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Autore: eleCorti    13/05/2016    1 recensioni
“Io... posso saperla?” e all’improvviso la bambina che c’era ancora dentro di lei rinacque.
“Certo...” le sorrise. Per lei era ancora la sua adorata nipotina che – quando era bambina – veniva sempre a casa sua per sentire fantastici racconti sulla sua vita.
“Sono passati ottantacinque anni...” prese una pausa. Quelle dolorose scene erano riapparse nella sua mente come flash.
Ispirata dal film Titanic.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Sana Kurata/Rossana Smith, Un po' tutti | Coppie: Sana/Akito
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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My heart will go on






 
Fermata. La nave si era arrestata nel bel mezzo dell’oceano Atlantico. Ogni passeggero, avvertendo i tremendi scossoni, era uscito dalla loro stanza, finendo sul ponte.
Tra loro vi erano due passeggeri mano nella mano: Sana e Akito. Tutto. Avevano sentito tutto della conversazione tra il capitano e i suoi uomini. Sconvolti. Erano entrambi sconvolti.
“è terribile...” si fece sfuggire il giovane Hayama.
“Dobbiamo subito avvertire mia madre e Nao” era giusto così, pensò la giovane Sana.
Ecco. Erano quasi arrivati. Videro Rei – in fondo al corridoio – che li aspettava. Stranamente, sorrideva.
“Ti stavamo cercando” non calcolò minimamente Akito. Anzi sorrise a entrambi.
In tasca. Rei aveva infilato qualcosa in tasca ad Akito. Il cuore dei mari. Il giovane non se ne accorse, né tantomeno Sana. Continuarono a camminare, fino a entrare nella stanza della giovane. La signora Kurata e Nao li guardarono sorpresi.
Si fermarono. Mano nella mano. Nao li guardava con uno sguardo serissimo. Che aveva in mente?
“è successa una cosa gravissima...” iniziò il suo discorso la giovane Sana. Non lasciò, tuttavia, la mano del suo amato.
“Esatto...” asserì il giovane Kamura. Guardò Rei complice. Capì che il piano avesse funzionato.
“Questa sera, mi sono state rubate due cose a me care...” guardò Sana. Si stava riferendo a lei.
“Ora che una l’ho ritrovata, so per certo dov’è l’altra!” poi guardò Akito. Che aveva in mente?
“Perquisitelo!” ordinò ai due uomini della polizia, che si avvicinarono ad Akito, toccandolo dappertutto.
“Ma che state facendo?” non capiva. Perché?
Gli tolsero la giacca, mentre un ufficiale lo toccava in qualsiasi punto, come se fosse un criminale. Sana era indignata.
“Ma che state facendo! Noi siamo nel bel mezzo di un’emergenza!” tuonò. Era vero la nave stava affondando e loro stavano perdendo tempo.
“è questo?” l’uomo tirò fuori un diamante dalla tasca della giacca del giovane e lo mostrò a Naozumi.
“Sì” affermò. Sana guardò la scena shockata.
“No, ma è un’idiozia!” lui negò. Non lo aveva preso quel gioiello.
“Non credergli Sana! Ti stanno mentendo!” guardò la sua amata. Sana lo fissò shockata.
“No... non può essere” cercò di convincersi.
“Certo che poteva... è un gioco da ragazzi” intervenne Nao. Aveva vinto.
“Ma io sono stata sempre con lui! È assurdo!” gli credeva. Tentò di convincere, infatti, gli altri.
“Forse l’ha fatto mentre ti stavi vestendo...” Nao le passò dietro e le sussurrò quella frase. Il sapore della vittoria era fantastico.
“Non gli credere! Loro me l’hanno messo in tasca!” tentò di avvicinarsi a lei, ma gli ufficiali lo tenevano fermo.
“Zitto!” lo zittì Nao.
“Nemmeno la giacca è sua. È di un certo Ishida” intervenne Rei. Avevano vinto.
“Oggi è stato denunciato il furto di questa giacca!” si ricordò l’ufficiale di bordo.
“No! L’ho solo presa in prestito!” si giustificò. Lei lo guardava basita.
“Lo sai che non sono stato io!” si avvicinò a lei. Era zitta.
“Sana, Sana!” lo portarono via. Lei non proferì parola.
“Lo sai che non sono stato io! Mi conosci!” urlò, ormai fuori dalla stanza. Lei non proferì alcuna parola.





