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Autore: Bad A p p l e    23/02/2016    2 recensioni
[FMA!AU]
[Prima classificata al "Scambio di Fandom - AU Contest" indetto da mikki sul forum di EFP]
“«L’alchimia non esiste per questo scopo».
L’Alchimista di Ferro e Sangue, Akashi Seijuurou – da poco Comandante Supremo – sorride, di un sorriso che, però, si ferma alle labbra senza raggiungere gli occhi, lasciandoli freddi nonostante i toni caldi di cui sono tinti.
Con tutta la lentezza che sente di potersi concedere, mette da parte uno dopo l’altro i fogli che stava esaminando sulla sua scrivania e infine rivolge la propria attenzione al sottoposto che si è insinuato nel suo ufficio come l’ombra che è.
«Tetsuya» esordisce, assaporando il gusto che quel nome gli lascia sul palato, «Non dirmi di avere la presunzione di sapere per quale motivo ci è stata donata l’Alchimia» motteggia, socchiudendo appena gli occhi."

[KasaKise, KagaKuro, MidoTaka] [Accenni: AoKuro]
Genere: Generale, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kiseki No Sedai, Makoto Hanamiya, Ogiwara Shigehiro, Seirin, Takao Kazunari
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
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- Questa storia fa parte della serie 'The End Is Where We Begin'
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Epilogo: The End Is Where We Begin.

 

 

Kuroko si chiude alle spalle la porta dell’ufficio di Hyuuga, il nuovo Comandante Supremo. Poggia la schiena contro il muro del corridoio, è ruvido ma non ci fa troppo caso, ha solo bisogno di reggersi a qualcosa per impedire al senso di colpa di schiacciarlo a terra.

Sente le ginocchia sul punto di cedere, quando vede Kasamatsu svoltare l’angolo e avvicinarsi all’ufficio di Hyuuga. Il superiore gli passa davanti senza notarlo e, per un istante, Tetsuya è tentato di lasciare che le cose vadano così, si dice che non c’è niente di sbagliato nel sfruttare la propria mancanza di presenza per dileguarsi senza dover affrontare Yukio.

Dura solo un istante, poi torna a pensare alla realtà dei fatti, può scappare dal generale Kasamatsu, ma non dalla sua coscienza.

«Kasamatsu-san» chiama, quindi, a voce così bassa che lui stesso fatica a sentirsi.

Yukio si vola subito verso di lui, così velocemente da far pensare a Kuroko che forse l’altro doveva averlo notato fin dal principio, scegliendo però di ignorarlo.

Si permette un sospiro leggero, ormai che l’attenzione dell’altro è catalizzata su di lui non può tornare indietro, «Quello che è successo a Kise-kun è colpa mia. Mi dispiace» dice, quindi, chinando appena la testa verso il basso.

Yukio si passa una mano tra i capelli, con aria esausta. Vorrebbe arrendersi alla rabbia, accettare di far ricadere su Kuroko tutta la colpa, ma sa che non è la cosa giusta da fare e, soprattutto, non è ciò che Ryouta avrebbe voluto, «Kise era a conoscenza dei rischi legati al vostro piano» sbotta.

«Vero» concede Tetsuya, annuendo appena, «Ma io non mi sono attenuto al piano. Kise-kun era ancora presente quando è ritornato Akashi solo perché io stavo cercando di convincerlo a darmi una seconda possibilità. Se mi fossi attenuto al piano originale, Kise-kun sarebbe ancora vivo».

Questa parte l’hanno omessa quando ho preteso che mi raccontassero nei dettagli l’accaduto” pensa Kasamatsu con rabbia, stringendo i pugni con tanta forza da conficcarsi le unghie nella carne; deve pensare a Kise con tutte le sue forze per riuscire a calmarsi e passano diversi secondi di silenzio prima che lui riesca a parlare.

«Kise teneva a tutti voi, compreso quel folle di Akashi. Tu volevi salvarlo a tutti i costi e credo che, in fondo, anche Kise la pensasse come te. Quando personalmente ucciderai con le tue mani, allora e solo allora sarai responsabile della morte di qualcuno, è stato Akashi ad uccidere Kise e questo è quanto» dice Yukio, per poi entrare nell’ufficio di Hyuuga prima che Tetsuya possa replicare alcunché.

Sa che quello che ha detto è vero, ma il dolore è ancora troppo fresco per riuscire ad arrendersi alla ragionevolezza, nella sua testa Ryouta è morto perché Kuroko ha voluto salvare un mostro, al momento non merita né le sue rassicurazioni né il suo perdono.

È solo per Kise che decide, infine, di concederglieli entrambi.

Solo per Kise”.

 

 

[…]

 

 

Midorima chiude gli occhi e per qualche istante si concede di assaporare il silenzio. Il laboratorio numero cinque non è mai stato eccessivamente rumoroso, ma se diversi mesi prima si doveva l’assenza di rumori alla morte che mai lasciava quelle stanze, adesso c’è finalmente solo pace.

