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Autore: Yellow Canadair    19/11/2015    3 recensioni
La ciurma di Cappello di Paglia si cerca confusa tra le onde. Franky piange senza ritegno davanti ai pochi rottami della sua creatura inghiottita dall'oceano. Hanno i vestiti strappati, sono stati travolti da travi e da onde, stringono i pochi oggetti scampati alla tragedia su un relitto che galleggia con loro. I ragazzi si fanno coraggio tra i flutti, cercano senza fortuna due dispersi. La notte morde con il suo freddo, il giorno bacia con la sua lingua rovente. Il sale spacca la pelle, la fame urla fra le viscere.
Stremati, approdano su una terra che esala umidi sospiri, le luci dell'ultima casa brillavano sul colle buio. E mentre i pirati dipanano il mistero di una Marine impazzita, un suono di cornamusa riempie l'aria...
Genere: Avventura, Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ciurma di Shanks, Monkey D. Rufy, Mugiwara, Nuovo personaggio, Shanks il rosso
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Scomparsi!


 


Quando alla casa sulla collina Nico Robin avvistò sul sentiero Sanji, Zoro e Chopper in versione Guard Point, con Nami affondata nel morbido e caldo pelo della groppa, immediatamente il portone si spalancò e Rufy fece festa alla sua navigatrice stritolando lei -e quindi Chopper- in un abbraccio gommoso.

Sanji protestò dicendo che stavano facendo prendere freddo alla sua dolcissima dea, facendola uscire dal bozzolo di pelo in cui stava, ma nessuno gli diede molta retta, allora Zoro non si fece scappare l’occasione per ricordargli che non aveva avuto l’onore di portarla in braccio come sperava, ma la sfiorata rissa fu interrotta da Brook, che separò i litiganti superandoli e domandò a Nami di che colore avesse l’intimo, e un sonoro pugno sul cranio del musicista convinse Chopper che la navigatrice, tutto sommato, era ben lungi dal tirare le cuoia. Fu portata nella camera da letto comune tra le grida emozionate di tutti, mentre Pipe e Yama guardavano un po’ in disparte tutte quelle effusioni.

Fu Nico Robin a spezzare quel loro imbarazzo e a presentarli alla navigatrice.

– Lui è Yama, il proprietario della villa. – disse l’archeologa. – E la ragazza si chiama Pipe. –

Yama sorrise e chinò brevemente il capo, Pipe sgranò gli occhioni e strinse di più la cornamusa che portava sempre con sé. – Lei è veramente bellissima – sospirò.

– Vero? La mia Nami è sempre meravigliosa! – gongolò Sanji, come se l’aspetto di Nami fosse merito suo.

La cartografa lo spostò di lato e ridacchiò rivolta a Pipe: – Ma cosa dici! Sei davvero un tesoro! – disse con falsa modestia.

– Ha mai provato a lucidare candelabri da corsa? – terminò Pipe estatica.

Nami aggrottò le sopracciglia e aprì la bocca per rispondere, confusa, ma Nico Robin, alle spalle di Pipe, le suggerì silenziosamente di assecondarla, con una muta promessa: “Ti spiego dopo”.

Tutti rientrarono in casa e si chiusero il portone alle spalle. Yama si ritirò nella piccola biblioteca della casa, al secondo piano, e Pipe rimase in compagnia dei pirati; Nami era con Chopper nella camerata e la rimanente comitiva si era riunita nel salone principale, chi seduto al tavolo e chi per terra, davanti al camino nel quale ardevano fiamme basse.

Ora che la sparizione di Nami e Usopp aveva avuto un felice epilogo, c’era da affrontare un problema più grave: Franky era ancora latitante.

– Non è ancora tornato? – domandò Zoro.

– No. E siamo andati in giro per tutta la villa, niente da fare. Non c’erano nemmeno tracce all’esterno, ed è strano perché il terreno è umido! Le orme nel fango le avremmo notate subito. – ragionò Usopp.

