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Autore: Nata_dalla_Tempesta_    28/12/2015    0 recensioni
Stonemill-on-the-green è un piccolo paese dell'Inghilterra del Sud: come in tutte le piccole città, tutti si conoscono, le voci girano e i segreti difficilmente rimangono celati.
Abbie e Cain, cercando di superare le divergenze di pensiero, si prendono cura dei tre fratellastri minori: Gabs è un edonista più preoccupato dell'apparenza che della sostanza, Raph ha un cuore d'oro ma una condotta pessima e Mike... È semplicemente Mike.
Questa è la storia di una famiglia allargata atipica in una tipica cittadina minuscola.
Genere: Commedia, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Avevano ancora margine di tempo per definire il piano nei dettagli: dato che la notte avrebbe proverbialmente portato consiglio, tanto valeva approfittare dell'occasione di trovarsi tutti e tre insieme fuori di casa. Gabriel e Raphael facevano spesso serata - non uno appiccicato all'altro ma perlomeno nello stesso edificio. Tendevano a mal digerire la vicinanza prolungata, ma per quella sera avrebbero potuto fare un'eccezione in onore della guest star inattesa e da poco maggiorenne chiamata Michael. La spocchia di Gabriel da un lato e la frivolezza di Raphael dall'altro sarebbero potute essere tollerate reciprocamente per qualche ora.

Il Neverland era una sorta di porto franco nella cittadina di Stonemill-on-the-green: negli anni, si erano avvicendate generazioni di ragazzi che raggiungevano l'isola sotterranea per vivere notti di svago, illudendosi di bivaccare in una discoteca degna di una grande città. Non girava roba pesante, trovare qualche bomba e un po' di bamba era un evento più unico che raro e dei due fratelli maggiori era Gabriel a preferire gli eccitanti per trovare quella sicurezza di sé che ostentava solamente.

Raphael riusciva a battere cassa lì dentro, ma nulla di paragonabile agli anni di liceo e alla quantità industriale di erba che smerciava in università a Londra: i ragazzetti del paese preferivano sentirsi alternativi sbriciolando pezzi di copertone nel tabacco delle sigarette piuttosto che godersi un bel purino con i fiocchi, usanza che Raphael trovava riprovevole. Più erano giovani i compratori, più era probabile che Raph mentisse dicendo di aver già venduto tutto nonostante avesse ancora le mutande piene di erba. Non ne erano degni.

Nonostante gli irrisori flussi sotterranei di sostanze stupefacenti, ciò che scorreva più copiosamente tra le mura del Neverland era l'alcool della peggior qualità, che veniva consumato solo per gli effetti e non per il sapore: Gabriel, abituato a degustare whiskey e assenzio nonostante le prese in giro di Raphael, preferiva consumare le duecento sterline che investiva ogni mese in Jade PF 1901 e Johnny Walker Blue Label nella propria stanza, mentre era impegnato a rompere il sedere a qualche coreano nei videogiochi online. Quando si trovava in quei postacci, si limitava alla birra.

Appena Raphael fece scattare con una spallata la porta che aveva più l'aria di un'uscita di sicurezza che si trovava in fondo a una scalinata in una piazzetta isolata della periferia della zona sud-est di Stonemill-on-the-green (oltre la quale cominciava la campagna), tutti i sensi di Michael vennero annullati dalle luci stroboscopiche e dalla musica assordante che lo investirono come un'ondata, provocandogli un senso di disagio opprimente. L'istinto lo portò quasi a girarsi e fuggire a piedi fino a casa, nella sua camera, dove avrebbe potuto rifugiarsi nel silenzio che tanto amava.
Rivolse lo sguardo sul viso di Raphael, nel quale riuscì a trovare un po' di conforto grazie al suo sorriso dolce e tranquillo, come spesso gli accadeva. Un sorriso dolce, che gli ricordava Cain in maniera spiazzante.
Gabriel, che rifuggiva il contatto fisico affettuoso come se tutto il mondo fosse appestato, gli mise un braccio sulle spalle e gli sorrise a sua volta, cosa che invece non accadeva mai. Come aveva potuto quella donna non riconoscere in lui gli stessi occhi slavati ma intensi di Abbie? Semplicemente perché quella donna non aveva mai conosciuto realmente Abbie. 

"Benvenuta all'Isola che non c'è, Wendy."

