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Autore: _Lady di inchiostro_    31/05/2016    3 recensioni
Dieci prompt, dieci storie.
I protagonisti sono sempre gli stessi. Un cinico chirurgo e un pirata tutto sorrisi.
Lasciate che vi racconti come la loro alleanza si sia trasformata presto in una relazione! ~ ♥
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Day One: Meeting/First Impressions [Completa ]
Day Two: Freedom/Savior [Completa]
Day Three: Friendship/Family (Nakama) [Completa]
Day Four: Alliance/Trust/Honor [Completa]
Day Five: Memory [Completa]
Day Six: Loss/Change [Completa]
Day Seven: Will of D [Completa]
Day Eight: Alternate Universe [Completa]
Day Nine: A Promise Kept/A Battle Fought [Completa]
Day Ten: Thank You [Thanks to be here with me: “«Ci sono un sacco di cose per cui devo ringraziarti, Law. A cominciare dal fatto che ci sei...»” ]
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[Storia partecipante all’evento indetto su Tumblr: “Ten Days of LawLu”]
[Enjoy ♥]
Genere: Angst, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Monkey D. Rufy, Trafalgar Law
Note: Lime, Raccolta, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Ten Days of LawLu
~
Trust me



Day Four: Alliance/Trust/Honor







«Ti fidi di me?»
Rufy non sapeva come rispondere a quella domanda.
Si fidava di Torao?
Un tempo, avrebbe risposto con un'affermazione anche a occhi chiusi, un tempo in cui non si sarebbe mai sognato di sospettare di lui e delle sue intenzioni.
Anche a Dressrosa, quando sembrava che le cose stessero volgendo nel peggiore dei modi per la loro alleanza, Rufy continuava a fidarsi di Torao. 
C'era qualcosa adesso, però, qualcosa che bruciava all'altezza del cuore, un bruciore che serviva solo a distruggerlo, non a infuocarlo; era una fiamma blu, fredda, inesistente in natura, eppure sfrigolava all'interno di Rufy, e sembrava che gli sottrasse tutte le energie. 
Rufy alzò lo sguardo sul suo alleato, che lo fissava in attesa di una risposta.
«... Sì.»
«Non sei sincero.» Oramai conosceva i toni di voce di quel ragazzino come le proprie tasche, sapeva perfettamente quando stava mentendo. 
Rufy si morse un labbro e produsse uno sbuffo: sentiva gli angoli degli occhi pizzicare e la cosa lo metteva ancora di più in agitazione, era frustrante.
«Non mi fido delle tue intenzioni da adesso in poi, ecco...»
Law si pose davanti a lui, un po' scocciato. «Credi che non abbia un piano? Sei tu che fai le cose di testa tua!»
Rufy lo scrutò per un attimo, desideroso di poter leggere quei lineamenti del viso che non sapeva interpretare, quando l'altro lo leggeva con la stessa facilità di come leggeva un libro sulle malattie veneree. 
Poi abbassò lo sguardo, i proiettili di piombo ancora sul palmo della mano di Law, il sangue secco sui polpastrelli, sul petto, i fori da cui partivano quelle linee rosse e irregolari.
Rufy voleva morire.
Nel preciso istante in cui Doflamingo aveva sparato a Law e non aveva più percepito la sua presenza, Rufy aveva sentito le gambe cedere. Aveva solo avuto il coraggio di gridare.
Si rivide a Marineford, per una lievissima frazione di secondo, un'immagine fugace, una voce che rimbombava in testa. 
«Non cambi mai, Rufy!»
Anche allora le gambe provarono dolore, le ginocchia contro il pavimento di pietra, e dovettero sostenere due pesi, due corpi, e quello di Ace stava cominciando a diventare rigido e freddo. 
Anche allora Rufy aveva gridato con tutte le sue forze, aveva tirato fuori tutta l'aria che credeva di avere nei polmoni; ma questi non collassarono, non lo lasciarono agonizzante vicino al corpo del fratello.
Anche allora, mai come allora, Rufy voleva morire.
Solo che, quella volta, Rufy non aveva avuto la forza di combattere ancora. A Dressrosa sì, avrebbe voluto spaccare quelle sbarre che lo separavano da Torao, da quel corpo che pregò non diventasse freddo. Voleva spaccare a pugni la faccia ghignante di Doflamingo, fino a quando sarebbe stato abbastanza debole da perdere i sensi. 
Rufy era stato così sollevato di vedere Torao vivo, di sentirlo vivo, il fischio del suo battito cardiaco nelle orecchie, e i due cuori producevano un suono bellissimo, musicale e armonico.
Una parte di lui voleva abbracciarlo. Decise di non fare nulla, una bizzarra vocina simile a quella di Law nella sua testa gli disse che non era il momento, non davanti ad altre persone, che avrebbero avuto tutto il tempo del mondo. Eppure, era talmente sollevato, da sentire quella sorta di palloncino che riempiva ogni parte interiore del suo essere sgonfiarsi, era tornato a essere leggero come le nuvole che la mattina vedeva dalla polena della nave. 
In quel momento, però, non c'era più quella sensazione che lo faceva sentire oppresso, incapace di muoversi, di agire come avrebbe voluto. Era molto di più, scottava e lasciva il gelo, il sudore sui palmi era freddo. Bruciava e congelava come una consapevolezza. Rufy l'aveva capito da quei proiettili che ancora stavano sulla mano di Law.
Puntò le iridi in quelle dell'altro, parlando con voce sconvolta. «Tu vuoi morire...»
Trafalgar s’irrigidì, chiudendo il pugno e sbriciolando i proiettili con una forza che credeva di aver perduto dopo tutti quei colpi; o che non credeva di avere e basta.
«Lo sospettavo, dopo ieri sera...» Rufy ricordava ancora come la sua pelle fosse calda, bruciante, e avrebbe voluto che quel fuoco alimentasse quel tipo di sensazione: la sensazione di Torao che lo sfiorava col suo respiro, facendo rilassare i suoi muscoli, la sensazione di Torao che lo fissava dritto negli occhi, e sarebbero rimasti così per un'eternità che non sarebbe bastata comunque. «Non volevo crederci, ma dopo quello che è successo io...»
