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Autore: _Ala_    20/03/2009    1 recensioni
"Sei un illuso Naruto, forse siamo due illusi. La gente mormora, dice che Sasuke non tornerà più."
"Si, ma non è vero".
"Lo sai che lo è. Tu lo sai, io lo so, tutto il mondo lo sa."
"Non è vero."
"Mi stai dando della bugiarda?!"
"Oh no, Sakura-chan! Non lo farei mai!
Io sto solo dicendo che tutto il mondo si sbaglia."
[Naru/Sasu/Saku]
[Threesome]
Genere: Romantico, Malinconico, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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riassunto

 

Where are you?
And I am so sorry,
I cannot sleep, i cannot dream tonight
I need somebody and always.
 
"I miss you"
Blink182

 

CAPITOLO 6

Occhi che non vedono

 

 

 

"Devo vedere Sasuke Uchiha".
La voce di Naruto, sicura, non tradì la minima incertezza, e la guardia non ne vide nemmeno nei suoi occhi,
seri come mai li aveva visti. Per questo le proteste gli si fermarono alla base della gola, e si limitò a scortarlo con un cenno fino alla cella del mukenin.
Lo shinobi non parve interessarsi al suo comportamento, limitandosi a considerare che, diavolo, era una delle ultime in quel sotterraneo. Da lì uscire sarebbe stato impossibile.
Anche il sorvegliante, sebbene con diversi sentimenti, sembrava pensare la stessa cosa mentre, nell’aprire lentamente la porta, ascoltava rapito il cigolio stridente della vecchia anta che gemeva lungo i cardini.
Era da anni che a Konoha non era più necessario usare quel tipo di celle, da anni non si catturava nessun pericolo tale da costringere il Consiglio a quella scelta. Il bisogno di farle tornare funzionanti era una dimostrazione di quanto chiaro fosse il rischio che comportava la custodia di un simile prigioniero al villaggio e l’uomo si sentiva quasi orgoglioso (orgoglioso e spaventato, come la preda davanti a un predatore ferito a morte) nel poter dichiarare di essere lui ad avere l’incarico di vigilare tale potenza.
In preda a questi sentimenti contrastanti lanciò solo un’occhiata pregna di malevolo disprezzo al recluso, e poi, avvertendo un brivido di paura scorrergli lungo la schiena, lasciò le chiavi al giovane biondo al suo fianco e imboccò velocemente il corridoi per tornare al suo posto vicino all’ingresso.
Il ragazzo vestito d’arancione non si curò di lui, provò solo una vaga irritazione verso chi aveva bisogno di chiudere in gabbia la gloria, per poterla vedere da vicino.
Invece rimase in piedi, fermo davanti a Sasuke.
In un altro momento il suo stato l’avrebbe scosso, indignato; si sarebbe precipitato ad aiutarlo anche contro gli ordini dell’Hokage, si sarebbe messo nei guai senza una domanda in più, avrebbe spaccato in pezzi il mondo senza nemmeno starci a pensare.
Non gliene sarebbe importato niente, perché non c’era niente che fosse troppo per l’Uchiha.
Ma non quel giorno. Non dopo quello che aveva osato fare.
Naruto rimase in piedi davanti allo straccio che era Sasuke, e intorno a lui non c’era che rabbia.
- Hai cercato di uccidere Sakura-chan -
Avrebbe voluto dirgli queste parole, avrebbe voluto insultarlo, riversargli addosso tutto la sua collera incredula, ma in fin dei conti sapeva già che non avrebbe avuto presa sull’altro, sapeva già che tutte le parole d’odio che poteva urlare gli sarebbero scivolate addosso senza bruciarlo, senza nemmeno scottarlo.
No, semplicemente Naruto guardò Sasuke, e il mukenin sollevò su di lui quel viso con cui non poteva guardare, anche sui suoi lineamenti di scolpito non c’era altro che rabbia.
Rimasero fermi, a fissarsi a vicenda, a sfidarsi silenziosamente a parlare per primo, ad abbassare lo sguardo.
E fu l’Uchiha a cedere senza riuscire a reggere troppo a lungo l’umiliazione di farsi vedere in quello stato.
Ma ancora non aveva inghiottito il suo orgoglio e la sua ira e la sua domanda fu un sibilo sprezzante:
"Che diavolo ci fai qui?"
Certo che avrebbe voluto urlare. Avrebbe voluto gridare fino a perdere la voce e i sensi, vomitargli addosso tutta la rabbia che sentiva, tutto il dolore, l’incredulità di esser stato tradito anche da loro, sfogare il suo odio e la sua frustrazione su di lui e… ma avrebbe significato mostrarsi deboli, ed era una cosa che lui non poteva permettersi; gli restava ancora qualcosa della sua arroganza da difendere.
