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Autore: Yellow Canadair    07/05/2016    2 recensioni
La ciurma di Cappello di Paglia si cerca confusa tra le onde. Franky piange senza ritegno davanti ai pochi rottami della sua creatura inghiottita dall'oceano. Hanno i vestiti strappati, sono stati travolti da travi e da onde, stringono i pochi oggetti scampati alla tragedia su un relitto che galleggia con loro. I ragazzi si fanno coraggio tra i flutti, cercano senza fortuna due dispersi. La notte morde con il suo freddo, il giorno bacia con la sua lingua rovente. Il sale spacca la pelle, la fame urla fra le viscere.
Stremati, approdano su una terra che esala umidi sospiri, le luci dell'ultima casa brillavano sul colle buio. E mentre i pirati dipanano il mistero di una Marine impazzita, un suono di cornamusa riempie l'aria...
Genere: Avventura, Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ciurma di Shanks, Monkey D. Rufy, Mugiwara, Nuovo personaggio, Shanks il rosso
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La Valle Tragica

 

Pipe piangeva disperata, abbracciando le ossa esanimi di Brook avvolte nei vestiti.

Diable Jambe amour shot!

Il calcio di Sanji colpì Yama sotto il diaframma mandandolo a sfracellarsi nella tromba delle scale. Marciò minaccioso verso di lui e lo afferrò per il bavero, tirandolo su.

– Chi cazzo sei? –

Yama tossì e afferrò il polso del cuoco con le mani magre. – Sono il padrone dell’isola… Ner-

Ma Sanji fu molto più svelto: – Ritenta, stronzo. Collier – e con un calcio lo rimandò sulle scale.

Yama si tirò in piedi tossendo e sputando sangue.

– Fermo! Ti prego! – Sanji non resistette al suono del pianto di Pipe e si voltò. La ragazza si buttò ai suoi piedi e gli abbracciò le ginocchia. – Ti prego smettila! Non fargli del male! Ti prego… – la voce era rotta dai singhiozzi.

– Pipe, dolcissima Pipe, Yama ha cercato di ucciderci… – si difese il ragazzo afferrando le mani della suonatrice.

– Ci puoi giurare, damerino. –

– SANJI, DIETRO DI TE! ­­– urlò Nami.

Sonda – Due fasci di luce scaturirono dai palmi di Yama, diretti verso il cuoco.

Una lama brillò nel buio, il ghiaccio spezzò la luce.

Quinte Tierce Fantasia – tuonò Brook.

Yama crollò al suolo completamente esanime, e lo scheletro s’inchinò lievemente.

– Nonno! – Pipe si strappò dall’abbraccio di Sanji e corse a perdifiato tra le braccia del musicista.

Chopper, nella rete di Nico Robin, smise di combattere e tornò addormentato nella sua solita forma ibrida.

– È un potere che agisce sulle cellule neurali… – spiegò Brook, vedendo lo sguardo incredulo di Sanji. – Solo che io il cervello non ce l’ho! Yohoho! –

 

~

 

Franky e Zoro svennero, e fu una fortuna, perché difficilmente Shanks o Rufy sarebbero riusciti a fermarli senza conseguenze.

– Zoro! Franky! Waaa questo è sangue?! – Rufy fu immediatamente accanto ai suoi compagni, che giacevano al suolo. Erano quasi messi peggio di quando erano naufragati, due giorni prima.

– Rufy. – era la voce di Shanks.

Il ragazzo si pietrificò e strinse i denti. Gli occhi gli si riempirono di lacrime mentre sorrideva calandosi il cappello sugli occhi.

– Dovevamo incontrarci solo… solo quando sarei diventato un vero pirata. – disse.

– Beh… tecnicamente non dovevamo vederci. – rispose Shanks. E si sentiva che stava ridendo.

– L’ho sempre detto che sei fuori. – sorrise Beckman accendendosi una sigaretta.

Zoro aprì l’occhio, strinse i denti. – Come cazzo ci sono arrivato, qui? –

E vide il suo capitano chino su di lui che piangeva, Franky ancora svenuto a pochi passi e il Rosso con un improbabile foulard a fiorellini annodato sugli occhi.

 

~

 

Yama era legato, le mani gli erano state bloccate dietro la schiena e messe in due sacchetti del pane, per maggior sicurezza. Sanji non lo perdeva d’occhio un istante e ringhiava furibondo. Aveva sacrificato un’altra delle sigarette di Benn perché chi se ne frega, quel bastardo aveva fatto fuori Zoro, Franky, Chopper e poco ci era mancato che spacciasse anche Brook.

– Un Paramisha. – sputò il cuoco, nero di rabbia.