– Non avrà creato qualcosa che lo faccia volare? – si domandò Sanji.

Usopp scosse la testa: Franky, che lui sapesse, non si era ancora modificato fino a questo punto (anche se, conoscendolo, sarebbe stata solo questione di tempo).

– Lo vado a cercare. – risolse Rufy alzandosi dal pavimento, dove stava mordicchiando un cosciotto di gallina. Si diresse quasi di corsa verso l’ingresso, reggendosi con una mano il cappello di paglia sul capo.

– Vengo con te. – si accodò lo spadaccino alzandosi da capotavola.

– Arrivo anche io. – si propose Sanji, ma Zoro fece dietro-front e lo afferrò per una spalla, costringendolo a tornare sui suoi passi.

– Rimani qui e bada agli altri, Sopracciglio. Non mi fido di questo posto. – ruggì basso l’allievo di Mihawk.

Sanji annuì senza guardarlo negli occhi, e i due si separarono.

Il cuoco sospirò, affondò le mani nelle sue tasche e si girò verso l’interno della casa mentre Zoro e Rufy uscivano; quando sentì il rumore del portone che si chiudeva espirò e si avviò verso la loro camera da letto.

Se Zoro gli aveva detto di rimanere alla villa, pensò, era perché intuiva che Franky non se ne fosse affatto andato di sua volontà, e anche se al cuoco riusciva difficile immaginare che qualcuno riuscisse a rapire Franky, decise di fidarsi dell’intuito dello spadaccino e non abbassare la guardia, specie con tre membri della ciurma assenti.

Meglio informare gli altri del pericolo, però. Magari quella stupida testa d’alga s’era fatta solo condizionare dall’aspetto tetro dell’isola, ma Sanji sapeva che Zoro non era certo il tipo che si faceva impressionare da qualche albero scheletrico.

 

Attraversando il salone si passò una mano tra i capelli, socchiudendo gli occhi mentre sotto le dita sentiva la benda ruvida che gli cingeva la fronte; l’albero di mezzana aveva fatto un gran male, ma tutto sommato era ancora in piedi, e sebbene Chopper gli ripetesse spesso di non strapazzarsi, il cuoco non si sottraeva ai suoi compiti: erano tutti stanchi e demotivati in quel momento, era importante preparare da mangiare e dare alla ciurma, per quel poco che poteva, una parvenza di normalità in quella tragica emergenza.

Spinse la porta della stanza, che era socchiusa. Sorrise guardando la loro bandiera che Yama aveva permesso di appendere sul legno: Rufy l’aveva salvata all’ultimo secondo, prima che la Sunny si inabissasse, e poi era servita per medicarlo mentre erano ancora in mare. Il cuoco sfiorò la stoffa nera dove, sapeva, c’era ancora il suo sangue, poi entrò deciso nella camera.

Nami era già sotto le coperte, nel letto che sin dalla prima notte i suoi amici avevano destinato a lei. Chopper era lì vicino, le stava misurando la febbre e controllando il suo stato generale, anche se aveva subito detto che Ftoros era un bravissimo medico e l’aveva trattata con riguardo. Nella stessa stanza c’era Nico Robin, che stava sfogliando un libro che le aveva prestato Yama. La sua spalla non era ancora guarita del tutto, ma grazie alla piccola renna stava recuperando velocemente.

– Posso portarvi qualcosa da bere, dolci Veneri? – si offrì il ragazzo, seguito da un codazzo di cuori nati appena aveva posato lo sguardo su Robin e Nami.

– Grazie Sanji, sono a posto così. – sorrise Robin, accennando ad una tazzina di caffè ormai vuota sul suo comodino.

Sanji così aspettò la risposta di Nami, che però non arrivava. Il cuoco si sedette sul letto della ragazza, sul margine ai suoi piedi. – Sta risalendo la febbre? – chiese a Chopper sottovoce.

