Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Tormenta    12/05/2016    19 recensioni
Di ritorno ad Hogwarts dopo la guerra, Draco Malfoy ha cicatrici troppo profonde per essere quello di sempre. A Harry Potter basta poco per accorgersi che non sa accettare la sua assenza nella propria routine. Dal testo:
«Malfoy» chiamò, con voce cristallina e appena tremolante. [...]
«Che c’è, Potter?»
Harry si lasciò sfuggire una microscopica smorfia soddisfatta: per la prima volta da quando erano tornati ad Hogwarts, Malfoy gli aveva parlato. Era un inizio – di cosa, non lo sapeva neanche lui.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter | Coppie: Draco/Harry
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
 <<  
- Questa storia fa parte della serie 'Fuori fuoco'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
~
Epilogo
 
 
 
        Di vita mondana, Draco Malfoy non ne faceva tanta. Partecipava solo agli eventi più importanti e più in vista; quelli, insomma, a cui non avrebbe avuto modo di sottrarsi senza causare la nascita di scomode voci. Ciò equivaleva, circa, ad una o due uscite al mese.

        Era giusto appena rientrato da una serata di gala – rientrato non al maniero, ma a casa di Harry, perché onestamente era l’unico posto in cui avesse voglia di passare la notte.
        Piombato sulle note d’uno strappo nel corridoio buio e appesantito dalla stanchezza, ripose la bacchetta. L’assoluto silenzio che regnava tra le pareti gli diede motivo di presumere che Potter stesse già dormendo.
        Lungo il tragitto verso la camera da letto, con un gesto veloce, allentò il nodo della cravatta. Nel mentre, s’impose di scacciare i pensieri che lo stavano turbando; non ebbe molto successo, però.
        Entrò nella stanza furtivamente: venne accolto dal rilassante susseguirsi di respiri regolari, e poté immediatamente individuare un corpo familiare avvolto nelle coperte. Tentennò per un attimo, poi, coi denti affondati in una guancia, avanzò.
        Si fermò a metà strada tra il letto e la poltrona sulla quale ricordava di aver lasciato uno dei propri pigiami, come indeciso sul da farsi. Lanciò un’occhiata a Harry, poi, sbuffando, fece vagare lo sguardo nella semioscurità.
        Fatta eccezione per il torturarsi le dita con le unghie, restò immobile per un’indefinita quantità di tempo, prima che lo scomodo peso che gli gravava sulla cassa toracica avesse la meglio e guidasse i suoi passi verso il materasso.
        Rumoroso e sgraziato, si sedette sul copriletto, assicurandosi d’essere impossibile da ignorare. Il sibilante suono del lento respiro svanì, e fu presto rimpiazzato da un mugugno sommesso. Pochi istanti, e―
        «Draco?»
        Ecco. Svegliarlo di proposito era stato un po’ scortese, ma non si sentì in colpa – aveva bisogno di qualcuno. Di lui. Si voltò lentamente per guardarlo in viso, salutandolo con un mesto «Hm».
        «Ehi, uh― che ci fai qui?» mormorò con tono ingenuo Potter, la voce roca e impastata dal sonno e gli occhi strizzati.
        «Non mi vuoi?» scherzò.
        «No, io― non mi avevi detto che saresti venuto. Se― se l’avessi saputo, ti avrei aspettato sveglio».
        «La serata è finita presto, ma era comunque tardi per avvisarti» spiegò Malfoy, asciutto, godendo intanto delle approssimate carezze che l’altro, sfiorandogli con un palmo la schiena, gli stava regalando.
        «Capito. Com’è andata?»
        «Normale». Ma da come lo disse, fu chiaro che stava mentendo – e davvero non avrebbe saputo descrivere il motivo per cui scelse di rispondere a quel modo, considerato che in realtà desiderava follemente sfogarsi. Questione di abitudini da persona riservata, probabilmente.
        Per sua fortuna, comunque, per quanto rintronato, Harry s’insospettì. Storse il naso, deglutì e, rinnegando il sonno con un mugolio, raccolse le energie necessarie ad alzarsi a sedere. «Normale? Sicuro?»
        Solo quando si sentì pronto, Draco soffiò, rassegnato: «No».
        «Cos’è successo?»
        Un pesante sospiro fesse il silenzio, e Malfoy, punto dal fastidio, scattò in piedi. Voleva parlare, confidarsi, ma la sua lingua s’era inspiegabilmente fatta timida, perciò, per distrarsi, cominciò a liberarsi degli abiti eleganti: tolse la giacca e sfilò la cravatta, e poggiò entrambe sul letto, con molta meno cura del solito.
        Potter, investito da una forte curiosità mista ad una goccia di preoccupazione, allungò un braccio verso il comodino; pochi secondi, e la luce giallognola della lampadina dell’abatjour invase la camera, costringendo entrambi ad assottigliare le palpebre per un momento. Cercò gli occhiali a tastoni e li inforcò, soffermandosi poi, senza malizia, sulla figura di Draco che si svestiva. Lo vide trattare con sufficienza la camicia e scompigliarsi volontariamente i capelli, e tanto bastò a far crescere la stilla d’agitazione che già covava in petto.