Strinse i denti, sentendo qualcosa dibattersi dentro di lui.
Non voleva che Naruto lo vedesse così annientato!
Voleva alzarsi e fronteggiarlo, guardarlo negli occhi! Voleva picchiarlo a sangue e ucciderlo, se fosse servito. Ma non poteva farsi vedere così.
Ai suoi piedi, cieco, piegato. In ginocchio.
Lui che aveva rifiutato di farlo davanti a tutti.
Non poteva sopportare che il suo eterno rivale lo deridesse. Gli rinfacciasse di avere vinto.
Lo shinobi della Foglia sogghignò.
"In che stato ti sei ridotto, Uchiha?".
Come previsto il moro chinò ancora di più il viso ribollendo intimamente, Naruto esitò un secondo, poi, deciso, continuò a deriderlo.
"Ecco il grande e potente Uchiha, che non ha bisogno di nessuno dei suoi amici, che non ha bisogno di nessun legame. L’Uchiha che vive solo per vendicarsi. < Io sono un vendicatore > non era così che dicevi?"
La Kitsune ridacchiò.
" Se ti vedessero ora, i tuoi antenati? Se ti vedessero ora?!
Traditore della Foglia, incarcerato in quello stesso carcere in cui loro sbattevano la feccia. Perché è ciò che sei, Sasuke, feccia.
Il clan si vergognerebbe di te."
Il biondo rise di nuovo, cercando di imprimere nelle sue parole tutto il disprezzo e lo scherno possibile. Si sentiva morire a trattare il suo amico così, proprio lui che sapeva perfettamente quanto quelle frasi lo ferivano dentro checché Sasuke mostrasse, ma le sputò fuori comunque, con rabbia, come una bestemmia, grondanti di veleno.
I pugni del Mukenin tremavano intanto, ma ancora non parlava, non aveva nessuna intenzione di dargli la benché minima soddisfazione, a lui quanto a nessuno, e non contava che l’obbiettivo celato di Naruto fosse esattamente quello di provocarlo, di svegliarlo, di farlo vivere di nuovo.
Ne aveva abbastanza dell’apatia, voleva Sasuke. Il Sasuke che lui amava.
Se necessario infuriato come un demone, ma almeno vivo, presente.
" Uchiha," continuò quindi nello stesso tono, " ti sei fatto battere da me."
Il moro sollevò di scatto il viso, come in un riflesso di rabbia involontario, poi probabilmente si rimproverò di ciò che aveva fatto, perché tacendo lo piegò di nuovo in una sorta di autodifesa e si irrigidì in quella posizione.
"Alla fine Naruto Uzumaki ha battuto il genio, il primo della classe, il migliore in ogni cosa.
Battuto dal pivello, dal coniglio, dall’idiota. La tua grande aria di superiorità è sparita, vero?!"
La Kitsune vide le labbra dell’altro ragazzo stringersi ed esultò silenziosamente dentro di sé.
"Vero?!" lo incalzò ancora, "vero? Vero? VERO?!" e poi sillabò quella parola, scandendola deciso.
"Perdente."
Sasuke sbarrò gli occhi nascosti dalla stoffa della benda, con stampate sotto le palpebre immagini accecanti di un enorme serpe che gli si avventava contro, e di un ragazzino, un moscerino, che gli piantava due shuriken nel muso, fermandolo, facendo quello che lui non era riuscito a fare, socchiuse le labbra e ne uscì un sibilo: "piantala, ti avviso.." ma l’altro ninja continuò.
"Non sei riuscito neanche a battere Itachi.." Naruto si odiò.
"Io ti ho salvato da lui, Io l’ho fatto scappar…"
"SMETTILA!" il ruggito dell’ Uchiha rimbalzò per tutto il sotterraneo, di nuovo, proprio come con lei...
Era la seconda volta che lo portavano a gridare, ma questa volta era un urlo incontrollato, selvaggio.
Il suo corpo tremava, cercava di liberarsi e di slanciarsi contro l’altro come un animale. Naruto lo aveva colpito laddove non poteva accettare essere toccato; "ZITTO!" gridò nuovamente.
"Cosa ne sia tu di me?! Io ti ODIO! Non mi hai battuto, capito?! Non mi batterai MAI! È stata Sakura, che è arrivata con l’inganno, come due codardi, come sempre. Patetici, siete patetici…"
"Sei tu ad essere patetico."
La voce di Naruto era tornata tranquilla dopo aver raggiunto il suo obbiettivo.
Ma non dolce.
Non poteva.
Lentamente, felice che nessuno potesse vedere l’angoscia e quel pentimento che gli s’era dipinto in faccia, si sedette davanti al prigioniero, osservò lo slancio del suo busto verso di lui e le sue braccia frementi, le catene tendersi e stridere inchiodate al muro finche piano Sasuke si calmò e si lasciò scivolare di nuovo contro alla parete, piegando una gamba verso di sé, di nuovo in perfetto mutismo.