– È stabile poco sotto al trentotto. Si è addormentata poco fa. – rispose la renna.

– Non abbassare la guardia, Chopper. – sussurrò il cuoco. – Ora che tre di noi sono via, non voglio che succeda qualcosa.

– Siamo in pericolo?! – rabbrividì la renna.

– L’avevo intuito. – commentò serafica Nico Robin senza scomporsi.

– Non lo so. Ma meglio rimanere sulla difensiva finché non saremo tutti ritornati. – concluse Sanji prima di tornare sui suoi passi e dirigersi verso la cucina, deciso a mettere in guardia anche Usopp e Brook.

La cucina era silente a quell’ora di dopopranzo: la mattina era trascorsa rapidamente, tra il ritorno prima di Usopp e poi di Nami, e Rufy aveva preteso il suo pranzo subito dopo mezzogiorno. Ora che il capitano era andato via, trascinandosi dietro il troglodita, e non si sentiva né l’armeggiare di Franky né il violino di Brook, sembrava una di quelle notti alla fonda su isole vergini in cui tutti dormivano felici sulla Thousand Sunny.

Seduti al tavolo della cucina, ancora calda, c’erano Usopp e Brook che giocavano a carte, e Pipe teneva loro compagnia, seduta vicino al musicista; stringeva la sua cornamusa e guardava le carte in mano allo scheletro con aria assente. La mano di Sanji, nella tasca, sfiorò il pacchetto di sigarette datogli da Benn, con una gran voglia di fumarne una. Ma, lo sapeva, quelle sigarette dovevano bastargli per chissà quanto tempo quindi decise di resistere finché poteva.

– Puoi usare quella. – disse all’improvviso Pipe, senza staccare lo sguardo dalle carte di Brook.

Lo scheletro rispose: – Ma così faccio vincere Usopp… – credendo che la ragazza si riferisse alle carte.

Pipe però scosse la testa. – Al posto delle sigarette… – continuò, voltandosi finalmente verso il suo reale interlocutore, cioè Sanji. – Nel terzo cassetto, sotto il prato verde, c’è un barattolo… ci sono i bastoncini di cannella! –

Il cuoco andò ad aprire il terzo cassetto, rimanendo un po’ esitante a causa del “prato verde”. Ma sotto una tovaglia color clorofilla trovò davvero un barattolino pieno di bastoncini.

Non si seppe mai se i cuoricini gli uscirono per amore di un palliativo al desiderio di nicotina o, più probabilmente, per gratitudine verso Pipe, ma la ragazza guadagnò immediatamente un baciamano, un dissetante succo di frutta appena spremuto e la promessa di avere per merenda qualsiasi pietanza desiderasse.

– Sanji – pigolò lei. – Come stai? – chiese indicando la fasciatura che ancora cingeva la fronte del biondo.

Il cuoco sorrise. – Meglio, stellina. Ho la testa dura! E tu? –

– Sto bene… – la voce le si incrinò, e sorrise vaga. La mente aveva cominciato ad inseguire qualcos’altro. Sanji le accarezzò i riccioli mori e si rivolse serissimo ai due compagni: – State in guardia e non rimanete mai da soli. –  

Brook lo guardò gravemente, comprendendo. Usopp invece si girò di scatto verso di lui con il terrore negli occhi: – C-c-che vuoi dire?! Siamo in pericolo!?! – gli caddero le carte di mano e lo scheletro ne prese mentalmente nota.

– Siete in pericolo? – si allarmò Pipe.

Sanji sfoggiò il sorriso più elegante e rassicurante del suo repertorio. – Ma no, piccola Pipe. – disse. – Siamo solo preoccupati per il nostro amico Franky. –

– Padron Yama non gli vuole fare del male. –

– …cosa? – dissero all’unisono Sanji, Brook e Usopp.

