Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Egomet    02/04/2009    9 recensioni
Lui era solo un ragazzo tranquillo che aspirava ad uscire con la sua bellissima quanto irraggiungibile collega. Lei era solo una ragazza complicata che aveva voglia di divertirsi. Ma insieme a questo, una pancia grande e gonfia, e soprattutto ciò che conteneva, erano il suo problema. Lui cerca di aiutarla, ma non ha fatto i conti con il suo carattere impossibile. Davide prova a capirla, ma Francesca gli nasconde un segreto. -Ascolta, Davide… sicuramente tu mi hai già visto, ma non ti ricordi di me. Sai, io sono incinta- Davide inarcò le sopracciglia scuotendo la testa. “Ma cosa voleva quella da lui?”. -Beh, tanti auguri, mi fa piacere…- stava già per chiudere la conversazione. Lei intuendo ciò che voleva fare si affrettò a vuotare il sacco. -Sono incinta di te-
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Era un giorno della prima settimana di maggio, quando comincia a far caldo e il sole ti illude che sia veramente arrivato il tempo di sbizzarrirsi divertendosi, oppure ti rende schiavo da dietro una finestra facendoti arrabbiare perché te ne stai rinchiuso, costretto a lavorare ancora. Era probabilmente questo lo spirito che indusse Francesca a guardare ripetutamente dalla finestra, sperando di cogliere chissà quale sollievo ad una giornata passata nei banchi.
Disegnava distratta con la matita, stretta fra le dita sottili e che lasciava con la grafite segni imprecisi sul foglio.
Paola la osservò attenta, poi abbassò lo sguardo.
-Non si vede per niente- sussurrò.
La bionda la guardò quasi malinconica, sospirando.
-Il dottore ha detto che dovrebbe crescere piano piano a cominciare da adesso…- poi detto questo tracciò un’abbondante linea curva sul foglio bianco.
-Ti capita mai di avere le voglie?- domandò curiosa Paola, del tutto dimentica della lezione.
Francesca alzò le spalle, stringendosi in esse pensierosa e mordendo l’estremità della matita.
-Una volta, un pomeriggio all’improvviso aveva una voglia pazzesca di fragole, ma Davide non me le ha date. Forse perché non c’erano…- sorrise.
-Poi un’altra volta mi sono fatta un bel po’ di caffè, tutto in un pomeriggio, e gli ho consumato un sacchetto che stava a metà-
-Caspita, chissà se al bambino gli spunterà una voglia marrone!- disse concitata l’amica.
La bionda cambiò il suo sguardo da tranquillo a cupo, accigliandosi e guardando altrove.
Paola capì subito dove aveva sbagliato.
-Scusa scusa, scusami non l’ho detto apposta!....... senti perché non vieni a mangiare a casa mia oggi?- chiese per sviare l’argomento.
-No... – sospirò la bionda, tornando a voltarsi verso di lei con la testa poggiata in una mano  -voglio vedere come fa Davide il pranzo che gli ho comprato, così semmai posso sfotterlo…-
Paola assunse un cipiglio invitante.
-è carino questo fantomatico ‘papà’?- domandò.
-Boh-
-Come boh? Se non lo sai tu che ci vivi!-
-Pare che io lo guardo in quel modo? Ma nemmeno per sogno!- sorrise come se fosse ovvio la ragazza.
-Secondo me…… un pensiero ce l’hai fatto…- la stuzzicò l’amica.
-Manco sotto tortura- rise la bionda.
Paola tornò nella sua parte di banco, prese un foglio a righe e lo dispose sul banco orizzontalmente.
L’ora di storia era molto proficua per coloro che amavano il fanca**ismo, perché la professoressa si perdeva solitamente in lunghe digressioni e aneddoti inutili ma efficaci per far passare l’ora senza fare molto. Così Paola fece scorrere la cerniera dell’astuccio e prese vari colori, a matita e a spirito.
Incominciò con la matita a tracciare linee ben definite e non vaghe come quelle che faceva prima la sua compagna di banco.
Francesca appunto, curiosa, si sporse.
-Che disegni?-
Ma l’altra ritirò il foglio per non farle vedere.
-Mo aspetti- le disse, furba.
Dopo circa dieci minuti, mentre stava passando il pennarello nero sui contorni, la bionda si rese conto che era una scritta a mo’ di graffito.
-Me lo fai vedere allora?-
-Un attimo… che ho quasi finito…- diceva mentre terminava di ripassare.
Così, soddisfatta, si allontanò e lo porse all’amica.
-Tieni, te lo regalo-
Francesca lo prese in mano e lo guardò, meravigliata da come la ragazza sapesse scegliere le giuste combinazioni e dosi di colori per rendere molto più bello l’insieme.
-Che artista- commentò alzando un sopracciglio.
-Ti piace?-
Lei sorrise e annuì, ridendo piano dopo.
Sul foglio a righe erano tracciate linee nere, verde evidenziatore e arancione elettrico, che si univano per formare il seguente testo: Davide&Francesca=love4ever.
L’insieme era davvero carino e alla bionda dispiacque di buttarlo e rovinare l’impegno che ci aveva messo la sua amica.
Così scosse la testa, ma invece di strapparlo lo ripiegò e lo infilò con una graffetta fra le pagine del suo diario imbottito.
 
