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Autore: Sux Fans    26/11/2015    1 recensioni
[...]Jillian tirò giù le maniche della felpa e Brian rivide in lei gli stessi gesti di anni prima. Non era una sconosciuta, non era una donna diversa da quella che abitava i suoi ricordi.
-No.. ma io voglio sapere perché. - Brian s'interruppe per un attimo. -Vuoi saperlo? - lei annuì. -Jillian è tornata ad Huntington.-
-Non ti permetterò di trattarla così mai più, semmai succedesse ti ammazzerei con le mie stesse mani. Mark, ti giuro, cazzo, che ti ammazzo..- [...]
Jillian ritorna otto anni dopo al suo paese d'origine e poco è il tempo che impedisce ai suoi vecchi amici di liceo, Brian e gli altri di riunirsi di nuovo nonostante ora non siano più dei ragazzini, ma piuttosto degli adulti con un traguardo lavorativo già raggiunto e vite già avviate. Solo gli amori di un tempo appassiti sembrano essere tornati a punzecchiare qualche nervo scoperto ma anche troppi anni sembrano separare quelle che sarebbero potute essere le facili scelte adesso intrappolate solo in qualche ricordo. Purtroppo non saranno solo questi tormenti astratti il vero problema, ma più concreti legami a frenare i desideri.
Tema dedicato in modo leggero alla violenza sulle donne. 25 Novembre
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Synyster Gates
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
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17.


C'erano stati solo due aspetti positivi in questa macabra e malata storia, che avevano fatto in modo che il suo intero mondo non cadesse nel baratro più totale. O meglio, che cadesse con qualche giorno di ritardo dalla reale data di scadenza. E di tutto questo se ne stava rendendo finalmente conto mentre perdeva il fiato a causa della stretta al collo. Le dita di Mark si strinsero sempre più forte mentre lei si inginocchiava con malsana lentezza, come se il tempo avesse iniziato a girarle intorno più affannosamente. A causa della mancanza d'ossigeno iniziarono a seccarlesi gli occhi, inchiodati a quelli di lui che stava mormorando qualcosa a bassa voce mentre la guardava morire; ma lei non poteva udirlo perché aveva iniziato a perdere qualsiasi speranza di liberarsi, come se avesse accettato il momento con infinito coraggio, maledicendolo fra le labbra sottili come una dannazione che lo avrebbe accompagnato per sempre. Ma Mark era già dannato, era già un uomo finito, con o senza di lei. Sapeva sin dall'inizio che avrebbe raggiunto la fine e che il suo correre lontana ed il suo affannarsi l'avrebbe sempre e comunque ricondotto a lei. Rivedere e rivivere Brian era stato come una boccata di aria fresca, acqua gelida in viso, la scarica elettrica dell'adrenalina che la risvegliava dal torpore, e le era bastato così. Era stato il pericolo più grande e allo stesso tempo la necessità più fervida che l'avesse mai motivata a vincere la paura. Forse ne era valsa la pena, o forse no, certi ricordi stavano pian piano sfollando la mente, faticava a ricordare e quella sensazione di abbandono cominciò ad appesantirle le braccia.

-Tu andrai via dalla città, non è vero?- ebbe una boccata di aria che attirò a sè con un inspiro fortissimo, come uscita da una corrente di acqua.

-S-s... - l'uomo la derise avvicinando l'orecchio alla bocca di lei, fingendo di non capire cosa dicesse. Jillian allungò una mano debolmente e gliela portò al viso cercando di spingerlo via, ma non riuscì, come paralizzata da una forza misteriosa.