– Già. Frutto Neuro-Neuro. Controlla i neuroni delle persone. – spiegò Nico Robin, chiudendo una copia dell’Enciclopedia dei Frutti del Diavolo trovata nella biblioteca della casa. Tuttavia, un dito rimase infilato tra le pagine per portare il segno.

– Ihihih – ridacchiò Yama. – Sareste diventati tutti schiavi! Schiavi perfetti! E vi avrei fatto ammazzare dall’altra ciurma di balordi! Avreste scavato per me fino alla città perduta! –

– Quale città perduta? – fece Nami interessatissima. Il suo cervello aveva già fatto il due più due con il tesoro cercato da Shanks.

– E ti è andata male. Una Supernova e un imperatore. Non arrivano i giornali, qui? – fece Sanji.

– Sareste diventati tutti come Pipe, alla fine… – sghignazzò l’uomo. – Pipe avanti, piccola mia, perché non sleghi il suo signore? –

Pipe tentennò. Era seduta sulle ginocchia di Brook, e non dava cenno di volersene staccare. – Non mi colpire di nuovo… ho trovato il nonno, adesso… – gli occhi le si riempirono di lacrime, ma scese cautamente dal femore dello scheletro e si avviò lenta verso Yama.

– Pipe, non farlo… – disse Gambanera un po’ apatico. Sapeva che per la ragazza sarebbe stato impossibile sciogliere i suoi nodi, ma sapeva anche che la mente della poveretta era… distorta, e gli era sempre difficile capire subito come parlarle.

– Sanji… – attirò la sua attenzione Nico Robin, che aveva ripreso a leggere l’Enciclopedia. – Ti ricordi degli effetti secondari del Frutto Neuro-Neuro? – e gli porse l’enciclopedia che aveva ancora in mano.

– No… lessi questo libro molto tempo fa. – il cuoco sospirò e lesse da dove gli indicava una mano fiorita tra le pagine.

Neuro-Neuro; Paramisha. Manipolazione della rete neurale.” Sanji saltò tutta la descrizione tecnica del frutto e andò verso la fine. “È buona norma non superare le dieci manipolazioni su ogni persona. Oltre si va ad accelerare il naturale decadimento dei neuroni, portando la vittima a conseguenze quali perdita della memoria a breve e lungo termine, allucinazioni, demenza, agnosia, fino a compromettere le funzioni biologiche dell’individuo e portarlo alla morte.”

La voce di Sanji diventava via via più flebile, e il suo volto più pallido. Alzò gli occhi dal libro e li puntò su Yama.

– Tu hai fatto questo a Pipe. – sussurrò.

– Che animo nobile, per un pirata – lo schernì il vecchio. – Poteva andarle molto peggio. Con lei mi sono trattenuto, non come con gli altri. Le ho dato una casa, del cibo, un-

– L’HAI RIDOTTA COSÌ! – urlò il cuoco.

Yama non vide nemmeno il calcio che gli spezzò l’osso del collo.

 

 

– È andato? – domandò tetra Nami, seduta vicino a una finestra del primo piano.

Chopper depose il polso dell’uomo sul materasso. Erano nella camera da letto di Yama, dove era stato trasportato subito dopo il calcio fatale. Le tende erano accostate, sembrava che tutta l’isola avesse smesso di respirare. Non si sentiva più nemmeno il vento, il cui sibilo li aveva accompagnati fino ad allora. Si sentivano solo, incessanti, le sottili gocce di pioggia che ticchettavano sulla terra umida.

– Sì. – rispose tristemente il medico; poi tirò il lenzuolo ai piedi di Yama fino alla cima della sua testa, coprendolo del tutto.

– E adesso? – riprese la navigatrice.

L’atmosfera era strana, come sospesa. Non c’era più tensione, solo… solo un’enorme casa vuota con la sua ultima abitante.

– Bisognerà seppellirlo. – ovviò Chopper. – Ma è meglio aspettare che spiova, o almeno che tornino Rufy e gli altri. Non succederà niente, per qualche ora. Piuttosto, sei sicura di non voler tornare a letto? –

Nami scostò le tende e guardò il panorama: foreste, nebbia, un cielo plumbeo e praterie di sterpi. Senza una nave, sarebbe stata quell’isola la loro casa, almeno finché Franky non avrebbe arrangiato un’imbarcazione di fortuna.

– Non mi va. – disse la ragazza rabbrividendo. La testa le ronzava, però in quelle ultime ore erano successe troppe cose per andare a infilarsi, inerme, in un letto. Sospettosa per natura, Nami era ancora in allarme e preoccupata per la mancanza di Rufy, Zoro e Franky.

– Meglio tornare giù, dagli altri. Forse Nico Robin ha trovato qualche informazione nella biblioteca della casa! – disse la renna, andando vicino alla ragazza.