Quella sera tornata a casa, assaggiato uno dei migliori cocktail preparati con cura da Davide, giusto per provare a sentirsi grande, la testa le girava un pochettino.
Erano seduti l’uno di fronte all’altro, persi ognuno nei propri pensieri, quando d’improvviso lei ruppe il ghiaccio.
-Oh ma oggi è il sette maggio!- esclamò come riscuotendosi da un torpore.
-Benvenuta sulla Terra- commentò lui senza alzare gli occhi dal suo giornale.
-Allora stasera…- proseguì ignorandolo -…stasera c’è quel programma…-
Di scatto si alzò, diretta verso il salotto, quando anche Davide saltò in piedi.
-Eh no, eh! Ferma dove sei, la tv è mia!-
Lei si voltò a metà strada, le sopracciglia aggrottate.
-Cosa?-
-La tv è mia. C’è una partita importante stasera-
-Nemmeno per sogno! C’è un bellissimo programma e io devo guardarmi un bellissimo ballerino!-
I due si sfidarono con un’occhiata intimidatoria, nessuno deciso a perdere.
La bionda si avvicinò al ragazzo, fronteggiandolo a testa alta e con cipiglio altezzoso.
-Non si discute, la tv è mia-
Anche lui la guardò allo stesso modo, incrociando le braccia.
-Non se ne parla. È mia-
Entrambi persistevano nel loro intento, senza demordere.
-D’accordo… c’è solo un modo per risolverla…- cominciò lei, ghignando in una maniera per nulla promettente.
-Sarebbe?-
-Braccio di ferro-
A questa affermazione lui rise di gusto, tenendosi il fianco.
-Cosa c’è, che ti ridi?- lo aggredì la ragazza, sedendosi al tavolo e alzando il braccio –Muoviti e vieni-
-Ma fai sul serio?-
-Muoviti, stupido- sibilò a denti stretti.
Un po’ intimorito, un po’ divertito Davide accettò di sedersi davanti a lei e di far intrecciare le dita delle loro mani. La bionda lo fissava dritta negli occhi, e li strinse sorridendo perfida quando lui rafforzò la presa nella sua mano.
-Preparati a perdere- lo minacciò.
Dopodiché, all’improvviso senza avvertire strinse la presa e iniziò a spingere verso destra con decisione. Lui, che non era preparato, lasciò che la mano cadesse, ma appena in tempo prima che toccasse il tavolo irrigidì il muscolo e riuscì a farla restare sospesa.
-Sei morto- ansimò la ragazza, stringendo gli occhi e mettendoci più forza.
Sentendo la sua pressione abbastanza forte lui si preoccupò.
-Non posso farmi battere da una femmina, dannazione!- fece il ragazzo.
Così con uno sforzo che sembrava immane, sollevò nuovamente le due mani, riportandole in situazione di parità.
Ma Francesca non gettò la spugna, anzi riprese a spingere con maggiore intensità.
-Ti ammazzo Davide!- boccheggiò ridendo, e aggiunse un altro braccio per spingere.