-Se resti quì potrebbero approfittare per farti parlare, potrebbero indurti a dire cose cattive su di me. Voglio allontanarci Jillian, lo capisci questo? Perché tutte queste persone vogliono che io mi separi da te. - Continuò a nutrirla di aria pian piano, allentando la presa con voce sempre più docile e carezze al viso che non avrebbe mai preferito agli schiaffi. -Tu devi andartene, stanotte! Sparire dalla cazzo di circolazione, lasciare la città, chiuderti in una cazzo di topaia finché il processo non sarà finito! Vedrai che ci vorrà poco e quando tutto sarà risolto ti raggiungerò e potremo stare di nuovo insieme, amore mio. - Jillian riaprì gli occhi di scatto per impedirsi di perdere i sensi. -Eh Jillian, hai capito? Non permetterò mai che manderai tutto a puttane per fare la troia con Haner! -

C'erano stati solo due aspetti positivi in questa macabra e malata storia. Ma ora ne ricordava solo uno.

-Và al..dia..volo. - non era un sorriso, forse un ghigno, fatto sta che il colpo fu così forte che seppe di morire.


***


Non c'era stato modo di non cedere all'impulsività, nè di sopprimere le voci presenti nella sua testa nonostante la maturità dei suoi trent'anni. Il materializzarsi di questi ultimi anni in così pochi mesi aveva avuto un impatto così forte da demolire quasi la sua ragione, non gli aveva dato neanche il tempo di capire o di provare a capacitarsi di ciò che stava per colpirlo con tanta foga. Forse gli era stata data finalmente la possibilità di liberarsi dei fantasmi del passato che continuavano segretamente a tormentarlo e a chiedergli quale fosse la sua colpa, e forse, seppur nel peggior modo possibile, gli era stata ceduta la risposta che avrebbe chiuso il capitolo di venti anni della sua vita. Non sarebbe stato facile e questo lo sapeva, non gli avrebbe dato scampo conoscere o immaginare di sapere, ma almeno avrebbe alleviato un pò il peso al cuore. Era così disabilitato che al cospetto della stampa tenne gli occhiali sul naso calando il viso sotto il bordo del cappello come fosse un ladro, un fedifrago e traditore di stati. Il vociare perpetuo e i flash lo costrinsero a vaneggiare con lo sguardo aprendosi una strada fra la complicità dei suoi amici, che erano arrivati a tirarlo fuori dalla sua "cella" fatta di mura di vetro e notiziari alla tv.

-Dove stiamo andando? - riuscì solo a dire una volta entrato di soppiatto nel fuoristrada della band, dove Johnny inserì la marcia con una forza maggiore del solito.

-A mettere la parola fine a questa storia.- Brian guardò le sagome dei giornalisti iniziare a rimpicciolirsi al lato opposto della strada, nonostante i flash continuassero a raggiungerlo imperterriti, costringendolo ancora per qualche secondo ad una fuga di sguardi.

-Johnny che cazzo sta succedendo? Come avete fatto a farmi uscire? - una fugace occhiata fu scambiata fra chitarrista e bassista, che iniziò a mordicchiarsi il labbro nervosamente.

-Chiedilo a Matt appena lo raggiungeremo. -

-Che vuoi dire? Cosa c'entra Matt? -


***


Lo sfregare delle ruote sull'asfaldo emesse un suono stridulo che si udì a distanza di metri, mentre Matthew scivolava via dall'abitacolo incurante del resto delle auto che venivano in senso contrario, precipitandosi all'interno della casa che vide aperta. Entrò con cautela penetrando nel più assoluto silenzio ed incapace di capire cosa aspettarsi iniziò a chiamare il nome di Jillian.

-Jill? .. Dove sei Jillian? - chiamava, attento ai cocci di vetro sparsi per il pavimento e il disordine trascurato. Cercò di stare attento a qualsiasi movimento e si sporse verso gli angoli nascosti del soggiorno e della cucina, prima di precipitarsi nella camera da letto.

-Cazzo... Jillian! - disse a bassa voce, mentre si abbassava sul corpo inerme di lei riverso a terra completamente incosciente. O almeno così sperava Matthew. -Non posso crederci, sono arrivato in ritardo.. rispondi Jillian, maledizione! - rantolò con la voce ridotta ad un soffio, mentre spostava i capelli dal viso tumefatto di lei notando una fuoriuscita di sangue. Cercò di tamponare la ferita con le lenzuola del letto prima di udire un fruscio alle sue spalle: gli sarebbe bastato mezzo millimetro in più e Mark avrebbe potuto aprirgli il cranio come aveva ben pensato di fare.

