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Autore: Scarlett Carson    28/11/2015    0 recensioni
[IN SOSPESO] Questo è il secondo capitolo della mia storia. Stavolta è raccontata dal punto di vista di... un'altra persona, che, a seguito di complicanze, si ritrova a "convivere" per un periodo, con l'Immortale Ottavia, stabilitasi nella Foresta della Norvegia del 1000 A.C.. Stavolta la nostra protagonista se ne starà per un pò dietro le quinte per vedere cosa combina questo ragazzo, molto attraente, con grandi occhi verdi come smeraldi e capelli neri come il carbone.
Avrà un sacco di problemi quest'umano particolare, che lo porteranno al mistero di Ottavia, ma cosa accadrà una volta che lo scoprirà? Cosa cambierà tra loro? Cosa porterà il ragazzo ad un cambiamento che lo muterà per il resto della sua vita?
Tutto questo lui ancora non lo sa, ma sa che tutto ha avuto inizio in un giorno in cui la neve ricopre tutto ciò che c'è intorno a lui.
Genere: Dark, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Saga: La Ragazza Immortale'
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Capitolo 11. Dubbi

 

Ogni giorno, il comportamento di quella ragazza mi lasciava sempre più perplesso: sapevo che aveva dei segreti e non pretendevo di conoscerli tutti, ma c'era qualcosa che non tornava.

I suoi strani comportamenti, di recente, lo confermavano: usciva di nascosto la notte e mi chiedevo perchè la passasse fuori, mangiava molto poco e a volte saltava i pasti con me, con una scusa; ma quello che mi chiedevo di più era il perchè i criminali che vivevano in questa foresta la temessero tanto da aver segnato il territorio come invalicabile.

Dopo la nostra ultima conversazione, parlammo poco; non so quale muro si fosse innalzato ma per ora avevo intenzione di riflettere su cosa stesse accadendo e del bisogno che avevo di vedere Emily, ma anche Rik, Elia ed Alex che mi avevano aiutato senza fare domande. Dovevo sapere come se la stessero cavando e se stavano tutti bene.

Anche se non avrei bevuto una birra con loro, anche se non gli avrei parlato di persona ma solo spiarli da lontano, anche se non avrei potuto baciare e toccare Emily, lo dovevo fare, solo così mi sarei potuto tranquillizzare.

Anche Ottavia me lo aveva raccomandato, e forse lei lo aveva capito prima di me, di che cosa avevo davvero bisogno, come se potesse in qualche modo, leggermi dentro.

Quella ragazza mi faceva provare un vortice di sentimenti confusi: un attimo prima mi spaventava, un attimo dopo mi sembrava la ragazza più bella del mondo, un altro dopo mi sembrava la più misteriosa, la più intelligente e la più sola.

Non capivo cosa provassi per lei se semplice ammirazione o qualcosa di più, ma mai nessuno, nemmeno Emily mi aveva mandato così in confusione prima d'ora.

Con tutte le ragazze con cui avevo giaciuto, non mi era mai successo, non provavo mai nulla, solo piacere e basta. Mi chiedevo come mai adesso mi sentivo tanto diverso.

Decisi di cercare qualcosa da mangiare per casa, in fondo avevamo cacciato selvaggina che ci sarebbe bastata per giorni.

Rovistando in giro, trovai molti oggetti curiosi che non avevo mai visto prima, ma pensai che venissero tutti dal mercatino dove l'avevo vista per la prima volta. Collezionava davvero oggetti particolari, dovevo ammetterlo. Non erano cose facilmente reperibili, soprattutto al nostro mercato, ipotizzai dunque che potessero venire da altri paesi che aveva visitato in precedenza.

La maggior parte erano decori, vasi, ma soprattutto gioielli particolari; aveva molto buon gusto la ragazza! Peccato che, tra tutta quel ciarpame, trovai qualcosa che mai avevo visto: delle pergamene riposte con molta cura e molto ben nascoste nella credenza del salotto, molto lontano dal camino.

Le srotolai con cura, per non far in modo che mi si sgretolassero in mano, avevano l'aria di essere parecchio vecchie. Rimasi si sasso nel vedere che, al posto di parole, c'erano dei strani disegni e simboli, non avrei mai saputo dire da dove provenissero, ma quello incise dentro di me il desiderio di sapere chi realmente fosse Ottavia.

