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Autore: LadyLicionda    14/06/2016    1 recensioni
Eiko Wadsworth scopre improvvisamente di soffrire di Disturbo Dissociativo dell'Identità, ovvero personalità multipla. I suoi problemi iniziano quando realizza che ogni personalità è dotata di una volontà propria, di desideri propri e di ambizioni uniche. Come se non fosse abbastanza, ognuna di loro si scopre ben presto innamorata di una persona diversa. Riuscirà Eiko a mantenere il suo segreto e a destreggiarsi fra le attenzioni romantiche di sette irresistibili ragazzi senza soccombere ai capricci delle sue eccentriche personalità? NOTA BENE: Per questa versione è previsto un finale multiplo (uno per ognuno dei ragazzi di KNB). Il rating potrebbe cambiare con il progredire della storia. I personaggi di KNB appartengono all'autore originale Tadatoshi Fujimaki, tutti gli altri sono personaggi creati da me.
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kiseki No Sedai, Nuovo personaggio, Taiga Kagami, Yukio Kasamatsu
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 4

“Tutto quello di cui hai bisogno è fidarti di me”

 

 

 

         

 

 

 

 

 

    La campanella annuncia la fine delle attività scolastiche. Mayumi, seduta nel banco di fronte al mio, si prodiga nel raccogliere libri e quaderni, spingendoli alla rinfusa nella cartella, mentre Kise emerge dal letargo in cui è sprofondato durante l’ultima lezione.
    «Finalmente questa giornata è finita», pronuncia emettendo un lungo sbadiglio.
    «Ultimamente ti addormenti spesso in classe. Per caso soffri di insonnia?», lo interrogo, analizzando l’espressione sciupata sul suo volto.
    «Da un paio di settimane gli allenamenti si sono intensificati e, quando torno a casa, sono così stanco da non riuscire ad addormentarmi. Passo tutte le notti in bianco».
  «Non c’è da sorprendersi se Akashi e il coach hanno deciso di raddoppiare il carico di lavoro», risponde Mayumi, inserendosi nella conversazione. «Dopotutto anche quest’anno mirate a vincere i campionati nazionali. A proposito, se non ti dai una mossa arriverai in ritardo».
    «Per fortuna ho dormito abbastanza durante l’intera giornata e adesso mi sento in gran forma», Kise balza in piedi, raggiungendo Mayumi all’esterno della classe.
    Quanto a me, dal momento che oggi non ho lezione con il mio tutore privato, ho deciso di unirmi ai miei due compagni e di assistere agli allenamenti. Quando infine anch’io abbandono l’aula, ad attendermi in corridoio trovo Kuroko e Aomine, diretti come noi in palestra.
    «Ehi, Eiko!», esordisce Aomine, sfoderando un largo sorriso.
    Contraccambio il saluto con un cenno del capo. «Dov’è Satsuki?».
    «Si è già avviata», mi informa Kuroko. «Doveva consegnare alcuni fogli all’allenatore».