Un urlo agghiacciante però sospese la conversazione, i tre uomini balzarono in piedi e Pipe si nascose istintivamente dietro lo scheletro.

– Era la voce di Chopper! – riconobbe il cecchino con le ginocchia che già facevano giacomo-giacomo.

Subito i quattro uscirono dalla cucina e arrivarono nel salone comune, e dalla porta del dormitorio dove avevano lasciato Chopper si affacciava Nico Robin.

– Dov’è Chopper? – gridò Sanji.

Anche Yama arrivò, scendendo le scale trafelato.

– Padron Yama, gli spiriti…! – gli corse incontro Pipe sull’orlo delle lacrime.

– No, Pipe, forza. Non prenderanno noi.

Usopp alla parola “spiriti” diventò bianco come un fazzoletto.

– Dov’è Chopper? – ripeté il cuoco alla ragazza della ciurma.

– Era andato in cucina a prendere dell’acqua… – cominciò Robin.

– Non è mai arrivato in cucina! – la contraddisse Brook.

– Robin! Che sta succedendo? – si aggrappò Nami all’archeologa, svegliata dall’improvviso trambusto.

– Vediamo… – cominciò a ragionare costei. – Franky è scomparso in circostanze misteriose, seguito da Chopper… io dire che potrebbero essere caduti in qualche trabocchetto. Questa è una casa molto antica, vero? Non mi meraviglierei né se gli antichi proprietari avessero inventato qualche mortale trappola contro i ladri, né se fosse maledetta… Yama, sa se è morto qualcuno qui? –

– CHE RAZZA DI DISCORSI FAI??? – pianse Usopp disperato.

– Brook, rimani con le ragazze. Usopp, vieni con me, dobbiamo cercare Chopper. – e se lo trascinò verso la buia tromba delle scale mentre il cecchino recitava strane preghiere in lingue solo a lui note.

In quel momento la porta del maniero si spalancò, ed entrò un trafelatissimo Monkey D. Rufy. – Ehi! – esclamò rivolto ai presenti. – Zoro è qui!? –

 

~

 

– Pendagli da forca! – ruggì Shanks il Rosso alla sua ciurma di bucanieri. – Siete pronti a prenderci il tesoro che ci spettava di diritto già vent’anni fa?! Siete pronti a mettere le mani sul tesoro minerario dell’isola di Skye?! Siete pronti a riportare alla luc-

– Dacci un taglio. – fece scocciato Benn Beckman, già con pale e picconi in spalla.

– Andiamo, Benn! – rispose gioviale il capitano. – Non sei contento? Siamo finalmente sulla pista giusta! Abbiamo trovato i classici due piccioni con una fava!

– Già, il tutto nell’unico giorno in cui non sei sceso a terra in avanscoperta. Dovrei lasciarti a smaltire la sbornia da solo più spesso.

– Non prendetevi meriti che non avete! – s’intromise Yasopp. – È solo grazie a mio figlio che abbiamo trovato l’ultima traccia della città mineraria, ricordate?

– “Il leggendario fattore C del sangue di Yasopp”. – sospirò Benn, recitando a memoria e alzando gli occhi al cielo.

Nami e Usopp erano stati trovati rintanati in un piccolo edificio quadrato con quattro porte, una per lato, e il tetto mezzo crollato. Del pavimento, ingombro di macerie e terra, non si vedeva più nulla, ma quando Vanja e Lucky Lou erano tornati sul posto qualche ora dopo, senza i due naufraghi, guardandolo alla luce forte del mezzogiorno non avevano avuto dubbi: quello non era un ricovero per animali, non era una stalla, e nemmeno una casa. Era un campanile. Per esattezza, la cella campanaria di un antico campanile, anche se ormai priva di campane.

– E comunque – puntualizzò il pistolero – È grazie a Juls che siamo riusciti a far luce su questa faccenda.

