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Autore: Vavi_14    16/06/2016    3 recensioni
Due ragazzi provenienti da esperienze di vita diverse ma ugualmente dolorose, due destini che si intrecciano per caso e una sola, umida cella da condividere.
****
Dal capitolo 2:
Quando, ancora titubante, torni a guardarlo, ti accorgi che ha sollevato entrambe le palpebre e dall'espressione stranita capisci che sta per dirti qualcosa.
«Tu invece sembri proprio un'idiota».
Alzi un sopracciglio, intenzionato ad approfondire il discorso, ma lui si gira dalla parte opposta dandoti le spalle, come a voler dire che per quel giorno la conversazione sarebbe finita lì.
Sbuffi sonoramente, cercando di resistere all'impulso di tirargli un destro, e ti copri il volto con le mani, sperando che due palmi siano sufficienti per contenere tutto lo sdegno che avresti voluto sfogare.
È appena arrivato e già lo detesti.

[La storia contiene accenni NaruHina]
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Nessun contesto
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In bilico






I minuti trascorsi con Hinata sembrano volati via; l’hai vista poco fa entrare dalla solita porta blindata assieme agli altri e proseguire sicura verso il tuo tavolino, ed ecco che le guardie gli intimano già che il tempo a sua disposizione è finito. Le stringi forte la mano, le sorridi, ma questa volta non si fa ingannare: sa che lì dentro qualcosa non va, lo vede da quella ruga accennata in mezzo alle sopracciglia chiare e lo sente dall’inclinazione grave della tua voce, di solito sempre così accesa e rilassata. Non provi neanche a nasconderlo, quel tormento interiore che ti lacera l’animo. Desideri solo che lei resti con te, perché non hai mai sentito gravare sulla schiena la tua condanna come in quel momento. Le sbarre della cella e le mura della prigione sono tornate a stringere i polmoni in una morsa letale; proprio quando avevi iniziato a vedere la vita lì dentro in un altro modo,  quando ti sembrava finalmente di aver accettato te stesso e i mesi che rimanevano, tutto minacciava di crollare di nuovo.
Hinata si alza, sussurra qualcosa che assomiglia a un ti amo e si allontana con sguardo preoccupato, non sentendo la tua risposta. Non distogli le pupille da lei, dai suoi occhi, dai suoi capelli: di nuovo hai sentito sopraggiungere quella sensazione di inadeguatezza, la stessa che ti spinge a credere che non meriti il suo amore, la sua pazienza e le sue attenzioni. Cerchi di sorriderle prima di vederla scomparire definitivamente, ma la sua risposta è una lacrima solitaria che le bagna la guancia e si estingue sulle labbra candide.

«Che cazzo sto facendo».

Scuoti vigorosamente le ciocche bionde e fai per tornare nella tua cella, quando una voce potente attira la tua attenzione e fa voltare anche gli altri detenuti.

«Aspettate! Dovete riferirgli un messaggio, riguarda il suo caso!»

Ad urlare è stato l’uomo in giacca e cravatta che vedesti l’ultima volta con Sasuke. Ha indosso sempre gli stessi abiti neri, ma la camicia bianca è leggermente sbottonata sul davanti e i capelli ricci sono più scomposti del solito.
«Il detenuto è in isolamento, non le è permesso parlargli né inviargli messaggi di sorta. Lo vedrà la prossima settimana». La guardia è irremovibile e, con i palmi delle mani avanti, cerca di allontanarlo dalla zona dei ricevimenti, visibilmente scocciato e stufo di continuare a parlare con lui.
«Ditemi almeno come sta!» Prorompe allora il ragazzo, passandosi una mano tra i capelli.
«Spiacente» risponde l’altro, facendogli strada verso la porta. «Adesso è meglio che vada».
«Sta bene».
Sei stato tu a parlare, interrompendo lo spiacevole scambio di battute tra i due uomini. Il ragazzo dai capelli neri si ferma, ti osserva confuso, cerca di capire se stai parlando con lui. La guardia invece sbuffa e tenta di condurlo nuovamente fuori.
«Conosci Sasuke?» continua, liberandosi dalla presa dell’uomo e avvicinandosi a te.
«Siamo compagni di cella» replichi svelto, guardandolo mentre cerca di eludere nuovamente il controllo della guardia, che nel frattempo sembra aver perso la pazienza.
«Se la caverà» continui, nella speranza di convincere sia te che lui.
Il ragazzo non risponde, forse è sorpreso del fatto che un detenuto si interessi a Sasuke ed abbia la premura di farglielo sapere. Però gli basta poco e sembra comprendere la natura del tuo sguardo sincero. Annuisce, ringraziandoti, lancia un’occhiataccia alla guardia ormai esasperata e borbotta un «So camminare da solo», per poi lasciare la stanza con un ultimo sospiro rassegnato.

