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Autore: Letizia25    12/12/2015    5 recensioni
A volte, la discesa verso l’inferno comincia senza rendersene conto, fino a che non è troppo tardi.
Troppo tardi per tornare indietro, per cambiare le cose, per salvare qualcosa di ciò ch’è rimasto.
O almeno, la nostra è iniziata così.
Si cerca una luce per salvarsi, o anche solo per non perdere del tutto la speranza.
Eppure ogni sforzo sembra comunque vano, perché le cose non cambiano, mai.
Restano immutabili, almeno fino a che due universi opposti non si scontrano.
Perché quando due universi opposti si incontrano all’improvviso, cambia tutto, radicalmente.
Le certezze che c’erano prima svaniscono, sommerse da quel qualcosa che accomuna quei mondi.
Tutto scompare; dubbi, paure, sogni, maschere, muri. Resta una sola certezza: quella di non cadere.
*
Trailer: https://www.youtube.com/watch?v=evr4rKlJ1RA
*
ATTENZIONE: La storia tende al rating rosso e contiene alcune scene descritte in maniera molto approfondita (guardare trailer per capire). Quindi, se siete deboli di cuore o se potrebbe darvi fastidio in qualsiasi caso, non leggete, dato che l’ultima cosa che voglio è far star male qualcuno.
Genere: Angst, Drammatico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Calum Hood, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Be my home'
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Due
 
 
 
Si cerca una luce per salvarsi, o anche solo per non perdere del tutto la speranza.
Eppure ogni sforzo sembra comunque vano, perché le cose non cambiano, mai.
Restano immutabili, almeno fino a che due universi opposti non si scontrano.
 
 
 
Cammina lentamente, per le vie male illuminate di quella grande città che non conosce ancora del tutto nonostante ci viva da sempre, accompagnata dalla musica che sente piano attraverso le cuffiette.
Cammina, e intanto vorrebbe che la sua testa non fosse così piena di pensieri, di dubbi, di domande senza risposta, di parole che non sono mai riuscite ad uscire dalla sua gola, forse a causa di quella paura, di quel timore che è il suo compagno di vita e che non aiuta la sua situazione, in nessun caso.
Cammina, e vorrebbe non doversi sentire preda dello sbaraglio, dell’angoscia, della tristezza. Non dovrebbe vedere la vita con quei colori spenti che tanto odia e da cui non riesce mai ad allontanarsi, nonostante i suoi sforzi. Non dovrebbe vedere tutto catturato dalle ombre e dal dolore.
Perché, in fondo, quel poco che ha non è male, anzi. È molto più di quanto abbia mai potuto sperare in quella vita che ha saputo soltanto infliggere un colpo dopo l’altro, scavando ferite sempre più ampie, sempre più profonde in quel cuore che giorno dopo giorno sta perdendo la sua forza per reagire. Perché nessuno riesce sempre a stare in piedi da solo. Eppure… Non reagisce, non si difende; lascia che tutto dentro di sé scorra mentre lei resta inerme, troppo schiacciata dalle cose che ha dentro e che non fanno altro che pesare come macigni. Non vede a colori, lei.
Lei, schiva a causa di tutte quelle cose che ha vissuto e che l’hanno resa quella che è adesso; silenziosa, con troppe parole intrappolate in gola e morte lì, a causa di quel dolore sordo e costante che schiaccia ogni cosa e che le toglie lentamente ogni forza; persa, senza un posto dove potersi sentire a casa davvero.
Madison – la sua migliore amica e la stessa persona che le sta tenendo compagnia con numerosi messaggi da quando lei l’ha riaccompagnata a casa qualche minuto prima – dice che è forte. Glielo ripete costantemente e le porta sotto gli occhi così tanti esempi a cui sicuramente lei ci avrebbe creduto, se fosse stata un’altra persona.
Ma Letizia no, non ci crede, non ci riesce, nonostante si sforzi. Perché non si vede forte, non si è mai vista con una qualità simile; anche perché le sue – di qualità – non è mai riuscita a vederle, non è mai riuscita a scorgerle, neppure una volta, troppo presa a cercare di restare a galla, di non cadere in quella prigione fatta da troppe mancanze e da troppe ferite che ancora hanno bisogno di qualcuno che le curi. Un qualcuno che non è ancora arrivato.