Curtis sorrise. – Sembra ieri che l’avevamo a bordo! Ancora mi fa strano entrare in mensa e non trovarla sul divano, davanti alla stufa! –

Gli omaccioni della ciurma borbottarono una risata bassa. La storia di Juls era una vera e propria tragedia, ma aveva avuto un epilogo felice. Era una ex-schiava che Benn e Shanks avevano liberato quasi per caso ma, dopo averla portata a bordo, strappata alla casa del Drago Celeste dove viveva, avevano scoperto una storia di violenze e torture, con tutte le conseguenze fisiche e psicologiche che comportava. Venirne fuori era stata una battaglia lunga e dura, però Beckman e il Rosso erano riusciti a trascinarla fuori da un tunnel che sembrava non avere uscite. L’incontro tra Juls e Benn, anni dopo, dette luogo alla fortuna del fioraio di Foosha che si trovò commissionato il compito di coprire di fiori l’intera Red Force per un matrimonio e, altri mesi dopo, quell’incontro giovò alla ciurma del Rosso la soluzione di un indovinello che avevano accantonato da anni…

 

Era scesa la sera sul porto di Foosha. Il mare luccicava calmo sotto il terso cielo stellato, un vento fresco sfiorava le vele ammainate, e il vessillo sfregiato sulla bandiera urlava contro la notte il nome del suo padrone. Le palme sul cassero ondeggiavano tra loro con un fruscio di frasche, i  flutti si infrangevano contro la carena e sotto il dragone rosso dal collo affusolato; da lontano sembrava piccino, ma quando Juls si avvicinò potè notare quanto in realtà fosse enorme, con le corna bianche che svettavano contro il cielo e il lungo collo sul quale si arrampicava un fregio scolpito nel legno tinto di rosso. Il vento le accarezzava i capelli biondi, sfatti in morbide onde, il manto nel quale era avvolta sfiorava il tavolato nonostante la ragazza fosse tutt’altro che di modesta statura.

Qualcuno suonava un’armonica a bocca, da qualche parte, forse l’uomo di guardia arrampicato sulla coffa, ad un passo dal cielo blu. Ogni tanto arrivava qualche parola della canzone che cantava, anche se per farlo smetteva per qualche istante di suonare.

“Guarda quel castello

È tuo, è tuo se lo vuoi...”

Juls arrivò fin sotto all’albero maestro, attirata dal suono dolce e malinconico dell’armonica che si perdeva nella sera. Si era addormentata subito dopo la grande cena sulla Red Force sul divano della sala comune, davanti alla stufa semispenta. I pirati, compagni di suo marito, l’avevano invitata a bordo per festeggiare il loro ritorno e brindare insieme, e a tarda notte invece di rincasare nella sua casetta di Foosha era crollata, e al risveglio si era trovata sola con un mantello stellato a coprirla; la stanza, salvo Shanks che russava alla grossa seduto al grande tavolo, abbracciato ad una bottiglia vuota, era deserta.

Aveva pensato bene di lasciar dormire il Rosso lì dov’era e in punta dei piedi aveva seguito la musica dell’armonica che veniva dall’esterno, fino a trovarsi sotto l’albero maestro.

Salire per andare a vedere chi suonasse era fuori discussione, visto che l’albero era spaventosamente alto e lei non aveva alcuna voglia di tentare la scalata con quel buio e quel freddo, quindi decise di fare qualche passo lì attorno, stretta in quello che aveva riconosciuto essere il mantello di Yasopp. Aveva il suo odore, che era un po’ dopobarba e un po’ polvere da sparo. Ad essere onesti anche sudore, ma Juls non vi si soffermò più di tanto.

D’un tratto nell’oscurità del ponte di prua, sul parapetto proprio di fianco al collo del dragone, una fugace fiammella illuminò il volto di un pirata seduto, nell’atto di accendere una sigaretta.

«Buongiorno!» sorrise ironico alla ragazza.