Sei l’ultimo a lasciare l’atrio dei ricevimenti e sulla strada del ritorno non puoi fare a meno di pensare all’atteggiamento dell’avvocato; ricordi nitidamente le parole di Sasuke, il suo dolore nel dover fronteggiare quel legame un tempo saldo ed essenziale, ora divenuto solo l’ombra di sé stesso, dinanzi ad un futuro in prigione che non scorge via d’uscita. Eppure quell’uomo sembra crederci ancora, nonostante tutto, sembra volerlo proteggere ad ogni costo e non solo dalla sentenza, ma dall’annullamento di sé stesso.


*


Sono passati tre giorni. I vassoi con il cibo giacciono a terra, rovesciati, senza che tu ne abbia assaggiato nemmeno un boccone. L’acqua rimane la tua unica risorsa di vita, in quel buio che ingloba ogni singola cellula del corpo per rinchiuderla in un incubo senza fine. Il raggio di luce che penetra dalla finestrella della porta, beffardo, ti ricorda ogni mattina che sei vivo, in bilico tra la perdita di te stesso e un’esistenza inutile. È assurdo come quelle poche certezze conquistate con fatica possano estinguersi nell’arco di qualche ora, soppiantate dal solito nemico chiamato Destino, che per poco tempo hai creduto di poter fronteggiare. Eppure ora sei di nuovo solo, in balia della sofferenza, e ti stupisci di come le immagini che si disegnano nella tua memoria non siano più solo quelle del corpo martoriato di tuo fratello, del sangue, delle lacrime e del terrore: no, in mezzo alla disperazione c’è dell’altro, un piccolo muro di mattoni che cresce nel tentativo di arginare il vuoto.

«Ti detesto, sei odioso!»

«Sono stufo delle tue stupide regole, i calzini li metto dove mi pare!»

«Sai, dovresti provare a scioglierti, ogni tanto».

«Tu non sei un assassino. Loro hanno ucciso tuo fratello!»

«L’ultima cosa che voglio è giudicarti, Sasuke».

Senti un nodo stringerti le corde vocali. Non sai se stai per piangere o sul punto di scoppiare a ridere; istintivamente ti passi una mano sul volto, lasciandolo nascosto tra i palmi.

Così è a questo che ti stai aggrappando? Ad un detenuto conosciuto da qualche mese?
Lui se ne andrà e tu rimarrai a marcire qui dentro.
Sono tutte belle parole le sue, ma non valgono niente.

Sei uno stupido Sasuke, se speri ancora di uscirne illeso. Guarda in faccia alla realtà!

Perché non provarci, invece? Dopotutto non hai niente da perdere.
Altrimenti perché non l’hai fatta finita subito, eh? Pensaci!
Puoi continuare a negarlo se vuoi, ma lui non ti è indifferente.
Lui è tutto ciò che ti rimane, assieme a Shisui.

Pensaci.



 



















Boinsoir! ^^
Eccomi di nuovo ad aggiornare questa storia. Ho usato anche stavolta il tu onnisciente per Sasuke, ma solo nell’ultima parte. Quello riportato in corsivo è una sorta di dialogo con sé stesso (alla Gollum per capirci XD). Vorrei anticiparvi, però, che ci sarà l’entrata in scena di un nuovo personaggio, dal quale prenderò in prestito quasi esclusivamente l’aspetto fisico – potete salutare già da ora il suo IC. Sarà abbastanza importante per lo svolgimento della trama.
Se avete qualche idea, non esitate ad avanzare le vostre ipotesi! ;)
Un bacio a tutti voi e grazie di aver letto. ^^


Vavi
  
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