Era perfetta, ma aveva l'aria una persona che aveva vissuto talmente tanto da conoscere bene la vita, nonostante dimostrasse meno dei miei anni.

Riposi le pergamene al loro posto, con estrema cura affinché non si accorgesse mai della mia intromissione nei suoi fatto personali, ma prima o poi, mi avrebbe dovuto dire la verità. Almeno quello me lo doveva, io le avevo raccontato molto di me, ma quando toccava a lei, sviava l'argomento o addirittura restava in silenzio o se ne andava via. Potevo immaginare quanto soffrisse, questa parte di lei era molto palpabile, perfino ad uno come me.

Qualcosa mi diceva che quelle pergamene erano collegate a chissà quale parte della sua vita, altrimenti non le avrebbe mai tenute così ben nascoste.

No, c'è qualcosa di più, mi dissi. Contro cosa stava combattendo che richiedeva tutta questa segretezza? Ormai eravamo in confidenza, me lo poteva dire, non lo avrei detto a nessuno.

Quanto trovai qualcosa da addentare, mi sedetti vicino al fuoco e mangiai fissando le fiamme. Intanto, pensai a come fare per poter tornare al mio paese senza essere catturato né dai criminali assunti dalla madre di Emily e né dalla stessa signora De Roquet.

Mi chiesi anche cosa era stato raccontato a tutti su di me e se i miei genitori mi stessero cercando.

Chissà se a qualcuno importa ancora di me? Ormai erano passati parecchi giorni, non sapevo quanti con esattezza, avevo perso il conto quando avevo perso i sensi nella foresta, ma immaginai che fossero molti per il semplice fatto che i miei capelli erano più lunghi e la barba era cresciuta parecchio lo potevo capire al passaggio delle mie mani. Decisi, a quel punto, visto che non ero tipo da tenere la barba per molto, di prendere un catino e versare dell'acqua dalle nostre scorte, presi un coltellino e una lama più grande per permettermi di specchiarmi che affondai nei tavolo per far si che stesse in piedi da sola.

Spero che non me ne voglia per il buco nel tavolo che ho appena fatto, dissi tra me sperando che, a riguardo, Ottavia non sarebbe saltata su tutte le furie non appena avrebbe visto il buco sul tavolo di legno.

La lama della spada era talmente spessa e lucida che mi permetteva di specchiarmi senza problemi ed iniziai a passare la lama del coltellino più piccolo vicino all'attaccatura della barba con la pelle.

Il rumore era orrendo, mi resi conto di quanto fosse lunga dopo che avevo tolto la lama dopo aver fatto un piccolissimo pezzo. Oltretutto, era anche leggermente dolorosa. Sperai di non tagliarmi visto che dovevo andare abbastanza a fondo per evitare che, dopo qualche giorno, comparisse di nuovo.

Ero sempre stato abituato a farmi la barba da solo e non aveva mai fatto così male; sì le prime volte era normale che mi tagliassi, avevo solo tredici anni dopo tutto, e non permettevo mai che crescesse abbastanza da vedere il colorito nero sulle guance.

Dovevo mantenere il mio grado di fascino, specialmente con le signore!

Nel riflesso vedevo come, man mano che toglievo, il mio viso cambiava. La barba mi rendeva più vecchio, per questo non la sopportavo e, di come un semplice gesto, poteva rendere il mio viso di nuovo affascinante e guardabile.

Dopo aver finito una metà, iniziai con l'altra e, nel mentre, Ottavia era rientrata.

“Ehi dove sei andata?” chiesi. Dai primi giorni, iniziavo ad essere più me stesso con lei e più spigliato, come se fossimo amici di vecchia data.

“A fare un giro, per controllare che non ci fossero visitatori sgraditi” disse lei.

La seguì con lo sguardo fino a che non la vidi sparire in cucina.

“Finalmente ti sei deciso” disse lei, ad un tratto.

“A far cosa?” chiesi confuso.