Non si vede forte, lei. Prova soltanto a non mollare mai e a vedere la vita nel modo più positivo possibile, cercando quella speranza di cui ha costantemente bisogno. Quella speranza che, tuttavia, non è mai riuscita a trovare e a tenersi dentro al cuore. Ecco perché è così, ecco perché non riesce a vedere a colori, in nessun caso.
Non ci riesce. Non ha speranza e non sa più come fare per non lasciarsi sopraffare da tutto quello che le appesantisce il cuore, cibandosi di ogni cosa buona che con fatica riesce a creare.
Ed ecco che la miriade di pensieri nella sua testa torna a pesare; ad infierire; a confonderla con sempre maggior insistenza e prepotenza, come a volerle ricordare che non c’è scampo dalle decisioni della vita, di cui lei – come tutti gli altri – è una vittima che non potrà mai trovare alcuna via di fuga.
Sospira, e intanto la musica continua ad andare, a farle compagnia, coprendo un poco il silenzio assordante di tutte quelle cose che ha dentro e che non riesce ad estirpare, come erbacce che rovinano ogni cosa, che gravano sul suo cuore rovinato, distrutto, troppo provato per sopportare altro.
Vorrebbe solo che tutto quello che ha dentro scomparisse completamente, nella frazione di un istante, liberandola da quel dolore che non riesce più a sopportare, radicato dentro di lei da tutta una vita intera, come un fedele compagno che non potrebbe mai abbandonarla, pronto a farsi vivo e pressante nei momenti peggiori; momenti in cui lei davvero per poco non perde se stessa non perde quei pochi cocci di lei rimasti da mettere un poco in ordine, per quanto ne valga la pena.
Perché Letizia sa di non essere abbastanza, di non valere abbastanza, per nessuno. Soprattutto, sa di non essere abbastanza per se stessa, con tutti quei pensieri, quei dubbi, quelle paure che ha dentro, con il casino vivente che è e che nessuno mai vorrebbe conoscere o di cui probabilmente nessuno vorrebbe prendersi cura, troppo spiazzato dalla miriade di cose che quella ragazza ha dentro e che custodisce quasi come tesori a cui nessuno deve avvicinarsi in alcun modo.
Troppe volte si è chiesta il perché sia venuta al mondo ed il suo scopo in quella vita che – apparentemente – non ha alcun senso. Forse perché è destinata a vivere come sta facendo adesso? Forse perché è stata solo il frutto di un errore di due adolescenti troppo inesperti e troppo presi dall’ebbrezza di vivere? Forse perché doveva soltanto nascere e restare a vedere come tutto sarebbe finito, se mai avesse dovuto avere una fine vera e propria? Forse perché c’è qualcosa di grande per lei, un qualcosa che però ancora non è pronto per poter essere affrontato? Troppe domande, troppe parole che non servono a niente. Nessuna risposta che sappia spazzar via ogni cosa del tutto.
Sospira ancora mentre i passi risuonano piano sull’asfalto del percorso di cemento del parco non lontano da casa sua. Quel parco, l’unico posto che consoce del tutto, a causa dei lunghi pomeriggi trascorsi lì, per stare il più lontano possibile da quel luogo che non potrà mai considerare del tutto casa sua, nonostante l’affetto e la pazienza di chi l’ha cresciuta con tutto l’amore che ogni persona merita e di cui ha assoluto diritto. Un diritto che, tuttavia, a lei è stato negato tanto tempo prima, quando la prima ferita si è fatta viva dentro al suo cuore, procurandole un senso di vuoto che nessuno è mai riuscito a colmare.
Quel vuoto che Letizia non vorrebbe sentire mai più dentro di sè. Quel vuoto che è la sua rovina, che le toglie tutto giorno dopo giorno pur di riempirsi con qualsiasi cosa. Quel vuoto che si ingrandisce sempre di più, nonostante gli sforzi che fa pur di evitarlo, pur di curare quel dolore costante, opprimente, invadente, che la costringe a piegarsi, facendola cadere senza farsi alcuno scrupolo.