 
****





 
Soli. Erano soli. L’uno di fronte all’altro. In silenzio. Nao la guardò seriamente. Uno schiaffo. Le diede uno schiaffo. Forte.
“Sei una sgualdrina... “ disse, lei aveva la testa girata dall’altro lato.
“Guardami quando ti parlo!” la afferrò per le spalle, facendola voltare verso di sé. La porta bussò. Lui la lasciò andare.
“Signor Kamura...” un ufficiale di bordo entrò nella stanza.
“Non ora! Siamo occupati!” rispose bruscamente,
“è stato dato l’ordine di indossare il salvagente di sicurezza” continuò il suo discorso, non curandosi delle parole dell’uomo.
“Non adesso, ho detto!” si dimostrò ancora più sgarbato.
“Mi dispiace disturbarla signor Kamura, ma sono ordini del capitano!”lui si dimostrò sempre educato.
“Ora vi prego indossate vestiti pesanti, fa molto freddo stasera!” uscì dalla stanza. Nao si voltò verso la sua ormai ex e rise.
“Tutto ciò è ridicolo!” sussurrò. Era davvero odioso.
L’ufficiale, intanto, rientrò nella stanza, con i salvagente. Uno lo porse a Sana.
“Non si preoccupi, si tratta solo di una semplice esercitazione” la rassicurò, pensando che fosse preoccupata per quell’invasione. Si sbagliava.






 
****





 
Nella sala da pranzo. Alla fine erano finiti nella sala da pranzo. Nessuno. Nessuno sapeva il motivo per quale fossero tutti riuniti lì. Nessuno tranne Sana. Lei aveva visto tutto.
Il costruttore della nave. Lo trovò. Lo fermò. Le disse tutta la verità: la nave sarebbe affondata tra massimo un’ora. Lei doveva mettersi in salvo. Anche Nao aveva ascoltato la conversazione. Anche lui era incredulo.
Sconvolta. Era sconvolta. Il suo pensiero volò ad Akito. Doveva trovarlo.




 
****


 
Legato. Si ritrovò legato a una trave in una piccola stanza – probabilmente l’ufficio dell’ufficiale, si disse.
Solo. Anzi no, con Rei. Era rimasto con lui in quella piccola stanza. Aveva una pistola e lo osservava seduto dalla sua sedia. Quell’uomo metteva ansia.



 
****


 
Alle scialuppe. Erano alle scialuppe. Erano solo i passeggeri di prima classe. L’ufficiale di bordo aveva ordinato di far salire solo donne e bambini. La prima scialuppa – perciò – fu gettata in mare. Sana doveva ancora salire.
I fuochi d’artificio. La giovane Sana li osservò mentre venivano sparati nel nero cielo. Servivano per farsi notare da qualcuno, si disse.
Rei e Akito, intanto, erano sempre lì. La guardia del corpo giocava con i colpi della pistola. Akito era preoccupato. Sapeva che la nave stava per affondare.
“Sai, penso che questa nave affonderà...” voleva incuterli paura Rei.
“Mi è stato chiesto di darti un ringraziamento per la tua riconoscenza...” all’addome. Lo colpì forte all’addome, facendolo piegare in due dal dolore.
“Un omaggio di Naozumi Kamura” prese la chiave delle manette e se ne andò.