-Fallo, fallo! Arbitro, espulsa!- rise lui, e dovette metterci anche lui il suo sinistro per compensare la forza dall’altra parte ed evitare di cadere sconfitto.
La lotta non voleva cessare ed entrambi non volevano perdere.
-Dio…… ma quanta forza c’hai?- esclamò lui, fra il divertito e il sorpreso, perché la ragazzina non accennava a desistere e non sembrava essere stanca.
-Sono brava, vero?-
Era tutta rossa e con i capelli scompigliati dalla fatica, ma resisteva ancora, quella testa dura!
Ad un tratto, presa dall’ispirazione, Francesca digrignò in denti in una smorfia e calciò forte sullo stinco del ragazzo, sotto il tavolo.
Lui sobbalzò per il dolore e ovviamente smise di opporre resistenza; il suo braccio scivolò a massaggiarsi la parte colpita e la sfida fu vinta da lei.
-Ahio!-fece il ragazzo, mentre si alzavano e lei trionfante accendeva la televisione.
-Hai imbrogliato!- la rimproverò, sedendosi accanto a lei.
-Avevamo forse deciso regole?- domandò saputa.
-No… però…- si difese lui.
-E allora zitto e basta. Ho vinto io-
Sbuffò, si appoggiò allo schienale del divano e premette il pulsante del telecomando.
Davide gemette e arrovesciò la testa all’indietro.
-Per favore, dai me la fai vedere la partita?- chiese ad occhi chiusi.
-No, devo vedere il mio ballerino- rispose netta la ragazzina, gli occhi fissi sullo schermo.
-Ma che te ne frega? Tanto pare che ci finisci a scopare…- commentò l’altro.
A questa affermazione la bionda non rispose subito, impegnata a seguire con le iridi azzurre i movimenti del ragazzo sullo schermo.
-Tanto anche in quel caso… - ribatté piccata –non avrei potuto, mi fa male-
-Cosa ti fa male?- domandò lui, rialzando la testa e fissandola perplesso.
-Secondo te? La fi*a- rispose senza imbarazzo.
Lui arrossì, e gli scappò un sorriso, poi ci pensò su.
-Beh… ed è normale?- domandò preoccupato.
-Che ne so… è normale?- gli rigirò la domanda, ancora presa dallo schermo della televisione.
-E che ne so io! Insomma…… è roba tua, no?-
Dopo quelle parole cadde un silenzio imbarazzato. Francesca si voltò lentamente a guardarlo, mordendosi un labbro, incerta se ridere.
-Oddio non posso credere che l’ho detto…- mormorò lui senza guardarla.
La ragazza non riuscì a reprimere una risata, che soffocò il momento dopo fra i denti, mordendosi forte le labbra.
Rosso in volto, il ragazzo si reggeva il mento con una mano e guardava da tutt’altra parte.
-Okay, dimentica l’ultima cosa che ho detto….-
-Sì, certo- disse senza trattenere il tono divertito.
-Eh non l’ho fatto apposta! Volevo dire un’altra cosa…-
-Sì sì- assentì la ragazzina, prima di scuotere la testa.
 