Sospiro addolorato, poi voce calma: "Perché devo arrivare a dirti queste cose per farti avere una qualsiasi forma di rapporto con me? Perché arriviamo a parlare solo quando la situazione intorno a noi è critica, quando tutto sembra stia per finire, quando tu tenti di uccidermi?
Spiegamelo, perché io non lo riesco a capire…"
Naruto attese, ma l’altro non gli diede risposta.
"Una volta non era così…" rifletté.
" E’ sempre stato così." La replica del Mukenin fu lapidaria.
Il biondo esitò, "Forse" concesse. Alzò le spalle prima di proseguire, "ma eravamo comunque migliori amici, no?"
Silenzio dall’altra parte.
"Ma come puoi non capire quanto ti abbiamo voluto bene, io e Sakura-chan? Quanto te ne vogliamo adesso? Cosa le hai detto ieri?"
- Perché è venuta da me in lacrime, a cercare riparo? -
"Lei ti ama, Sasuke"
"Non ho mai voluto questo amore. E neanche essere tuo amico"
La voce del moro era intrisa di tenerezza nel mormorare queste parole, non c’era tutta quell’indifferenza costruita che si portava sempre dietro. Sembrava stesse parlando a se stesso, ma poi si indurì ancora.
"E tu come fai a non capire che siete solo una scocciatura per me? Mi siete completamente indifferenti.."
"Ah si?" ribatté la Kitsune con un mezzo sorriso che l’altro intuì anche se non poté vedere.
" E allora perchè non mi hai ucciso nella valle della fine?
Perché non hai ucciso Sakura poco tempo fa, nel tempio?
Perché non hai fatto fuori me poco dopo?
Perché quando lei ti ha abbracciato ti sei fermato, l’altro giorno?
Perché ci hai salvato da Gaara, anni fa?
E perché ancora prima hai rischiato la tua vita per non farmi uccidere da Haku?!
Devo continuare?"
Sasuke stette zitto.
Abbassò di nuovo la faccia, di nuovo si fece piccolo, incontro a se stesso.
Naruto spalancò le braccia come per dire - visto? - poi sbuffò, deluso, e senza un’altra parola uscì dalla cella.
L’Uchiha immobile ascoltò il rumore della chiave girare nella serratura.
E poi i suoi passi.
Distanti.
Sempre più distanti, finché non rimase più nulla da sentire.
Finché fu sicuro di essere stato lasciato solo.
Si permise solo all’ora di buttar fuori tutta l’aria che tratteneva nei polmoni, e con quella la tensione accumulata.
Odiava Naruto.
Odiava quel povero idiota che ogni volta lo costringeva a pensare.
Lo detestava.
Arrendendosi si ritrovò a riflettere, ad ammettere solo a se stesso quello che non poteva dire a nessun altro. Quello che sapeva da sempre, e che mai si era permesso anche solo di sussurrare.
"Certo che li amavo. Erano tutto ciò di bello e positivo c’era nella mia vita. Avevano riempito quello spazio lasciato vuoto da papà, mamma e anche da Itachi, quel fratello che magari non è mai esistito davvero, ma che è stato il mio più grande amico e protettore. Si, certo che li amavo."
Sasuke fece per passarsi una mano sugli occhi, ma i suoi polsi erano trattenuti da catene inchiodate al muro. Per un istante se ne era dimenticato. Girò il viso verso la sua mano. Gli faceva male, era da ore che non sentiva più nulla dai polsi in su.
Provò a muovere le dita, ma non successe nulla, o per lo meno, gli sembrò non fosse successo nulla.
Era troppo cieco per vederlo davvero.
Forse era sempre stato troppo cieco per qualsiasi cosa.
"Alla fine ho scelto di lasciarli, tra l’amore e l’odio ho scelto l’odio. Era più grande già allora. A dodici anni ho deciso di dare alla mia vita un unico obbiettivo e ho lasciato tutto il resto al nulla.
L’amore di Sakura che mi indeboliva, quello di Naruto che mi faceva scordare la cose che davvero importavano".
La faccia di Itachi comparve nella sua mente, e davanti ai suoi occhi da nero tutto si tinse di rosso. Strinse i pugni e i denti, per impedire a un gemito di liberarsi.
Poi si ripeté le solite frasi, per ricordare, per convincere.
"Non posso amare, non è per me farlo.
Io sono un vendicatore. Io vivo solo per uccidere.
Io non sono in grado di legarmi a qualcuno, e non è neanche ciò che voglio.
L’unica cosa che voglio è Itachi, e lo voglio morto."
Frasi che, forse non per la prima volta ma di certo per quella che fece più male, suonavano un pò stanche.
 