Mai prima di adesso ha realizzato quanto intenso sia il suo odio per il laboratorio in cui per mesi l’ha confinato Akashi, ogni cosa lo irrita, perfino le pareti di un bianco così candido da nascondere tutto ciò che di sporco e malvagio è accaduto lì. Se solo potesse, Midorima distruggerebbe ogni cosa, tuttavia ciò che gli è concesso si limita all’accensione dell’unico focolare presente.

Il silenzio si riempie del crepitio delle fiamme e del frusciare di una pila di fogli nelle sue mani. Sta per buttare tra le fiamme la prima pagina, quando sente qualcuno avvicinarsi; non riesce a impedirsi un sospiro, ma nemmeno lui è il grado di dire se sia dovuto alla rassegnazione o al sollievo.

«Takao» mormora, senza il bisogno di voltarsi per accertarsi dell’identità dell’altro.

«Stavi iniziando la festa senza di me?» lo prende in giro Kazunari, senza tuttavia riuscire ad infondere alla voce tutta l’affabilità che vorrebbe, «Ho passato mesi a guardare mentre ti autodistruggevi per quella ricerca, non posso perdermi la sua ingloriosa fine, ti pare?»

Shintarou gli concede un sorriso amaro, voltandosi appena verso di lui, «Pensavo che ne avessi abbastanza di queste cose» si limita a dire, troppo esausto per pensare a qualcosa di scortese da dire per fingere di trovare irritante la sua presenza. In risposta gli arriva solo un sorriso simpatetico, quindi torna a rivolgere a propria attenzione al focolare e allunga nuovamente il braccio per gettare il primo foglio, ma la mano di Takao ferma la sua.

«Prima di partire per Ishval mi hai detto che stavi lavorando ad un modo per creare la Pietra in modo… umano. Con quel potere sei riuscito a salvare la vita a Kuro-chan, sei sicuro di voler distruggere anche quella parte di ricerca?»

«Il progetto è tutto qua dentro» spiega Midorima, puntandosi un indice alla tempia, «Dubito che potrò mai dimenticare un solo dato» si concede un rapido sospiro e poi, finalmente, butta tra le fiamme la prima pagina, sentendo più sollievo di quanto potesse immaginare, «Posso solo far finta che basti questo fuoco a cancellare ogni cosa».

Kazunari annuisce e si siede a gambe incrociate davanti al caminetto, «Passami qualcuno di quei fogli» dice, senza staccare gli occhi dalla singola pagina che lentamente diventa cenere.

Midorima si siede accanto a lui, porgendogli metà dei documenti che stringe tra le mani. Non può impedirsi di pensare che, forse, tutto il sollievo che prova lo deve al fatto che non è da solo a sbarazzarsi della parte peggiore di sé, per l’ennesima volta Takao è la sua ancora di salvezza.

«Stai pensando a cose incredibilmente smielate che non avrai mai il coraggio di dire, vero, Shin-chan?» lo prende in giro l’altro, con il tono di voce molto più leggero rispetto a prima.

«Taci, Takao!» sbotta, riuscendo per qualche strano miracolo a non balbettare dall’imbarazzo – non è, tuttavia, altrettanto certo di essere riuscito ad impedirsi di arrossire almeno un pochino.

Takao ridacchia appena, gettando l’intero plico nel focolare, «Ho un valido motivo per tacere, Shin-chan?» domanda, senza smettere di sogghignare.

Al diavolo” pensa Midorima, rivolto al suo stesso autocontrollo. I fogli che gli rimangono tra le mani fanno subito la stessa fine di quelli di Kazunari.

Il male brucia, si consuma fino a sparire, al punto che a Shintarou non pare più così assurdo concedersi di stare bene per una volta.

Le sue labbra incontrano quelle di Takao con un naturalezza tale da cancellare tutto il resto.

 

[…]

 

 

La lapide di Kise è bianca, dalla forma arrotondata uguale a tutte le altre presenti nel cimitero, è di una semplicità disarmante, al punto che Aomine, ogniqualvolta distoglie lo sguardo dal nome inciso, tende a convincersi che Ryouta in realtà sia ancora vivo.

Non sa dire se si trova davanti alla lapide di Kise da ore o da pochi minuti, sa solo che Satsuki è accanto a lui e anche la ragazza sembra aver perso la consapevolezza del tempo.

«Sai» inizia a borbottare Daiki, decidendo di spezzare per primo quello strano limbo, «Quando Tetsu se n’è uscito con quel piano delirante per far rinsavire Akashi, mi sono immaginato un sacco di possibili scenari» fa una pausa e stacca gli occhi dalla lapide per osservare il viso di Momoi, «Tantissimi scenari, così tanti che ne ho perso il conto. In neanche uno di quelli, quell’idiota di Kise ne usciva ammazzato».