“A farti la barba” disse lei. Era incredibile, sapeva che aveva raggiunto quella lunghezza e non mi aveva detto nulla! Capì anche un altra cosa: evidentemente le persone barbute non le piacevano ed era ovvio che gli piacevo di più senza. Mi sentì di nuovo sicuro di me, quella sua affermazione aveva ricordato a me che eravamo due sessi opposti. Mi sentivi di nuovo un uomo, ma sapevo che con lei non sarebbe mai andata a finire come con tutte le ragazze che mi vedevano in determinati contesti. Lei era una donna che se si sarebbe mai concessa, l'avrebbe fatto con la persona giusta, come Emily.

Avevo trovato molte similitudini tra lei ed Emily, e forse mi piacevano entrambe per quello, ma non sapevo più di chi mi sentivo più attratto.

Entrambe avevano la loro personale bellezza: Emily per il suo carattere dolce e generoso, Ottavia per la sua incredibile perfezione.

Era difficile scegliere, anche per me.

Quando finì vidi il rossore dovuto al passaggio rude della lama, nemmeno con l'acqua si calmava; a casa avevo una lozione per quello ma lì non sapevo con che cosa aggiustarmi. Ottavia mi porse una strana poltiglia color verdastro e mi disse: “Prova con questa, dovrebbe passare un pò” disse lei.

Io presi la ciotola e spalmai il contenuto su tutta la zona mandibolare e sugli zigomi. Era fresco e subito vidi che il rossore si era fatto più tenue.

“Fantastico” dissi guardando il mio riflesso sbigottito.

L'unica cosa che ancora non mi aveva insegnato erano le erbe: quali si usavano per motivi officinali. Mi aveva detto solo quali erano quelle commestibili e quelle velenose.

Forse non lo riteneva ancora importante, magari me lo avrebbe mostrato più avanti come preparare quegli intrugli incredibili.

“Sì, decisamente meglio” commentò poi lei.

Le riporsi la ciotola ormai vuota, e lei la portò via in cucina con il catino che avevo usato per radermi, piena ormai dei peli della mia barba.

Io rimossi la spada dal tavolo e la riposi al suo posto.

“Mi dispiace per il buco nel tavolo” dissi, tanto valeva dirlo subito; mi aveva colto in fragrante non aveva senso tacere.

“Tranquillo, tanto mi sarei dovuta decidere a sostituirlo. Mi hai trovato una scusa per farlo” disse con tono calmo e rilassato.

Ero contento che non si fosse arrabbiata, tuttavia mi sentivo in dovere di rimediare. Ero molto bravo nella falegnameria, Rik mi aveva mostrato una volta come si faceva e con lui facevamo vere e proprie costruzioni con il legno.

“Posso costruirtene uno più bello, sono molto bravo” dissi io.

“Sul serio?” mi disse, guardandomi stupita.

“Che c'è? Non mi ritieni all'altezza del compito?” dissi per punzecchiarla.

“No solo non lo avrei mai detto che lo sapevi fare” disse lei, abbozzando un sorriso; quanto mi piaceva quando lo faceva, la faceva sembrare più radiosa togliendole quel velo di malinconia che la ricopriva.

Mi aveva perfino fatto scordare, per un attimo, la battuta sarcastica che mi aveva fatto.

“Spiritosa” dissi io, scherzosamente, dopo un attimo.

Quel piccolo dibattito scherzoso, ci aveva riavvicinati per un momento, ma poi mi ritornarono in mente le pergamene che avevo trovato poco fa e ritornai serio mentre lei era affaccendata a sistemare alcune cose.

Che cosa mi stai nascondendo? Era tempo che mi facevo quella domanda, ma l'avevo sempre ignorata, dicendomi poi, che non era affar mio, ma adesso mi sentivo in dovere di sapere. Ora era affar mio, ormai ci eravamo dentro fino al collo: l'avevo trascinata nei miei casini, così come lei aveva trascinato me nei suoi; questo mi dava diritto di sapere.

“Allora, hai trovato un modo per vedere i tuoi amici?” mi chiese, ricordandomi che me ne aveva parlato solo pochi giorni prima ed io non avevo più risposto.

“No, tu hai suggerimenti?”.

“Potresti andare di notte, col buio non ti vedrebbe nessuno. Posso accompagnarti fino al confine della foresta, ma oltre te la devi cavare poi da solo” mi disse.

Soppesai la sua proposta e pensai che fosse la maniera più sicura per andare, al buio non mi sapevo ancora orientare bene, lei sì, lo sapevo molto bene.

“D'accordo, ma per tornare qui non posso farlo da solo” evidenziai.