Fecero un passo ed entrarono in quella strana bolla fatta di lampi e frastuono che sembrava un varco dimensionale apertosi sotto il suolo del piccolo paese: a Mike bastò un'occhiata generale per riconoscere i visi di persone che vedeva tutti i giorni o conosceva di sfuggita, ma che in quel luogo sembravano trasfigurati in volti sconosciuti. Ebbe la sensazione che si prova al risveglio dopo un sogno, quando si è sicuri di chi si ha davanti ma le fattezze non corrispondono mai a quelle del mondo reale.

Sentì la mano di Raphael scendere lungo l'avambraccio e afferrare saldamente la sua. Spesso suo fratello esagerava con il contatto fisico e le dimostrazioni di affetto o di goliardia, arrivando vicino al confine con l'ambiguità: fortunatamente aveva smesso da qualche anno di appoggiare i propri genitali al suo sedere ogni volta che si chinava, di sbaciucchiarlo anche sulle labbra o abbracciarlo indipendentemente dal fatto che uno dei due fosse nudo o vestito. Con Gabriel invece non aveva mai smesso, ed era addirittura peggiorato dopo l'anno passato fuori casa per gli studi (abitudine presumibilmente rafforzata dal fatto che suo fratello maggiore andasse fuori di testa più del dovuto). Con Cain ed Abbie non osava fare gesti ambigui, limitandosi a baciarli e abbracciarli teneramente ogni volta che ne aveva l'occasione.

Nonostante anche Michael tollerasse poco le effusioni di Raphael, in quel momento sentire le sue dita intrecciate alle proprie fu un sollievo: lo condusse verso la zona dei tavolini facendo da ariete in mezzo alla folla. Gabriel rimase indietro, già intento a dover divincolarsi dalla prima tizia che lo aveva intercettato.
Raph si abbandonò sulla sedia a gambe spalancate: fortunatamente in quel locale il dresscode non era previsto, dato che sembrava fosse appena tornato da una partitella di basket al parco con gli amici. Era tornato da Londra con il doppio dei muscoli, e non era mai stato troppo esile. Sembrava cresciuto di cinque anni in uno: i lineamenti del viso si erano leggermente affilati, rendendolo ancora più simile a Cain e facendolo apparire ancora più adulto rispetto a Gabriel, il quale era sempre stato tradito dalle proprie lentiggini. Per quanto si vestisse e atteggiasse da grande uomo, le minuscole macchioline gli davano quell'aria da  eterno adolescente che non riusciva a scrollarsi di dosso, ed erano ancora più evidenti in estate quando per sbaglio prendeva anche un singolo raggio di sole. Dimostrando meno dei propri anni, assumendo atteggiamenti esageratamente raffinati e mantenendo dunque un sentore da giovane effeminato, Michael si chiedeva come suo fratello riscuotesse tutto quel successo tra le ragazze: non c'era un singolo aspetto in lui che non fosse riconducibile all'omosessualità, fatta eccezione per il suo orientamento. 

Erano tutti e cinque troppo simili esteticamente per non cercare di differenziarsi per reazione opposta: se non avessero potuto estremizzare le proprie peculiarità, sarebbe stato un vero disastro. Se fossero rimasti la famiglia che loro padre aveva progettato di crescere non sarebbero probabilmente stati felici: Abbie e Cain erano stati magnifici in quello. Avevano mostrato la strada a tutti e tre, mettendoli in guardia dei pericoli ma senza precludergli la possibilità di prendere qualche via laterale, di impiegare meno tempo del necessario oppure di negargli di fare quello che desideravano durante il percorso. Erano stati dei veri rompiscatole, ma non abbastanza per spingerli a ribellarsi di conseguenza.
Non che fossero onniscienti, avevano anche loro commesso degli errori: Gabriel era stato massacrato di divieti, Michael di sproni e Raphael, come buon fratello di mezzo, era stato ritenuto responsabile quando in realtà era l'unico dei tre ad aver bisogno di attenzioni e paletti.

Gabriel appoggiò energicamente tre pinte di birra sul tavolo; sollevò il proprio boccale e parlò a voce alta nel tentativo di sovrastare la musica: "A noi tre, contro il resto del mondo."