L’occhiataccia di rimprovero da parte di Momoi è così prevedibile che Aomine non ne ride solo perché crede di aver dimenticato come si faccia, «Non guardarmi così» la ammonisce senza acrimonia, «Anche usando parole più gentili, la realtà non cambia. La realtà resta uno schifo e Kise resta morto».

Gli occhi di Satsuki tornano a concentrarsi sulla lapide e così quelli di Aomine. Nulla al di fuori di quella lastra di marmo sembra avere importanza.

«Credo che smetterò con l’alchimia» parla ancora Daiki, incapace di arrendersi al silenzio, «Forse è davvero il seme del male. Io ho quasi ucciso Tetsu, Akashi ha ucciso Kise e per poco non uccideva anche Midorima. Senza contare tutti gli Ishvalan sterminati» aggiunge con un sospiro.

«Midorin ha salvato la vita a Tetsu-kun» mormora Momoi con la voce arrochita dalle troppe ore passate in completo silenzio, «A suo volta, Tetsu-kun ha salvato Midorin; è grazie all’alchimia stessa se siete riusciti a mettere fine allo sterminio. L’alchimia non è né malvagia né buona, dipende da come si decide di usarla».

Le dita di Momoi si intrecciano a quelle di Aomine, supportive, e Daiki non riesce a far altro che stringerle con una delicatezza che non gli appartiene.

Si dice che probabilmente Satsuki ha ragione. In quella guerra non ci sono stati vincitori o vinti, tutti hanno perso qualcosa, tutti sono stati messi alla prova ed incolpare l’alchimia è troppo semplice: per l’ennesima volta si è trovato fin troppo vicino a scaricare le proprie responsabilità.

«Perché hai sempre ragione?» borbotta, fingendosi esasperato, nella speranza che quella piccola messinscena restituisca un po’ di familiarità ad una realtà in cui tutto sembra distrutto.

Satsuki asseconda il tentativo con un sorriso leggero, «Dillo di nuovo che ho sempre ragione, ha un bellissimo suono come frase» motteggia.

«Nah, io non ho mai detto niente del genere, te lo sarai immaginata».

Entrambi si concedono una rapidissima risata, poi ancora una volta torna il silenzio e la lapide bianca esige la loro attenzione.

Quel piccolo scambio di battute è stato una boccata d’aria fresca e solo adesso che è terminato Daiki si rende conto di quanto, dentro, si sente annegare. Si chiede se sarà mai capace di essere ancora felice, per poi accorgersi di come Satsuki, per quanto soffra almeno quanto lui, in qualche modo risplenda.

Si dice che probabilmente il motivo per cui lei ha “sempre ragione” è perché riesce a guardare avanti, a cercare il buono in ogni cosa, cosa che lui non è mai stato in grado di fare. Decide che è di quella piccola luce che ha bisogno.

«Satsuki, sposami» dice, quindi, di getto, senza quasi rendersene conto.

Momoi sorride appena, un sorriso indecifrabile. «No».

«… No?»

Daiki sbatte un paio di volte le palpebre, perplesso, e Satsuki non riesce a non ridere davanti all’espressione dell’altro, inebetita dal rifiuto tanto immediato.

«Dai-chan, è una proposta davvero terribile. Richiedimelo quando sarà davvero ciò che vuoi» lo rimprovera bonariamente.

«Ma è ciò che voglio».

«No, adesso vuoi solo aggrapparti a qualsiasi cosa ti faccia dimenticare di star soffrendo».

Le labbra di Daiki si piegano appena verso l’alto e lui scuote la testa, «Perché hai sempre ragione?» ripete, ironico. «Quando te lo chiederò di nuovo, dirai di sì?»

Momoi si permette un sorriso sibillino, poi volta le spalle alla lapide; si allontana lentamente ma senza guardarsi indietro, «Forse».

 

 

[…]

 

 

«Kagami-kun» mormora Tetsuya, stretto in un abbraccio che non crede di meritare, «Io torno a Briggs. Parto domani mattina».

 

 

 

Death Note: Come promesso, ecco l’epilogo~

Finalmente Midorima e Takao si baciano! Sono praticamente gli unici che hanno avuto un lieto fine, dal momento che Aomine è stato brutalmente (?) rifiutato e che ho distrutto la KagaKuro *va a nascondersi*.

Ma non tutto è perduto (???) perché ho deciso di tediarvi con il seguito! (Di cui nessuno sentiva la mancanza, e vbb).

Ps: l’AoMomo è decisamente campata per aria, nel senso che fino ad un secondo prima di chiedere a Satsuki di sposarlo, ad Aomine stesso non è mai saltato per la testa di poter provare qualcosa per lei e i effetti al momento non è davvero ciò che vuole, come gli fa notare Momoi stessa. (Ci tengo a specificarlo perché le coppie che stanno insieme “perché sì” non piacciono a nessuno~).

 

   
 
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