-La solita fortuna, Sanders. - Matt ancora spaventato iniziò ad annaspare mentre si era gettato completamente al lato opposto della stanza per evitare l'aggressione. Mark invece se ne stava in piedi mentre maneggiava la sua mazza da baseball, nonostante la postura fosse piuttosto sofferente e imprecisa.

-Che diavolo ti passa per quella testa di cazzo, Mark! Quanta merda ti sei tirato al cervello per finire così? Avrei dovuto credere a Brian quando diceva che avevi completamente perso il senno.-

-Sì, bravo, avresti dovuto farlo. - esclamò con una voce pacata e flebile, mentre la vena al collo di Matt si gonfiava a testimoniare la sua incontenibile rabbia.

-Che cosa diavolo le hai fatto? - Mark guardò Jillian inerme capendo si riferisse a lei.

-Sta solo dormendo..- Matt fece uno scattò violento contro di lui con un pugno chiuso all'altezza del viso, tanto che colto alla sprovvista Mark cercò di parare con la sua arma.

-Giuro che se non si risveglia io ti ammazzo con le mie mani, e non basteranno uomini a togliermi dal tuo sudicio corpo! -

-Sempre pronti alla difesa del più debole..- li schernì l'uomo, liberandosi con un colpo di anca prima di caricare l'arma verso il suo avversario e colpirlo violentemente alla spalla. Matt gridò per il dolore prima di caricare nuovamente contro di lui schiantandosi entrambi contro la parete alle loro spalle, digrignando per il dolore con in sottofondo il suono di oggetti che frastagliavano a terra frantumandosi in mille pezzi. Cercò di bloccarlo nella presa ma nonostante la disabilità riuscì a sfuggirgli come un fuscello fra le mani.

-Non so come hai fatto ad arrivare quì nel momento giusto, ma avresti dovuto preferire startene a casa con la tua famiglia. O anche tu avevi una tresca con questa maledetta ed eri venuto per rotolarti a letto con lei? - Matt digrignò i denti e lo colpì in pieno volto facendogli sputare sangue.

-Di che cazzo stai parlando? - iniziò ad avere il fiato corto. Mark sorrise con la bocca tumefatta e denti completamente cinabri.

-Non dirmi che non lo sapevi... che non sapevi che lei e Brian stavano insieme. Facevano tutto sotto i nostri occhi, ci hanno preso per il culo. - Restò completamente paralizzato dalla notizia, non poteva credere che Valary avesse ragione sul suo conto. -Oh, non dirmi che il tuo amico non ti ha detto niente? Ah già, forse perché anche lui è sposato. - Matt deglutì forzatamente, senza sapere cosa dire, se credere ad una calunnia del genere o se fosse solo una stupida trovata di quel bastardo.

-Rimangiati quello che hai detto. -

-E se non lo facessi? - Matt si trattenne la spalla slogata mentre l'altro continuava a bavare sangue fra i denti.

-Tanto è finita Mark, le pattuglie degli sbirri stanno arrivando per te e stavolta non ti basterà stordire Jillian perché ci sarò io a sputarti tutto il veleno addosso in tribunale. Cazzo, avrai molti anni per pensare a quanto tu sia stato un perdente nella tua esistenza. Potrei farti un riassunto di quella che sarà la tua vita in carcere se ci tieni. Mi fai davvero.. pena.- Un gruppo di sirene si udirono in lontananza mentre Matt prese finalmente a sorridere sollevato, avevano vinto. Finalmente le prove che Mark non era più mentalmente stabile avevano dato i suoi frutti, perché ora lui e Jillian erano testimoni oculari della sua pazzia. Notò mancargli il fiato e iniziare a guardarsi intorno spaesato, prima di scattare contro di lui per uscire dalla porta della camera e fuggire fuori dalla casa cercando di mettere in moto l'auto. Matthew non se ne curò, anzi si parò per difendersi da una possibile aggressione mentre cercava di fuggire nel suo pessimo stato. Si prese coraggio e si calò contro la donna sperando di sentire i suoi battini.