L’idea di scoprire di più sul misterioso tesoro riscosse Nami, che prese sorridendo lo zoccolo che l’amico le porgeva e insieme scesero le scale che portavano al grande salone principale.

– Eccovi! Robin ha scoperto tutto il piano di Yama! – li accolse Sanji.

Aver ucciso in maniera così brutale Yama era una cosa che non sembrava disturbarlo più di tanto, considerando quello che aveva fatto alla povera Pipe. In più, le ricerche dell’archeologa avevano rivelato un vero e proprio vaso di Pandora fatto di sparizioni e schiavitù.

– E Pipe l’ha aiutata! – completò Brook, sempre con la suonatrice di cornamusa accanto.

– Di che si tratta, Robin!? – si accomodò Nami vicino a lei.

– Dunque… – cominciò la donna, raccogliendo alcuni appunti schizzati a matita su un vecchio quaderno a quadretti. – Tanto per cominciare, su quest’isola non esiste solo la casa dove stiamo, ma un intero paese minerario.

– Ma dalla casa non si vede nien… – Nami s’interruppe, poi riprese: – Il paese è sotto terra! –

– Esatto. Ma è un paese morto, ormai. Circa duecentocinquanta anni fa – cominciò a spiegare Nico Robin – Quest’isola era sfruttata per le sue miniere di diamanti. –

Gli occhi di Nami divennero due gemme sfavillanti ed emisero un rumore da registratore di cassa, ma i presenti soprassederono.

– …ma circa duecentoventi anni fa, i proprietari della miniera cominciarono a ricevere delle lettere… sono tutte qui. – disse avvicinando a Nami una decina di fogli da lettera, alcuni scritti a mano e altri a macchina. In fondo alle lettere c’era sempre la stessa firma: Miguel Cassandres II.

La navigatrice li esaminò perplessa: – Ma… sono delle perizie geologiche!

– Una società di geologi stava cercando di avvertire i proprietari della miniera che, se non avessero fermato subito gli scavi nella montagna, questa sarebbe franata travolgendo il paese sottostante.

Chopper divenne triste, e nel silenzio mormorò: – Ma i proprietari della miniera non vi hanno mai dato peso. –

– Infatti, appena un mese dopo l’ultima perizia, la montagna è venuta giù. – concluse Sanji sospirando. – Le miniere sono crollate, diventando impenetrabili, ma ormai i proprietari sapevano che i filoni si erano esauriti, e così hanno abbandonato l’isola. – disse il cuoco, passando a Nami un ultimo foglio: disposizioni per abbandonare gli uffici e gli alloggi dei proprietari, che abitavano la casa sulla collina del Profilo del Poeta.

Nami scorse ancora i documenti.

– Ma… e il tesoro? – protestò. – Perché nessuno l’ha mai recuperato? –

– Perché – tirò i fili Nico Robin. – La nostra città mineraria era scomparsa dalle mappe, dopo la frana della miniera; rimanevano solo i documenti ufficiali ma, come potete immaginare, sono ben pochi. Le persone che invece conservavano il ricordo della miniera e del paesino sono morte da tempo.

– E in più nessuno era a conoscenza che ci fosse un tesoro! Solo i minatori morti durante la frana e i proprietari della miniera, che però non sono tornati a recuperarlo. Forse sono morti anche loro, o forse non avevano i mezzi. – disse Brook.

– Quindi solo chi possiede i documenti ufficiali con l’ubicazione dell’antica città mineraria può arrivare al tesoro. – concluse Nico Robin, applaudita da Sanji. – Ma solo se tiene presente quello che succede in caso di eruzioni o frane… altrimenti non troverebbe che un’isola selvaggia come quella su cui siamo ora.

Nami ci rimase con un palmo di naso. – Quindi il tesoro cosa sarebbe…? Un cumulo di macerie?? – si infuriò.

– E qui entra in gioco Pipe! – disse Brook. – A quanto pare, Yama era un tipo molto preciso… e ha redatto un sacco di scritti, negli anni in cui ha scavato qui! Senza Pipe non li avremmo mai trovati.  Yama è il pronipote dei proprietari della miniera!

– E grazie al suo frutto del Diavolo, ha rapito e schiavizzato diverse persone affinché scavassero per lui. Ma nonostante tutto, non sono mai riusciti ad arrivare alla miniera, forse perché nella sua pazzia non aveva gli attrezzi giusti, o perché scavava nella zona sbagliata. Ecco perché era così interessato a dove Shanks e i suoi hanno trovato te e Usopp! Per lui è stata un’epifania! Sapeva che non poteva esserci nessun capanno di nessun pastore sull’isola, e ha collegato quelle rovine a ciò che ancora emerge della città sepolta! – spiegò Sanji.