Rufy si fidava di Torao. Si era fidato di lui la sera prima, quando lui gli aveva assicurato che non gli avrebbe fatto male, mentre entrava dentro di lui, e Rufy – nascosto il viso nel cappello maculato che gli aveva precedentemente rubato – aveva cominciato ad avvertire una sensazione piacevole, una sensazione insolitamente dolce come quando ci si sta per addormentare, e si rese conto che era data proprio dal sentire Torao. Null'altro.
Rufy si fidava di Torao. Non si fidava di lui nel momento in cui affermava che non sarebbe morto, perché si vedeva che le sue intenzioni erano altre. 
Era quando mentiva che Rufy non si fidava. E senza rendersene conto, per la prima volta era riuscito a leggere il viso di Law con la stesse voracità di quando mangiava una fetta spessa di carne. Credeva di non riuscirci mai, eppure erano più le volte in cui era Rufy a capire il chirurgo, che non il contrario. Buffo, no?
Trafalgar mosse qualche passo, così da avere una distanza minima che lo separasse dall'altro. Lo guardò, gli occhi dell'altro che sembravano spaventati – come quelli di ieri sera, che evitavano di cercare il suo sguardo – e lucidi – anche qui, come quelli di ieri sera, dopo che si erano scambiati chissà quanti baci uno dietro l'altro. «Rufy, sai perché mi sono alleato con te?»
Cappello di Paglia parve spazientito. «Che c'entra in questo momento?»
«Rispondi alla domanda.»
La solita espressione gioviale tornò a dipingersi sul volto di Rufy, per una frazione di secondo, il tempo di ragionare. «Perché ti sono simpatico?»
Silenzio. «... No.»
«Perché vuoi usarmi come cavia non appena Kaido vorrà farti la pelle?»
Law alzò un sopracciglio. «L'ho sentito una volta da Nami...» spiegò l'altro.
«Idea che mi rispecchia, ma non è questo il caso...»
«Allora per fortuna?»
«Ascoltami, non l'ho ripeterò mai più un'altra volta.» Gli mise le mani sulle spalle, trovando tutta la forza di volontà che aveva per parlare. «Lo ammetto, ho avuto un'iniziale stima nei tuoi confronti. Hai colpito un Drago Celeste, e nessuno, me compreso, avrebbe mai avuto le palle di farlo. Hai rischiato il tutto per tutto per andare a salvare tuo fratello, e in te ho rivisto il me che non è riuscito a salvare la propria famiglia. Capisci, adesso, perché l'ho fatto?»
Rufy rimase interdetto, la bocca semi spalancata, mentre Law schiariva la gola e toglieva le mani dalle spalle dell'altro.
«Perciò, la domanda è ancora questa: ti fiderai di me e ti deciderai a fare a modo mio, per stavolta, senza andare urlando ai quattro venti che devi prendere a calci tutti?» 
Law aveva appena finto di completare la frase, puntando la custodia della sua spada verso il giovane e cercando di tornare il solito uomo apatico e passivo. Fallì miseramente. Fallì, e se l'aspettava, poiché era certo che Rufy avrebbe reagito davanti a quelle parole in cui Law aveva messo praticamente tutto se stesso, in cui aveva rivelato di avere delle debolezze. In cui aveva dimostrato che, dopo Sabaody, qualcosa era scattato nel Law tutto sorrisi e gestacci lanciati alla prima faccia da schiaffi che si piazzava sul suo cammino.
Law non era più lo stesso di prima. E una parte di colpa l’aveva proprio quel ragazzino che adesso l'aveva abbracciato di scatto, gettandosi su di lui, perché nell'arco dei due anni aveva pensato spesso a quali fossero le sue condizioni, mentendo a se stesso quando si diceva che non era rilevante.
Il naso di Rufy era piantato sulla spalla di Law, e inspirò profondamente prima di spiccar parola.
«Io mi fiderò di te nel momento in cui mi dirai la verità...»
Law deglutì. «No, Rufy, non ho intenzioni suicide.»
Il più piccolo si spostò, giusto per guardarlo meglio. Passarono i secondi, e Law sentì una goccia di sudore freddo che percorreva esattamente la linea della spina dorsale.
«Ora mi fido.»
Law fece un mezzo sorriso, ghignante, ed evitò di prendere fiato per il sollievo.
Rufy tornò nella stessa posizione di prima, il fischio di due battiti provenienti da due cuori diversi e uniti allo stesso tempo che rimbombava piacevolmente nelle sue orecchie come una musica nostalgica.
«Tu invece? Ti fidi di me?»
Law passò le dita su quelle ciocche scure, lasciando la fronte dell'altro scoperta. «Credi che mi sarei alleato con un folle come te, altrimenti?»
Rufy rise, avvicinandosi poi a Law, le punte dei loro nasi che si sfioravano, esattamente come la sera prima, quando stavano a fissarsi per ore che parevano decenni, secoli, millenni, eppure troppo veloci anche per loro. «Torao... tu mi ami?» 
Law rise alla sua sfacciataggine – quel ragazzino aveva appreso qualcosa da lui, alla fine. «Lo sai che non risponderò mai apertamente a questa domanda...»
Rufy gli morse il labbro inferiore prima di cominciare a baciarlo sul serio, la lingua dell'altro che schioccava all'interno della sua bocca. 
«Dillo per me... Ti prego...» ansimò, avventandosi ancora con i denti su quelle labbra invitanti.
La presa di Law si fece più salda sui suoi fianchi, e il fuoco blu e freddo sembrava che avesse ceduto un po' della sua forza innaturale quanto devastante alle mani di Law; e sebbene Rufy volesse sentire il tocco di Law il più possibile, quella volta le sue mani sporche di sangue gli mettevano i brividi. 
Il sangue è una sostanza che non va mai via. Si dice che si possa lavare via. La sensazione rimarrà sempre, lo stesso, e ti tormenterà per tutta la vita. Rufy lo sapeva bene, Law lo sapeva bene.
Si staccarono definitivamente nel momento in cui Law lo prese da dietro, per i capelli, costringendolo a guardarlo negli occhi e a posare la fronte contro la sua. Senza alcuna ragione, gli zigomi di Rufy si stavano rigando di pianto. Law non ci fece caso, i suoi occhi chiusi e concentrati a fissare la presenza di Rufy nella sua mente.
Respirarono nel medesimo istante, prima che Law parlasse.
«...Sì.»