-Un'ambulanza per favore, 124, Avenue Street. Fate in fretta.- le pulì il viso con premura mentre riponeva il cellulare nuovamente.

-Non sono riuscito ad evitarlo. Perdonami..-


***


-Ma che diavolo succede quì? - mormorò Johnny con la voce spezzata dalla sorpresa, mentre l'entrata al viale della casa di Jillian brulicava di auto della polizia e di un'ambulanza proprio davanti il suo porticato. -Deve essere successo qualcosa..- Johnny fece per rivolgersi all'amico ma questi scattò fuori dall'auto correndo a perdifiato verso l'entrata della strada, respirando a gran polmoni l'aria fredda del mattino. -Brian! Dove diavolo pensi di andare?- chiamò battendo contro il metallo dell'auto, ma era ormai lontano, la voce parve a Brian solo un lamento che andava sfumando. Slittava fra le auto con gran velocità, inciampando fra i piedi, urtando gli agenti che ostruivano il suo passaggio. Cercava con lo sguardo un viso amico, qualcuno che potesse spiegargli cosa fosse successo e perché, se stavano tutti bene, dove si trovasse Jillian.

-Fermo, non può stare qua. - Un uomo in divisa gli si parò davanti, portandogli un palmo al petto per cercare di contenerlo.

-Agente, cos'è successo? -

-C'è stato un arresto. -

-Dov'è Jillian?-

-Chi è Jillian?-

-L'.. l'inquilina dell'abitazione.- continuava a lanciare occhiate in giro come un forsennato, perdendo fiato nonostante fosse immobile dirimpetto la casa costernata di fermi degli agenti.

-Non conosco i nomi delle persone fermate, sono almeno tre. Non posso darle altre informazioni se lei non è un parente stretto, quindi la prego di farsi indietro.- Dall'altro capo della linea che li divideva, gli operatori dell'ambulanza uscirono in barrella e tirò un sospiro di sollievo quando la possente figura di Matt uscì insieme a loro accompagnandoli verso la discesa delle brevi scalinate dell'entrata.

-Matt! - l'agente si ritrovò travolto dalla sua impazienza e fece in modo di bloccarlo ulteriormente. -Matt! Sono quì! - iniziò a sbracciare e riuscì finalmente ad attirare l'attenzione del ragazzo che gli si precipitò contro trattenendosi la spalla fasciata fedelmente.

-Che cosa ti è successo?-

-È una lunga storia..- Matt lo abbracciò come se non lo avesse mai fatto in tutti questi anni. -Avevi ragione Brian. Jillian è sull'ambulanza, ma stà tranquillo hanno detto che si riprenderà. Io dovrò andare a firmare delle deposizioni sull'accaduto.- l'altro asserì ma in realtà la sua testa vorticava come se ci fosse un terremoto sotto i piedi e ritrovarsi all'oscuro della situazione iniziava a tormentarlo. Si diresse a passo spedito verso l'entrata dell'ambulanza e nonostante gli agenti cercassero di trattenerlo il suo unico pensiero si preoccupava di sapere di lei.

-Lasciatemi andare! Sono l'unico che può restare con lei!-

-Ci serve il permesso di un parente.-

-Non vado da nessuna parte! Sono io la persona più vicina, ha bisogno di me!-


***


Le pareti atone e bianche ricreavano un ambiente sterile e freddo, così surreale che sembrava quasi di essere atterrati su una nuvola. L'orologio da parete era l'unico rumore nella stanza d'attesa, un ticchettare monotono e continuo che sembrava quasi colmare qualsiasi pensiero nella testa nonostante ce ne fossero stati fin troppi.