– Sì, ma cosa cercava? – chiese Nami.

– L’ultimo carico della miniera di diamanti e le paghe degli operai, che avrebbero dovuto essere distribuite il giorno dopo la frana. – l’archeologa spinse due fogli dattiloscritti sotto il naso della navigatrice.

Il tesoro, oltre a circa un milione di Berry per le paghe, ammontava a 173 quintali di diamante grezzo; i soldi e diamanti grezzi erano custoditi nella cassaforte della banca del paese, sotto metri e metri di terra e di roccia.

Nami era sbiancata, e un sorriso le correva da orecchio a orecchio.

– E adesso Shanks e i suoi stanno scavando lì? – domandò Chopper alla navigatrice.

– Col cavolo!!! – rispose la ragazza, battagliera, brandendo una pala che chissà come era finita tra le sue mani. – Il tesoro è di chi lo trova! –

Saltò sulla sedia, gettò a terra la coperta in cui era avvolta e si precipitò fuori, sotto la pioggia, a cercare il formidabile tesoro della miniera.

– Namiii!! – la chiamò Chopper protestando. – Non ti devi muovere dalla casa! Namiii!!! Hai la febbreee! – la chiamò.

– Non tornerà indietro, Chopper. – disse Sanji accarezzando la testa della renna. – Bisognerà fermarla.

– Accidenti! – il medico di bordo si trasformò completamente in renna e corse all’inseguimento di Nami.

– Io vado ad assistere. – sorrise Nico Robin aprendo un ombrellino e andando verso l’uscio spalancato. – Vieni con me, Sanji? –

Il cuoco si voltò verso Pipe.

– Rimango io con lei qui. – promise Brook. – Faremo in modo che il fuoco del camino non si spenga. Ormai non c’è più pericolo. –

– Ma non la portare di sopra… – ammonì Sanji ripiegando la coperta che Nami aveva lasciato per terra. Non voleva che Pipe vedesse il corpo di Yama; era già stato abbastanza penoso, per lei, vederlo morire in quel modo così violento, e non voleva che soffrisse ancora.

 

~

 

– Sei sicuro? Ftoros può dar loro un’occhiata subito. – disse Shanks, mettendo a disposizione di Rufy il suo medico.

– Sì, grazie lo stesso! Dobbiamo tornare subito alla casa! – rispose Rufy, anche lui con gli occhi coperti dalla bandana di Roronoa perché non vedesse Shanks. Benn scuoteva la testa ogni volta che li guardava.

– Sto bene. – tuonò Zoro avvolgendosi le mani con due strisce di stoffa ricavate dalla sua maglietta. Non ricordava di aver attaccato Shanks e i suoi. Sapeva di essere andato nella foresta, con Rufy, e poi di aver incontrato Yama che gli aveva detto che di seguirlo, perché stava andando dalla parte sbagliata… e poi si era svegliato nel prato, sotto la pioggia, con Rufy accanto e la ciurma di Shanks il Rosso che lo fissava torvo.

– Mi dispiace così tanto avervi attaccato… siete brave persone… – singhiozzava Franky, assistito da Vanja che non sapeva più cosa gesticolare per fargli capire che era tutto passato.

– Yama è con gli altri… dobbiamo assolutamente fermarlo! – esclamò Rufy.

– Arriva qualcuno. – Si mise in allarme Beckman.

– Ruuufy!! – si sentì chiamare dal folto umido del bosco.

Comparvero nella radura Nami, Nico Robin, Sanji e Chopper. La renna si fermò di scatto alla presenza del Rosso e arretrò fin dietro alle gambe di Sanji. Nami, predatrice, si stava però rendendo conto che la regola d’oro “il tesoro è di chi lo trova” sarebbe stato difficile da applicare: tanto per cominciare, gli arnesi da scavo erano tutti della ciurma di Shanks: a meno che non scavare con le unghie sarebbe stato difficile arrivare fino al tesoro.

L’alternativa era farlo trovare a Shanks e poi rubarglielo… e per quanto la Gatta Ladra fosse fiduciosa nelle sue capacità, non aveva difficoltà ad ammettere che sottrarre qualcosa a un imperatore sarebbe stata una sorta di dichiarazione di guerra.

Ma le sue elucubrazioni furono interrotte da una voce femminile:

– Mi chiamo Nico Robin, sono un’archeologa. – sorrise la ragazza presentandosi a Shanks il Rosso, che era ancora bendato e stava nei pressi di Rufy. – Vorrei seguire le vostre ricerche a scopo scientifico. – chiese gentilmente alzando un indice come a chiedere la parola.