    Ci incamminiamo tutti insieme verso la palestra. Kise e Aomine discutono animatamente tra loro ripassando un paio di nuovi schemi di gioco, cercando di coinvolgere anche Kuroko nella conversazione, ma il ragazzo si limita ad ascoltare attentamente i due esuberanti compagni di squadra ed ad annuire di tanto in tanto.
    Sono trascorse diverse settimane dalla nostra visita all’acquario. Dopo essersi scusate con me per l’equivoco, sia Mayumi che Satsuki si sono mostrate molto più attente nei miei confronti. Trascorriamo quasi ogni giorno la pausa pranzo insieme ed entrambe le mie amiche si danno battaglia nell’elogiare le qualità e i pregi dei rispettivi idoli. Tuttavia, nonostante le loro continue ed esplicite manifestazioni d’affetto, non sono sicura che Kise e Kuroko siano consapevoli dei sentimenti delle due ragazze. O se non altro non sembrano provare lo stesso nei loro confronti. Del resto, nonostante sia abituato alla popolarità, Kise non dà l’impressione di volersi legare a nessuna ragazza in particolare, non al momento almeno. Parlando di Kuroko, invece, mi è parso di capire che consideri Satsuki solo un’amica, seppure molto speciale.
    Quanto a me, posso ormai dichiarare in tutta sicurezza di aver migliorato la mia relazione con Aomine. Oserei perfino dire che siamo diventati buoni amici. Sentirmi chiamare ogni giorno per nome anche da lui è diventata una piacevole abitudine. Inoltre non mi è più capitato di sentirmi strana in sua presenza. La confusione emotiva di cui sono caduta vittima quel giorno era dunque solo una conseguenza del mio timore di essere stata abbandonata dai miei amici.
    Una volta arrivati in palestra, i tre ragazzi raggiungono gli spogliatoi mentre io seguo Mayumi verso le panchine, dove troviamo Satsuki impegnata a riferire al coach i risultati delle sue ultime ricerche. Come assistente dell’allenatore è infatti incaricata di raccogliere informazioni su tutti i membri della squadra, per monitorare le loro condizioni fisiche e garantire le migliori prestazioni in campo. Al termine della conversazione, annuncio la mia presenza salutando il coach, il quale, dopo aver contraccambiato il saluto, si allontana diretto agli spogliatoi, e la stessa Satsuki che, accortasi di me, si precipita ad abbracciarmi con il solito entusiasmo.
    «Ei-chan, mi sei mancata», piagnucola quindi stringendomi al suo petto.
    «Ma sono passate solo tre ore dalla pausa pranzo», le rammento provando a divincolarmi dalla sua presa serrata.
    «Vuoi dire che in tutto questo tempo io non ti sono mancata?», domanda Satsuki, incurvando le labbra in un’espressione triste.
   «Non volevo dire questo», mi correggo immediatamente, approfittando della sua guardia bassa per liberarmi dall’abbraccio e respirare profondamente. Infine prendo posto sulla panchina e, insieme alle mie due amiche, mi preparo all’arrivo dei giocatori in campo.