-Signori.- Tutti si drizzarono in piedi come schegge all'arrivo del medico, mentre il fiato rimaneva bloccato nelle gole esterrefatte di tutti, consorti comprese. -Sembra che la paziente sia sveglia e fuori pericolo, credo quindi che non le faccia male vedere qualche faccia amica dopo quello che è successo. Vi chiedo solo di essere molto cauti, ha comunque subito una frattura. Scegliete magari con cura chi può farle visita in questo momento delicato.- fece per salutare calando il capo, mentre ognuno di loro ringraziava con una calorosa stretta di mano una volta passata la preoccupazione di quelle ore. Quando il gruppo si ritrovò da solo cercarono di consolarsi fra loro, contenti di aver superato la situazione critica di pericolo. Matt si lasciò aiutare da Valary ad indossare la sua giacca, essendo stato costretto ad ingessare la zona della scapola per qualche settimana per non correre pericoli, mentre il resto parlottava fra sé cercando di capire cosa fosse meglio fare.

-Brian. Secondo me è lui che dovrebbe andare. - Il borbottare di fondo tacque alle parole di Michelle, che calò gli occhi come sopraffatta dalla sua stessa rivelazione, nonostante gli altri si trovassero d'accordo. Anche Brian tacque, la guardò con occhi languidi come catturato dalla sua bontà nonostante la conoscesse; la conosceva bene infatti, conosceva la sua dolcezza d'animo eppure non se ne sarebbe mai abituato. Non sarebbe mai riuscito a stare a passo con la generosità di lei, di quella donna così nobile che aveva avuto l'onore di sposare. La ringraziò con uno sguardo taciturno pieno di gratitudine, prima di sfiorarle appena le spalle per non metterla a disagio a causa delle ultime cose che erano capitate fra di loro: presto sarebbe riuscito a farsi perdonare, o almeno sarebbe arrivato il momento di migliorarsi per lei.

Il passaggio dalla sala d'attesa in quella in cui giaceva Jillian coricata era come fare un salto in un passaggio magico, che gli scombussolava i muscoli e la forza delle gambe, che gli imperlava la mente di ricordi, di riguardi e di paure. Quando lanciò un occhio alla stanza la vide lì, raggomitolata fra le coperte, stretta in un casco di bende dal capo al collo, con i capelli ramati che cascavano alla rinfusa e gli occhi gonfi e lividi da renderla irriconoscibile. Ma non ai suoi occhi. Quando lo notò entrare vide come quel semplice sforzo le costasse dolore e come la mano di lui, sulle sue raccolte in grembo, le dessero la forza di muoversi appena per guardarlo dritto negli occhi. Non dissero nulla, non ci vollero parole, come non ci vollero gesti degni di nota che loro stessi non apprezzassero.

-Ciao..- Jillian sorrise e mosse il capo ricambiando il saluto, nonostante le costasse ancor più che parlare, ma a quel punto le parole non uscivano, solo le lacrime e la gratitudine.

Brian si accomodò su una sedia lì di fianco e ancora una volta strinse una mano nella sua per darle conforto. Che pena vederla così, fortuna voleva che non sarebbe durata. -Come stai? Solo qualche giorno e sarai dimessa, potrai continuare le cure da casa.-

-Già..- biascicò lei. -Mi sento solo la testa gonfia come un pallone.- Brian fece una smorfia guardandola attentamente in viso.

-Beh.. in effetti.. - scoppiarono entrambi in una risata, prima che la donna si fermasse per il fastidio alla bocca.

-Smettila, non posso...- disse a bassa voce continuando a ridacchiare.

-Sì, scusa.- Si dedicarono qualche secondo, poi ripresero.

