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Autore: _Emanuela_3    20/04/2016    2 recensioni
«Aspetti che l’aiuto..»
Una voce familiare mi sorprende di spalle facendomi voltare. Davanti a me l’oggetto della mia più stupida cotta adolescenziale: Marcus Brown, di origini italiane, professore di storia e filosofia e moderatore del corso di poesia. Mi schiarisco la voce, consapevole di essere diventata un tutt’uno con il mio vestito rosso.
« Professor Brown ..? »
«Rebecca? »
Parliamo nello stesso momento, entrambi sorpresi. Lui non dovrebbe essere qui, vive dall’altra parte del mare sul “continente” con la sua splendida e biondissima moglie. Mi sento stupida come la prima volta che l’ho visto, al primo anno. Da quel giorno ho sempre avuto una sorta di cotta / venerazione per lui e in modo particolare per la sua voce. Ci studiamo per quella che sembra un eternità mentre il suo sguardo corre velocemente lungo il mio corpo. Facendomi sentire d’improvviso nuda. […] Fino a cinque secondi fa mi sentivo carina, ma ora sotto il suo sguardo indecifrabile mi sento un piccolo anatroccolo nero.
«Anche tu vivi qui?» chiede interrompendo il silenzio, mentre si avvicina allungando una mano per prendermi le buste.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Capitolo 7                                         

 

È il lunedì più bello della mia vita. Non vedo l’ora di andare a scuola per vederlo e per parlare con le mie amiche degli eventi degli ultimi giorni. Questa mattina mi accompagna mio padre, così esco prima del previsto e arrivo a scuola prima di Marcus. Ci vediamo di sfuggita all’entrata e ci scambiamo uno sguardo veloce. A scuola non possiamo permetterci errori. Anche durante la sua lezione evito di fissarmi troppo su di lui, così mi ritrovo a fissare con aria assorta il libro di storia. Tanto da destare la preoccupazione di Gonzalo.

È successo qualcosa? Ti vedo strana…

Non me la sento di raccontargli di me e di Marcus. Mi dispiace non confidarmi con lui, dopotutto sono stata l'unica a cui ha parlato della sua omosessualità, ma preferisco che la voce non gir più del dovuto. 

Tranquillo, visto che ultimamente il prof sembra avermi preso di mira preferisco non dare troppo nell’occhio ;)

Dai oggi sembra di buon umore, magari ieri sera ci ha dato dentro. Mi dispiace solo che non sia stato io il fortunato. Ahahaha

Mi scappa da ridere e mi mordo una guancia per evitare di farlo.

«Martinez vai a farti un giro, visto che la mia spiegazione non ti interessa» tuona Marcus. Alzo gli occhi su di lui sbalordita, ha il viso contratto in una smorfia severa. In classe si alza un mormorio curioso, non si è mai comportato così, mai. Gonzalo si alza stranito e se ne va dalla classe senza dire una parola. Come niente fosse Marcus riprende la sua lezione, non mi prima di avermi lanciato un occhiata di traverso. La lezione prosegue nel gelo più totale e al suo termine Marcus lascia la classe senza neanche salutare. Io e le mie amiche ci alziamo silenziose e raggiungiamo Gonzalo agli armadietti.

«Comincia a darmi sui nervi con i suo sbalzi d’umore» afferma Gonzalo non appena lo avviciniamo.

«Deve essergli successo qualcosa, non si è mai comportato così» gli risponde Dana con tono conciliante.

«Non mi interessa cosa gli sia successo, ma non è possibile fare lezione con quel clima». Non posso fare a meno di concordare con lui, non capisco proprio cosa gli prenda. La scorsa settimana sembrava avercela con me, adesso il suo capo espiatorio è Gonzalo. Mi blocco nel bel mezzo del corridoio, ricordando la nostra discussione di venerdì. Nella quale mi accusava di flirtare con lui durante la sua lezione. Non so se essere più lusingata o più adirata, si comporta così perché è geloso! Passo le successive ore meditando sul da farsi, non posso raccontargli la verità, sono cose che riguardano solo Gonzalo. D’altro canto non posso nemmeno permettergli di fraintendere il nostro rapporto. Devo riuscire a trovare un modo per rassicurare Marcus senza tradire la fiducia del mo amico.

Alla pausa pranzo decido di parlare con le mie amiche, non abbiamo mai avuto segreti e non voglio cominciare proprio ora. Non è facile aprirmi con loro e mi incaglio più volte durante il racconto. Tralascio molte cose, dettagli che custodisco gelosamente e che voglio che restino solo miei e di Marcus. Ma racconta quanto basta da lasciarle senza parole. 