«Benn» lo salutò discreta Juls avvicinandosi «Che ore sono?» domandò sottovoce. Si era svegliata stralunata, e con il senso del tempo passato completamente perduto; se Beckman le avesse risposto che era mezzogiorno, avrebbe anche potuto credergli.

Ma il pistolero rispose: «Le due di notte, passate da un pezzo»

Juls si appoggiò esitante all’albero di trinchetto, il più vicino alla prua. Guardò il pirata mentre stringeva le scotte, regolando le vele. Era sempre rapita da quelle manovre, e si chiedeva quanta esperienza ci volesse per effettuarle in maniera così naturale e rapida, senza pensarci due volte. L’uomo sparì alla sua vista andando verso poppa, poi tornò nel giro di pochi secondi, scrutando l’orizzonte a prua in cerca di qualche nave.

“E dentro i viali di quel giardino

Ti ci ritroverai.

Ci hai vissuto per ore ed ore nei sogni tuoi”

Continuava la voce in lontananza. Juls si voltò per ascoltarla meglio, rilassata. Il vento le scompigliava i capelli, si strinse di più nel mantello.

«È Yasopp che canta» ruppe il silenzio Benn.

«Ha una bella voce» rispose lieve Juls «E un mantello caldo» aggiunse.

Beckman sorrise, e cinse le spalle della ragazza con il suo braccio. O almeno dal tono di voce pareva avesse sorriso, perché il buio non permetteva a Juls di vederlo bene in volto «Ti sei addormentata così in fretta che Shanks temeva ti fossi sentita male! Abbiamo preferito lasciarti dormire lì, piuttosto che rischiare di svegliarti.»

«Mi dispiace…» cincischiò la ragazza chinando la testa «Ero un po’ stanca…»

«Non ci pensare» fece indulgente il pistolero. Figurarsi se per loro era un problema, dove crollava addormentata. Purché stesse bene, purché si sentisse tranquilla. Anche se erano passati anni da quando l’avevano liberata, per tutti era ancora la piccola Juls da salvare, accudire e far sentire al sicuro.

«Caffè, Benn?» una voce fece voltare all’improvviso Juls, ma non la spaventò; la conosceva e aveva capito che portava sempre cose buone con sé: era Curtis, il cuoco. In realtà non era un cuoco vero e proprio, ma su una nave pirata ci si deve arrangiare e lui ai fornelli era il più bravo.

«Forse ne prende anche Juls» ruggì Benn accettando la tazza fumante che gli era stata offerta.

«Buonasera signorina!» sussurrò bonario il nuovo arrivato, dai i capelli biondi legati sulla nuca che formavano uno scopettino rigido e teso. «Vado a prenderne un’altra tazza» annunciò.

«Grazie» sussurrò, ma il pirata era già andato via per preparargliela.

Tornò nel giro di qualche minuto, e la ragazza lo ringraziò tantissimo prima che lui se ne tornasse sottocoperta per i fatti suoi. Sospirò, gustandosi il caffè zuccherato e scivolando con la schiena lungo l’albero maestro fino a sedersi per terra. Il caffè rimaneva in bocca per qualche istante per poi scivolarle nel cuore, lasciando una scia forte e calda dentro di lei.

Juls riconsiderò meglio l’idea di tornare a casa sua. Era tardi. C’era vento. L’aspettava il suo letto con la promessa di scaldarla finché lei avesse voluto, e Benn certo non l’avrebbe lasciata sola.

«Volevo ridare il mantello a Yasopp prima di andare a dormire.» disse d’un tratto al vice alzandosi pian piano in piedi «Tira molto vento lassù?» domandò quasi sovrappensiero, riferendosi alla coffa dove, a lei invisibile, il cecchino faceva la guardia alla nave mentre suonava l’armonica. Si sfilò mantello e lo porse al filibustiere, preoccupandosi che fosse restituito al proprietario.