La risata di Shanks riecheggiò nella radura. – Certo che siete delle grandissime facce toste! Rufy! Dove diavolo hai trovato un’archeologa!?

– Strada facendo! – rispose il ragazzino. – Allora? Può seguirvi?

– Certo che no! – fece Shanks con una linguaccia, facendo immediatamente rilassare Benn.

– Come, no!? – si lamentò Cappello di Paglia – Che ti costa?

Sembrava una replica precisa di quanto avveniva dodici anni prima, quando un Rufy alto come un barattolo chiedeva al giovane Shanks di portarlo con lui in giro per il mare.

– Mi costa che voi siete pirati quanto noi. – spiegò il Rosso. – Non ho proprio voglia di sorvegliare un branco di mocciosi per evitare che ci soffino il tesoro.

E il suo sguardo volò verso Nami: lei faceva di tutto per rimanere impassibile, ma purtroppo era tradita dagli occhi a forma del simbolo dei Berry.

Benn Beckman, come ai bei vecchi tempi, stava per intervenire e perorare in maniera più diplomatica la causa del suo capitano, ma Rufy lo precedette:

– Non tutti noi. Solo Nico Robin. È una scienziata – e qui l’interessata s’illuminò – vuole solo capire di più del nostro passato.

– Rufy, ma… – protestò Nami con voce rotta.

– Lascia perdere il tesoro. – ruggì basso Zoro, vicino a lei. – La situazione è già abbastanza delicata così. –

E la navigatrice rimase muta.

– Nico Robin e un altro dei nostri.

– Non la rossa. – tuonò Beckman espirando una nuvola di fumo grigio.

Shanks il Rosso sembrò pensarci su, con la mano si grattò distrattamente il pizzetto e infine disse: – Ci sto. Gli altri aspettino alla casa della collina. –

– Neanche per sogno! – rise Rufy, facendo scoppiare a ridere un’altra volta il Rosso.

 

~

 

– Attenti alla testa!

– Ci siete? Non lasciate la corda.

– Una luce! Passate la torcia!

Nico Robin sapeva di non essere sulle tracce del suo sogno, scoprire cosa fosse successo nei Cent’Anni di Grande Vuoto, ma era pur sempre un’archeologa e stava prendendo parte a una vera e propria missione esplorativa: avrebbe messo piede in una città sepolta da più di duecento anni e che forse nascondeva un tesoro. Anzi, per lei un tesoro lo nascondeva sicuramente, e non era d’oro o d’argento: tutti gli oggetti dell’epoca dovevano essere ancora lì, e forse gli edifici non sarebbero stati troppo danneggiati e avrebbe potuto studiarli, fare qualche schizzo, cercare di ricostruire lo sviluppo della cittadina… i pirati di Shanks non la perdevano d’occhio per paura che combinasse loro qualche brutto scherzo, ma tutto ciò che vedevano era una bambina la mattina di Natale, con gli occhi luminosi come stelle e l’aria talmente curiosa da sembrare affamata.

 

Yasopp e Curtis avevano cominciato a scavare in quel che emergeva della cella campanaria, fino ad arrivare, circa due metri sotto i loro piedi, a quello che una volta doveva essere il pavimento (ossia il soffitto della stanza sottostante); era stata proprio Nico Robin a indicarglielo: le travi di legno si erano decomposte da tempo, ma erano rimasti ben visibili nel muro i fori che le ospitavano. Ecco come l’archeologa si era accorta che, in quel punto, doveva esserci un piano di calpestio.

« Probabilmente Nami e Usopp si sono nascosti nell’ultima stanza del campanile, quella dove c’erano le campane, per intenderci. » aveva spiegato l’archeologa. « E da qui in poi… si scende. »

Gli uomini avevano continuato a scavare per altri tre metri, penetrando sempre di più nel campanile. All’improvviso, però, la terra era finita, e Curtis per poco non era caduto di sotto, nel vuoto.

 

Non c’era più terra da togliere, ma solo una città da esplorare.

I pirati di Shanks si calarono nel buco che avevano scavato. Scesero per diversi metri, e alla luce delle torce si resero conto che, se nei primi metri avevano attraversato quello che doveva essere la terra e la polvere accumulatesi nel campanile nel corso dei decenni, poi erano passati attraverso la frana vera e propria, che si era insinuata nella struttura distruggendo tetto, piani intermedi e finestre. Poi però il pavimento tra pianterreno e primo piano, più solido, non aveva ceduto del tutto al peso della terra sovrastante e i pirati si ritrovarono in quella che, due secoli prima, doveva essere una sagrestia.

Era una stanza ampia, quadrata, larga circa sei metri per lato, anche se un buon quarto era invasa dalla frana che aveva fatto cedere il soffitto.