«Cosa?  » «Non ci posso credere, dimmi che siete andati a letto » Dana e Emily mi guardano con un misto di sorpresa e curiosità.

«No, non ci sono andata a  letto Emily. Non ancora almeno» rispondo arrossendo.

«Quindi intendi andarci?» mi chiede Dana guardandomi maliziosa.

«Non lo so… cioè vorrei, però è tutto così complicato. Non so come dovrei comportarmi.» ammetto con un sospiro.

« È normale che sia così, lui è il tuo professore e per di più tra di voi ci corrono più di dieci anni. Mettici pure che ha divorziato da poco e vive davanti a casa tua.  Nessuno si orienterebbe al posto tuo. Vivila così come viene» mi rincuora Dana. «E vacci a letto, comunque vada tra voi non poi perderti quest’occasione» mi strizza l’occhio Emily, strappandomi un sorriso. Il resto della pausa lo passiamo chiacchierando del più e del meno, mi conoscono  e sanno quando è  il momento di smetterla con le domande. 

Anche oggi mi aspetta la piscina vuota. Mi restano ancora una quindicina di giorni prima di dover prendere una decisione e non riesco a vedere la luce infondo al tunnel. Indosso il costume e mi siedo su bordo piscina, nelle cuffiette risuona Magic dei Coldplay, mi abbandono alla musica e cerco di allontanare i brutti pensieri.  Per molti questa potrebbe essere una bella canzone d’amore, ma fin dalla prima volta che l’ho ascoltata l’ho sempre associata al mare, al nuoto, alla sensazione di volare tra le onde. Così,  accompagnata dalla musica, allungo lentamente i piedi nell’acqua, un brivido mi percuote tutto il corpo. E resto immobile, le gambe tese e il respiro lento. Chiudo gli occhi e tiro via i piedi, come se mi fossi scottata. Tolgo le cuffiette e sento una lacrima rigarmi il viso. Poi un’altra e un’altra ancora, fino ad avere il  corpo scosso da singhiozzi. Piango, piango per tutto. Per le persone che non sono riuscita a salvare, per quelle che abbiamo tirato fuori morte. Piango per l’estate passata a fuggire, per le delusioni date a mio padre. Piango perché ho paura di non credere più nella magia, paura di non riuscire mai più a lasciarmi andare. Per la prima volta ho paura di non riuscire più a nuotare. Quando riesco a tornare in me mi alzo, do un ultimo sguardo alla piscina e lascio che i ricordi delle gare, degli allenamenti, delle ore passate in acqua vasca dopo vasca si facciano avanti. Resto ancora un po' li da sola,  buttare tutto fuori mi ha fatto bene, mi sento più leggera. Il percorso è ancora lungo ma per quanto il mare mi abbia tolto non posso dimenticare quanto mi ha dato in tutti questi anni. Quando eravamo solo io e il nuoto, quando tra una bracciata e un'altra riuscivo ad affrontare qualsiasi cosa.

«And if you were to ask me / After all that we've been through / Still believe in magic?/ Yes, I do» canticchio prima di tornare negli spogliatoi. Domani andrà meglio. Domani.

Una volta a casa controllo il cellulare, trovo un messaggio di Marcus che mi chiede di passare da lui dopo il lavoro. Anche se tutto ciò che vorrei è dormire accetto la sua proposta. Dopotutto voglio vederci chiaro sul suo comportamento.

Studio un po’, con scarsi risultati, prima di prepararmi per andare a lavoro.  Presto cominceranno i vari corsi e spero proprio di riuscire a fare tutto. Il lavoro non lo posso lasciare ma non posso neanche permettermi di rimanere indietro con lo studio.  Sopratutto se non riuscirò a fare progressi in piscina, senza la borsa di studio per lo sport dovrò contare solo sui miei voti accademici. Sono talmente immersa nei miei pensieri che non mi accorgo dell'arrivo di mia madre.

«Tesoro, ti vedo stanca. Sicura di voler andare? Posso chiamare Tom e spiegargli che non te la senti» mi chiede mia madre scrutandomi con attenzione.