Avrebbe solo bisogno che qualcuno la aiutasse a tirarsi su dalle macerie di se stessa.
Quelle poche macerie, quel poco che resta di lei.
Si passa stancamente una mano sugli occhi stanchi per tenersi sveglia. Sono quasi le due di mattina e girare da sola per quei posti le fa sempre un po’ paura a quell’ora, nonostante li conosca quanto le sue tasche.
Nasconde le mani nelle tasche di quella felpa leggera che la tiene un po’ al caldo, mentre l’aria fresca di quella notte di fine agosto si fa sentire, facendola rabbrividire lievemente di tanto in tanto. È fine inverno, eppure non sembra, con quelle temperature che non accennano a voler aumentare anche solo di pochi gradi per mostrare l’arrivo prima della primavera e poi di quell’estate che arriverà inesorabile, indifferente a tutto e tutti, portando con sé quel caldo che Letizia non riesce a sopportare, al contrario del freddo dell’inverno, compagno perenne di quel silenzio sordo che ha dentro al cuore.
Cammina piano, percependo il cuore batterle a fatica dentro al petto, come se avesse a malapena la forza sufficiente per compiere anche solo quella minuscola azione.
E intanto, non riesce a smettere di pensare, di farsi domande, di cercare risposte.
Pensa a come sicuramente sarebbe migliore la sua vita senza tutta la confusione che ha dentro, così che tutto sarebbe più semplice, più facile da capire e forse anche meno duro, meno meschino, come in realtà la vita stessa è, senza che nessuno possa farci niente, senza che nessuno possa cambiare anche solo una virgola per restare in piedi.
Pensa che riuscirebbe a sorridere un poco di più, se solo non avesse tutti quei ricordi dentro la testa che le tengono a mente che la felicità è effimera e troppo esaltata da chiunque e che mai nessuno riuscirà a raggiungerla, struggendosi così nell’angoscia di non esserci riuscito, struggendosi per aver agognato qualcosa di impossibile da trovare e da tenere stretto abbastanza a lungo per poter dire di averlo provato almeno una volta nella vita.
Pensa che forse tutto sarebbe più bello, se potesse prendere in mano la sua vita e farla ripartire da capo, azzerando ogni cosa che c’è stata prima di allora, come a volersi ripulire da tutto quello sporco che si sente addosso e che non le permette di fuggire via, libera come il vento, pronta a poter gustare il sapore della vita stessa con occhio meno triste, magari un poco più propenso a vedere tutto con un minimo di ottimismo, una delle poche cose che la aiuterebbero a superare meglio il resto, se solo ce l’avesse, se solo riuscisse a trovarlo anche in minima parte.
Pensa che probabilmente avrebbe soltanto bisogno di un miracolo, per mettere a posto tutto quanto. Un miracolo che tuttavia rimarrà sempre lontano da lei, come un’illusione, una speranza, un sogno destinato a non avverarsi mai; scavando in lei ferite sempre più profonde; procurandole sempre più dolore per quel qualcosa che non conosce ma di cui ha assoluto bisogno per restare in piedi, anche se sa che tanto non servirebbe a niente.
Perché le cose non cambiano, mai; restano sempre le stesse, immutabili, irremovibili, mai scalfite dai sentimenti delle persone e dallo scorrere inesorabile del tempo che non procura su di loro il minimo cambiamento, come se fossero due mondi costantemente divisi che camminano fianco a fianco, conoscendo tutto dell’altro. Tutto resta uguale; mostrando alle persone quanto piccola sia la loro forza e la loro scintilla di vita rispetto a quel disegno più grande che nessuno riuscirà mai a capire davvero; mostrando a lei quanto sia impotente davanti allo spettacolo e alla forza della vita stessa, che mai nessuno sarà in grado di prevedere o di contenere.
Si sistema meglio il cappuccio sulla testa, come a voler rinforzare i muri che si è costruita attorno da sola per evitare di venir ferita nuovamente; per evitare che qualcuno, anche solo per sbaglio, possa vedere quanto in realtà sia debole e quanto vicina sia all’orlo di quel baratro da cui non ci sarà mai ritorno, per una senza speranza come lei.