Dovette riconoscere che aveva fatto di notevoli passi avanti con lei, e ora erano arrivati ad uno strano rapporto di convivenza, non più tanto forzata ma nemmeno gradita. C’erano giorni in cui, soprattutto a lei, la luna girava storta e non le si poteva dire nulla senza incappare nella sua ira. Altri giorni, come quella sera della partita e dello spettacolo, la conversazione si manteneva su un tono strafottente, mai gentile, eppure più rilassato e complice.
Lui ormai ci aveva fatto l’abitudine, a quella furia bionda che vedeva ogni mattina, girata verso la finestra nel suo letto.
E ogni mattina, dopo che era stato seduto per dieci buoni minuti a svegliarsi, la guardava dormire beata, silenziosa e raggomitolata fra le lenzuola. Finché il ragazzo non guardava l’orologio e la svegliava.
 
-Francesca…?- la chiamò, scuotendole la spalla.
Ma non ottenne risposta se non un brontolio confuso.
-Francesca?- richiese paziente.
Stavolta gli sembrò che avesse aperto un occhio pianissimo, come se temesse di farsi vedere dal nemico.
-Guarda che è tardi- la informò senza tanto entusiasmo lui.
A questa uscita ottenne un gemito represso nel cuscino morbido. Ripeté i soliti incitamenti che faceva ormai spessissimo, fino a che lei alzò la testolina bionda.
Lo guardò assonnata, con la vista annebbiata e gli occhi semichiusi, girò la testa dall’altro lato e sprofondò di nuovo nel letto.
-Devi andare a scuola. Non posso firmarti il permesso di entrare alla seconda ora- spiegò, togliendole ogni prospettiva di scamparla.
Francesca mugugnò qualcosa di insensato, si rivoltò a pancia in su e disse
-Ti odio... str***o-
-Ah be’, non è colpa mia se sono le otto e un quarto- proseguì incurante dei suoi insulti.
La bionda d’un tratto si rizzò a sedere. Il lenzuolo non le copriva che il petto, mentre lasciava fuori le spalle e le gambe. Subito saltò giù, come presa da una scossa.
-Cavolo, cavolo… accidenti a te!- esclamò andando alla ricerca dei suoi vestiti, frenetica.
-Ah certo… è sempre colpa mia tanto…- esalò lui in un lungo sospiro, sdraiandosi di nuovo fra le lenzuola.
-E non provare a guardarmi, sai?- lo informò aggressiva.
-Non ci tengo a morire- rispose senza pensare, e forse fu un grosso errore.
Infatti subito dopo, rabbiosa, la ragazzina bionda gli lanciò contro il suo paio di jeans, colpendolo quasi in viso.
-Ahio ma sei scema? Potevi cecarmi!- le gridò contro, tornando di scatto a sedersi.
-E ringrazia che ho una mira del ca**o altrimenti stavi già all’altro mondo!- ribatté acida, avvicinandosi per riprendere l’indumento.
Se lo fece scorrere su per le gambe lunghe e giuste, allacciandoselo davanti ai suoi occhi.
-Dai lo so che sei bella- mormorò con voce roca stendendosi un’altra volta sul materasso lui, e affondando la testa nel cuscino.
-...certo- commentò lei sarcastica.
-Sei più bella di Miss Italia... davvero, soprattutto con quei brufoli sulla faccia, i fianchi rotondi, i capelli in disordine...- ridacchiò divertito, parandosi il viso con una mano per sicurezza.
Francesca infilò le scarpe ai piedi e prese il suo zaino.
-Giuro che quando torno da scuola ti uccido-
 
A quella furia bionda che guai a contraddirla o a intralciarla.
 
-Come sarebbe che vuoi andare ancora dal ginecologo?- chiese Davide.
-Sarebbe che ci voglio andare. Oh senti, il problema è mio!- ribatté Francesca ostinata.
-Ma ci sei stata appena una settimana fa!- obiettò il ragazzo.
-Embé? Fatti miei e del dottore se ho dei problemi!-
Si mise la mani sui fianchi e gli tenne testa, orgogliosa.
Lui si grattò il capo, perplesso e non del tutto convinto.
-Senti...ma mi spieghi come mai questo cambiamento? Prima non ci volevi andare manco costretta e ora sembra che ti manchi!-
La bionda scosse la testa.
-è che mi piace questo dottore, idiota- sibilò cattiva –e poi ho bisogno di visite regolari, no?-
-E come mai d’un tratto sei così esperta?- domandò sospettoso il ragazzo.
-L’ho letto nel libro che mi ha dato tua madre- ribatté ostinata, mostrandoglielo.
-Tu leggi troppo quel libro, mi sa...- fece rabbuiato, ma la accontentò.
 
A quella furia bionda che, alla fine dei conti, era provvista di molto, molto buonsenso e non era proprio cattiva.
 
