Storie originali > Soprannaturale
Segui la storia  |       
Autore: NeroNoctis    29/04/2016    2 recensioni
All'apparenza Daniel è un normale ragazzo di 20 anni, amante delle più svariate cose e con uno spiccato sarcasmo. Ma nasconde semplicemente la sua vera identità, quella di un soldato dell'organizzazione Sephiroth.
Organizzazione che caccia "Loro", creature assetate di sangue che vagano per il mondo, che a prima vista non sembrano avere un obbiettivo, ma che tramano qualcosa da dietro le quinte, perseguendo un oscuro obbiettivo. E proprio "Loro" hanno sterminato la famiglia di Dan anni prima.
In un mondo dove "Loro" si nutrono di umani, Dan dovrà viaggiare per trovare la sua sorellina scomparsa e vendicarsi delle creature che han cambiato per sempre la sua vita.
Sullo sfondo paranormale popolato dai Wendigo, prenderanno vita numerosi personaggi il cui destino di andrà ad incrociarsi con quello di Daniel e della sua partner Lexi, per svelare un segreto rimasto sepolto per anni.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Sephiroth'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
L'unico sapore che John riusciva a sentire al momento era quello del sangue e del ferro, misto a paura, adrenalina e preoccupazione. Sentiva il vociare dei soldati, che stavano controllando la situazione. Lui era finito sul corpo di Brandon, che aveva un foro che gli trapassava la testa. In quel momento l'odore del sangue e di morte lo riempì fino alle ossa, rischiando di farlo urlare. Non pensava certo che sarebbe finita così, non pensava che avrebbe visto suo padre morire in un modo così orribile. Un dolore sordo gli attraversava tutta la spalla destra, spalla che sentiva umida e calda, pulsante. Il sinistro era intrappolato sotto le macerie di un muro crollato. La sua mente vagava in cerca di soluzione, ma la meta finale di quello sciame di pensieri era sempre il dolore e la consapevolezza di star morendo, la consapevolezza di rivedere suo padre, sua madre. Forse non doveva essere così male lasciarsi andare al tocco gelido della morte. Ma non poteva arrendersi così, Vincent era ancora lì, era vivo... non poteva arrendersi mettendo a rischio la vita del suo amico. 
«Sono morti?» chiese uno dei soldati, con voce disturbata dalla maschera antigas. Erano in tre, vestiti di nero e armati fino ai denti. Fucili d'assalto M4 con lanciagranate, diverse granate dagli svariati effetti e giubbotti antiproiettile. Uno di loro ripose il fucile sul fianco, e afferrò una pistola d'ordinanza. «Ce ne accerteremo a modo nostro.»
John era ancora immobile, ma sapeva cosa intendesse quel soldato. Volevano sparare ancora, giusto per essere sicuri di non lasciare superstiti. L'adrenalina lo teneva sveglio, reattivo. Iniziò a tastare il terreno sotto di lui con il braccio libero e finalmente trovò la pistola hìche stava cercando, con un rapido movimento si posizionò e sparò in successione tre colpi. Due finirono sulla testa dei soldati, che caddero senza vita sul pavimento, mentre uno finì sulla spalla, fortunatamente non sul giubbotto. Il soldato indietreggiò imprecando, sparando un paio di colpi che finirono sul fianco e sulla gamba di John, che tuttavia rispose con un quarto sparo, che stavolta andò a segno. Si lasciò cadere nuovamente all'indietro, battendo la testa contro il corpo senza vita di Bran. Iniziò a ridere in modo isterico, i denti erano rossi per via del sangue, mentre il dolore si estendeva in tutta la zona inferiore del corpo. Un braccio sotto le macerie, una spalla perforata e un fianco e una gamba in pessime condizioni. 
Era finita.
Fissò il soffitto, adesso la risata era scemata. Si concentrò su diverse cose, ma l'attenzione svaniva poco dopo. Il dolore al braccio sinistro ormai era solo un lontano ricordo, probabilmente se sarebbe sopravvissuto quel braccio era ormai da buttare. Non avrebbe mai immaginato di vivere senza un braccio, non voleva immaginarlo, ma quel pensiero iniziò a farsi strada dentro di lui, sostituito nuovamente dalla consapevolezza della morte.