Erano tre giorni che Tsunade-sama non le rivolgeva la parola, non le parlava se non lo stretto necessario, per informazioni schematiche e efficaci su nuove tecniche o particolari medicazioni.
L’allieva ne era quasi felice. La sua testa rosata veleggiava in altri contesti, ben lontani dall’apprendimento e dalla medicina.
Erano tre giorni che Sasuke Uchiha era prigioniero a Konoha.
Erano tre giorni che Sakura Haruno dormiva a casa di Naruto Uzumaki.
Ma senza fare niente, niente se non trovare riparo.
Sakura e Naruto dormivano e basta, abbracciati in quel letto a una piazza che sembrava unirli in sé come un guscio trasparente e impalpabile, eppure decisamente solido.
La ragazza appiccicò la targhetta contrassegnata sulla provetta che Tsunade-sama le porgeva.
Distrattamente la prese dalle lunghe dita della donna e la posizionò sullo scaffale, nella ferrea logica della successione alfabetica.
Cercò con gli occhi la mano del Quinto Hokage, pronta per riconoscere quale colore collocare sulla nuova fiala, ma non la trovò. Momentaneamente spiazzata guardò in viso la sua maestra, e quella con occhi seri la fissò di rimando.
" Abbiamo finito per oggi, puoi andare".
La ragazza annuì automaticamente e si diresse all’uscita, ma sull’uscio della porta la voce della donna la fermò.
"Come stai, Sakura? Va tutto bene?"
La kunoichi perse la sua aria d’automa per girarsi e scrutare il viso insolitamente dolce, solitamente preoccupato. Non perse tempo a chiedersi a cosa si stesse riferendo - era così palese che era più facile ignorarlo - così si mise in faccia quel suo solito sorriso non del tutto convinto, ma gentile e disponibile.
"Va tutto come al solito, Tsunade-sama. Io e Naruto ci alleniamo tutti i giorni, e duramente.
Oserei dire che presto sarà al livello di un Sensei."
La sua maestra la osservò ancora un momento, aspettando, come incoraggiandola a proseguire, ma quando incontrò solo il silenzio desistette e il suo viso si fece indifferente. Per Sakura fu più facile ignorare anche il leggero velo di delusione che troneggiava sui lineamenti affascinanti dell’Hokage, così com’era facile fingere di non rendersi conto a quante cose preferisse non pensare, ultimamente.
Leggermente più depressa salutò un’altra volta e fece per uscire dalla stanza, ma la voce della sua maestra la fermò ancora.
"Mi hanno detto che rifiuta di mangiare e di bere."
Il cuore di Sakura si fermò.
A chi alludeva la donna era scontato.
Si morse un labbro morbido cercando di mantenere sul viso un’espressione neutra.
Mosse un passo per allontanarsi, ma poi qualcosa di più forte la costrinse a girarsi e guardare in volto la donna.
"Tsunade-sama?"
Il viso del Quinto Hokage era duro, inflessibile. La fissò negli occhi.
"L’Uchiha" specificò.
 