Silvia passeggiava per il locale, reggendo vassoi ora pieni di dolci, ora di cornetti e cappuccini e così via.
Davide la osservava incerto, timoroso.
-Allora, mi raccomando...- gli disse la bionda seduta di fronte, con un sorrisetto che le scappava dalle labbra.
-...non devo rivolgerle la parola- continuò, non convinto il ragazzo.
-Esatto- Francesca se la rideva, sforzandosi di trattenere la risata.
-Ma così non è peggio per me?- chiese preoccupato.
-No, ma che dici...-
Poi scoppiò a ridere, incapace di trattenersi; lui si imbronciò.
-Smettila di prendermi in giro!- le intimò.
La ragazzina si ricompose e gettò uno sguardo divertito, mordendosi il labbro, alla cameriera.
-Tu fai quello che fai normalmente, sii gentile come sempre e andrà tutto bene- lo rassicurò.
-Non ce la farò mai- scosse la testa lui.
 
A quella furia bionda che sapeva essere sincera e diretta.
 
-Com’è andata?- Francesca si rizzò sul divano, osservando attenta il ragazzo appena entrato dalla porta.
-Uno schifo- commentò lui appoggiando l’ombrello a terra, zuppo.
-Che è successo?-
Davide si sedette accanto a lei, guardando il televisore spento con le sopracciglia aggrottate.
-Stavo lì per chiederle di andare a farsi un giro al nuovo centro commerciale che hanno aperto, vado per parlare e le squilla il telefono. Lei risponde e...-
-Ed era il suo ragazzo- terminò la bionda, appoggiandosi allo schienale.
-Esatto- proseguì rabbioso lui –e se ne esce con ‘scusa, ma devo andare col mio ragazzo. Conosci il centro commerciale nuovo, che hanno aperto da mo? Magari qualche volta ci andiamo...’- scimmiottò la sua voce femminile e si lasciò andare anche lui contro lo schienale.
-Povero Davi...- la ragazzina gli batté una mano sulla spalla, comprensiva ma strafottente.
 
Oltre al fatto che avevano avuto modo di conoscersi, dopo la scoperta che aveva fatto lui, il bambino cresceva.
Davide era abbastanza contento di come stavano andando le cose. La scuola le era quasi finita, mancavano più o meno due settimane, e poi durante l’estate, nel periodo critico che avrebbe dovuto attraversare con la gravidanza, sarebbe stata più tranquilla senza l’imbarazzo di dover andare a scuola col pancione.
Era contento anche di lei, iniziava a crederci davvero in quella storia di avere un bambino. E la cosa straordinaria era che non dovevano impegnarsi in una relazione, ma solo essere dei buoni conviventi legati da un patto, come un segreto che solo loro sapevano.
Davide aveva riflettuto anche su questo, se dirlo o meno a sua madre. Tante volta aveva pensato di domandare a Francesca cosa ne pensasse, cosa avesse deciso di fare una volta che fosse nato il bambino. Ma non osava domandarglielo, perché notava che ogni volta che si toccava l’argomento lei non rispondeva e cercava di sviare.
Probabilmente non voleva parlarne e basta, e il ragazzo non si affaticò a cercare di capire il perché.
Ma affianco a queste piccole conquiste, rimaneva sempre un chiodo fisso nella sua mente, e cioè il motivo per cui la ragazzina volesse spesso andare dal ginecologo.
Era sicuro che avesse letto il libro di sua madre, e poteva capire che volesse accertarsi che andasse tutto bene, ma cinque visite in tre settimane gli sembravano un po’ tante.
Dapprima non se ne era preoccupato anzi ne era felice, convinto che avesse cominciato a mostrare maggiore interesse per il bambino, ma ora il pensiero lo tormentava.
Non gli permetteva di accompagnarlo dentro la sala, e anche se dopo ogni visita parlava col ginecologo che lo rassicurava, aveva la netta impressione che quei due gli stessero tenendo nascosto qualcosa.
Purtroppo per lui e non solo, scoprì in un modo del tutto brutale cosa stava succedendo.
 