Poca roba era rimasta, dell’arredamento: in un angolo delle assi scomposte e tarlate dovevano essere state un modesto armadietto, alto non più di un metro e mezzo; al centro si trovava un tavolo, che aveva resistito al tempo perché il piano era di ardesia nera, ma i piedi in legno si erano miseramente consumati e avevano fatto cadere l’ardesia spaccandola in due lastre; una lunga spranga di ferro, in un angolo, doveva essere stata l’attaccapanni, e mucchi di polvere e stoffa ai suoi piedi sembravano esser stati i paramenti sacri; vicino c’era una porta di metallo e legno, abbastanza larga, serrata da una pesante serratura.

Anche vicino all’armadietto c’era una porta di legno scura e malandata, piccina, chiusa.

– Per dove? – si domandò Shanks.

– La porta più grande probabilmente dà sull’esterno, quella più piccola potrebbe mettere in comunicazione il campanile con la chiesa principale, o con la canonica. – spiegò Nico Robin in tono accademico.

I filibustieri la guardarono stupiti, poi convennero che la spiegazione quadrava.

– Robin… – sussurrò Chopper, nella sua piccola forma ibrida. – Non senti quest’odore? –

– Che odore? Gas? – si allarmarono i pirati.

– No… sembra… dev’essere morto qualcuno, qui! – rispose la renna.

– Sfondate la porta! – ordinò Shanks.

– Piano! – s’intromise Robin; per la fredda archeologa era comunque un trauma veder distruggere parti di quel tesoro inestimabile: i pirati cercavano i diamanti ma lei, il tesoro, l’aveva già trovato.

– Potrebbe esserci un altro muro di terra, dietro. – ragionò cupo Benn.

Una mano femminile fiorì sulla porta massiccia, e le nocche bussarono contro il legno.

Suonò vuoto.

Yasopp ci mise pochi attimi a scardinare la vecchia e consunta serratura, e con precauzione tirò la porta verso di sé, pianissimo.

La porta lentamente ruotò sui suoi cardini, poi un sordo crepitio anticipò il collasso della stessa: Curtis immediatamente riuscì a scansarla, e Nico Robin la resse grazie a uno stormo di manine fiorite dal nulla e la depositò con precauzione vicino alla parete nonostante dovesse pesare parecchio.

I pirati sospirarono. Cominciamo bene!

Oltre la porta c’era l’oscurità più totale. Non si vedeva un palmo dal naso.

– Non dovrebbe esserci la frana? – tentò Beckman.

– Sì. – confermò Nico Robin. – Forse… siamo in un’altra stanza…? – azzardò.

Yasopp raccattò un sassetto nella sagrestia e lo lanciò nel vuoto buio, facendogli fare un volo di una decina di metri in avanti.

– Qui è tutto sgombro. – disse il cecchino.

– Procediamo. – risolse Shanks.

Il gruppo uscì con le torce dalla stanza, e si ritrovò su quello che doveva essere il sagrato della chiesa.

Fuori dalla piccola stanza, le torce illuminarono una piazza circondata da vecchi edifici: alle loro spalle c’era la chiesetta, sulla destra Yasopp riconobbe l’insegna sbiadita di un barbiere, in fondo si intravedevano case diroccate. In alto non c’era il cielo, ma un’oscura volta fatta di rami e di terra che non era alta più di tre metri e che sembrava gravare sopra le teste dei presenti.

Ma un dettaglio raggelò i passi dei filibustieri: a terra c’era una distesa di scheletri. Tanti, tantissimi, così tanti che non sarebbe stato possibile attraversare la piazza senza calpestarli. Anneriti dagli anni, alcuni erano abbracciati, altri sparsi a terra, altri ordinatamente in fila vicino alla fontana centrale. Altri ancora erano seduti ai piedi delle case, e sembrava che scrutassero i nuovi arrivati con le loro orbite vuote.

Le fiamme delle torce disegnavano ombre cupe e minacciose tutt’attorno.

A Chopper si drizzò il pelo sulla schiena, e si nascose dietro le gambe di Nico Robin.

Shanks e Benn Beckman non persero tempo e scandagliarono la zona con l’Ambizione alla ricerca di nemici o forme di vita: niente, non c’erano segnali da nessuna direzione.

Tutti si girarono verso Nico Robin.

– Io… – tentennò l’archeologa. – Credo siano gli abitanti del paese… –

– Ma perché la frana ha coperto così la piazza? Non avrebbe dovuto essere tutto -completamente- occupato dalla terra? – ragionò Curtis.

– Non lo so… – ammise Robin.

– Shanks! Davanti a noi! – sibilò Beckman.

I pirati spianarono le armi.