I lineamenti della guardia carceraria che controllava i sotterranei della prigione Sakura li ricordava bene.
Ricordava lo scintillio sprezzante che gli brillava negli occhi l’ultima volta, quando lei aveva lanciato le chiavi della cella sul tavolo accanto all’entrata prima di scappare fuori in lacrime.
E la riempiva di frustrazione il fatto che quello scintillio fosse presente anche adesso.
"Cosa vorrebbe dire che non mangia e non beve da quando è qui?!"
Esclamò guardando l’uomo furente.
La guardia non si scompose, sembrava che il suo tono non lo toccasse minimamente.
"Significa che gli ANBU gli portano cibo e acqua, e lui li rifiuta. Allontana la testa, gli grida di non toccarlo. Li minaccia."
"Cosa intende con ‘allontana la testa’?" un dubbio terribile balenò in mente alla kunoichi.
"Beh.. si rifiuta di mangiare dalla mani degli ANBU."
Con il fiato mozzato dall’incredulità l’esclamazione di Sakura uscì soffocata.
"Non gli permettete di magiare da solo?!"
L’uomo la guardò contrariato. "Gli ordini sono di non lasciargli le mani libere, per nulla al mondo."
"Ma il quinto Hokage…"
"E’ il Consiglio che ha deciso…"
Le sopracciglia delle ragazze si inarcarono, indispettite, poi si prese un istante per riflettere. Era ovvio che ci fossero dietro quei vecchi inaciditi. Ovvio.
"Ma.. è ridicolo! "esclamò affondando le mani fra i capelli rosa ai lati della testa con un gesto esasperato, "lui non si lascerà mai imboccare!"
"Quando avrà fame lo farà vedrai."
"Fame?! Credi che dopo tre giorni non ne abbia… Diavolo! Lui è.. lui è…"
..Lui è un Uchiha. È Sasuke!..
"Lui è troppo orgoglioso" concluse alla fine.
La guardia fece spallucce indifferente e lei aprì di nuovo le labbra, pronta a replicare, a insultarlo piuttosto, ma poi si arrese.
Si sentiva un’idiota per non aver capito subito ciò che il Consiglio avrebbe pensato, ma non era stupida: era inutile discutere, cercare di spiegare tutti i meccanismi e le sfaccettature impossibili del carattere del ragazzo che amava. Quell’uomo non avrebbe mai capito, e peggio ancora, non gli sarebbe mai importato. Nessuno voleva aiutare Sasuke, nessuno. Come poteva farlo, lei?
"Posso andare da lui?" chiese quindi con un sospiro.
L’altro alzò nuovamente le spalle, Sakura si chiese quando gli si sarebbero in criccate, a quel bastardo.
"Fa come ti pare."
Preso un sospiro la ragazza si fermò davanti alla porta di legno massiccio che teneva rinchiuso il potere Uchiha. Doveva entrare ma era anche spaventata, così si alzò sulle punte e sbirciò silenziosamente al’interno.
La sagoma di Sasuke era a mala pena riconoscibile nel buio, facendosi forza alzò un po’ la torcia che teneva in mano e scorgendolo i suoi occhi si colmarono di dolore.
Il ragazzo aveva il capo abbassato e i capelli luridi, pesanti a coprirgli il viso. Le mani eleganti sfregavano contro alle catene, le lunghe dita immobili nel vuoto. Tutto il suo corpo era accasciato in avanti, stancamente teso verso il suolo. Sasuke sembrava svuotato di qualsiasi cosa.
La mano che le era inconsciamente salita alla serratura girò tremante le chiavi e la kunoichi spinse le porta per entrare. Al suo ingresso l’Uchiha non ebbe nemmeno un sussulto, non sollevò la testa e non le disse nemmeno di andarsene. Stette immobile, come prostrato verso una vita che lo aveva ferito. Di nuovo.
Lei sentì una gran compassione verso di lui, e avrebbe voluto volargli accanto e stringerlo fino a non riuscire più a respirare, ma non si lasciò scoraggiare e entrò decisa, senza esitare davanti al tanfo che riempiva opprimente lo spazio ristretto. Indignata si guardò intorno e si rese conto che effettivamente c’era un buco accanto al corpo del ragazzo, probabilmente la latrina, ma era logico pensare che non fosse mai stato usato.
Se l’era fatta addosso.
Avevano lasciato che Sasuke Uchiha se la facesse addosso . Non che avesse poi molto da fare poi, considerato che non mangiava.
La kunoichi deglutì appena e si avvicinò a lui.
Non gli disse il suo nome, non si annunciò in alcun modo, Sasuke sapeva che c’era qualcuno lì con lui, e lei era certa che avesse capito chi.
Rimase a lungo immobile, la punta di un sandalo a strisciare il pavimento, le braccia incrociate.
"Ho saputo che non vuoi nutrirti," disse alla fine, la voce il più neutra possibile.
Lui non le rispose.
Vederlo così e pensare a com’era, e insieme ricordare il loro ultimo incontro e rievocare com’erano stati una volta, le fece salire il magone.
Cercò di controllarsi.
"So di averti deluso," cominciò, "so che probabilmente ti senti tradito e ingannato…" cercò di ricacciare indietro le lacrime che premevano sui suoi occhi prima di continuare, ma quelle irritavano la sua pelle e le sfuggivano nella voce. Sospirò.
