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Autore: Trick    23/06/2016    5 recensioni
"È inutile cercare di cambiare la natura delle cose. Ci sono regole che sono nate semplicemente per sopravvivere all'umanità. Tu sei una di quelle regole. Tu, lei e una storia d'amore proibita che vuole sfidare la natura delle cose. Vuoi sapere la verità? È una storia noiosa: si sa già chi morirà alla fine".
RemusxTonks | HBP |
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nimphadora Tonks, Remus Lupin, Un po' tutti | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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Lo so, sono passati circa uno, due, tre mesi. Mi dispiace, faccio quello che posso. Spero possiate perdonarmi e accettare in cambio un capitolo lungo circa tre volte tanto i precedenti.

 

 


Fenrir Greyback si era affilato i denti per dare al suo volto un aspetto più ferino. Lunghi, gialli e appuntiti come quelli di una bestia selvaggia. Sebbene dalla fotografia Tonks non potesse sentire cosa stesse gridando nel momento in cui era stata scattata più di quindici anni prima, era certe che ringhiasse. Una creatura simile doveva per forza ringhiare.

Era decisamente peggio di quanto lei non avesse immaginato.

Decise di saltare in tronco tutte le decine di pagine che parlavano delle sue aggressioni – ma quanto diavolo era grosso quel fascicolo? - e si fermò su una fotografia molto più vecchia di quella del Ministero.

Ritraeva Fenrir Greyback a nove anni in compagnia di un uomo e una donna che Tonks presumette fossero i genitori. Sembrava una famiglia apparentemente ordinaria. L'annotazione a margine della fotografia proclamava un misero:


Lawrence Deverill, figlio di Amanda e Dougal Deverill – Maggio '39 - Southerndown, Galles.


Tonks osservò con attenzione i visi che sorridevano all'indirizzo della macchina fotografica. La foto in bianco e nero non le permetteva di stabilire se la signora Deverill avesse i capelli biondi o rossicci, ma di certo aveva un incarnato pallido. Il piccolo Fenrir – Lawrence – assomigliava al padre: piccoli occhi scuri, naso un po' schiacciato, fronte alta e capelli piuttosto crespi.

“Lawrence Deverill” ripeté Tonks fra sé e sé. Non aveva mai pensato che Greyback potesse essere un nome falso. In realtà non si era mai posta la questione. Guardò ancora il ragazzino che agitava tranquillo una mano come per salutarla e si chiese cosa avesse potuto trasformare un comune giovane mago del Galles nella Creatura Oscura più sanguinaria della Gran Bretagna.

Non c'era molto da leggere sull'infanzia di Fenrir. Suo padre aveva un piccolo allevamento di Augurey nelle campagne gallesi e si guadagnava da vivere vendendone le piume alla Donovan & Donovan, la fabbrica di repellenti per l'inchiostro magico di Bristol. Non c'era scritto nulla sulla madre, il che portò Tonks a pensare che fosse una Babbana. Nessuna annotazione su Hogwarts, nessuna Casa di appartenenza per il giovane Deverill.


Il Lupo Mannaro colpevole dell'aggressione non è mai stato identificato. Nessun Lupo Mannaro regolarmente iscritto al Registro di Controllo risulta residente nelle vicinanze fino ai primi anni Cinquanta.


“Bella stronzata”, pensò Tonks con uno sbuffo. Più della metà dei Lupi Mannari inglesi non comparivano in quel registro per evitare problemi con il Ministero. Perfino Remus era riuscito a evitarlo fino a qualche prima – fino a quando quello stronzo di Piton non aveva avuto la brillante idea di raccontare ai ragazzini di Serpeverde che il loro insegnante era un Lupo Mannaro. Tonks ancora non si capacitava della calma con cui Remus aveva reagito. Piton gli aveva calpestato quel misero angolo di normalità che era riuscito a ritagliarsi: da ciò che Sirius gli aveva raccontato, Remus si era ritrovato l'Unità di Cattura alle calcagna meno di due giorni dopo ed era stato trascinato davanti al Consiglio per il Controllo delle Creature Oscure.

“Non è scappato per non incasinare Silente” aveva borbottato Sirius con aria tetra. “Ha detto che ammettere di aver ingannato anche lui era l'unico modo per evitare che Hogwarts finisse nei guai. Quell'idiota si è consegnato in mano a loro... altrimenti non lo avrebbero mai beccato, è sempre stato troppo furbo”.

Tonks continuò a scorrere le pagine. Fenrir Greyback era passato per il Ministero o era riuscito a fuggire? Che ne avevano fatto i genitori?


Amanda Deverell muore nel dicembre del 1940 in seguito alle gravi lesioni provocate dal Lupo Mannaro. Le sopravvivono il marito e il figlio, entrambi contagiati dalla maledizione.

 

“Merda”.

Erano stati aggrediti tutti. Nessun testimone, lesse poco più sotto. Quindi padre e figlio erano stati scaraventati nel girone dell'inferno della Regolazione delle Creature Oscure. Tonks poteva solo immaginare quali umiliazioni potessero aver passato. Remus si era rifiutato di parlarne perfino con Sirius, ma Tonks era un'Auror. Conosceva le procedure attuate da quell'Ufficio. Quando lo aveva spogliato per la prima volta, aveva finto di non accorgersi delle cinque croci marchiate a fuoco sulla sua spalla.

XXXXX.