Dall’oscurità emerse una figura umana esile, molto esile. Uno degli scheletri consunti che si trovavano sparsi per la piazza si alzò in piedi come risucchiato lievemente verso l’alto, e si voltò verso i pirati spiazzati.

Lenti, in un fascio tenue di luce giallastra, comparvero sulle antiche ossa muscoli, tendini, brandelli di carne, dalle orbite si affacciarono degli occhi neri dall’aria spenta, ombreggiati da ciglia rade, e dal capo spuntò una capigliatura di lunghi e radi capelli bianchi. Anche dei vestiti comparvero, una vecchia e logora tunica di un colore indefinibile strappata in più punti.

Dei vermi strisciano dentro, dei vermi strisciano fuori…

Quelli che entrano sono magri e smilzi, quelli che escono sono grassi e pasciuti… –  sussurrò l’uomo con voce profonda e cantilenante, concludendo con un profondo gemito.

– Presentati. – ordinò Shanks facendo un passo in avanti e parandosi davanti al drappello di pirati.

La strana presenza non guardava l’imperatore in volto, né nessun altro dei presenti: i suoi occhi infossati, che quasi non si riuscivano a scorgere, sembravano puntati verso l’alto, da qualche parte alle spalle dei pirati. Le sue vesti e i suoi capelli ondeggiavano cupi, nonostante non spirasse un alito di vento, lì sotto terra.

I tuoi occhi rotolano dentro, i tuoi denti cadono di fuori, e il cervello ti cola dal muso… –  continuò a cantare lugubre. – Sii felice, amico mio, sii felice. – e gemette di nuovo.

Shanks e i suoi si guardarono, indecisi sul da farsi.

Per Nico Robin e Chopper, invece, parlare con qualcuno che era regolarmente deceduto era normale amministrazione; la renna, nonostante questo, sembrava però molto impressionata.

Poi finalmente l’inquietante apparizione cominciò a parlare senza ricorrere a cantilene oscure: – Siete voi – disse – Siete voi che, finalmente, siete giunti nella tragica valle dell’isola di Skye. –

– Ci stavi aspettando, vecchio? – rispose a tono il Rosso.

– Tutti noi stavamo aspettando. – spiegò l’uomo allargando le braccia, indicando i miseri resti sparpagliati per la piazza. – Aspettavamo qualcuno, voi o altri non fa differenza, qualcuno che ci seppellisse. –

– Che cos’è successo, qui? – domandò Nico Robin, assetata di risposte tecniche più che di chiacchiere.

La presenza, lentamente, si voltò verso la ragazza come se si rendesse conto della presenza di più persone a mano a mano che esse prendevano la parola. Dapprima sembrò non voler rispondere, poi parlò, sempre tenendo alto lo sguardo: – Per molti millenni lo spirito di Skye ha abitato questa remota isola, regalando agli abitanti i frutti del suo sottosuolo. Nefasto fu il giorno in cui l’avidità del genere umano pugnalò lo spirito di Skye per estrarre i suoi doni direttamente dal suo cuore. –

Fece una pausa, in cui gemette profondamente e per un attimo sembrò volesse sparire; ma continuò: – La terra dell’isola non resse per molto. Privata delle sue fondamenta, l’isola inghiottì i suoi abitanti e Skye si riprese con la forza la terra che ospitava il suo spirito. Gli uomini non possono più razziare quest’isola, questo comanda lo spirito di Skye.

– Tu chi sei? – domandò a bruciapelo Benn Beckman.

Anche stavolta la presenza si dimostrò quasi sorpresa per la terza persona che prendeva la parola. Guardò Beckman con curiosità e poi rispose: – Io sono Calander, l’ultimo sacerdote del culto di Skye. – si presentò.

– È stato lo Spirito di Skye a risparmiare questa parte del paese? – tornò a parlare l’archeologa.

Calander si fece triste. – No. –

Con solenne lentezza fluttuò verso la fontana di pietra che stava al centro della piazza; voltandosi indietro, controllò che il gruppo lo stesse seguendo e si fermò a pochi passi dalla vasca, nel punto dove il soffitto della volta era più alto. Si chinò sopra uno scheletro che era morto seduto sui gradoni su cui sorgeva la fontana. Nico Robin, a occhio, stabilì che si trattava di una donna sulla quarantina.

– È stata lei. – spiegò infatti Calander accarezzando il cranio della morta. – Per tutta la vita è stata maledetta da Skye, e non poteva avvicinarsi al mare. –

“Un Frutto del Diavolo”, pensarono tutti.

– Ma quando la frana si è abbattuta sul paese, ha compiuto un miracolo… o forse ci ha condannati a una fine ancor peggiore… ha creato una barriera di ghiaccio che ha impedito alla terra di penetrare in questa zona...