"Mi siete mancati da morire in questi mesi", disse Raphael dal nulla. "Senza di voi mi sento perso. Non saprei come esprimermi in modo carino data la situazione, ma... Sono contento di poter fare qualcosa con voi. Non si tratta più di difenderci a vicenda per una pallonata all'argenteria sapendo di finire per prenderle tutti e tre, di uscire di nascosto la sera o altre cose da ragazzini. Ora siamo adulti e non c'è scusa che tenga, se commettiamo un errore non ci aspetta solo una ramanzina o il castigo. Questa è una faccenda più grande di noi, ma siamo tre contro uno. Non dobbiamo dimenticarlo. Niente, ci tenevo a dire questo. Pensiamo a goderci la serata, adesso. Cheers!"

Si misero a bere, relegando i cattivi pensieri ma anche i sentimentalismi in una parte a tenuta stagna della coscienza: non avevano mai avuto bisogno di dirsi a chiare lettere quanto si volessero bene, preferendo invece dirselo a suon di pugni o insulti.

Harper impiegò qualche istante a convincersi che quei tre ragazzi che ridevano a crepapelle davanti a nove boccali vuoti che occupavano tutta l'area del tavolino fossero realmente i tre fratelli minori di Abbie. Li osservò a distanza con circospezione e incredulità: era da un paio d'anni che non li vedeva ed erano cresciuti a dismisura.
Michael, che era sempre stato il più carino e che anche da ometto non aveva perso la sua bellezza, eclissato ingiustamente dalle personalità degli altri due; Raph, scazzato proprio come lei ma un po' troppo appiccicoso per le sue corde; e infine, girato di spalle, quel damerino di Gabriel, con il quale aveva stretto un legame fortissimo nonostante i pochi anni di convivenza. Assomigliava troppo ad Abbie per non apparire adorabile agli occhi di Harper.

Aspettò che Gabriel si alzasse per ordinare il quarto giro per avvicinarsi al bancone e posizionarsi accanto a lui. Anche il ragazzo dovette darle un paio di occhiate per assicurarsi che fosse Harper: la sua chioma era inconfondibile, ma i sensi di Gabriel erano rallentati dall'alcool.

"Harper?" le chiese con un'intonazione attraverso la quale non fu possibile capire se si trattasse di una domanda o di un'esclamazione. Era totalmente sbronzo.

"In persona", sorrise lei.

Gabriel si tirò indietro il ciuffo di capelli che teneva al lato del viso con un leggero gesto della mano, come se servisse a inquadrarla meglio: "E' da un secolo che non ci vediamo!"

"E' colpa mia. Quando non sto con Abbie sono impegnata a evitarla, in un modo o nell'altro mi tocca stare lontana da casa vostra. Sono pessima, lo so."

"Immagino che ora siate nella fase in cui tu la eviti."

"Puoi dirlo."

"Siete proprio assurde."

"Puoi dire anche questo. Sei da solo?"

"No, ci sono anche Mike e Raph, sarebbero felici di salutarti. Prima, però... Mi concedi questo ballo?"

Le porse la mano destra e mise l'altro braccio dietro la schiena, piegandosi leggermente in avanti: Harper rise e appoggiò la propria mano su quella di Gabriel. Appena arrivarono in mezzo alla pista, Gabriel mise le braccia attorno alla vita di Harper e la strinse a sé: accostò la sua guancia a quella di lei e fece per dirle qualcosa all'orecchio, ma esitò.

"Gale, va tutto bene?" chiese la ragazza stranita dalla situazione. Era l'unica a chiamarlo con quel soprannome, ed era decisamente migliore di Gabster. Gabriel deglutì e strizzò gli occhi per cercare di non mettersi a piangere, ma Harper non ebbe modo né di sentire, né di vedere: inspirò a lungo, respirando il profumo dei capelli di lei. Non c'era posto migliore di quello per liberarsi del peso che straziava Gabriel: nei luoghi isolati e silenziosi ci può sempre essere qualcuno che ascolta. Lì, in quel momento, con la creazione di qualche Dj sconosciuto che rimbombava nell'aria pesante e tutta la calca di corpi che si muovevano frenetici, nessuno li avrebbe mai sentiti. Era impossibile: statisticamente, matematicamente, fisicamente impossibile. 

"Ho perso la verginità con la madre malata terminale dei miei fratellastri."