«Tranquilla, è stata solo una lunga giornata» mi sforzo di sorriderle. «Qualcosa non va con la scuola o con il tuo amico?» scuoto la testa. «No mamma, nessun problema. Dopo pranzo sono stata in piscina…e…» sbuffo «e niente, ho bagnato giusto un po’ i piedi ma…» mi madre si avvicina e mi abbraccia. Mi stringo a lei senza dire niente. «Oh piccolina mia, vedrai che supereremo anche questo. Già che stai cominciando ad aprirti sono passi da gigante.» la stringo ancora di più. «Adesso vado, non mi va di saltare il lavoro e non voglio preoccupare Tom e Susan»  le dico. Lei annuisce comprensiva e dopo avermi lasciato un bacio sulla testa scioglie l’abbraccio lasciandomi andare. «Ah mamma, ti dispiace se dopo il lavoro vado da Dana? » «Fai pure, ti farà bene distrarti un po’ oggi. Ma che non diventi un’abitudine uscire dopo cena durante la settimana». «Tranquilla è solo per oggi». Le dico, ma non ci crediamo nessuna delle due.

«Ecco qui la nostra bambina, Tom non credi che oggi sia ancora più carina del solito?»

«Fatti dare un’occhiata … sì direi proprio di sì, oggi sei decisamente più carina! »

Non posso fare a meno di sorridere entrando nel locale. Non c’è pensiero che non riescano a scacciare via con la loro dolcezza.

«Allora bambolina come è andato il rientro a scuola? Ti vedo un po’ sciupata.» chiede Susan scrutandomi dalla testa ai piedi. «La scuola va bene, sono solo un po’stanca, non ho dormito molto ieri notte» «Oh l’importante è che i brutti pensieri se ne siano andati, prima di andare via ricordami di darti un infuso di cinque fiori. Vedrai che con quello riuscirai ad addormentarti come un sasso» mi rispondere sorridente. 

«Ma lasciala stare, non ascoltare bambina e soprattutto non bere i suoi intrugli» si raccomanda Tom, alzandosi dalla cassa per avvicinarsi a noi.

«Ma che ne vuoi sapere tu, vecchio brontolone. Non starlo a sentire bambolina, che vuoi che ne sappia lui. In tanti ani che lo conosco non ha mai perso un’ora di sonno».

Continuano a battibeccare per tutta la serata, facendo divertire i clienti e personale. Prima di andare via Susan mi infila nella tasca il suo infuso e Tom mi strilla dietro di buttarlo al primo cassonetto. Sto ancora ridendo quando girato l’angolo noto un volto famigliare fissarmi dall’altra parte della strada. Che ci fa qui Marcus?

«Ei, che ci fai qui?» gli chiedo avvicinandomi. «Sono passato a prenderti, ho pensato che fossi stanca e non mi andava di farti prendere l’autobus. E prima che tu lo dica, mi fa piacere farlo e non è di nessun disturbo» «Allora grazie, accetto volentieri». Rispondo salendo in macchina. «Cos’è che ti faceva ridere così tanto?» mi chiede mettendo in moto. «Tom e Susan, i proprietari del locale» gli spiego raccontandogli il simpatico siparietto che hanno messo su durante la serata.

«Devo chiederti una cosa» comincia entrando in casa sua. Mi siedo sul divano e aspetto, so già dove vuole andare a parare. «Ho bisogno di sapere cosa c’è tra te e Gonzalo. Perché se tra di voi c’è qualcosa lo capirei, d’altronde ha la tua stessa età e con lui le cose sarebbero molto più facili e..» mi acciglio e lo interrompo. «Pensi davvero che se ci fosse qualcosa con Gonzalo mi sarei fatta baciare da te e sarei qui in questo momento?» gli chiedo tradendo una certa irritazione. «Tra me e lui non c’è e non ci sarà mai niente, la nostra e solo una gran bella amicizia. Devi credermi, non posso darti garanzie ma sappi che Gonzalo ed’io viaggiamo su pianeti opposti. Quindi puoi smetterla di comportarti da folle in classe e riprendere ad essere il professore di sempre». Non gli parlerò dell’omosessualità di Gonzalo, è una cosa che riguarda solo lui, e fra le altre cose non voglio stare con un altro Paul, non lo sopporterei. «Va bene. Hai ragione, ho fatto lo stronzo oggi in classe e non deve verificarsi mai più. Adesso ti prego vieni qui, è tutto il giorno che ti penso». Sorrido prima di buttarmi tra le sue braccia. 