-Sono davvero una fortunella, non c'è che dire.- Brian ridacchiò amaramente insieme a lei; quanto le era costata questa cocciutaggine? Forse tutto quello che aveva perso finora e che mai più sarebbe riuscita a riavere. -Grazie.-

L'uomo si portò le dita affusolare di lei alla bocca per baciarle appena, per ricambiare la gratitudine che anche lui provava nei suoi confronti, in un piccolo sigillo racchiuso sulle labbra che sarebbe rimasto per sempre fra loro.

-Avrei dovuto fare di più.-

-No, sai che non te lo avrei permesso.-

-Lo so. Hai fatto in modo che non potessi accorgermene in nessun modo ed è stato un grave errore.- Il silenzio che albergava fra loro non pesava ai loro cuori, piuttosto li rendeva leggeri, liberi dall'opprimente bisogno di spiegare e di parlare.

-Mi dispiace Bri. Sono tornata a sconvolgere la tua vita e tutto questo perché non ho saputo tenere le redini della mia.-

-Non è stata colpa tua.-

-Non so neanche io come è possibile spiegare una cosa simile, è così difficile esprimere quello che mi passa per la testa. Adesso ascoltandomi sembrano anche a me vaneggiamenti di una pazza e non posso darti torto.- Brian la zittì negando col capo: poteva ben capire cosa voleva dire dipendere totalmente da una persona ed era per questo che il suo allontanamento lo aveva completamente reso impotente di reagire alla situazione. Gli ci erano voluti anni eppure nel suo cuore sentiva forte il battito di lei ogni volta la pensava. -Non avrei potuto fare scelta peggiore. Ho rovinato le nostre vite.-

Brian si strinse attorno al palmo di lei mormorandole di fare silenzio, di smetterla, che non c'era bisogno di continuare.

-Ti ho già perdonata da tempo. È tutto finito. Tutto. Anche Mark. Mai più ti farà del male.-

-Mark è stata la mia redenzione. Avevo continuato a convincermi che era quello che mi meritavo.-

-Nessuna donna merita questo Jillian, neanche tu.- l'uomo si portò una mano alla faccia come a scaricare la tensione di quelle ultime ore. Finalmente Mark era stato arrestato a pochi isolati dalla casa di Jillian, ed in più era stato accusato di furto d'auto, aggressione e tentato omicidio, nonché possesso di qualche stupefacente di poco conto. La deposizione di Matt insieme a quella di Jillian gli sarebbero costati così tanti anni che gli sarebbe servito solo un miracolo uscirne in meno di dieci, anche perché fuori avrebbe sempre trovato loro ad attenderlo al minimo passo falso.

-Questo.. è un addio?- Brian affondò nei suoi occhi finché poté, poi il peso fu troppo grande da abbandonarlo.

-Non lo so cosa sarà. So solo che ho qualcuno che mi aspetta oltre quella porta e ha bisogno di me.. ed io di lei.- Jillian annuì, come di coscienza, mentre il forte pizzicore andava a torturarle gli occhi fino a sprofondare sulle guancie violacee. Sentì il sapore tipico di una lacrima scivolarle nelle labbra e così l'assaporò, prima però chiuse gli occhi per evitare di guardarlo.

-Wow... - iniziò con un risolino. -Non ti facevo davvero così maturo, Haner.- rise, eppure stavolta le lacrime divennero scie salate impossibili da fermare e le parole singhiozzi che le impedirono di continuare. Brian strinse le labbra e si alzò a posarle la bocca alla fronte in un bacio casto, abbracciandole il capo con un braccio per fermare il suo sfogo, mentre lei si portava le mani a coprire il viso per la vergogna. Le parole non avrebbero fatto altro che graffiare la loro gola, uscendo con difficoltà, ferendo entrambi come fendenti. Preferirono quindi restare immobili ad ascoltarsi in silenzio: le mani calde, il battito del cuore, i respiri infranti dalla commozione. Non lo sapevano con certezza ma non ci sarebbe mai stato un addio fra di loro, o forse preferivano non dirselo per non sfidare il destino. Cosa importante, che riuscì a colmare i loro cuori dopo anni, fu la sincera disponibilità ad amarsi sempre: ma non ad amarsi come amanti, ma nel senso mutaforme della parola; nell'ascoltarsi, nel difendersi, nel conoscersi e capirsi senza essere costretti a parlarsi. Erano l'uno l'ombra dell'altra, nonostante fosse stata quella la loro paura più grande. Erano come quei legami che anche lontani e senza meta, avrebbero avuto un filo conduttore ad unirli, un sottile filo di cotone, rosso magari, stretto all'anulare nella mano. Non c'era ma si sentiva, si percepiva come un dito intrecciato all'altro e questo rubò loro un sorriso che fu l'epilogo del loro incontro. Non il primo, ma sicuramente più forte di quello fù.