Non fu troppo difficile pronunciare quelle parole dato che Gabriel non  riuscì a sentire la propria voce, un po' come se avesse dovuto praticare un'incisione su un arto del suo corpo completamente anestetizzato: dalla reazione di lei capì che erano giunte a destinazione. Aveva deciso di omettere quel particolare con i propri fratelli, ma a qualcuno avrebbe dovuto confessarlo. Non si palesò però nessuna delle scene drammatiche che si era immaginato: nessuno sguardo accusatorio o sconvolto, nessuna fuga plateale, nessuno schiaffo o calcio nelle palle, niente di niente. 

Davanti agli occhi smeraldini di Harper, tutto il Neverland si fermò per una frazione di secondo, durante la quale svolse mentalmente l'ermetica equazione che nascondeva la frase di Gale,

lui era vergine a ventidue anni ma questo non ha molta importanza sicuramente raphael lo sta già prendendo abbastanza in giro per quello dunque ora calma riflettiamo i suoi fratellastri sono cain ed abbie quindi sta parlando della madre di cain ed abbie quella sparita quando loro erano troppo piccoli per ricordarsela andando a unirsi a una setta druidica o di wicca o quel cavolo che è se gale l'ha incontrata si trova presumibilmente in città ed essendo malata terminale si trova al centro di cure palliative dell'ospedale se abbie l'avesse saputo me l'avrebbe comunicato anche se abbiamo litigato ma perché poi abbiamo dovuto litigare sempre per quella cazzo di storia del guardare il cellulare dell'altra io non ho niente da nascondere ma se ti fidi non lo guardi se non hai niente da nascondere lo posso guardare e allora significa che non hai fiducia in me e bla bla bla cristo santo ci perdiamo anche tempo a discutere su quelle stronzate invece di goderci qualche ora insieme siamo due imbecilli cretina io e cretina lei e quindi dopo venticinque anni di assenza la madre di abbie era a un tiro di schioppo da lei a sua insaputa moribonda ma ancora abbastanza in forze per scoparsi il suo figliastro ma che cazzo gabriel cosa cazzo hai combinato ora come facciamo a risolvere questo casino complimenti signora le faccio davvero i miei più sentiti complimenti mi dispiace per i suoi problemi di salute sono davvero totalmente affranta ma le posso garantire una cosa ovvero che lei è in grado di rovinare ogni singola forma di vita che venga in contatto con lei intanto che ci siamo mi consenta di farle una domanda non è che la posso mettere nel mio giardino quegli stupidi afidi mi stanno disintegrando il cespuglio di rose ora capisco perchè si è sposata con il signor bigotto dei miei coglioni siete due metà della stessa mela marcia that's amore e io giuro su quel dio che tanto adorate ma che scommetto il culo non approverebbe nessuna delle vostre scelte io lo giuro che se prova a far qualcosa ad abbie io la uccido o la tengo in vita o qualunque cosa non sia quella che preferisce 

Se la sua mente avesse avuto dei polmoni, avrebbe preso fiato prima di concludere, sia per dare più pathos che per non rischiare il soffocamento: questa storia è fottutamente eccessiva.

"Sarebbe un ottimo incipit per la tua autobiografia!" esclamò Harper fingendo di non essere sconvolta. "Sto scherzando. E' davvero il caso di parlarne con calma, in realtà."

"Non stasera. Domani", disse Gabriel in stato catatonico, come se un automa avesse preso il suo posto.

"Ok, allora domani mattina ti aspetto da me. Adesso facciamo finta che non sia successo nulla, ti va?"

"Sono disgustoso", mormorò lui, appoggiando la fronte alla spalla di Harper.

"No, sei solo stupido e impulsivo, ma credo sia un gene tipico della tua famiglia. Se sapessi tutto quello che hanno combinato tuo fratello e tua sorella quando voi eravate più piccoli ne saresti rincuorato. E la sottoscritta, giù a mettere le pezze ai loro disastri. Lo vedi? E' una tradizione."

Lasciare Abbie perché sei andata a letto con Cain rientra in questa tradizione?
Non ebbe il coraggio di chiederlo. Non gli importava della risposta, non l'avrebbe scandalizzato in nessun modo. Solo, non era nelle condizioni di poter fare il supponente con nessuno, figurarsi con Harper. E poi, non era nemmeno sicuro che fosse vero.
   
 
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