 

***

 

Al termine dell’allenamento mi avvicino a Mayumi, offrendomi di aiutarla a distribuire gli asciugamani puliti ai membri della squadra, per ripulirsi del sudore che ora bagna le loro fronti.
    «Questo è un compito che spetta a noi manager. Non posso chiedere a un ospite di lavorare», Mayumi declina la mia offerta con un sorriso.
   «Per favore, lascia che dia una mano anch’io. Nonostante non faccia ufficialmente parte della squadra, il coach mi permette di assistere ogni volta che lo desidero. Vorrei almeno esprimere in qualche modo la mia gratitudine».
    Incapace di controbattere alla sincerità dei miei sentimenti, alla fine Mayumi acconsente alla mia richiesta, cedendomi una pila di asciugamani freschi di lavanderia. Seguendo il suo esempio e quello di Satsuki, mi accingo ad accogliere i giovani atleti che si stanno gradualmente radunando a bordo campo per dissetarsi e ripristinare le proprie energie, provate dall’intenso allenamento. Il primo ragazzo a venirmi incontro è Aomine. A dispetto degli altri membri della squadra, non sembra affatto stanco. Se non fosse per le gocce d’acqua, che dalla sua fronte scivolano fino alla base del collo, provocando sulla pelle abbronzata un effetto traslucido, nessuno penserebbe che il ragazzo ora di fronte a me abbia appena terminato una sfiancante sessione di allenamenti.
   La maggior parte dei giocatori intorno a me boccheggia sonoramente nella speranza di rianimare i propri polmoni. Alcuni giacciono abbandonati sul pavimento, fiacchi e pallidi; altri si sono impossessati della prima bottiglietta d’acqua che hanno trovato e adesso bevono avidamente senza badare ai compagni in attesa di dissetarsi. Perfino Kise sembra aver perso il solito brio e se ne sta seduto in silenzio con l’asciugamano intorno al collo. Ovunque si posi il mio sguardo, non vi sono che giovani atleti prosciugati delle proprie energie e desiderosi di tornare a casa; di immergersi in una vasca fumante che possa sciogliere la tensione accumulata nei muscoli; di consumare un pasto preparato in casa che possa risollevare il morale da una prestazione non proprio lodevole; di infilarsi tra le fresche lenzuola del proprio letto e sprofondare in un sonno ristoratore fino alle prime luci del nuovo giorno.
   Soltanto Aomine, in questo momento, sembra essere completamente fuori luogo. I suoi occhi ridenti e pieni di vitalità contrastano con le espressioni abbattute e spente dei suoi compagni di squadra. Mi basta guardarlo pochi secondi per sentirmi io stessa piena di energia e ottimismo e, senza un apparente motivo, anche sulle mie labbra si dischiude presto un sorriso.
    «Ecco», esordisco quindi porgendogli un asciugamano pulito e prendendomi qualche secondo per osservarlo mentre lo utilizza per tamponarsi il volto madido.
    «Stai pensando di unirti alla squadra?», domanda Aomine, gettando subito dopo il panno umido sulla spalla.
    «Per quanto mi farebbe piacere, ho paura di non essere la persona più adatta. Se diventassi una manager a tempo pieno, finirei sicuramente col causare qualche guaio».
    Con un gesto assolutamente naturale, Aomine posa una mano sulla mia testa, arruffando i miei capelli.
    «Stai facendo un ottimo lavoro, invece», commenta, accompagnando quindi il complimento con una risata compiaciuta che provoca in me una punta di orgoglio.
   Tuttavia la mia presunzione viene immediatamente punita nell’attimo in cui la pila di asciugamani che pesano sulle mie braccia, alta abbastanza da coprire metà del mio viso, inizia a inclinarsi minacciando di piombare sul parquet della palestra. Solo l’intervento provvidenziale di una mano alle mie spalle sventa il disastro, salvandomi allo stesso tempo da un’imbarazzante esperienza.
    «Oh, attenta».
   Nonostante il pericolo scongiurato, i miei nervi si irrigidiscono al suono della voce del mio soccorritore. Incapace di voltarmi indietro per incontrare il suo volto, rimango immobile, sforzandomi di ignorare il tiepido calore che, dal suo petto lievemente premuto sulla mia schiena, si propaga attraverso il mio corpo.
    «A-Akashi», balbetto infine, pronunciando il nome del capitano della squadra.