“Sarò nei paraggi” disse in risposta.

Mi rincuorava saperlo: mi dava la sensazione che avrebbe potuto tirarmi fuori dai guai. Mi faceva sentire inutile e un debole sapere che non potevo fare lo stesso per lei, darle la stessa garanzia.

Anche per gli altri sono stato un peso, qualcuno da proteggere, avrei voluto essere io quello a proteggerli al contrario. Mi sarei sentito frustrato sapere che se mai loro avrebbero avuto bisogno di me, non avrei potuto fare nulla. Forse era anche per quello che avevo incontrato Ottavia, lei sapeva come cavarsi fuori dai guai da sola, è il destino che ci ha fatto incontrare, ne ero certo più che mai. Non l'avevo incontrata e poi stabilito qui per puro caso. Così come anche trovato quelle strane pergamene scritte, non era un caso. Forse era il segno che ero vicino alla verità molto più di quanto credevo.

“Quando vuoi agire?” mi chiese.

Avevo atteso anche troppo. “Stanotte” dissi sicuro.

 

Il resto della giornata mi servì per prepararmi all'azione di quella notte. Sentivo che sarebbe andata bene, ma avevo una sensazione che mi faceva gelare il sangue nelle vene e non era per la neve ormai attecchita al suolo.

Scelsi delle armi adatte al mio intento: leggere e, allo stesso tempo, efficaci all'occorrenza. Scelsi, dunque, un coltellino ed una daga, uno spadino che mi avrebbe permesso di muovermi senza che mi pesasse o che mi intralciasse.

Ottavia, non prese nulla, solo un minuscolo coltellino da tasca. Mi stupì quella sua scelta, ma non importava, lei sapeva cosa fare di certo.

Quando divenne buio, indossammo i nostri mantelli ed uscimmo nel freddo della notte.

Calammo i cappucci sul capo e ci incamminammo. Lei davanti a me, mi faceva da guida per quella foresta che di notte sembrava più minacciosa, mi tornò in mente la prima volta che mi ci addentrai, prima di incontrarla.

Scacciai il pensiero e mi concentrai su quello che dovevo fare.

Ad un tratto, Ottavia iniziò ad arrampicarsi su un albero, istintivamente la seguì.

“La zona è piena di quei criminali dobbiamo stare in alto, affinché non ci vedano” disse e mi mostrò come correre sugli alberi.

Saltammo da un tronco all'altro, con molta cautela e senza fare nessun rumore. In questo modo, ci fu facile aggirare quegli uomini, ma mi chiesi se fossero in giro a cercare ancora me.

“Dici che mi stanno ancora dando la caccia?” chiesi quasi in un sussurro ma non ero sicuro che mi avesse sentito.

“Sì, può darsi” disse lei sussurrandomi appena la raggiunsi su un tronco vicino. Era incredibile, nonostante la distanza e il tono basso che avevo usato, mi aveva sentito chiaramente. Anche questo era strano, o magari aveva un udito molto sviluppato.

Accantonai quell'ultima stranezza e continuammo ad avviarci. Oramai eravamo vicini alla meta, lo sentivo.

Finchè, in lontananza, non scorsi alcune casette. Ero a casa, finalmente, dopo tanto tempo.

Non mi sembrava molto cambiata, era come sempre, come l'avevo lasciata.

Non c'era nessuno in giro, solo quei loschi uomini che abitavano nella foresta, come Ottavia e, ormai, come me.

Da quell'altezza, potevo vedere la casa di Alex. Le luci della sua stanza erano accese.

“Da qui devi andare da solo. Ti guarderò dall'alto, se qualcosa non va, intervengo. Adesso vai. Buona fortuna” mi disse ed io iniziai la lenta discesa verso il solido terreno.

Appena toccai il suolo, mi assicurai che intorno a me non ci fosse nessuno. La strada che separava me e l'abitazione di Alex, aveva ben pochi posti dove nascondersi, ma ero diventato abbastanza bravo a correre in fretta.

Scattai verso il primo nascondiglio, una pietra abbastanza grande, che era a un centinaio di passi da me, e lo raggiunsi senza difficoltà. Mi voltai indietro e non vidi più Ottavia sull'albero.

Dov'è sparita? Ma poi pensai che stesse guardando intorno o forse si stava sbarazzando di qualcuno che si era accorto di noi.