Non si fidava.
Non ci credeva. Non credeva neanche alla vocina, fastidiosa e insistente, simile a quella di Law che adesso trovava graffiante, che gli diceva che sarebbe andato tutto bene. 
Per questo gli aveva chiesto di dire ad alta voce quello che provava, in modo che quel tono di voce potesse mischiarsi al singolo battito del suo cuore, e non sarebbe stata una semplice melodia, ma un'intera esplosione.
I suoi occhi avevano parlato al posto della sua voce, dei suoi pensieri, e le lacrime ne erano la prova.
Rufy voleva crederci, voleva fidarsi, anche se in cuor suo la fiamma continua ad ardere di uno splendente azzurro ghiaccio.
E ora, col ghigno che avrebbe voluto far sparire dalla faccia della terra di Doflamingo alle sue spalle, Rufy era tornato a provare la sensazione del sangue sulla pelle. Dei polmoni che si svuotano per le urla. Delle ginocchia che tremano. Dell'intero corpo che trema per la rabbia, la disperazione, tutte le sensazioni maligne di questo mondo. 
Era tutto vero. Era un incubo.
Un incubo in cui Law attuava l'atto suicida che aveva in mente sin dall'inizio. Un incubo in cui Rufy stava in mezzo al lago di sangue in cui riversava l'ennesimo corpo rigido e freddo.