«Noi siamo abituati» spiegò Benn avvicinandosi e rimettendoglielo sulle spalle. Poi incrociò di nuovo le braccia sul possente petto.

Guardarono insieme verso l’alto da dove proveniva il suono del piccolo strumento, e il vento faceva ondeggiare i loro mantelli e la gonna di Juls. Ancora due minuti e la ragazza sarebbe andata a dormire. Ancora due minuti e si sarebbe fatta accompagnare a casa. Solo la fine di quella canzone. Yasopp continuava a cantare:

“Favole sì, ne ho contate ma tante,

tante sai… detto tra noi,

io non sono un gigante,

draghi non ne ho ammazzati mai!”

Un’ora dopo Benn Beckman, di ritorno da un rapido consulto con il navigatore che si trovava a poppa, sospirò con fare rassegnato guardandola dormire ai piedi dell’albero di trinchetto, raggomitolata come un gattino nel mantello di Yasopp. E adesso? un conto era che si addormentasse in mensa, sul divano e al caldo, un conto era crollare nel mondo dei sogni sul ponte, dove si manovrava la nave e dove tirava vento.

Il pistolero si mise pollice e indice della mano sinistra in bocca e lanciò un lungo fischio cui seguì simile risposta nel giro di pochi attimi, proveniente dall’alto della coffa. Annunciata la sua assenza per qualche minuto dal turno di guardia, l’uomo aspirò le ultime due boccate dalla sigaretta e buttò in acqua il mozzicone; raccolse da terra Juls che dormiva profondamente e se l’accomodò in braccio. Diavolo, se era leggera. Se la sistemò come al solito, quasi eretta, con il capo posato sulla sua spalla e le sue braccia a sorreggerla dietro la schiena e sotto le gambe.

Benn si avviò sottocoperta diretto verso la sua cabina con la ragazza che dormiva quieta fra le sue braccia; ormai doveva essersi quasi inconsciamente abituata a stare lì. Certo però Benn non pensava che Juls fosse così a suo agio lassù da allacciargli le braccia al collo per dormire più comoda nell’incavo del suo collo taurino. Sgranò gli occhi a quel movimento e per qualche istante rimase interdetto e vagamente imbarazzato.

Cosa diamine stai sognando, ragazza?

Il mattino dopo Juls si svegliò nella cabina del marito, nel letto che sapeva più di uomo che di bucato, ma niente a cui lei non avesse fatto il callo, con un sorriso. Al suo fianco c’era Benn, anche lui sotto le coperte ma seduto, che sfogliava un libro.

«Quello è il mio libro» protestò Juls, con appena i capelli biondi e gli occhi pesti di sonno che sporgevano dalla trapunta.

«Lo so» rispose il marito «Sporgeva dalla tua borsa, e non ho resistito. Avevi fatto tardi per leggerlo già ieri notte, vero? Per questo stanotte sei crollata nel mondo dei sogni già dopo le due!» sorrise, il detective dei poveri.

«Complimenti.» bofonchiò Juls, trascinandosi vicina a lui e abbracciandolo. Beckman ricambiò la stretta, posandole un bacio del buongiorno tra i capelli scarmigliati. Gli risultava sempre strano arrendersi all’idea di essere il marito di quella ragazza alta, bionda e timida, un angelo sceso in terra. Anzi, come gli doleva ricordare, un angelo che si era trascinato su da un inferno orribile, e che era vivo solo per miracolo.

« “Pompeji” » lesse il pirata sulla quarta di copertina. « “La storia dell’isola distrutta da un’eruzione vulcanica e ritrovata dopo un silenzio di settecentonovant’anni” »

«Proprio così!» sorrise compiaciuta Juls. «È una storia particolarissima! Pompeji sorgeva vicino ad un vulcano attivo, ma i suoi abitanti non lo sapevano. Un giorno il vulcano si risveglia, erutta, e la lava copre la città. Secoli dopo la storia viene dimenticata, e un’altra città viene costruita sopra lo strato di lava, mentre sotto esisteva ancora quella vecchia! E il libro spiega come hanno fatto a scoprire che sotto c’erano ancora le macerie, gli edifici antichi, hanno persino inventato un metodo per ottenere dei calchi di gesso dalle persone morte lì, e… Benn?»