 
****




 
Il loro turno. Ecco era appena giunto il loro turno. Erano in fila lei e sua madre. Nao non lo fecero salire.
“Scusate, ma le scialuppe sono divise per classe, vero?” fu la signora Kurata a porre quella domanda. La figlia la guardò sconvolta.
“Mamma che dici! Sta zitta!” inveì contro di lei. Non la capiva.
“Non capisci? Le scialuppe non bastano per tutti!” le urlò contro. La madre la guardò stupita.
“Molta gente morirà!” la afferrò per il colletto della giacca.
“Non la metà che conta!” la apostrofò Nao. Lui ascoltava sempre le loro conversazioni.
“Forza Sana! Sali!” sua madre la incoraggiò. Sana guardò Nao.
“è un peccato che Akito non sia qui con noi!” quanto lo odiava, pensò.
“Sei un bastardo!” gli disse, senza alcun rimpianto. Tanto che importanza aveva?
“Sana avanti sali!” la incoraggiò la madre. La giovane rimase lì immobile. Non sapeva che fare.
“Sana sali sulla scialuppa!” basta non ce la faceva più. Perché non si muoveva? Perché?
“Addio mamma...” era convinta. Akito...
“Sana!” sua madre gridò dalla scialuppa. Nao la seguì.
“Dove stai andando?” chiese. Lei non si voltò neanche. La raggiunse. La afferrò per un braccio e la voltò verso di sé.
“Cosa da lui! Per fare la sua puttanella?” era adirato.
“Preferisco essere la sua puttana, piuttosto che tua moglie!” gli ringhiò in faccia. Lui non rispose. Shockato? Sì.
“No!” la tirò a sé con violenza. Lei gli sputò in faccia e scappò via.




 
****



 
Solo. Era solo lì sotto. Vedeva dal finestrino che ormai era sott’acqua. Doveva andarsene da lì. Ma come?
“Aiuto!” gridò, sperando che qualcuno lo sentisse.
“C’è nessuno? Aiuto!” sbatté le manette sulla sbarra per attirare l’attenzione. Nessuno. Il corridoio era vuoto.
Sana, intanto, aveva raggiunto l’ufficiale di bordo. Perché? Così avrebbe scoperto dove avevano portato Akito. Si fece dare le indicazioni – non subito, ma dopo aver insistito un po’ – e decise, perciò, di andare dal suo uomo.
Niente. Nessuno era venuto. Era in trappola, pensò. L’acqua stava iniziando a filtrare da sotto la porta. Imprecò il giovane Akito, mentre si arrampicava lungo la trave per non affogare.
Filtrava. L’acqua filtrava. Il giovane cercò di togliersi le manette, ma invano. Era in trappola.
Ecco era giunta al piano. Allagato. Era tutto allagato. Lei, però, non si scoraggiò. Si fece largo tra quelle acque.
“Akito! Akito!” iniziò a chiamarlo per nome. La luce, intanto, andava e veniva.
“Akito!” continuò a farsi largo tra quelle acque.
“Sana!” l’aveva sentita. Lei era venuto a salvarlo. La amava.
“Akito?” si voltò.
“Sono qui!” lui gridò e sbatté le manette sulla sbarra. Lei avanzò verso il rumore.
“Akito!” eccola. Era entrata.
“Mi dispiace!” avanzò verso di lui. Era dispiaciuta. Lo baciò.
“è stato quel Rei!” esclamò. Non ce l’aveva con lei.
“Lo so!” lo abbracciò. Si sentiva una sciocca per non avergli creduto.
“Devi trovare la chiave!” era giunto il momento di andarsene.
La cercò. Aprì l’armadietto appeso al muro, ma di essa non c’era traccia. Continuò a cercare. Non si sarebbe arresa.
Niente non c’era e ora? “Devi andare a cercare aiuto!” le aveva detto. Lei non se l’era sentita dapprima, ma alla fine uscì da quella stanza, ormai sommersa dalle acque, ritrovandosi nel sommerso corridoio.
Niente. Nessuno. Era salita anche di un piano ma niente. Aveva trovato due uomini, che, però, non la aiutarono. Un martello d’emergenza. Ruppe il vetro e lo prese. Ecco come avrebbe aiutato Akito.





 
***




 
Ritornò giù. Ora l’acqua le arrivava fin sopra la vita. Questo non la scoraggiò. Ancora una volta avanzò in quelle acque, fino a giungere da Akito.
“Akito!” era ancora vivo.
“Sana!” era felice di vederla lì.
Non perse tempo. Colpì con un solo colpo le manette, spezzandole. Risero. Akito la abbracciò.
“Brava!” le disse, una volta sciolto l’abbraccio. Lei sorrideva. Felice? Sì.
“Andiamo!” non potevano indugiare. Presto sarebbero affogati.