        Si schiarì la voce e «Draco. Cos’è successo?» ripeté, con più serietà.
        «Nulla di veramente inaspettato».
        «Cioè?»
        Malfoy esitò, spostando gli abiti appena tolti sulla poltrona vicina e recuperando il pigiama. «Una ragazza» biascicò distrattamente prima d’affondare la testa nella maglia di cotone che avrebbe indossato per la notte, e riemergerne un secondo più tardi. «Astoria Greengrass – suppongo che tu non la conosca».
        «Ho vaghi ricordi. A Hogwarts― bionda, Serpeverde?»
        «Sì».
        «Okay. E, ehm, cosa c’entra? L’hai incontrata?»
        «Sì». Incrociò brevemente lo sguardo di Harry, e vi lesse dentro un incoraggiante Va’ avanti. «Abbiamo passato la serata insieme. Lei… non è male, in mezzo a quella gente».
        Forse (solo forse) Potter fu stuzzicato da una sottilissima gelosia, ma fece del proprio meglio per nasconderlo. «Se non è male, qual è il problema?»
        «Mia madre». Combattuto ed inquieto, Draco prese tempo togliendo di mezzo anche i pantaloni scuri abbinati alla giacca: li sostituì con quelli comodi del pigiama, dando le spalle al letto e a chi c’era seduto sopra. Si girò solo dopo aver racimolato un po’ di coraggio, e finalmente sputò il rospo: «Lei mi ha visto con Astoria. E indovina― mi ha suggerito di frequentarla, perché è un buon partito, è carina ed è così a modo». Mentre fronteggiava l’espressione indurita di Harry, un sogghigno amaro e disilluso gli si aprì sulle labbra. «Un consiglio simpatico, non trovi?» borbottò, tentando miseramente di trasformare tutto quello in una battuta, di ignorarne le titaniche implicazioni, e di esorcizzare il terrore che lo teneva in scacco.
        Potter parve cogliere l’entità del disastroso miscuglio di negatività che l’opprimeva. Non sapendo bene che dire, si limitò ad invitarlo con un cenno a sistemarglisi accanto. Spostatosi più in là sul materasso per fargli posto, aspettò che si accomodasse e poi, voltato per metà verso di lui, gli allacciò impacciatamente un braccio al busto. «Che significa?» bisbigliò contro la sua spalla, teso.
        Draco rifletté con la mascella serrata. «Non ne sono sicuro. Forse niente. O forse, sarà un casino».
        Per un po’, tacquero. Harry, pur restando imbronciato, si concesse di chiudere gli occhi. «Tua madre―» sussurrò d’un tratto, pensieroso «non le hai ancora detto di noi».
        «No. Ma―» quella semplice parolina, se ne accorse, provocò a Potter un minuscolo sussulto. «Sa che esisti».
        «Uh?» Perplesso, sollevò le ciglia e, aggrottando la fronte, chiese implicitamente più informazioni.
        «Non è stupida» asserì Malfoy con un velo d’orgoglio. «Passo come minimo quattro notti a settimana fuori casa; ti garantisco che sa perfettamente che c’è qualcuno».
        «E non ha mai nemmeno provato a chiedere chi
        Draco scosse la testa. «Per come la vedo io, sa che se la sto tenendo segreta, significa che la relazione che ho non è con un’esponente d’una famiglia d’alta società. Immagino che preferisca non sapere. Magari― spera che questo finisca al più presto, che io metta la testa a posto, o qualcosa del genere». Scosso, si morse la lingua e s’incupì.
        Il tormento che veniva macinato in quella spettinata testolina bionda era talmente fisico, talmente fuori controllo, che Harry avrebbe giurato di poter sentire il rumore dei pensieri ansiosi che correvano. «Non saltare alle conclusioni» proferì, sovrastato dal bisogno di calmarlo. «Può essere che sia solo un malinteso; forse ti ha detto quella cosa senza alcun doppio fine. Se le dicessi la verità, se confermassi che stai già con una persona, allora forse―»
        «Potter, il punto è che ci sono delle regole―»
        «Regole che tu non vuoi seguire».
        Roteando gli occhi, Malfoy soffiò con aria sdegnata, perché Certo che non le voglio seguire. Ma cosa conta quello che voglio io?
        «Credo che questo lei lo sappia». Si sporse per baciargli un angolo della bocca e poi, col sonno a stritolargli le tempie e a fargli pizzicare la vista, chinò il capo su di lui. «Niente panico, okay?» Lasciò nuovamente calare le palpebre, inspirando profondamente. «Non è niente d’irreparabile; non ha mica cercato di mettervi un anello al dito. Dormici su, vedrai che domani starai già meglio».
        Il consiglio era valido ed onesto; le notti, però, non avevano mai portato soluzioni ai problemi di Draco Malfoy. E quella non fu un’eccezione.
 