 



 



Delucidazioni:
Okay, sì, questa storia è una What if? ambientata prima che questi due si ritrovino davanti a Doffy. 
Perché una What if?
Sapete tutti che hanno avuto un ben altro tipo di discussione (“Andare a dire che prenderai a calci tutti, non risolve i problemi!” Ah Law, quanto sei patato quando rimproveri la tua Waifu! <3 *le tirano una cosa sul naso*), e poi dovrebbe comparire anche Sugar...
In realtà, non sapevo bene come trattare questo prompt, ero indecisa, fino a quando non ho trovato questa doujinshi, 37.2 C°, della mitica Secco, che mi ha ispirato da morire! *o*
Ho cominciato a rimuginare sul fatto che Rufy potesse non sopportare le bugie, o l'idea che Law potesse morire, per questo è uscito fuori questo: un Rufy arrabbiato, preoccupato, un Rufy che vuole crede con tutte le sue forze a quello che gli dice il Chirurgo, anche se sa che non è vero. 
Io spero di non aver reso i personaggi OOC, e so di aver già parlato del motivo che ha spinto Law ad allearsi con Rufy, ma le storie della raccolta non seguono un filo logico, sono a sé (tranne il Day Nine, che si ricollega a questa...)
Insomma, spero che la storia vi sia piaciuta ugualmente! :')
La scena finale rappresenta il momento in cui Rufy rinviene il "cadavere" di Law. Quella scena mi causa un dolore immenso, vedo il mio Rufy che trema e mi viene da piangere! t^t
(poi mi dicono che non si amano... *la buttano fuori a calci*)
Va bene miei prodi, vi ringrazio tantissimo per i vostri commenti e per quello che direte in futuro! <3 
Me ne vado in groppa a un cavallo bianco (?) e ci si vede alla prossima! ;) 
_Lady di inchiostro_
  
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