Ritornai al mio problema, ossia arrivare, senza farmi scoprire, fino a casa di Alex. Il nascondiglio dopo era un cespuglio e distava a circa una cinquantina di passi; avrebbe offerto uno scarso riparo ma dovevo accontentarmi.

Dopo essermi guardato in giro, come prima, fui pronto a scattare e corsi velocemente verso il nascondiglio.

Fin lì ero salvo, tirai un sospiro di sollievo per il successo raggiunto fino a quel momento. Negli ultimi tempi ne avevo fatte di incursioni in casa altrui senza essere scoperto.

Ora, alla casa, mancavano circo centocinquanta passi almeno, ero arrivato fin lì e non potevo fallire. Ce l'avrei fatta di sicuro. Inspirai profondamente per avere abbastanza fiato per la corsa e scattai dopo aver espirato l'aria accumulata nei polmoni.

Corsi più veloce che potei, finchè non sentì i piedi a malapena toccare il suolo per lo scatto successivo. Mi sembrava di volare a quella velocità e, in poco tempo, riuscì ad arrivare a destinazione, appena in tempo per evitare di essere visto da uno degli uomini che, di sicuro, aveva assoldato Mariluna.

Mi misi il più possibile contro al muro per non essere visto; una volta assicuratomi del pericolo scampato, sbirciai dalla finestrella per vedere se Alex era da solo. Per mia immensa fortuna, il padre era appena uscito dalla sua stanza e quindi mi feci sentire affinché mi vedesse e mi aiutasse a scavalcare la sua finestrella: un conto era uscirne, che all'epoca mi era risultato facile, un conto era entrarci.

Il mio piano riuscì, ma vidi che Alex non era il solo ad aver udito: un uomo stava venendo dalla mia parte.

Forza Alex! Lo chiamai dentro di me, sperando che arrivasse al più presto.

“Cam” sentì chiamarmi, mi voltai ed Alex era lì, con lo sguardo fisso su di me, come se non credesse che fossi lì.

“Aiutami” dissi solo e lui mi aiutò ad entrare. Appena in tempo, l'uomo era appena arrivato ed Alex si riaffacciò nuovamente.

“Scusa ero io che faceva baccano” disse tranquillo e l'uomo se ne andò senza dire parola.

Mi stupì con la leggerezza con cui aveva comunicato con lui; fino a poco tempo fa magari lo inseguiva per ucciderlo. Che succede qui?

“Cam, amico, sei vivo!” disse felice e mi abbracciò contento.

“Sì Alex, anche io sono felice di vederti, ascolta sono tornato per vedere che succede qui e se state tutti bene dopo quello che è successo” dissi io, arrivando dritto al succo della questione.

“Va bene, amico ma fatti tagliare quei capelli, sei orrendo con i capelli lunghi” mi disse, io mi fissai al suo specchio ed effettivamente riuscì a vedermi meglio rispetto al riflesso della spada.

Non avevo visto che i capelli erano così lunghi, ma allora quanto era passato da allora?

“D'accordo” dissi e lui iniziò a dirmi, per filo e per segno, cosa era successo.

Mentre con coltellino molto affilato mi tagliava le ciocche in più e mi sistemava i capelli come li avevo sempre portati, mi disse che Emily era stata reclusa in casa senza la possibilità di uscire; lui, Rik ed Elia avevano provato a liberarla, ma ogni sera spuntavano fuori gli uomini che abitano nella foresta per darmi la caccia, caso mai fossi tornato visto che nella foresta non mi avevano mai trovato.

Mio padre aveva provato a cercarmi ma poi aveva rinunciato, come se non bastasse, l'attività di famiglia stava fallendo miseramente, i miei perdevano soldi e mio padre era sempre con qualche prostituta. Mia madre di era data all'alcol più di prima, andava anche nei locali pur di bere qualcosa, quando le scorte a casa erano terminate. Nessuno più li vedeva come una famiglia facoltosa. Tutti i lavoratori avevano preso in mano l'attività dei miei genitori e la mandavano avanti come potevano ma senza risorse di denaro era ben difficile.

Erika, la donna che aveva badato a me da quando ero nato, aveva trovato lavoro nel vecchio locale dove andavano di solito, licenziandosi da casa mia, subito dopo la mia scomparsa, affermando che lì non c'era più lavoro per lei da quando ero scomparso.