 

        Rimase disteso nell’oscurità ad inseguire inutilmente l’inganno del riposo, stretto in un mezzo abbraccio al quale s’aggrappò senza remore.
        Non aveva idea di come avrebbe gestito la faccenda, se Narcissa l’avesse posto davanti all’obbligo di render conto alla famiglia della sua vita. Così come aveva confidato a Harry, si aspettava che una cosa del genere sarebbe accaduta, prima o poi; erano Purosangue, c’erano facciate da mantenere e doveri a cui rispondere. Ma tra l’avere un presagio e lo sbattere il naso contro l’ombra del fatto compiuto c’era una considerevole differenza. E lui, in quell’ombra, era convinto d’esserci immerso, sebbene sua madre non avesse fatto che un solo, misero commento riguardante la più piccola delle sorelle Greengrass.
        Era davvero bastato tanto poco, a condannarlo? Beh, . A priori infatti dal fatto che si trattasse dell’affabile Astoria, col suo sorriso caldo che sapeva scacciare ogni disagio, o di una qualsiasi altra persona col cognome giusto, non voleva nemmeno pensare di doverci avere a che fare. Non in quel senso – era già a posto, tante grazie, perché per quanto potesse sembrare pazzesco, lui e Potter funzionavano. E gli risultava spontaneo e sperare che avrebbero continuato a farlo – continuato a lungo.
        La sola idea che le alte sfere detenessero il potere di togliergli tutto, di togliergli quello, l’atterriva.
        Ma non l’hanno fatto. Non ancora. Tecnicamente, era salvo. Eppure la paura, nutrendosi di se stessa, non l’abbandonava, perché Potrebbero farlo in qualsiasi momento. Era come maneggiare una bomba che poteva esplodere senza preavviso; una bomba che non aveva modo di disinnescare.
 
 

        Era ancora buio pesto, quando finalmente, esausto ed afflitto, crollò in un sonno denso e privo di sogni.
 