I giorni trascorrono veloci e in un modo o nell’altro riesco a trovare un equilibrio fra scuola, lavoro, amici e Marcus. Un’altra settimana è volata via, siamo già al 25 settembre. Ho ancora cinque giorni prima di comunicare la mia scelta al coach. La sua “terapia d’urto” comincia a funzionare, nei giorni scorsi sono riuscita a scendere in acqua, restando sempre attaccata alla scaletta. Purtroppo però non riesco a starci più di qualche secondo senza rischiare di andare in iperventilazione. In mare, invece, non ho fatto progressi. A dirla tutta non ci ho neanche provato. 

Con Marcus procede tutto a gonfia vele, non vedo l’ora di frequentare anche quest’anno il suo corso di poesia, così da poterlo vedere qualche ora in più. Nonostante la nostra vicinanza non riusciamo a vederci molto spesso, o almeno non tanto come vorremmo. Non siamo ancora andati oltre qualche bacio e questo non fa altro che aumentare il mio desiderio. Mi ha chiesto di andare con lui nel week-end, i suoi genitori partono per qualche giorno e vorrebbe portarmi a casa sua per stare un po’ per conto nostro. Con Emily e Dana stiamo escogitando un piano per convincere i miei a lasciarmi andare. La scusa ufficiale è un ritiro alle terme. Dopo un tira e molla durato una settimana, finalmente i miei accettano e possono partire con Marcus.  

Venerdì sera ci mettiamo in macchina alla volta di Kennedy City. Sono emozionata all’idea di vedere il posto in cui è cresciuto, a quanto mi ha detto la sua casa si trova nella parte alta della città, una zona residenziale con tante villette a schiera circondate da prati all’inglese. Non appena arrivati mi fa fare un giro di esplorazione della casa, raccontandomi vari aneddoti. La casa è grande  e  luminosa, elegante e vissuta al tempo stesso, famigliare e accogliente. Ma la cosa più sorprendente è il giardino posteriore, circondato da grandi abeti che lo nascondo a occhi esterni, nel bel mezzo di fiori e piante varie si trova la piscina, illuminata da tanti piccoli faretti.

«Hai una casa bellissima» gli sorrido sinceramente ammirata, una volta terminato il giro. «Tu sei bellissima» mi risponde stringendomi a lui e baciandomi. «Senti ti dispiacerebbe arrangiare qualcosa per cena mentre salgo su a sistemare i bagagli?» chiede lasciandomi andare e salendo le scale senza aspettare una mia risposta. Resto interdetta per qualche secondo, per poi spostarmi in cucina. Un post-it sul frigo cattura la mia attenzione.

Marcus grazie per esserti offerto di badare alle nostre piante, in frigo trovi qualche pasto pronto per i prossimi giorni. Ti vogliamo bene, Mamma e Papà.

Senza pensarci due volte apro il frigo e tiro fuori uno dei contenitori colorati ordinatamente riposti sugli scaffali. Sto per  metterlo nel forno a microonde quando la voce di Marcus mi chiama dal piano di sopra. Seguendo la sua voce arrivo davanti alla porta della sua vecchia camera, la apro e resto a bocca aperta. Tante piccole candele sono sparse qua e la nella stanza, creando un romantico gioco di luci e ombre. Marcus è in piedi al centro della stanza con una mano tesa verso di me. Senza il minimo dubbio mi avvicino a lui. «Stavo pensando che non ho poi così tanta fame» ammicca. «Strano, d’improvviso anche a me è passato l’appetito» gli rispondo stando al gioco. «Beh, allora se siamo d’accordo direi di passare subito al dolce» e così dicendo mi bacia. Mi abbandono a lui completamente, lascio che le sue mani scivolino lente su di me, mentre mi spoglia delicatamente. «Sei bellissima » sussurra roco avvicinandomi al letto. Mi spinge delicatamente sul materasso ed’è subito su di me, a baciarmi, a toccarmi come se fossi la cosa più preziosa del mondo. Delicatamente faccio scivolare le mani sui lembi della sua maglietta. Non voglio che ci sia niente tra i nostri corpi. Capendo la mia esigenza si toglie il resto e torna su di me. Ci baciamo, ci tocchiamo. Nel silenzio della casa si sentono solo i nostri sospiri e i nostri gemiti. Nessuno dei due parla, ma ci guardiamo nella penombra e in quegli occhi lasciamo uscire tutto. Ed’è proprio guardandomi negli occhi che entra dentro di me, delicato. Ed’è così che ci amiamo, occhi negli occhi. Attimi che sanno di eterno. È stato tutto così intenso, così nuovo, così bello che una lacrima solitaria scivola via rotolando sul mio viso accaldato. Quando entrambi raggiungiamo il culmine, la petit mort, come dicono i francesi , restiamo occhi negli occhi. Entrambi sorridenti , stanchi ma felici.