Passarono interminabili minuti, aveva gli occhi chiusi. Dentro di lui ascoltava conversazioni che aveva avuto in passato, i momenti con Vincent e Daniel, le sue prime cotte, i discorsi col padre, la verità sui Sephiroth, sul Re, sui Wendigo. Il non potersi esporre, il non poter rivelare la verità a nessuno per non metterli in pericolo... chissà come sarebbe stata la sua vita se fosse rimasto fedele all'organizzazione. Avrebbe avuto una ragazza, una moglie? Dei figli, forse? Improvvisamente sentì la voglia di provare tutto quello che aveva perso, di restare con suo padre e vivere insieme a lui la loro vita, la gioia di dargli dei nipoti, una ragazza, o anche solo la gioia di farlo arrabbiare. Tutto era così lontano, indistinto. Sentì dei rumori, voci confuse che chiamavano il suo nome. Non riusciva a capire chi fosse... forse era già morto.
«John! Maledizione!» era la voce di Vincent, che si era ripreso da quella botta in testa. Gli fischiavano le orecchie, mentre un dolore dietro gli occhi lo faceva quasi svenire, ma era vivo, quella era l'unica cosa che contava.
John sorrise, un sorriso rosso sangue. «Non pensavo saresti stato tu...»
Vincent scosse la testa, incerto. «Io cosa, John?»
«A darmi l'ultimo saluto... Volevo una vita lunga, lo ammetto. Piena di soddisfazioni, magari morendo nel mio letto insieme alle persone che avrei amato. Però ci sei tu... non che tu non vada bene, ma avrei preferito... una bella ragazza.»
«Non stai morendo.» Vincent era allarmato, alla ricerca di qualcosa da fare. Stava per spostare l'amico, ma notò i detriti sopra il suo braccio. Tentò di sollevarli, ma non aveva la forza per farlo. Era sfinito, troppo debole per quello sforzo. 
«Credo che dovresti... amputarlo. Ma ti prego, non farlo. Ormai è finita.»
Vincent sapeva che aveva ragione, aveva notato il colore e le ferite di quel braccio, aveva notato la brutta infezione che stava prendendo vita mentre il suo amico la vita, la stava perdendo. Non seppe dire quanto restò senza sensi, ma fu abbastanza per aggravare le condizioni di John. Corre nella stanza vicina, afferrando la sua spada bianca dall'armadio e la adagiò sul braccio dell'amico, che riprese a ridere, stavolta in modo più sereno.
«Non perder tempo. Poi non voglio essere vittima di un dolore fantasma... sai che se perdi un arto poi senti dolore in un punto che non è più lì con te? Sai che sentiresti le dita della mano muoversi? Quanto è buffo... il dolore fantasma. Non deve essere bello...»
«Non lo è. E non intendo provare un dolore fantasma che equivale alla perdita di un amico.»
John tossì, sputando sangue, ma questo non gli fece perdere il sorriso dal volto. Scosse la testa, ormai rassegnato. «Quel dolore mi permetterà di vivere in eterno... Vince, ascoltami ti prego. Loro sono il vero corpo Sephiroth...» disse, indicando con un cenno del capo i soldati morti. Vincent sembrò notarli per la prima volta, e con suo estremo orrore notò il simbolo dei Sephiroth sul braccio di ognuno di loro, simbolo che tuttavia, presentava un dettaglio in più.
«Loro sono i Daat... l'undicesima Sefira al servizio del Re. Devi sapere la verità, Vin. Devi... sapere.»
Vincent chinò la testa, fissando la moquette. Era ormai zuppa di sangue, e avrebbe voluta colpirla violentemente per non assistere a quella scena.
«Il Re... Igor Alekseevič Djatlov...»
«Cosa? Igor Djatlov è morto nel 1959... lo sanno tutti. La sua morte è passata alla storia come "L'incidente del passo Djatlov."»
John sorrise. «Igor è sopravvissuto. Lui... ha fatto un patto con la creatura che ha sterminato la sua spedizione... sai no? Tutti sono stati trovati morti in condizioni paranormali...»