Davide tornò dal lavoro alle otto e quarantacinque, piuttosto in anticipo a dir la verità, la sera del diciassette maggio, con addosso solo la giacca nera. Aprì la porta, poi gettò con un colpo secco il mazzo di chiavi sul divano, e chiuse il portone alle sue spalle. Avvertì subito, dal primo momento, che c’era qualcosa che non andava.
Senza chiamarla, cercò Francesca con lo sguardo nel salotto, nella cucina e nella camera da letto, ma non c’era.
Poi gli venne in mente di controllare nel bagno, e senza far rumore si avvicinò alla porta, che era accostata e dalla quale proveniva una luce.
Che diamine stava facendo lì dentro?
Insospettito, spinse con due dita la porta per vedere all’interno cosa succedeva: Francesca era seduta sul lavandino e teneva in mano qualcosa, nell’altra un bicchiere d’acqua.
Inevitabilmente si accorse della sua presenza, e quando lo fece alzò gli occhi azzurri piantandoli quasi terrorizzata nei suoi verdi.
-Che stai facendo?- chiese lui accigliato.
-Niente- la ragazzina saltò subito giù dal lavandino e posò una scatola bianca su di esso, sperando di non essere vista; a Davide invece quel gesto non sfuggì affatto.
Sempre più insospettito dalla strana situazione, e credendo che gli stesse nascondendo qualcosa, la guardò negli occhi.
Era preoccupata lei e molto. L’attimo dopo, con uno scatto agile afferrò con la sinistra la scatoletta che lei aveva cercato di nascondere dietro di sé, e la bionda cercò di fermarlo senza successo.
Davide la mise fuori dalla sua portata e prima di guardarla si concentrò su di lei.
-Cos’è questo?-
-Pillole per il mal di testa- disse subito lei, componendo un’espressione noncurante e indifferente –avevo un po’ di male... e così ho visto se ne avevi...-
Ma il ragazzo, per qualche strano sesto senso, avvertiva che in tutta quella situazione c’era qualcosa che non andava. Forse perché i suoi occhi azzurri saettavano ansiosi dalla scatola a lui, forse perché aveva preso a mangiarsi il labbro come faceva quando era nervosa o incavolata, forse perché non gli sembrava che per prendersi una pillola per il mal di testa bisognasse stare rinchiusi in bagno con aria cospiratrice.
-Come mai sei già a casa?- domandò la ragazza, per spezzare il silenzio teso.
-Ho finito prima-
Non si aspettava che tornasse così presto.
Qui c’era sotto qualcosa, e qualcosa di brutto, pensò Davide.
-Ridammi la scatola- ordinò lei, tendendo il palmo.
-No- ribatté deciso il ragazzo.
-Davide, ridammela- la bionda si avvicinò, ora con l’ansia in viso.
Lui si decise a guardare la scatola, e mentre lo faceva la bionda sospirò e gemette.
 