La musica intanto continua ad accompagnarla, con le note di una canzone senza parole, di cui la melodia è sufficiente per non farla pensare, per lenire il dolore, le ferite, con la dolcezza e la malinconia di quel susseguirsi di note che riescono anche solo per poco a portarla via da lì, a sgomberarle la mente, a pulirle il cuore, come se avessero quel potere magico che Letizia tanto vorrebbe per stare meglio.
I piedi proseguono il loro cammino, portandola verso casa, facendola passare accanto a quel piccolo laghetto dove si ferma di solito, per godersi un po’ quel parco completamente vuoto, privo degli schiamazzi dei bambini, del vociare delle persone anziane, del traffico che disturba tutto arrivando dalla strada non lontana. Come ogni volta, Letizia si ferma, stringendo le mani attorno alla ringhiera che divide il piccolo specchio d’acqua dal resto del parco, come se fosse un mondo a sé che nessuno deve contaminare in alcun modo, come se dovesse essere protetto da tutto ciò che è al di fuori, che non si conosce, di cui si ha una paura folle. Proprio come lei.
Lei, che ha una paura tremenda di quello stesso mondo di cui vorrebbe tanto far parte. Una paura che non è mai riuscita a spiegarsi e che la paralizza, la rende vulnerabile di fronte a tutto quello che il resto attorno a lei nasconde nelle persone che la circondano e che non sanno che esiste, che non conoscono il suo dolore, quella parte di lei che dovrà sempre restare nascosta a chiunque, relegata nel suo angolo.
Alza gli occhi. E si perde ad osservare quei piccoli puntini luminosi fissi nel cielo, come a voler aiutare la Luna ad illuminare ancora di più quel buio quasi invalicabile, quel buio che divide la Terra da tutto il resto, come a volerla tenere prigioniera degli sbagli, degli errori che i suoi abitanti hanno commesso da quando sono venuti al mondo, condizionando tutto il resto e permettendo al dolore, alla solitudine, al vuoto di impossessarsi dei loro cuori, rendendoli prede di quei sentimenti che le persone, da sole, non riescono a mandar via. Perché, per sopravvivere, per stare bene, bisogna essere sempre in due.
Si perde ad osservare le stelle, Letizia. E, stranamente, non si sente smarrita come le altre volte. Si sente soltanto infinitamente più piccola rispetto a quell’immenso spettacolo che è la natura e di cui si ritrova a far parte, volente o meno. E le va bene così, almeno per quei pochi minuti di pace che si può concedere, prima che i suoi pensieri si ripresentino per darle fastidio, per consumarle ancora un po’ di più il cuore e l’anima.
Lentamente, torna sui suoi passi, velocizzandoli un poco per arrivare a casa il prima possibile e per mettersi finalmente a dormire. In fondo, è umana pure lei e come tutti ha bisogno di riposare per rimettersi un po’ in sesto. E intanto la musica torna ad avere le parole, torna ad accompagnarla e a zittire un poco tutte le sue domande.
Almeno fino a che gli occhi scuri di Letizia non scorgono una figura seduta sulla panchina davanti a lei.
E subito il cuore inizia a batterle un poco più forte nel petto, apparentemente senza un motivo ben preciso.





Letizia
Ciao a tutti quanti!!!! <3
Come promesso, eccomi con il secondo capitolo di questa nuova long.
Secondo capitolo in cui un po' si inizia a conoscere il personaggio femminile di questa storia: Letizia. Che ve ne pare di lei? Che cosa pensate le sia successo?
Forza forza, fatevi sentire, che come al solito sono curiosissima! ;D <3
Da voi che tempo fa? Da me è nuvoloso! :/ Speriamo migliori ;).
Via via, corro a rispondere alle vostre dolcissime recensioni, perchè ho mille cose da fare (aka: mille cose da studiare ma shhh).
Vi ringrazio veramente con tutto il cuore per ogni cosa: visite | recensioni | preferiti | ricordati | seguiti. Siete pazzeschi ed io vi adoro, chiuso il discorso :3
A presto! Un bacione immenso, Letizia <3
   
 
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