EPILOGO



L'odore di caffè cominciò ad impregnare l'aria della cucina dolcemente, lasciando che i pensieri di Jillian si rilassassero e che venissero interrotti a malapena dallo sbuffo della macchinetta, in quell'ultimo periodo che caratterizzava ormai la fine dell'inverno e si avvicinava all'inizio del nuovo anno. Erano passati ben otto mesi dalla sua completa ripresa: era di nuovo tornata ad uscire con la voglia di riprendere fra le mani la propria vita e risistemare le cose sfuggitele per troppo tempo fra le dita. Da quando tutto era finito non c'era più timore né pensiero che svalutasse la sua autostima; era tornata una ragazza dai complicati gusti letterali, appassionata di giornalismo e thriller in seconda serata. Ogni giorno era quasi come riscoprirsi di nuovo, e il dolce sapore della vita tornava a rinvigorire il suo corpo gioviale e dalle curve ammalianti, e adesso, come grande ritorno, aveva tenuto conto di un monolocale che distava appena un paio di miglia dal precedente, completamente abbandonato anche di tutti i mobili ed effetti personali che l'avevano riguardata da dodici anni a quella parte.

Probabilmente era ancora tutto uguale, nessuno da fuori avrebbe notato l'incredibile cambiamento o forse era anche fin troppo evidente da non rendersene neanche pienamente conto.

Dovette sbrigarsi a spegnere la fiamma del fornetto e a rinsavire dai suoi pensieri quando si accorse che stava combinando uno dei suoi soliti disastri e che oramai andava ripulito tutto.

Non sbuffò, piuttosto mangiucchiò qualche biscotto poi si riempì la tazza di caffè rimasto, allontanandosi solo dopo nell'altra stanza a piedi nudi e scivolando sul pavimento con passi felpati come se stesse danzando, fino al salottino antecedente la stanza da letto.

Aveva pochi effetti personali ricomprati nell'ultimo periodo ma perfettamente riposti, vestiti nuovi e qualche piccolo accessorio distribuito in giro. Tutto quello che ci voleva era una buona scrollata di spalle e la possibilità di cedesi del meritato relax.

Quando l'acqua della doccia cominciò a gettarlesi contro, i capelli ramati le si incollarono alle spalle, costringendola a chiudere gli occhi e a passarsi le dita nel mezzo per districarli appena.

Era il momento perfetto che si dedicava per smettere di pensare, per lasciarsi coccolare da un momento intimo e per tornare a potersi toccare senza la paura di sentire dolore. Era tutto risanato, il suo corpo lo aveva fatto altre centinaia di volte ma il suo animo, quello stava iniziando a ricucirsi da solo, pian piano, con grandi risultati.

Lasciò scivolare via tutto il sapone dal proprio corpo e si coprì con un asciugamano quando ne uscì, sbrinando lo specchio del bagno con il palmo della mano per spiare l'immagine riflessa: era lei, sempre lei. Quella di un tempo e quella di adesso. Quasi si immaginava lì davanti con uno zigomo un po' gonfio e qualche lividura sul braccio e avrebbe voluto carezzarsi, ma poi guardando bene vedeva un'altra sé: la pelle candida, le linee perfette.