“Il Gelo-Gelo” rimuginò Nico Robin. “Una delle precedenti proprietarie del frutto di Aokiji.”

– …ci ha salvati momentaneamente, ma ci ha condannati a morire di fame qui sotto. All’inizio abbiamo sperato che qualcuno venisse a salvarci. –

I pirati si strinsero nelle spalle. Era stata una tragedia incredibile, e la presenza del redivivo Calander rendeva la silenziosa piazza ancora più cupa e più minacciosa.

– Perché ci stai dicendo queste cose? – intervenne Shanks.

– Perché sia fatta la volontà dello spirito di Skye. Cremare i miseri resti mortali di noi che un tempo popolavamo questa valle. Da tempo lo spirito attirava persone su queste terre per compiere i rituali funebri dei suoi seguaci, ora, finalmente, il tormento di queste anime avrà fine.

Una lampadina s’illuminò nella mente di Chopper.

– È stato… lo spirito di Skye a far naufragare… la nave su cui viaggiavo? –

– Lo spirito di Skye si rammarica, ma è felice di esser finalmente riuscito nel suo intento. E che l’equipaggio si sia salvato. Poteva finire peggio.

Un moto di ribellione si accese in Chopper: – Era la nostra casa! Non c’era un altro modo per richiamarci qui? E perché ha fatto naufragare noi e non loro? – disse indicando con uno zoccolo gli uomini di Shanks. – E perché… – gli venne in mente all’ultimo. – Ha fatto naufragare la nave di Pipe e non quella di Yama? –

Calander rimase interdetto, ma non perse la calma. – Lo spirito di Skye voleva assicurarsi il maggior numero di possibilità, per compiere il destino dei suoi fedeli. Le navi che si dirigevano spontaneamente sull’isola sono state risparmiate, quelle che sono entrate nelle nostre acque per poi andarsene, sono state affondate perché i naufraghi si rifugiassero sulle nostre coste. –

– Questo è ingiusto! – riuscì a gridare la renna, prima che uno stormo di manine la zittisse.

– Era possibile che la nostra nave si salvasse, nonostante la volontà dello spirito di Skye? – domandò fredda l’archeologa.

Calander riflettè. – No. – disse infine. – Lo spirito ha usato tutte le correnti marine e i soffi vulcanici che spirano sotto la crosta terrestre, per affondare l’ultimo veliero. È stato molto difficile, era costruita bene, ma non poteva resistere alle sollecitazioni cui lo spirito l’ha sottoposta. Gli altri equipaggi nemmeno si sono accorti, che qualcuno aveva attaccato la loro imbarcazione; voi avete resistito più di ogni altro.

– Quindi non è stata colpa di Franky, se siamo naufragati! – si rallegrò Chopper.

Dei vermi strisciano dentro, dei vermi strisciano fuori…

Quelli che entrano sono magri e smilzi, quelli che escono sono grassi e pasciuti… – ricominciò a cantilenare l’uomo.

– Aspetta! – gridò Shanks. – Dove possiamo… –

– I tuoi occhi rotolano dentro, i tuoi denti cadono di fuori, e il cervello ti cola dal muso… –  lo ignorò Calander diventando sempre più trasparente fino a sparire, risucchiato dal cono di luce che alla fine scomparve, lasciando in terra le ossa dell’uomo prive di qualsiasi anima.

– Sii felice, amico mio, sii felice. – fu l’ultima cosa che si sentì.





Dietro le quinte...

Benritrovati!!! Ciao! Spero non vi siate dimenticati di questa storia!! Mi scuso per il grandissimo ritardo, è stato un periodo no e non sono riuscita proprio a trovare l'ispirazione per scrivere... e purtroppo neanche per leggere, per cui mi scuso sia con i lettori, sia con gli altri autori di cui devo leggere (e recensire) i nuovi capitoli; non dipende da voi, tranquilli! Spero di riuscire a recuperare a breve. 

Ma passiamo a "I Razziatori dell'Isola di Skye"! Questo è il capitolo finale, il prossimo sarà l'epilogo. 

La "canzone" che canta Calander è la traduzione (anche se in questo caso è più un adattamento) di una breve (e inquietante) canzone dei Pogues, che si intitola appunto... "Worms", vermi. E siccome è cortissima (sono quattro versi), Calander la recita tutta. Il significato è che... bisogna essere felici, e vivere la propria vita, prima che i vermi mangino la nostra carcassa. Molto vero, poco allegro.

Ringrazio tutti i pazientissimi lettori che non hanno mollato la storia, grazie, grazie davvero tantissimo! Appuntamento a tra pochissimi giorni per l'epilogo! 

Yellow Canadair

 

  
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