 
* * *
 
 

        Harry era impegnato a versare del caffè in una tazza, quando fu sorpreso da passi leggeri e dallo stridere d’una sedia spostata. Voltandosi, poté notare che Draco, con gli occhi sottolineati dalle impronte d’una notte agitata, era entrato in cucina e s’era accomodato al tavolo.
        «Buongiorno» fece, e una nota di stupore riverberò nel suo tono; era raro, infatti, che Malfoy s’alzasse tanto presto, considerato che poteva tranquillamente restare sotto le coperte sin quando lui non usciva di casa. «Come mai già in piedi? Dormito male?»
        Draco annuì, lo sguardo fisso sul piatto su cui Potter s’era servito del toast preparato per la colazione; senza chiedere il permesso, ne rubò una fetta e l’addentò.
        «Ne preparo anche per te?»
        Di nuovo, assentì senza fiatare, incurvando la schiena e poggiando stancamente la testa su una mano.
        «Vuoi anche del caffè?»
        «Tanto».
        Senza alcuna esitazione, gli porse la tazza che aveva appena riempito per sé, per poi procurargli anche un altro piatto, un bicchiere e delle posate. «Sei― ehm, sei ancora preoccupato per la storia di ieri sera?» chiese, il più delicatamente possibile.
        «Sì».
        Sia per gentilezza, sia per sollevargli il morale, recuperò nella dispensa la marmellata d’arance – quella che più gli piaceva – e gliela offrì, così che potesse mangiarla insieme al pane tostato.
        «Grazie».
        «Prego».
        Servendosi caffè in una seconda tazza ed occupandosi della preparazione di altro toast, non smise di scoccargli occhiate fugaci; avrebbe voluto potergli essere più d’aiuto, dir qualcosa di ragionato e di carino che potesse lavargli via dal viso quel brutto broncio affranto.
        All’ennesimo sguardo, lo colse mentre, in un gesto languido ed apparentemente distratto, con la lingua ripuliva il coltello con cui aveva spalmato la marmellata. E le parole, semplicemente, frivole ed incuranti d’esserlo, gli scivolarono fuori dalla bocca: «Sai di essere indecente, vero?»
        Subito, Draco cercò i suoi occhi: per un istante restò impassibile, poi, però, s’aprì in un naturale piccolo sorrisino divertito. «Come sei sensibile» sibilò compiaciuto prima di leccare nuovamente la lama, quella volta in maniera volutamente maliziosa.
        Harry, servito a tavola il pane ormai pronto, gli si accomodò di fronte ridendo pacatamente. «Servivano le allusioni al sesso per farti sorridere. Ad averlo saputo prima―» mugugnò, completando la frase con un sommesso «Hm» accompagnato da un insinuante scatto verso l’alto delle sopracciglia.
        «Il sesso è un’arma potente. Ma non basta».
        «Aiuta, però».
        Non potendo negare, Malfoy fece mestamente spallucce ed esibì ciò che restava della propria smorfia allegra.
        Sorseggiando caffè, Potter tornò gradualmente serio. «Ehm, se― se posso fare qualcosa per te―»
        «Non credo ci sia qualcosa che puoi― possiamo fare. A parte sperare che non succeda, beh, quello che potrebbe succedere». Sospirò e, col capo abbassato, s’avventò su un altro boccone di pane e marmellata.
        Harry, non potendo contenere il disprezzo per un tale vittimismo, sbuffò. «Ci sono cose che potremmo fare» lo contraddisse impulsivamente, «se pensi che la tua famiglia voglia― mettersi in mezzo, ecco».
        «Tipo, cosa?»
        Tentennò, lo sguardo vagante. Poi, con voluta esagerazione, buttò lì: «Possiamo far scoppiare uno scandalo».
        «Uh?»
        «Dirlo a tutti – dire di noi. Lasciare che lo scoprano». Sarebbe stato folle, il suo lato razionale lo riconosceva. Al lato istintivo, però, della follia importava ben poco. «Ho capito che per te sarebbe difficile, e che non sono il compagno― canonico, ma ho un nome e me ne sto a qua a dirti che ti amo e ehm, questo deve― deve contare qualcosa anche per loro. No?»
        Travolto dalla proposta, Draco sgranò appena gli occhi e prese ad osservare attentamente il volto dell’altro, che s’era fatto di colpo più vivace per via dell’ombra del me ne sto qua a dirti che ti amo che ancora gli campeggiava sulle labbra.
        Non era la prima volta che quello saltava fuori. Era già capitato, per lo più tra le lenzuola, che tra loro aleggiassero bisbigliate dichiarazioni, insieme coi più velati (ma non troppo) ti prego amore non fermarti – ma per l’appunto era raro che indugiassero in confessioni del genere mentre discutevano di tutt’altro. E quand’accadeva, per entrambi era come essere percorsi da una lieve scarica elettrica.
        Per questo, non ebbe modo di reprime l’inarcarsi degli angoli della bocca; e fu così, con un’espressione stupidamente lieta stampata sulla faccia, che si ritrovò a mettere a fuoco, pazzamente, che il piano di Potter, pur non essendo che un concentrato d’irruenza, non era poi tanto fallato. Non lo disse ad alta voce, però, quasi avesse paura di ammettere che magari, al momento giusto, avrebbe anche potuto accettare la proposta e fare un salto nel vuoto con lui. L’ennesimo.
        Un vago senso di vertigine lo colse: avvertì il bisogno di parlare, come se tanto bastasse a scacciarlo. Borbottò, quindi, animato da un’improvvisa energia: «Dovresti dire più spesso che sei cotto di me. Insomma, puoi farlo».
        Harry lasciò che una disorientata sorpresa gli modellasse il viso. «Sì― uh, beh, grazie per il permesso. Ne terrò conto».
        «Nessuno può biasimarti. Cioè, guardami».
        «Oh, già― sei uno splendore». E malgrado i pestoni e l’aria stanca, non sentì d’aver mentito. In ogni caso, sorrise, perché anche se non avevano affatto analizzato la sua idea, a quanto pareva era comunque riuscito a ridare un po’ di vita a Draco, e tanto gli bastava.
 