"Ma anche tu hai deluso me. Anche tu mi hai tradita quando te ne sei andato".
Il magone incrinava le sue parole, e lei assaporò il retrogusto salato delle lacrime sulle labbra.
"So che non te ne importa, so che mi odi e che non vuoi vedermi mai più" continuò stringendo i pugni, la voce sempre più alta e acuta.
"So che credi che oramai non hai più niente per vivere e so che sei stanco. Io lo so che sei stanco, Sasuke. Ma non puoi lasciarti morire. So che non ne hai voglia, va bene? Ma devi mangiare, devi dare al tuo corpo un po’ di forza."
Sakura inghiottì cercando di farsi coraggio.
"Lo so che mi odi, ma io ti amo! E non posso lasciarti morire!" si accorse di aver cominciato a singhiozzare, e mordendosi le labbra si costrinse a ritrovare la decisione, "perciò ora mi avvicinerò e ti darò da mangiare, e tu lo prenderai, merda, lo prenderai!"
Strizzò gli occhi e stille minuscole bagnarono l’aria accanto ai suoi occhi ornando le sue ciglia, poi la kunoichi raccolse la scodella di cibo intatto da terra e si avvicinò a lui, inginocchiandoglisi davanti.
Rumore di passi rapidi contro al pavimento. Rumore debole di metallo quando intinse il cucchiaio nella ciotola.
Il contenuto era una zuppa fredda e raggrumata, palesemente abbandonata lì da ore, a Sakura salì quasi la nausea ma d’altronde non aveva altro da dargli, e lui doveva mangiare subito.
Con la mano libera portò dolcemente, molto lenta, i capelli neri di Sasuke dietro al suo orecchio, poi gli posò il palmo sulla guancia pallida e gli sollevò un poco il viso.
"Lo so che non puoi vedere e che dev’essere umiliante per te, ma ti prego, ora apri la bocca. Lascia che ti aiuti."
Ancora nessuna reazione e Sakura col pollice gli carezzò la pelle. Al gesto la testa del ragazzo ebbe un rapido scatto verso il basso, ma quando lei forzò di nuovo per sollevargli il viso Sasuke si lasciò gestire e schiuse piano le labbra tremanti. Erano secche, devastate, ma a lei parvero stupende come sempre.
Sostenendogli il viso perché cosciente dello sforzo che gli richiedeva anche il solo tenere ritto il capo la ragazza lo imboccò dolcemente. Ci mise un’attenzione infinita, ma nonostante ciò lui non fu abbastanza veloce e del brodo gli colò sul mento. L’Uchiha sembrò voler riabbassare istantaneamente il capo, vergognoso, ma lei sentì la tensione del movimento sul palmo della mano e lo prevenne, saldando la presa.
"Sasuke-kun, non è importante, dai. Prendine un altro," cercò di non lasciare trapelare le lacrime nella sua voce.
In silenzio lo imboccò finché la ciotola in equilibrio sulle sue gambe non fu vuota, poi sospirò.
"Bravo. Tornerò sta sera."
Attese nuovamente una risposta da lui ma non arrivò, quando tolse la mano dalla sua guancia lui lasciò ricadere il viso, di nuovo come inanimato.
Lei si alzò, scosse il vestito dalla polvere e uscì, lasciandolo esattamente nella posizione in cui si trovava quando lei era entrata.
Quella sera Sakura chiese alla guardia un catino d’acqua e un cambio di vestiti, oltre al cibo che si era incaricata di portare a Sasuke.
Non si fermò nemmeno davanti al sussurro maligno dell’uomo.
" Se usasse il buco come tutti i prigionieri invece di fare il superiore allora non ci sarebbe bisogno di…"
Ordinò semplicemente: "sta zitto." Mentre già camminava.
Quando però cercò di comunicare al ragazzo le sue intenzioni cominciarono i problemi.
"Sasuke… qui c’è un catino d’acqua pulita, e dei vestiti…" la kunoichi abbassò la voce, "ora ti aiuto, va bene?"
Senza guardarlo fece per avvicinarsi, ma quello la bloccò subito. "No".
Lei sospirò, "posso immaginare quanto sia difficile, ma tu devi cambiarti Sasuke! Sono un ninja medico, e ti assicuro che se non prenderai dei provvedimenti i rischi di infezione saranno altissimi, per non parlare del.."
"No."
Lei lo guardò, lui stava rigido come una statua, ma lei sapeva benissimo che solo essere in una situazione del genere per lui equivaleva all’inferno. Probabilmente lo avrebbe torturato meno uno shuriken piantato in pieno stomaco, o il trovarsi al centro di una battaglia impossibile.
Sakura conosceva il ragazzo, e capiva perfettamente la sua posizione. Lei stessa voleva essere da un’altra parte. Umiliarlo in quel modo, anche se indirettamente e senza colpevolezza, significava ferire se stessa.
Ma non c’erano alternative.
"Ma tu devi farlo.." si trovò a mormorare.
"Sakura. Per favore."
Il suo tono era basso, privo di qualsiasi orgoglio, rabbia, o arroganza.
"Per favore." Ripeté.
Era rigido come un ramo secco, sul punto di spezzarsi.
Lei cercò ancora di insistere, ci provò davvero, ma alla fine non ce la fece.
Distolse lo sguardo da lui e, mollando tutto, se ne andò soffocando i singhiozzi con le mani.
 