Il cuore le batteva forte e rapido nel petto come se dovesse sfondarlo, mentre guardava spasmodica Davide che leggeva le scritte della medicina. Si spaventò, si spaventò tanto e di colpo impallidì. Ora non restava che da vedere la sua reazione, ma era certa che non sarebbe stata nulla di buono.
Davide lesse le scritte veloce, e si irrigidì. Fu come se uno schiaffo gli fosse piovuto addosso, paralizzandolo lì. Non riusciva nemmeno a parlare.
Poi, lentamente, alzò la testa.
-Queste non sono pillole per il mal di testa- mormorò.
Francesca incontrò i suoi occhi verdi nei propri azzurri, e lo guardò gettare nel secchio la scatola.
Si fissarono per un lungo attimo, che parve un’eternità, fino a che lei non poté più reggere il peso di quegli occhi che ora sapevano, sapevano tutto.
-Cosa volevi fare?- domandò, ma il suo tono non era curioso, o ignorante. Era serio, carico di ansia e gravoso, quasi duro.
Lei respirava forte, tenendo gli occhi fissi sullo stipite della porta, tormentandosi le mani.
D’un tratto lo superò, andando nel salotto.
Davide subito le fu dietro, e richiese più forte, con voce più autoritaria
-Cosa volevi fare?-
Nemmeno stavolta lei rispose, ma tirò dritta per il piccolo corridoio.
Al che lui perse la pazienza, le afferrò un polso e la sbatté forte al muro.
La ragazzina gridò di sorpresa, ma il suo lamento fu zittito quando vide lo sguardo che aveva assunto lui. Continuava a stringerle il polso destro.
-Ti ho fatto una domanda- le sibilò, rabbioso.
Lei ebbe un momento di smarrimento e fu incapace di replicare quando vide l’espressione furiosa sul suo viso; per una volta, l’aveva sopraffatta.
Diavolo, l’aveva fatto arrabbiare sul serio.
E quando gli altri si arrabbiavano, non poteva soccombere, ma reagiva sempre.
-Non l’hai capito? Sei stupido?- gli ringhiò in faccia, iniziando a farsi rossa.
-Volevi uccidere il bambino?- domandò a voce alta il ragazzo, ormai incavolato.
Francesca non rispose a questo, ma tenne alto lo sguardo.
I loro respiri sbattevano, caldi, ma non di passione.
-Non avrei ucciso nessuno, io- soffiò a pochi centimetri dalla bocca dell’altro.
-Volevi uccidere il bambino? Non ti importa nulla di lui? E allora cosa sei andata a fare dal ginecologo?-
-Mi sono fatta consigliare per abortire!- ribatté la ragazza.
-Volevi davvero uccidere? Uccidere il bambino?- lui sgranò gli occhi, disgustato e al tempo stesso avido di saperne di più.
Fu come se alla ragazza crollasse il mondo addosso; sentirlo uscire dalla sua bocca accentuava all’ennesima potenza il significato. Ma la rabbia le salì su per lo stomaco, le invase le arterie e anche le guance si fecero rosse; un brutto, bruttissimo segno.
Esplose come una bomba.
Scosse il braccio stretto nella sua presa e cominciò a gridare.
-Tu sei uguale a tutti gli altri! A te non importa nulla di me! A te importa solo di quello stupido bambino! E sai cosa ti dico? Io lo odio!-
Davide ascoltò quelle parole, e lo colpirono in viso con la forza di un mattone.
-Cosa?- mormorò sconcertato.
Francesca lo guardò orgogliosa.
-Ancora non l’hai capito? Io un figlio non lo faccio-
Rimasero in silenzio, l’uno davanti all’altro, la ragazzina schiacciata contro la parete e lui che le teneva il polso; nel frattempo si guardavano, l’una rabbiosa e ferita, l’altro incredulo.
-Lasciami, mi fai male- disse lei piano.
La mano di Davide scivolò lenta sul suo braccio, lasciandola andare e allontanandosi.
 