 
****



 
“E poi?” Eri interruppe il racconto della nonna. Era in ansia e parecchio.
“Eri sei proprio impaziente!” non poté fare a meno di ridere l’anziana nonna.
“Beh comunque ormai si è fatto tardi è meglio accorciare!” aveva notato il piccolo orologio appeso al camino. Segnava le undici di sera. Sì, doveva accorciare.
“Beh fu una tragedia. La nave si spezzò in due. Io e tuo nonno finimmo in mare. Riuscimmo ad aggrapparci a un asse. Faceva freddo. Ero gelata” una lacrima le scappò. Quell’esperienza l’aveva segnata.
“I soccorsi arrivarono dopo quattro ore. Ci trovammo. Io e tuo nonno sopravvivemmo. Su mille e cinquecento! Due su mille e cinquecento!” pianse. Erano morti anche gli amici di Akito – Gomi e Tsuyoshi. Ed anche Fuka e Hisae, le sue cameriere.
“Oh nonna... mi dispiace...” le strinse la mano. Anche lei era triste.
“Ad ogni modo. Arrivammo pochi giorni dopo a New York...” pioveva quella sera. Lei e Akito si erano finti sposati. Perché? Non volevano che Nao li trovasse.
“Decidemmo di vivere là e ci sposammo. Il resto lo sai” le sorrise. Avevano avuto due figli: un maschio e una femmina. Avevano anche quattro nipoti. Avevano vissuto una vita magnifica. Poi, un giorno, di venti anni fa Akito... Akito morì. Perché? Un tumore ai polmoni. Era un giorno di dicembre – la vigilia di Natale per essere precisi – quando la malattia lo portò via. Per Sana tutto si fermò. Nulla aveva più senso, nulla.
“Oh nonna, io non sapevo di tutto ciò. È stata una storia avvincente! La più bella che tu mi abbia raccontato!” la giovane si alzò, aiutando la nonna ad alzarsi. Poco dopo, andarono a letto.
Akito... poco dopo lo vide a letto. Era durante il loro primo appuntamento sulla nave. Era esattamente dove lo vide la prima volta: davanti all’orologio. Le tendeva la mano.
Eccomi amore mio, arrivo! Pensò, mentre afferrava la mano. Ecco il suo paradiso: Akito, senza di lui il paradiso non esisteva.





 
****




 
Il Sole era appena sorto, svegliando la giovane Eri. Era andata in cucina a preparare la colazione per la sua nonna, poi decise di andare a svegliarla. Bussò. Nessuna risposta. Strano, si disse, di solito sua nonna all’alba era già sveglia.
“Nonna...” entrò avvicinandosi al letto. Nessuna risposta. Il panico. Il panico la assalì.
L’anziana donna non dava segno di vita. Morta. Era morta. Pianse quel giorno la giovane Eri.
Il funerale. Pochi giorni dopo fu celebrato il funerale. Eri era a pezzi. Era legata a sua nonna. Si sentiva come se le avessero tolto una parte di sé.
Ma, in un giorno cupo, tetro, uggioso e di pioggia, il Sole si può fare largo. Un ricercatore. Poco dopo un ricercatore la avvicinò. Lei voleva mandarlo via, ma fu estasiata da quella visione: sembrava suo nonno da giovane solo che aveva gli occhi verdi. Si chiamava Heric ed era americano. Stava cercando il famoso cuore dei mari che aveva sua nonna. Non lo trovarono mai. Ma da quel giorno tutto per Eri cambiò. Aveva trovato anche lei l’amore.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note dell’autrice: salve! Anche questa storia è finita! L’avevo detto che il finale sarebbe stato diverso e così è stato. Certo Akito è morto lo stesso, ma almeno si sono sposati! Ringrazio tutti coloro che mi hanno seguita.
SoloAmore, Francesca91, marta4, carmenkodocha400, kodocha, stellinA003 che hanno recensito la storia.
Francesca91 che l’ha messa tra le preferite.
Joxfover e Saralovex che l’hanno messa tra le ricordate.
Cassandrablake, danysanafr e Francesca91 che l’hanno messa tra le seguite.
E ovviamente ringrazio anche i miei lettori silenziosi.
Tornerò con un’altra storia? Non lo so. Spero di sì.
A presto.
   
 
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