 
***
 
 
 
Perdonate il ritardo. Purtroppo questa storia va così; la aggiorno quando mi capita e spesso mi succede di non ricopiare niente su computer per mesi! (Anche perché, diciamocelo, trascrivere è piuttosto noioso..^^).
Ciò nonostante ci tengo parecchio. È la prima fiction in assoluto che io abbia mai scritto ( ecco perché fatta su carta, non doveva nemmeno essere pubblicata!) e mi piace inoltre.
Come sempre i ringraziamenti vanno a tutti i lettori.
A loro, a quelli che hanno aggiunto la mia storia ai preferiti, a quelli che mi lasciano scritti quello che ne pensano. ^____^.
Un enorme bacio a:
Regina Oscura (emh… in realtà mi sa che la fic resterà "a tre" fino alla fine! Spero che ti piaccia comunque^^), TheFrozenColor (Orgogliosissima di essere una delle poche XD. Ti capisco, le Naru/Sasu/Saku secondo me sono la conclusione che dovrebbe inventarsi Kishimoto per il manga!), Rinoagirl89 (Sono completamente d’accordo! Anche a me il solo Naru/Saku non fa impazzire, se però c’è l’Uchiha di mezzo…^ç^), mansu95 ( Già, Naruto probabilmente ha sbagliato, ma povero, in una situazione come la sua chiunque impazzirebbe e commetterebbe cavolate! Ora vedrò di fare in modo che si faccia perdonare^^).
Un bacio a tutti.
_Ala_
   
 
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