“Un bel disastro” dissi io pensando a quanto era cambiata la situazione di tutti dopo la mia presunta scomparsa.

Alex lavorava alla mia capigliatura con estrema cura, cosa che tempo fa, faceva Erika. Era quasi come la ricordavo, mancavano ancora dei ritocchi che, il mio amico, provvedé a fare.

“E tu? Che fine ai fatti in questi ultimi mesi?”

“Mesi?” ripetei io.

“Sì, sono passati più di nove mesi dalla tua fuga nella foresta amico, non te lo ricordi?” mi chiese stupito.

“Ho perso il conto dei giorni. Mi sembravano poche settimane” ed invece erano addirittura mesi! Era passato, dunque, quasi un anno da allora? Come era possibile che non me ne fossi accorto? E Ottavia non mi aveva detto nulla, perchè?

Non voleva allarmarmi? Per questo voleva che tornassi qui a controllare la situazione? Sapeva che qualcosa qui non andava?

Dovevo sapere dove andava tutte le volte che spariva nel nulla, lo dovevo sapere. Cosa mi nascondeva? Cosa sapeva?

Dissi, alla fine, cosa era successo a me, raccontando poi dell'eremita della foresta che non era la persona che tutti credevano fosse, ma non rivelai i miei sospetti su di lei, quello che sapevo, quello che avevo scoperto in quei giorni.

“Quindi, mi stai dicendo che la ragazza che vedemmo al mercato tempo addietro era lei? L'eremita? E adesso vivi con lei nella foresta?” disse lui stupito.

“Esatto, vi chiedo scusa per non essere potuto tornare prima, ma non conoscevo bene la foresta per essere sicuro di trovare la strada. Mi ha insegnato molto, lei stanotte mi ha accompagnato per guardarmi le spalle ma ne rimane fuori, così ha detto. È molto riservata, non so ancora nulla di lei, ed è passato quasi un anno” dissi quasi tra me.

“Capisco, tranquillo amico, hai fatto bene, la situazione in quei giorni era disastrosa. Sembra quasi essersi calmata ma la signora De Roquet non si arrende” mi rivelò.

“Già mi chiedo cosa voglia da me? Che male le ho mai fatto?”.

“Gli altri come stanno?” chiesi dopo un po'.

“Loro stanno bene, cerchiamo ogni giorni un modo per andarcene da qui, non era più il paese che era quando eravamo piccoli” mi rivelò con sconforto.

“Non andiamo via solo per i nostri cari” concluse poi.

“Troppo affezionati alla terra natia?” dissi io, provando ad indovinare il vero motivo.

“Sì, anche lo ammetto. È difficile abbandonare le proprie radici” confessò.

“Ma se per una vita migliore, fatelo. Dall'altra parte della foresta, mi ha raccontato” riferendomi ad Ottavia “che c'è un villaggio maestoso e pacifico, dove ci accoglierebbero. Sono tornato per portare via di qui voi ed Emily” dissi alla fine, quello era il vero motivo per cui volevo tornare.

Qualche tempo prima, Ottavia mi aveva raccontato di quel villaggio, ci andava spesso per fare delle compere.

Mi aveva detto, che sarei potuto andare a vivere lì, nessuno si sarebbe mai interessato al mio passato, ma solo al mio futuro. La gente lì era deliziosa ed accogliente, non era gente che si lasciava condizionare dai pregiudizi, erano un popolo equilibrato e saggio. Da quando me lo aveva detto, l'avevo pregata di portarmici o di mostrarmi la strada, ma non c'era mai stata occasione, non era più tornata anche perchè, mi disse allora, che era un viaggio di almeno tre giorni dal nostro rifugio, nascosto dalla vegetazione.

Diedi queste informazioni anche a lui che si mostrò subito entusiasta della scelta.

“Bisogna solo organizzare tutto per la partenza” mi disse.

“Non preoccuparti, non dobbiamo partire per forza stasera” gli dissi io.

Gli dissi che appena possibile, sarei ritornato a prenderli e che, se Ottavia era d'accordo, a scortarci fin laggiù per poi lasciarci al nostro destino così lei era finalmente libera di tornare alla sua vita.