-Da quanto tempo è che...?- chiese, le braccia stese sui fianchi, guardandola serio.
-Da sempre. Da quando ti ho cercato-
-E tu già pensavi di abortire?- domandò accigliandosi.
Lei annuì, incrociando le braccia.
Davide la fissava, passando dal meravigliato al disgustato. Sentì la delusione farsi strada dentro di lui, inesorabile.
Boccheggiò tentando di trovare qualcosa da dire.
-E io allora? A che ti servivo?- riuscì a dire alla fine.
La bionda non gli rispose, ma guardò un punto indefinito del pavimento; lui interpretò la mancanza di risposta come la mancanza di una ragione, di un motivo valido. E questo bastò a fargli capire.
-Mi hai solo usato- concluse a voce atona, ma fissandola stringendo gli occhi in un modo che non indicava certo gioia.
Incapace di guardarla negli occhi, anche lui incrociò le braccia al petto, offeso e tremendamente...deluso.
Aveva speso un mese, tutte le sue energie, per dedicarsi a quella ragazza.
Ci aveva dato il sangue, l’appartamento e una cospicua parte di soldi.
Aveva cercato di aiutarla.
E lei, così testarda, all’apparenza un’ingrata, che nascondeva una storia terribile, ora lo aveva ingannato. Lui si era dedicato a lei, l’aveva conosciuta meglio, ci aveva giocato e rarissime volte scherzato, parlato, urlato, litigato e scambiato sguardi per nulla amichevoli, ma ci aveva, nel bene o nel male, vissuto insieme. Aveva creduto che le importasse del bimbo, che il suo interesse per il ginecologo fosse dovuto al bambino, e invece no.
Si sentiva umiliato, deluso, devastato da quella spiacevole novità.
Vedendo che non apriva bocca Francesca disse
-Ti sei arrabbiato?- ma il suo tono non era preoccupato, anzi irritabile come prima, già pronta ad una nuova lotta.
Lui alzò lo sguardo, la fissò dritto negli occhi azzurri, e prima di parlare le scoccò un’occhiata arrabbiata, con le sopracciglia aggrottate.
-Non sono arrabbiato- fece una pausa, poi prese fiato e proseguì –sono molto deluso-
Avanzò di qualche passo.
-Pensavo che fossi diversa. Che avessi la forza di affrontare i problemi. E invece cosa fai? Scappi, scappi pur di non sentire-
La bionda ascoltò in silenzio, guardandolo astiosa.
-Credevo tu fossi una donna coraggiosa-
Davide fece un’altra pausa e le rivolse un’occhiata sostenuta, scuotendo la testa.
-Sei solo una ragazzina-
Cadde il silenzio, il più lungo che ci fosse mai stato fra loro e non per la durata, ma per quello che lasciava in sospeso, per le parole che si trascinava dietro, per le occhiate che si scambiavano. Rumoroso come il fulmine che strazia il cielo, divideva come un confine i due.
La ragazzina non rispose a questa frase, finché lui non andò di là, e tornò subito dopo con le sue cose in mano.
Le poggiò a terra.
-Cosa hai intenzione di fare?-
-Vattene- indicò con un dito e un tono autoritario, severo che non ammetteva repliche il portone.
-Vattene, non ci voglio avere niente a che fare con questa storia-
Francesca si imbufalì, facendosi rossa.
-E a me che diavolo me ne frega? Sai quanto mi importa di te? Anzi, anzi...- prese le sue cose e andò verso la porta.
-...me ne vado io. Ma va******lo!-
Prima che sparisse definitivamente, il ragazzo la inseguì, per così dire, e le gridò dietro
-Spero tanto che un giorno sentirai il rimorso! Sentirai il rimorso di aver ucciso una creatura!-
Ma lei, forse o almeno così pensò lui, non lo sentì, troppo impegnata a sbattere forte la porta d’ingresso.
 
E adesso mi odierai.






Grazie a tutti quelli che seguono la storia e mi lasciano recensioni, molto apprezzate.

Marty McGonagall: ho girato sul tuo account e ho scoperto che sei una betareader. Questo ovviamente non può che farmi piacere e mi sento onorato, grazie mille per la tua recensione. Grazie, grazie veramente anche se non posso fare a meno di dire che forse mi sopravvaluti.

Devilgirl89: credo che con questo capitolo sia tutto più chiaro. Ma ti prego di non smettere di leggere, visto che sei una persona dalla mente libera dai pregiudizi, e dai una possibilità a Francesca. Grazie per la recensione.

Miss Queen: okay d'accordo, ci accorderemo per la brioche. Mi fa piacere che la storia ti incuriosisca e ti invogli a continuare. Credo che questo capitolo, che è un po' lo snodo della storia, contenga le risposte alle tue domande. Ma forse ne scatena altre.

Jiuliet: oh, viva una che apprezza Francesca! Ma sai, certe volte si hanno come dei paraocchi che ti impediscono di vedere davvero quello che più ti sta vicino.

Emily Doyle: il nuovo capitolo è arrivato. E abbiamo scoperto che combinava Francesca. Grazie per la recensione.

OOgloOO: ecco, mi sa che questo capitolo ti ha chiarito le idee, vero?

wanda nessie: ahahaha non ti preoccupare, ma ti pare, cose che capitano...grazie d'aver recensito.

  
Leggi le 9 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Egomet