Ci coccoliamo, ridiamo come due bambini la notte di Natale. Ci tocchiamo, ci baciamo mai stanchi l’uno dell’altra e danziamo ancora il ballo dell’amore fino a sfinirci. Fino a consumarci, tanto da cadere addormentati. La notte più bella della mia vita, non avrei mai pensato di poter provare certe cose.  È stato tutto così magico che svegliandomi ho temuto fosse stato solo un sogno, ma il suo braccio stretto sotto il mio seno, il suo fiato sul mio collo e le nostre gambe annodate insieme mi rassicurano.  «Buongiorno » sbiascica stanco. «Buongiorno a te» sorrido, ancora intorpidita, un sogno non sarebbe mai potuto essere più perfetto.

Ci siamo svegliati tardi, così dopo esserci lavati andiamo a mangiare fuori, in un localino appena fuori  città. Rientriamo a casa nel tardo pomeriggio. «Che ne dici di un tuffo in piscina?» mi chiede d’un tratto lasciandomi confusa. Mi sono sempre rifiutata di affrontare l’argomento in queste settimane, ma so benissimo che il coach gli racconta tutti i miei mezzi progressi, saprà quindi  che non vado più lontano della scaletta e che non appena sento l’acqua arrivarmi al collo mi sento mancare.  «A me non va, però se vuoi fai pure» rispondo, non senza tradire un certo biasimo. «Peccato, perché avevo una mezza idea per aiutarti a superare la tua paura» sbuffo scocciata, possibile che non capisca? «Non ho bisogno del tuo aiuto, sto già facendo dei progressi da sola » «Calma, non mettere il muso ora. Ho solo pensato che dato che tu associ l’acqua a un evento negativo se avessi la possibilità di sostituirlo con uno positivo magari i progressi sarebbero più rapidi» «Sentiamo, quale sarebbe l’idea geniale?» chiedo scocciata. «Fidati di me, e prima che tu lo dica, non serve il costume. La piscina è completamente al sicuro da occhi estranei e possiamo fare il bagno in intimo. O anche nudi se lo preferisci».  Non so se è stato il suo fidati di me, o il suo sorriso malizioso ma mi ritrovo a bordo piscina con le gambe a penzolone  a guardarlo nuotare, con i muscoli che si contraggono a ogni bracciata. «Allora ti va di entrare, ci sono io qui con te» dice raggiungendomi e allungando le braccia verso di me. Lo guardo ancora titubante, mi perdo nei suo occhi e mi lascio trascinare giù con lui. Allaccio le mie braccia intorno al suo collo e resto tesa. «Rilassati » sussurra, accompagnando le sue parole con un bacio a fior di labbra. Ci appoggiamo alla scaletta e approfondisce il suo bacio mentre con un braccio tiene la scaletta e con l’altra mano sfiora la mia intimità. In un vortice di eccitazione ed’emozione mi ritrovo a far l’amore con lui. I nostri corpi accompagnati dall’acqua si uniscono, si cercano, si stringono. Al culmine del nostro amore mi sussurra roco «Non potrai più entrare in una piscina senza pensare a me».

Non so ancora dire bene come, cosa sia scattato in me in quel momento , fatto sta che mi sono ritrovata a nuotare al suo fianco. Ci siamo schizzati, ci siamo rincorsi, abbiamo giocato. Siamo usciti stanchi e infreddoliti ma ancora sorridenti. «Dottor Freud, a  quanto pare aveva ragione» dico accoccolandomi vicino a lui sul divano. «Quando vuole un’altra seduta non ha che da dirlo». Qui tra le seu braccia tutto mi sembra così lontano, così piccolo. Con lui al mio fianco sento di poter affrontare qualsiasi cosa. So bene che è presto, che non dovrei essere già a questo punto ma non riesco a frenare questo amore che cresce ogni giorno, ogni attimo di più.

Note:  Eccoci giunti a un nuovo capitolo. Voglio ringraziarvi per essere ancora qui con Marcus e Rebecca. Non sono molto convinta di questo capitolo e non eslcudo una futura revisione. Ci tenevo però a farvelo leggere per non far passare troppo tempo dal capitolo precende. Avere una vostra opinione su qeusto capitolo mi farebbe molto piacere e potrebbe aiutarmi per un eventuale revisione- Vi mando un bacio e vi aspetto mercoledì prossimo con un altro capitolo! 

Emanuela

   
 
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