Ora che sapevo da quando occupavo il posto ne l suo letto, mi sentivo sempre più in colpa, e volevo a tutti i costi andare via al più presto, anche se non avrei mai saputo la verità. Se un giorno l'avessi rincontrata nella foresta, glielo avrei chiesto.

“Va bene. Ecco fatto, ora stai molto meglio” disse Alex soddisfatto del suo lavoro. Guardandomi allo specchio notai che ero tornato il vecchio me, solo che ero più sporco, o meglio, più selvaggio. La cosa, dovevo ammettere, non mi dispiaceva per nulla.

“Grazie, amico” dissi.

“Ho bisogno che tu lo dica anche agli altri: Rik, Elia anche Erika, se la rivedi. Stasera non ho tempo per fare il giro da tutti. Volevo solo più andare da Emily” confessai.

“D'accordo, ti faccio strada allora” disse lui. Non volevo corresse rischi, ora sapevo come badare a me stesso, potevo farcela.

“Posso andare da solo, tu rimani qui al sicuro” dissi, alla fine.

“No, la signora De Roquet l'ha spostata non vive più con genitori. L'ha imprigionata, anche se non so perchè. Puoi chiederlo a lei però” disse lui.

Se le cose stavano così, allora avevo bisogno per forza della sua guida, sperando di poterlo proteggere.

 

Furtivamente, riuscimmo ad uscire da casa sua senza che suo padre si svegliasse. Il problema era non farsi scoprire; Alex si era portato il suo coltellino per difendersi. Gli avevo anche chiesto come se l'erano cavata quel giorno, e mi aveva risposto che dopo che mi ero addentrato nella foresta li avevano lasciati stare per inseguire me. Da allora si erano stabiliti, almeno la metà di loro, al villaggio senza, per il momento, torcere un capello a nessuno. Lo avrebbero fatto se li avessero ostacolati o avessero dato asilo al fuggitivo, cioè io.

Gli ordini venivano dati loro direttamente dalla signora De Roquet, come avevo anche sentito io, tempo fa da due uomini che ne parlavano.

Sapevo che per loro era solo questione di denaro, dissi poi ad Alex, ma per Mariluna il motivo era ancora avvolto nel mistero. Ed era quello che volevo scoprire, se Emily aveva quella risposta, cosa però di cui dubitavo fortemente, ma tanto vale provarci.

Da quanto avevo capito, la prigione di Emily era esattamente dall'altra parte del villaggio, ma abbastanza vicina a casa De Roquet; mi ero chiesto cosa ne pensasse il padre ed esposi il mio quesito anche ad Alex.

“Lui non proferisce parola, lui fa quello che la moglie gli impone. Questo preoccupa tutti, molti stanno ipotizzando che lei abbia chissà quale oscuro potere su di lui” mi rivelò.

La storia si stava facendo sempre più complicata e non era affatto un bene se volevo sapere cosa stava succedendo.

I ragionamenti ero bravo a farli, alle soluzioni ci arrivavo da solo pensandoci molto, ma quello non sapevo dove sbattere la testa per trovare la soluzione che fosse quella corretta.

All'inizio credevo fosse solo un'infatuazione quello della signora, ma mi stavo rendendo conto che ci doveva essere di più sotto.

Era come il mistero di Ottavia: quelli erano gli unici misteri che ancora non avevo risolto, con la differenza che a quello della mia salvatrice c'ero quasi.

Dopo diverso tempo, tra nasconderci dagli uomini di Mariluna e localizzare il posto, arrivammo a destinazione.

Era una casetta lasciata a se stessa, sapeva di vissuto e stava cadendo a pezzi. Era piccola ed angusta, buia e, scommettei, anche fredda al suo interno.

“Ma sei sicuro che è questo il posto?” chiesi, mi sembrava troppo deserta perchè ci fosse qualcuno al suo interno, soprattutto una come Emily.

“Sì, guarda bene, ci sono almeno una ventina di uomini lungo tutta la casa. Per quale motivo sorvegliarla sennò?” mi disse lui che tutti i torti non aveva.

Parlammo di come avvicinarci senza farci scoprire e, facendo una perlustrazione tutto intorno, notammo che non potevamo avvicinarci più di così, ed eravamo a mille passi da lì.

“Dobbiamo rassegnarci Cam, non ci avvicineremo mai senza farci vedere” disse lui.

