse, rivolto
a Sanji.
Yama si offrì di far loro strada.
– Ehm… – fece Sanji un po’ esitante, rivolto al pistolero. – È da
quando sono naufragato che non fumo una sigaretta… ecco… –
– Sei fumatore?
– È una ciminiera. – disse Zoro passando vicino a loro diretto
all’ingresso.
Benn Beckman sospirò, poi si frugò nelle tasche del pantalone. – Tieni,
ragazzo. Fattele bastare. –
– Grazie! – rispose emozionato Sanji, prendendo una sigaretta dal
pacchetto che Benn gli porgeva.
– Prendilo tutto, io ho la scorta alla nave. – concesse Beckman alzandosi in piedi e prendendo per sé solo una sigaretta per il viaggio di ritorno. – Allora… – disse rivolto ai pirati di Cappello di Paglia – Chi viene con noi a prendere la piccola Nami? –
~
Nami era stesa nella brandina dell’infermeria della Red Force.
Respirava a fatica, ogni tanto tossiva, ma la febbre stava scendendo e Ftoros,
il medico di bordo di Shanks, entrava di tanto in tanto a controllare che tutto
fosse sotto controllo.
La navigatrice però, nonostante la debolezza, aveva sempre le orecchie
e gli occhi ben spalancati, e raccoglieva tutti gli indizi che poteva su quella
ciurma che la ospitava, un po’ per curiosità e un po’ per prudenza: era grata a
Shanks, ma non si fidava completamente di pirati a lei ancora estranei.
Chiedeva a Ftoros informazioni sulle medicine che le somministrava, e faceva
domande senza troppi scrupoli persino allo stesso capitano, una volta abituatasi
all’idea che quell’imperatore non faceva davvero paura, e Rufy aveva ragione a
descriverlo come un buon diavolo.
“Ma sempre diavolo rimane”, pensava Nami, che si arrovellava su come
quell’uomo potesse essere diventato un imperatore: sembrava che gli articoli di
giornale che parlavano di lui descrivessero un’altra persona, perché il
capitano della Red Force tutto sembrava fuorché spietato e pericoloso, con
quell’aria da eterno ragazzo, pronto al bere e dalla battuta facile.
Da quando Usopp era andato via per cercare informazioni sulla loro
ciurma, Nami era rimasta sola nell’infermeria, a guardare le venature di legno
delle travi sul soffitto e a sentire gli uomini che cantavano sul ponte della
nave, sopra la sua testa.
In fondo, pensava, non volevano ucciderla né farle del male, o
l’avrebbero fatto ben prima. Shanks le aveva detto chiaro e tondo che, se non
fossero riusciti a trovare notizie della loro ciurma su quell’isola, avrebbero
lasciato lei e Usopp su quella successiva, e naturalmente in un luogo sicuro,
non sulla soglia di una base militare!
E se non li avessero trovati mai più? Pensò Nami. Se il mare li avesse
inghiottiti tutti? Se non avrebbe sentito mai più le loro voci? Uno ad uno
richiamò alla memoria i suoi amici, la loro voce suonava limpida nella sua
testa. Erano tutti fortissimi, pirati valorosi e naviganti esperti. Non
potevano essere morti! Ma alcuni di loro avevano un Frutto del Diavolo, e se
erano…?
No, non poteva essere. Zoro e Sanji non l’avrebbero mai permesso. E se
anche loro fossero…? Se non avessero trovato un relitto cui aggrapparsi?
La ragazza sospirò, si passò una mano sotto la gola sentendola ancora
bruciare per la febbre, e si inabissò sotto le coperte. Sparì dalla vista, e di
lei non rimase altro che un rigonfiamento sotto le coltri. Sporse una mano
fuori dalle coperte, arraffò il cuscino, e trascinò pure lui sotto le coperte.
– Nami! Dov’è Nami?! –
– Shhh! Siamo sulla nave di un imperatore! Ci uccideranno!!
Nami spalancò gli occhi sotto le trapunte, non vedendo altro che nero.
Le voci dei suoi compagni nella sua testa erano ancora più vivide di
quanto credesse.
All’improvviso l’uscio si spalancò con un botto, e la porta sbattè
contro la parete.
– NAMI! –
La navigatrice si alzò a sedere di scatto sul letto, e vide sulla
soglia dell’infermeria Sanji e Chopper.
Nei ricordi di Nami non sarebbe mai rimasto il momento in cui medico e
cuoco coprirono la distanza tra porta e letto: un attimo prima erano sulla
porta a fissarla sorridenti, e l’attimo dopo erano stretti in un abbraccio, tra
lacrime e risate.
– Nami, tesoro! – Sanji emanava cuori che si disperdevano nella stanza;
Benn Beckman, affacciatosi all’uscio, avvicinò la brace della sigaretta ad uno
di essi, e il cuoricino scoppiò come una bolla di sapone.
Chopper, nella solita forma ibrida, era salito sulle coperte e l’aveva
abbracciata di slancio, sedendosi tra le sue gambe e affondando il viso nella
grande felpa da uomo che la copriva, singhiozzando e piangendo senza freni, e
quasi rischiava di essere soffocato da Sanji, sopraggiunto subito dopo, che
seduto sul letto stringeva la compagna, non permettendole di vedere nient’altro
che il blu scuro del suo completo.
Nami per un istante pensò di quantificare in Berry il valore di
quell’abbraccio, ricattare Sanji e farsi cucinare le ricette più complicate a
base di agrumi, ma poi strinse i denti mentre con un braccio stringeva il
biondino e con l’altro la renna e ringhiò:
– Perché diavolo ci avete messo tanto?! –
Soffocò le lacrime e si aggrappò al compagno, e Sanji molto
coraggiosamente rimandò l’epistassi e continuò ad accarezzarle la testa.
– Oh, Nami! – singhiozzava Chopper – Nami, eravamo tutti preoccupati…!
–
– Stiamo tutti bene. Siamo tutti vivi, mancavate solo tu e Usopp. – si
affrettò a dire il cuoco.
– Che spettacolo patetico. – tuonò una voce facendosi largo tra i
cuoricini.
– Zoro! – esclamò Nami sollevando la testa.
– Non dovevi aspettare a terra, stronzo? – marcò il territorio Sanji.
– No. – rispose semplicemente lo spadaccino, ghignando a Nami. – Se te
la senti, posso portarti dagli altri anche subito – le disse spiccio,
stringendo rudemente la mano che la navigatrice gli tendeva.
– “Posso portarti” le tue palle, Marimo! – s’infuriò Sanji, che già si
era programmato una romantica passeggiata nella foresta con Nami tra le sue
braccia che gli giurava amore eterno.
Un’ondata di Ambizione li investì in pieno.
Non li tramortì, ma fece loro drizzare i peli sulla schiena.
– Che ci fa. Tutta questa gente. Nella mia. Infermeria?! –
Ftoros era molto geloso della sua zona di lavoro.