 

        Spazzolata la colazione, mentre il padrone di casa si preparava per uscire, Malfoy si concesse una doccia calda. L’acqua, delicatamente, lavò via gran parte dell’ansia che s’era incrostata sulla sua pelle, e che aveva cominciato ad allentare la presa solo grazie alle chiacchiere di poco prima.
        Uno spettro d’angoscia sarebbe sempre rimasto in lui, lo sapeva. Ma c’erano tante cose per cui valeva la pena di sopportare quel peso; ad esempio, tutte le piccole certezze quotidiane di cui il suo animo si nutriva avidamente, come il fatto che nella dispensa di Potter non mancasse mai la marmellata d’arance. Da quei piccoli dettagli avrebbe potuto trarre conforto e forza, se mai avesse dovuto affrontare i propri incubi. Nel frattempo, si disse, tanto valeva imparare a convivere col velo di timore e godersi il viaggio.
 
 

        Aveva ancora i capelli umidi ed era mezzo svestito, quando Harry lo raggiunse in stanza.
        «Io vado, o farò tardi. A stasera―?» soffiò, col tono di chi aspetta una conferma.
        Draco gli accordò un mezzo bacio, per poi metter su un modesto ghigno. «A stasera».
 
 

   
Fine







 
Angolo di Tormenta

Se non avessi almeno accennato ad uno scontro con la famiglia e con la società, mi sarebbe sembrato di lasciare il personaggio di Draco incompleto. Quello del matrimonio combinato, però, è un tema che ho già trattato più approfonditamente altrove e, non potendo sopportare l’idea di ripetermi, ho optato per un dramma molto all’acqua di rose e per un finale che voleva essere “delicato”, teoricamente in linea con l’atmosfera degli ultimi capitoli.
Spero davvero che, per quanto stringato, quest’epilogo possa avervi lasciato un buon retrogusto, perché è così che vi saluto. Per l’ennesima volta, grazie per aver letto e per aver seguito il racconto in questi mesi. ♥ Mi auguro possiate esservi divertiti almeno la metà di quanto mi sono divertita io scrivendo. c':
Alla prossima storia! Baci,
T. ♪
Campagna di Promozione Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰ del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felici milioni di scrittori.

(Chiunque voglia aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede)


[Edit]
Questa storia fa ora parte della serie Fuori fuoco, in cui sono inclusi altri racconti ad essa legati.
   
 
Leggi le 19 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Tormenta