«Wendigo...» sussurrò Vincent, non rendendosi conto di quanto fosse ovvia quella storia. I Wendigo era una leggenda ben radicata nella cultura popolare di massa, seppur sconosciuta ai molti o conosciuta in diverse forme, come le leggende del Big Foot o del Chupacabra. L'incidente del passo Djatlov narrava di un gruppo di escursionisti morti in circostanze misteriose presso il monte Cholatčachl'. Furono trovati con lingue mozzate, con bruciature o che fuggivano senza vestiti, nonostante la temperatura fosse di diversi gradi sotto lo zero e la neve riempisse tutto. Ma era abbastanza sicuro che il corpo di Djatlov fosse stato trovato.
«So a cosa pensi... il suo corpo è stato trovato... ma ti sbagli. Tutto insabbiato, come da tradizione. Il punto è... sono i Sephiroth a creare i Wendigo. Oltre Nezakh, Hokmah, Tiferet e il resto... esiste una delegazione segreta chiamata Daat. Loro... loro sperimentano su cavie umane, fino a creare quelli che poi, noi ignari Nezakh... cacciamo. Vogliono creare un esercito di Rango S, i Puri, od Originali. Vogliono far rinascere la razza Originale dei Wendigo, quella capace... di mutare forma, di mimetizzarsi a noi. Quella capace di pensare, di agire... i cosiddetti... Uomini di Ghiaccio.»
Vincent sembrava aver ricevuto diversi colpi in pieno viso, scuoteva la testa, convinto che l'amico stesse delirando. Ma in cuor suo sapeva che aveva ragione, dopotutto perchè cacciare i Sephiroth che andavano via? Perchè inviare una squadra ad uccidere Bran, John... e anche lui? Perchè parlare del Re era così proibito? Tutto aveva senso... tutto aveva perso senso. I Wendigo da lui cacciati erano stati creati dalla stessa organizzazione che credeva fare del bene, quei Wendigo in passato erano persone.
«Devi... Vincent, ricordati. In Keter Daat risiede. Devi...» tossì ancora, sputando ancor più il sangue. Vincent si chinò, con l'amico che finì la sua storia in mezzo ai sussurri, passando una mano insanguinata sul volto di lui. Vincent deglutì quando sentì il respiro di John scomparire, la mano allentare la sua presa e il bagliore nei suoi occhi spegnersi. Gli passò la mano in viso, chiudendogli le palpebre, mentre lui restò in ginocchio per un intero minuto, fissando i suoi due amici che ormai non erano più lì. Si rialzò, convinto a seguire il consiglio di John, convinto a continuare la sua battaglia. Afferrò armi e armatura dei Daat e si specchiò, notando il suo corpo viso imbrattato di sangue. Espirò, cacciando un pugno che frantumò lo specchio, così come le sue stesse convizioni e il suo stesso passato.


Daniel e Lexi erano finalmente arrivati alla stalla, osservando tutto quello che potesse apparire strano, ovvero nulla. Tutto era a posto, così come Cream che sembrava più tranquilla. La puledra fissò Daniel, per poi sbuffare. «Vorrei tanto sapere cosa le ho fatto di male.» disse lui, alzando un sopracciglio. Lexi accennò un sorriso, osservando prima Cream e poi lui. «Non saprei, le hai mica rubato del cibo?» Il ragazzo parve pensarci su per qualche momento, poi rispose con naturalezza «cosa mangiano di preciso i cavalli?»
«Ignorante.» rise lei, continuando a guardarsi intorno. Da fuori entrava un venticello fresco che le scompigliava di poco i capelli, mentre Daniel dietro di lei si perdeva nelle linee del suo corpo. Si costrinse a guardare altro, spostando lo sguardo verso il cavallo che lo fissava, con il ragazzo che rispose a quello sguardo. I due continuarono così fin quando Lexi non si voltò, restando di sasso. «Dan, cosa stai...?»
«Le dici di smetterla di fissarmi? Mi mette in imbarazzo. Non vorrei che sia anche lei ignorante da non sapere cosa mangiare, vedendo me di fatto come la sua cena. Avendo te come padrona potrei aspettarmi di tutto.»
«Infatti. Sei fortunato che non le ho mostrato come uccidere una persone in trentadue modi diversi usando un bicchiere di plastica.»
«Non erano trentacinque?» chiese lui, poggiandosi alla struttura di un box.
«No» rispose Lexi «trentacinque se uso un bicchiere di vetro, sai com'è.»