“O li sorprendiamo un po' per volta e li stendiamo così non abbiamo più il problema. E meno venti uomini che mi inseguirebbero” dissi io, valutando ogni ipotesi.

“Ucciderli? Scherzi? Non sono mai arrivato a tanto, non so se potrei farlo” mi disse, barcollando un po' alla mia idea.

“Pensa che siano animali che devi cacciare per mangiarli e che loro sono la tua unica salvezza per non morire di fame” gli dissi io, che era come mi sentivo in quel momento.

A parte poveri animali, non avevo mai ucciso. Me lo disse una volta Ottavia, durante una delle mie prime volte da cacciatore. Aveva funzionato.

“Quella foresta ti ha davvero cambiato, ma in meglio devo dire” mi disse lui, accennando un sorriso.

“Merito della giovane eremita” ribattei io.

Elaborammo un piano per prenderli di sorpresa ma non tutti assieme, non avremmo gestito la cosa, un conto era se ci fossero stati anche Rik ed Elia, ma eravamo solo noi due.

All'improvviso, vedemmo un ombra avvicinarsi a passo sicuro, subito non inquadrai chi fosse, ma quando vidi che era a piedi nudi capì che era lei.

“Chi è quella?” disse il mio amico, notando la figura in ombra che si avvicinava alla casetta con estrema tranquillità.

“Credo sia la mia amica: l'eremita” dissi io, stupito nel vederla lì. Sapevo che mi guardava le spalle da chissà dove, ma aveva detto che non sarebbe intervenuta. Sì, lo aveva detto, ma solo in caso di bisogno, magari voleva darci una mano.

Gli uomini la videro e, dopo degli ammonimenti che ovviamente lei non ascoltò, le andarono incontro lasciando le loro posizioni, a quel punto decidemmo di cogliere l'occasione e di avvicinarci.

Tutti e venti ora erano attorno a lei, immobile e, apparentemente, indifesa.

Che cosa ha in mente adesso?

Si teneva stretta nel suo mantello, il cappuccio più calato che mai. Le braccia erano sotto al mantello per nascondere i suoi coltelli, forse.

“Ehi non puoi stare qui, te ne devi andare, hai capito, bellezza?” disse uno di loro, ghignando, e sorridendo facendomi capire che gli passava altro per la testa se non se ne sarebbe andata. Lo avevo dedotto anche da come aveva enfatizzato la parola bellezza. Lo aveva detto con un tono quasi volgare.

Nessuna risposta tornò indietro e nessun movimento tradì i suoi pensieri.

“Va bene, come vuoi. Ci stavamo giusto annoiando” disse e fece per avvicinarsi, insieme a tutti gli altri. Le armi erano leggermente basse, che problema volevano che gli desse una ragazzina? Era questo quello che pensavano, ma loro non la conoscevano ed io non l'avevo mai vista combattere contro venti uomini. Stavo temendo il peggio quando accadde.

Fu più veloce della luce del lampo che sovrasta il cielo prima che si senta il rumore del tuono, quello che ti fa sobbalzare per la paura. Anche io sobbalzai di paura nel vedere la scena che si presentò davanti a me un attimo dopo e, di come in un attimo, finì.



 

****
Salve a tutti! :)
Sono consapevole del fatto che è da un pezzo che non aggiorno più nulla, vi chiedo scusa, ma ho avuto una serie di problemi e contrattempi che non mi hanno più permesso di scrivere!
Comunque eccomi qua! sperando di non far passare tutti questi mesi! Magari molti di voi questa storia nemmeno la ricordano!
Tornando a noi, spero di aggiornare anche altre storie in corso e magari finirle ;) e finire anche di scrivere anche altre che ho in cantiere xD sperando un  giorno di pubblicarle qui xD
By the Way, spero che questo capitolo (bello lungo così mi posso far perdonare) vi sia piaciuto! Fatemi sapere cosa ne pensate e, come sempre, commentate come vorreste proseguisse e se è stato di vostro gradimento o deludente. 
Ringrazio anche coloro che, nonostante la mia assenza da efp, hanno continuato a leggere le mie storie e metterle tra le preferite, le ricordate e le seguite! ;) 
Alla prossima
Kiss Kiss
Scarlet ;) ;) 

  
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