   Notando forse il mio disagio, il playmaker si allontana con disinvoltura, portandosi di fronte a me. Il lieve spostamento d’aria prodotto dal suo movimento sospinge fino alle mie narici l’odore penetrante della sua pelle ancora umida, inducendo il mio cuore ad un sussulto. Il soffice muro di asciugamani che si innalza al di sopra del mio naso è un ottimo riparo dietro il quale nascondere il rossore delle mie guance.
   Ho sempre considerato Akashi una persona a cui guardare con ammirazione. Benché sia il frutto di un sentimento maturato da una conoscenza piuttosto approssimativa, la considerazione che nutro nei suoi confronti può definirsi genuina. A dispetto della sua giovanissima età, Akashi sembra avere una personalità matura, responsabile, dignitosamente autoritaria. Dai suoi discorsi traspare una naturale sicurezza e le sue azioni non sembrano conoscere esitazione. Non c’è da meravigliarsi che un simile ragazzo sia riuscito ad imporre la propria egemonia ai compagni di squadra e a persuadere all’obbedienza, o se non altro al rispetto, i professori e gli studenti di tutta la scuola.
    «Non trovi anche tu che così vada meglio?».
   Emergo dai miei pensieri richiamata dalla voce del giovane capitano. Improvvisamente non avverto più la sensazione di morbidezza prodotta dal cotone contro le mie guance. Anche il campo visivo davanti ai miei occhi si è notevolmente allargato, mentre il peso sulle mie braccia sembra essersi inspiegabilmente dimezzato. Con mio stupore, mi accorgo allora che una cospicua parte degli asciugamani che coprivano metà del mio viso giace ora fra le mani di Akashi.
    «Ti ringrazio», pronuncio, mantenendo lo sguardo basso per la vergogna.
    «Apprezzo molto che tu voglia essere d’aiuto, solo cerca di non esagerare».
    «M-Mi dispiace. Aspetterò qui seduta che abbiate finito».
    Mentre mi appresto a posare i pochi asciugamani in mio possesso sulla panca più vicina, rinunciando un po’ a malincuore a sdebitarmi con i membri della squadra, un rapido cambiamento nel tono di Akashi mi incoraggia ad interrompere le mie azioni.
    «Perdonami. Stavo solo cercando di dire che mi rattristerebbe molto se ti facessi male».
   Vinta dalla gentilezza e dalla premura delle sue parole, mi volgo indietro per incontrare finalmente il suo sguardo. Nonostante sul suo viso siano evidenti i segni della fatica, l’espressione nei suoi singolari occhi rubini è incredibilmente affabile. Le sue profonde pupille nere splendono di un’accorata inquietudine e le sue labbra sono dischiuse in un sorriso di sincera apprensione. Ad un tratto mi torna alla mente Naoko; quel suo atteggiamento protettivo; quella sua dolce ansia materna, in virtù della quale non può fare a meno di vegliare costantemente su di me. Sono perfettamente consapevole che Akashi non abbia nulla in comune con mia sorella, eppure la sensazione che provo ora in sua presenza è lo stesso sentimento di tiepido conforto che mi trasmette Naoko. Anche in questo ragazzo riesco ad avvertire la stessa preoccupazione, la stessa volontà di proteggere e al contempo spronare.
    «Cercherò di stare più attenta».
    Pronuncio queste parole lasciandomi guidare dall’istinto, assecondando l’intimo desiderio di corrispondere alle sue premurose attenzioni.
    «Bene», risponde Akashi, visibilmente sollevato, aggiungendo immediatamente dopo: «Sono felice di essere riuscito a parlare con te».
   I miei occhi lo seguono in una silenziosa contemplazione mentre si allontana da me e da Aomine per raggiungere l’allenatore. Mi sento insolitamente serena. Avevo immaginato la mia prima conversazione con Akashi in modo molto diverso. In un conteso molto diverso. Uno dei motivi per cui mi sono sempre adoperata nel mantenere le distanze da lui era perché temevo che un confronto diretto avrebbe ulteriormente minato la mia già malferma autostima, acuendo il divario che ci separa. Ero inoltre sicura che una persona brillante come lui non avesse alcun desiderio di socializzare con una ragazza mediocre come me. Anche se apparteniamo allo stesso mondo, anche se abbiamo ricevuto un’educazione molto simile, come unico erede della sua famiglia, Akashi è destinato a portare sulle proprie spalle il peso di responsabilità e aspettative che a me resteranno invece sconosciute. Benché mi ritenga una giovane studentessa piuttosto coscienziosa, o per lo meno immune alle frivolezze tipiche della