Benn Beckman aveva gli occhi luccicanti e uno strano sorriso in volto.

«Ripeti la parte del vulcano.» disse.

Juls lo guardò stranita, poi ripetè: «Il vulcano eruttò e la lava coprì la vecchia città. Quando si solidificò, venne eretta una nuova città sulla vecchia, che intanto era stata dimenticata.»

Benn afferrò la moglie per le spalle e le schioccò un sonoro bacio sulla bocca. Poi saltò giù dal letto e corse via imboccando la porta della cabina, portandosi via il libro e dimenticando persino il pacchetto di sigarette sul comodino.

 

– La città che cerchiamo è sotto i nostri piedi. – ricordò Shanks scendendo dalla Red Force.

– Ci voleva Juls per capirlo… andiamo. – concluse Benn Beckman caricandosi di pala e piccone.

 




Dietro le quinte...

Non potevo non pubblicare, oggi: è il compleanno di Benn Beckman!! Auguri, Benn!!! :D e ironia della sorte, nonostante non sia che un personaggio secondario in questa storia, il capitolo ha lui come protagonista per praticamente metà. Metà per la quale serve una spiegazione: Juls non arriva dal nulla, già sposata e impacchettata per il pistolero; la sua storia è raccontata qui e non è delle più allegre, ma spero che, anche senza leggerla, il suo personaggio non risulti compromesso. Ho cercato di curarlo meglio che potevo nonostante la presenza in un solo flashback. Specifico che Juls non fa parte della ciurma del Rosso e non è un pirata né un fuorilegge, e come tale non è una presenza fissa sulla Red Force, se non quando, occasionalmente, essa è ormeggiata a Foosha, come nel flashback che avete appena letto.
La "Pompeji" di cui sta leggendo Juls è sfacciatamente ispirata Pompei (senza nemmeno che io mi sia presa la briga di mascherare un po' meglio la fonte), la città sepolta dall'eruzione vesuviana del 79 d.C.; anche qui, dunque, ci sono due realtà sovrapposte: la prima, quella su cui camminano i protagonisti della storia, e la seconda sotto i loro piedi, ancora inesplorata. Precisazione: l'analogia che coglie Benn riguarda solo il concetto di sovrapposizione dei due livelli (quello del tesoro, di cui fa parte il campanile in cui si trovavano Nami e Usopp, e quello attuale, dove camminano i personaggi); la profondità del livello del tesoro non è eccessiva, 20 m al massimo, e al momento non è precisato se questa situazione sia stata causata da un vulcano. Lo scopriremo solo vivendo.
La canzone che canta Yasopp nel flash-back è "
Detto tra noi" di Edoardo Bennato. Una prima versione è del 1973, un'altra (che mi piace di più, ed è quella del link) del 1990 e infine l'ha cantata anche Jovanotti, che ne ha fatto una versione veramente bellissima! Una confessione, cantata, del cecchino? Forse...
Mugiwara del mio cuore! Sembrava che ormai fossero tutti felici e contenti (a parte Franky depressissimo) e invece le cose hanno ricominciato a precipitare! Franky sembrava essersi solo allontanato per un po' e invece è irreperibile, Chopper non ha mai raggiunto la cucina e ora sembra sparito, e anche Zoro sembra disperso! Opera del suo proverbiale senso dell'orientamento o c'è qualcosa sotto? 
Ovviamente la barra delle recensioni è a vostra disposizione, anche -e soprattutto- per le critiche e i suggerimenti! Grazie infinite per la lettura! 
A presto,

Yellow Canadair

  
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