«Mh-mh.» fece lui. Si voltò, fino a quando delle gocce di sangue attirarono la sua attenzione. Mostrò la scoperta alla sua amica, che non capiva da dove provenissero. Cercarono per così tanto tempo da essere sudati e stanchi, così il ragazzo annunciò di voler andare a fare una doccia, anche perchè quella vicinanza con Lexi lo stava facendo impazzire, non che avesse voglia di far molto con quella puledra scatenata di Cream che li fissava. Sarebbe stato... inquietante. Il ragazzo abbandonò la stalla, mentre Lexi sbuffava. «Probabilmente resteremo solo amici, eh Cream?»


Daniel arrivò alla tenuta, entrando velocemente e salendo le scale. Arrivò al primo piano, osservandosi intorno. Il corridoio che lo attendeva era interamente bianco, con il legno che odorava di nuovo. Qualche mobile arredava quello spazio, che nonostante tutto restava libero. Dan si soffermò per qualche secondo sulle foto che erano appese sul muro: Lexi da piccola, Lexi con Jake, Lexi e la sua prima cavalcata su Cream-la-pazza. I genitori di lei, la tenuta in costruzione, una foto a Parigi. Tutto molto bello. Sorrise e si diresse verso la sua camera, passando da una porta aperta.
«Dan?» si sentì chiamare, così entrò nella stanza appena superata. Tessa era seduta sul letto che leggeva un libro. Indossava una canottiera e dei pantaloni del pigiama, i capelli biondo cenere arruffati. Dan pensò di aver capito cosa era successo e il rumore dell'acqua che proveniva dal bagno adiacente era un'ulteriore prova, ma non disse nulla.
«Che leggi?» chiese lui, scompigliando ancor di più i capelli di lei.
«Lady Midnight.»
Daniel sorrise, pensando che la sorella fosse praticamente la sua copia in fatto di gusti letterari. «Shadowhunters, eh?»
Tessa strubuzzò gli occhi. «Tu leggi Shadowhunters?»
Daniel rise. «Andiamo vado a caccia di mostri, dimmi se non sono un Jace più figo!»
«Sei più Julian, ma dubito che tu sia figo quanto lui!»
Il ragazzo fece il finto offeso, facendo ridere la sorella che posò il libro sul letto. Ancora non ci credeva che l'avesse così vicina, era tutto fin troppo bello, ma lei era lì, a pochi centimetri da lui. «Ti ho cercata per così tanto tempo...» disse lui, con voce solenne. Lei gli sorrise, afferrandogli la mano. «E io pensavo cose orribili. Per 10 anni. Adesso eccomi qui, con mio fratello. Mio fratello che caccia mostri e fa l'eroe, ma pur sempre mio fratello.»
Lui rise, abbracciando la sorella. I due rimasero così per un periodo di tempo indefinito, ma ad entrambi quell'abbraccio serviva. Un abbraccio che li consolava, un abbraccio che li legava come non mai e sanciva un nuovo inizio. Un abbraccio che nascondeva dieci anni di dolore, ricerca, amore. Un abbraccio capace di distruggere le fondamenta di un intero palazzo. 
«Somigli alla mamma.» disse lui.
«Quanto vorrei avere una sua foto...» disse lei, con tono malinconico. Daniel ne conservava un paio nella base Tiferet, almeno l'ultima volta le aveva lasciate là, così disse alla sorella che gliene avrebbe procurata qualcuna. Successivamente Tessa parlò di Simon, spiegando che stava facendo una doccia dopo aver riposato, ma la messinscena cadde quando Daniel si mise a fissare dei preservativi che erano finiti sul pavimento. La scena si concluse con Tessa che farfugliava qualcosa rossa in viso e Daniel che tentava di spiegarle che era una cosa normale, non che servisse la storiella sul sesso ovviamente! Il siparietto venne interrotto da Simon che uscì dal bagno, con vestiti puliti addosso. Vide il ragazzo e lo saluto con un cenno della mano. «Ehy.» Simon si avvicinò, notando l'espressione dei due ragazzi. «Uhm... se volete torno in bagno a lavarmi un'altra cinquantina di volte, giusto per farvi finire.»
«Ma no.» sorrise Daniel. «Abbiamo finito.» 