Sorrise e osservò la curva delle labbra cincerle il viso prima di dirigersi distrattamente nell'altra stanza, come ogni mattino a ripetere sempre i soliti gesti quotidiani senza accorgersene, tamponando la lunga chioma e spettinandola con le mani.

La sua attenzione si lasciò cogliere dalla rivista Kerrang! con in copertina una composizione piuttosto selvaggia degli Avenged Sevenfold, che erano finalmente tornati in campo musicale con altri scritti da portare in sala di registrazione insieme al nuovo batterista. I ragazzi si erano dati subito da fare con le audizioni ed un certo Arin aveva bussato alla loro porta come bravura e incredibili capacità di improvvisazione nonostante la giovane età. Era ancora una decisione poco condivisa dalla band, ma presto si sarebbero abituati ad una nuova e stabile figura al posto di Jimbo. Serviva andare avanti in questi casi, come aveva fatto lei. All'articolo sulla band della prima pagina come quella di copertina c'era anche il suo nome, come intervistatrice gli avevano concesso una giornata di domande più che contenti e la cosa aveva giovato a tutti nel miglior modo possibile. Finalmente aveva il lavoro che amava e che mai avrebbe sperato di ottenere; fu finalmente un buon inizio che avrebbe accompagnato il resto di ciò che sarebbe stato di lei.

Lo squillo del cellulare partì all'improvviso e Jillian sussultò. Lo schermo del display si illuminava ininterrottamente per svariati secondi, finché non lo afferrò per rispondere ancora un pò assopita dalla dolcezza della doccia.

-Hei Jill, sono Brian. Sei dei nostri anche stasera? Johnny ha perso una scommessa e gli tocca pagare da bere!- Sorrise nell'udire la sua voce, poi tornando a posare lo sguardo sulla rivista sfogliò qualche pagina svogliatamente ascoltando gli altri ridere di sottofondo.

-Ma sì dai, anche perché per stasera ho solo da festeggiare. L'articolo è stato una bomba, ha venduto milioni di copie.-

-Grande! Allora stasera è d'obbligo un brindisi, anche se non avevo dubbi.- Si udì un mormorio compiaciuto e poi lo scoccare di una lingua sotto al palato.

-Già, anche se non ho voglia di ubriacarmi almeno per una volta voglio sentirmi.. sobria.-


Fine


E quindi la parola "Fine", "Epilogo", "Conclusione" hanno fatto capolino e come ogni storia ha smesso di esistere almeno per il momento. Non so, sempre ieri ho continuato a pensare che forse potrei scrivere altri sprazzi della loro vita che vanno ad incatenarsi un pò nel futuro, ma è solo un'idea che al momento non ha avuto accoglienza. Se sono riuscita ad arrivare alla fine devo ringraziare chi mi ha seguita e invogliata sempre di più nonostante il tempo scarseggi e anche l'ispirazione si lasci desiderare, ma non diniego che in cantiere ho qualche altra situazione sicuramente meno tragica di quella che è stata "Sober"; e tornando appunto alla fanfiction, spero che non abbia turbato nessun animo ma mi sono attenuta ad una scelta che di gran lunga avrebbe fatto qualsiasi persona normale, senza ritenere i miei personaggi solo frutto di una storia. Se questo ultimo epilogo invece vi dà l'impressione di averlo già letto da qualche parte non state sbagliando, è in effetti tutto il prologo della storia revisionato per la sua conclusione: così com'è iniziata la storia è finita, o almeno ha fatto un paragone tra il prima e il dopo. Mi auguro di leggere qualche commento da parte di chi è rimasto contento della storia o di chi abbia avuto qualche perplessità, qualcosa da chiarire o da farmi sapere. Grazie a tutti voi per la compagnia e per la passione che ci accomuna a questi cinque ragazzi!


P.S. Nella storia è inteso il nome di Arin per rispettare lo spazio-tempo della realtà.


   
 
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