mia età, non posso negare la maturità, forse un po’ precoce, che traspare dalla persona di Akashi. Non è insolito cogliere nel suo sguardo un indizio di quella serietà consumata, di quella rigida disciplina che hanno plasmato la sua autorevole dignità, ma anche il suo carisma, fin dall’infanzia. L’immagine che mi sono costruita di questo ragazzo, di questo mio coetaneo, ha sempre esercitato una forte soggezione sul mio inconscio, portandomi istintivamente a fuggire da lui. Allo stesso tempo, però, mi ha indotta ad ammirarlo, a guardare con meraviglia, e con un pizzico di invidia, alla sua forza interiore, alla sua determinazione, alla sua perseveranza, a quella sua inattaccabile sicurezza. A quell’innata genialità che gli consente di eccellere in qualunque campo, di accogliere il successo come un’ovvietà, senza doverlo rincorrere o inseguire, arrancando lungo il cammino.
   Mio cugino Seiichi è quello che viene generalmente definito un prodigio, un individuo a cui la natura ha fatto dono dei suoi migliori talenti. Da quando ho memoria, non ricordo di essere mai stata testimone di un suo fallimento. Fin da bambino si è dimostrato un sublime musicista e un poeta dalla profonda sensibilità letteraria. Crescendo ha poi rivelato di possedere anche una vivace intelligenza, che lo ha portato ad inoltrarsi negli intricati ambiti scientifici del sapere, guadagnandogli attestati e riconoscimenti sia in Giappone che in Inghilterra. Tuttavia la sua passione indiscussa resta la pittura. Buona parte dei capolavori esposti nella villa Wadsworth, sono il frutto maturato dal pennello e dal raffinato senso estetico di Seiichi. Mio padre e zia Azumi hanno più volte provato a convincerlo ad allestire una mostra qui a Tokyo, ma mio cugino si è cocciutamente dichiarato contrario all’idea di cedere la sua arte a “profani”. «La natura», ha detto, «mi ha concesso il dono dell’arte perché omaggiassi le sue bellezze catturandole sulla tela, non perché le svendessi. La mia arte partorirà solo piaceri, mai profitti».
    A parte la sua peculiare filosofia, che tuttavia ritengo piuttosto affascinante e neanche tanto sbagliata, è indubbio che Seiichi abbia ricevuto alla sua nascita il bacio con il quale la natura benedice i suoi pupilli. E a questo punto sono portata a credere che anche Akashi sia stato scelto per entrare in quella ristretta cerchia di fortunati per i quali il fato ha già disposto i suoi favori.
    Ad ogni modo, penso che anch’io potrei ritenermi in un certo senso una “favorita”. Dopotutto, ho avuto la possibilità di incontrare due protetti della Fortuna. Ho promesso che mi sarei impegnata ad accogliere con ottimismo le opportunità che il Cielo sarà abbastanza benevolo da porre sulla mia strada. E credo di aver compiuto un altro passo in avanti proprio oggi. Osservare Akashi da vicino, entrare in una relazione amichevole con lui potrebbe aiutarmi a scoprire il “mio” talento, o semplicemente a farmi apprezzare di più, a comprendere il vero significato celato dietro concetti astratti come il sacrificio, la forza di volontà, la risolutezza. La vicinanza di una persona tanto carismatica, oltretutto mia coetanea, le cui origini affondano le proprie radici in quella stessa società elitaria che ha accolto la mia venuta in questo mondo, potrebbe rivelarsi un insostituibile incoraggiamento a coltivare speranze e ambizioni che possano infiammare il mio tiepido animo.

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Nota d’Autrice: Buongiorno a tutti! Spero che abbiate trascorso un piacevole week-end e che l’inizio della nuova settimana non sia stato troppo traumatico (XD).
Come sempre vi ringrazio per avermi seguita fino a questo punto. Come vi avevo accennato, questa storia è solo all’inizio e questa prima parte è un po’ un’introduzione con la quale intendo prepararvi un po’ alla volta prima di entrare nel vivo della narrazione. Purtroppo devo infirmarvi che, a causa degli esami universitari, potrei non essere in grado di pubblicare i prossimi capitoli con frequenza settimanale, perciò vi chiedo scusa fin da ora. Tuttavia vi incoraggio sempre a condividere con me le vostre opinioni in attesa del prossimo aggiornamento.

 
    Un bacione a tutti!

Lady L.

   
 
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