Baciò la sorella sulla fronte, per poi carezzarle la guancia. Lei parve apprezzare quel gesto intriso di dolcezza. Dan si avvicinò infine a Simon, poggiandogli una mano sulla spalla, gesto semplice, ma che racchiudeva in sè miliardi di parole non dette, concetti e anche velate minacce. «Grazie Simon.»
«Per cosa?» rispose lui.
«Per esserti preso cura di lei.»
Simon osservò Daniel, poi il suo sguardo finì su Tessa. «Ti sbagli, è lei che si è presa cura di me.»


Daniel sentiva l'acqua bollente scivolargli su tutto il corpo. Era una sensazione piacevole, soprattutto dopo una giornata strana come quella. Ripensò alla fabbrica, a Tessa, infine Lexi... quei momenti sul prato, quelle sensazioni... improvvisamente si sentì più bollente di quell'acqua che lo bagnava. Chiuse la manopola che regolava il gettito e si asciugò velocemente, premurandosi di avvolgersi quella tovaglia intorno alla vita. Si specchiò come meglio poteva, passando la mano sulla cicatrice, ripensando a chi potesse essere il Wendigo che l'aveva attaccato, ma era troppo rilassato per concentrarsi su quei pensieri, quei ricordi.
Uscì dal bagno, dirigendosi verso l'armadio. Aveva messo la musica, che suonava Smells Like a Teen Spirit dei Nirvana, una canzone che amava. Mentre canticchiava il ritornello sentì un rumore alle sue spalle, così istintivamente si voltò.
Lexi.
La ragazza balbettò qualcosa, ma Dan gli disse di restare, dopotutto non era la prima volta che lo vedeva in quelle condizioni, certo, mai nudo, ma in accappatoio si. Lexi osservò la sua figura snella, scivolando sul suo corpo con lo sguardo, ma l'unica cosa che sentiva era lo sguardo di lui che le scrutava l'anima.
«Tutto bene?» disse lui avvicinandosi a lei, che richiuse la porta alle sue spalle. «Si... solo che pensavo a quel sangue sulla stalla e...» non finì mai la frase. Dan aveva poggiato le sue labbra in quelle di lei, che si dischiusero poco dopo. I due si baciarono dolcemente, ma l'attesa di quel bacio fu così tanta che la dolcezza lasciò spazio alla passione, trasformandolo in un bacio famelico, come se volessero nutrirsi l'un dell'altro. Lui la spinse contro il muro, mentre le sue mani le carezzavano il corpo. Le mani di lei scesero sulla sua schiena, toccando la pelle nuda. Sentiva le cicatrici sulle spalle, sulle braccia, la cicatrice a forma di morso sul fianco... era come se lo toccasse per la prima volta. Dan le tolse la maglietta, portando le mani sul gancio del reggiseno, ma si bloccò di colpo. «Vuoi...?» le sussurrò, in un tono così dolce che avrebbe sciolto chiunque. Dolcezza mista a desiderio. Lexi sentì quel sussurrò sfiorarle la guancia, sentiva l'odore di balsamo di lui, sentiva di essere al settimo cielo, o forse ancor più su.
«Si.» rispose lei, incollando nuovamente le labbra a quelle di lui. I due finirono sul letto, togliendosi in poco tempo i vestiti. Non che per Daniel ci volesse molto, dato che aveva solo una tovaglia a coprirlo. Lui le baciò il collo, scese sulle spalle, girò verso i seni per poi tornare su. Si sorrisero, poi ripresero a baciarsi con trasporto. Dan passò una mano sulle gambe di Lexi, togliendole in un paio di secondi l'intimo che li separava, fin quando non divennero una cosa sola. Lui gli morse le labbra, cosa che la faceva impazzire, mentre lei le avvolse le gambe intorno alla vita. SI sussurrarono qualcosa, ma era come se non riuscissero a sentirsi. L'unica cosa che entrambi sapevano è che volevano quel momento, si volevano e adesso erano lì, appartenendo l'uno all'altra. Stettero così per almeno un buona ora, fin quando Daniel non la guardò negli occhi, sussurrandole: «Ti amo, credo di averlo sempre fatto. Ma era troppo stupido per accorgermene.»
Lexi sorrise, specchiandosi negli occhi di lui. «Dillo ancora.»
«Ti amo.»
Lexi lo baciò. «Anche io.»
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale / Vai alla pagina dell'autore: NeroNoctis