Il grado di pericolosità più grande attribuibile a una Creatura Oscura. Avevano deciso che Remus fosse più pericoloso di un Drago o di un'Acromantula, più pericoloso perfino di quel dannato Lethifold che si era divorato Sirius.

Si chiese se anche al piccolo Fenrir Greyback fossero toccate le stesse umiliazioni che erano toccate a Remus, ma prima che la sua pietà si lasciasse trasportare oltre, la vivida consapevolezza che proprio Greyback aveva trascinato Remus all'inferno tornò a dominare i suoi pensieri. Guardò ancora la fotografia attaccata alla prima pagina, dove il ragazzino che un tempo era stato Lawrence Deverill ringhiava e strepitava all'indirizzo della macchina, con i denti aguzzi e gli occhi gialli iniettati di sangue. Mise da parte la fotografia e riprese a sfogliare il fascicolo. Fra le mani le comparve un'autorizzazione di soppressione emessa nei confronti di Dougal Deverell dall'Ufficio di Regolazione per le Creature Magiche nel novembre del 1944.


Aggressione nel piccolo villaggio di Babbani di Bosherston. Vittime accertate: 27.


Tonks si massaggiò stancamente le tempie mentre le parole le galleggiavano nella testa e iniziavano a procurarle una fastidiosa emicrania. “Nessun difensore d'ufficio previsto”, “ammissione di colpa”, “condanna a morte per decapitazione”... aveva la nausea.

Remus doveva conoscere per forza la vera storia di Greyback, eppure non dimostrava mai nemmeno il minimo accenno di empatia nei suoi riguardi. Nemmeno il più misero tentativo di comprendere cosa avesse portato quel ragazzino a insanguinare la Gran Bretagna. Non era perdonabile... ma come si poteva fingere che tutto quello non fosse mai accaduto? Remus parlava di Greyback come se fosse Greyback da sempre, ma doveva sapere che c'era stato un momento in cui entrambi erano stati uguali: due bambini disperati.

Un quieto bussare alla porta la fece sobbalzare. Raccolse in fretta e furia tutti i fogli sparpagliati sul letto e li nascose sotto al cuscino.

«Sì?».

«C'è una sorpresa al piano di sotto» le disse la voce infastidita di Proudfoot. «So che non vedi l'ora di scoprire di cosa si tratta».

Tonks aprì la porta con una smorfia.

«È arrivato in anticipo».

L'uomo si limitò a sbuffare. Tonks sapeva che era perfino più innervosito di lei all'idea che fosse Dawlish a dirigere le operazioni. Produfoot era indubbiamente l'Auror che in quella casa poteva vantare la maggiore esperienza sul campo. Il motivo per il quale Robards avesse assegnato quella responsabilità a Dawlish piuttosto che a lui erano un mistero.

Scesero in silenzio quasi rassegnato le scale. Dawlish e Savage li stavano già aspettando nel soggiorno. Dritto e impeccabile nel suo completo da Auror, Dawlish stava agitando con pigrizia la bacchetta. Alla parete opposta al caminetto comparve una grande cartina del villaggio di Hogsmeade.

«Buon pomeriggio, Auror Tonks» la salutò Dawlish con un sorriso affettato. «L'abbiamo disturbata?».

La sottile ironia la fece irritare, ma si costrinse a mantenere un contegno serio mentre si accomodava in una poltrona accanto a Savage.

«Credevo non sarebbe arrivato prima di domani».

«Quindi l'ho disturbata?».

Tonks inarcò appena un sopracciglio.

«Ovviamente no. Salve, Charles».

«Salve, Tonks» la salutò con un sorriso gentile Savage.

Savage aveva pochi anni in più di Proudfoot, anche se i capelli ormai del tutto bianchi gli conferivano un'aria più anziana. Era un uomo decisamente alto – quasi quanto Dawlish – ma era di costituzione magra e secca come un giunco di palude. Era famoso per essere uno degli Auror più competenti in materia di Pozioni ed Erbologia. Aveva anche scritto un saggio sulla pericolosità di certe piante magiche associate alla Magia Oscura di cui non ricordava il titolo: Tonks aveva tentato di leggerli durante il suo addestramento, ma non era mai riuscita a superare i primi capitoli – al contrario di Remus, che ne possedeva una copia completamente piena di sottolineature e microscopiche annotazioni a margine.

«Philibert mi ha detto che la porta d'ingresso ti ha dato qualche problema».

«È un sistema di sicurezza che sa fare il suo mestiere» ridacchiò lei.

«Oh, poco ma sicuro».

«Ci sono altri convenevoli di cui desiderate metterci a conoscenza?» li interruppe con voce annoiata Dawlish. Agitò pigramente la bacchetta. Quattro minuscole puntine dalla testa rossa apparvero a mezz'aria. «La stazione di Hogsmeade è e rimarrà la nostra priorità» iniziò a spiegare loro. «Voglio una guardia costante attorno all'intero perimetro. È importante che la ferrovia resti sicura fino a quando rimarremo di stanza. Voglio un Auror in perenne perlustrazione di quell'area» concluse, attaccando la prima delle puntine.

Tonks storse appena il naso, ma preferì tenere per sé la propria perplessità. Al contrario di Proudfoot, che sembrava intenzionato a dar battaglia prima ancora di iniziare a discutere.

«La stazione?» ribatté difatti con evidente tono divertito. «Sei serio? A parte l'arrivo e la ripartenza degli studenti è una zona morta e i binari sono incantati per non trasportare nessun altro vagone che non faccia parte dell'Espresso di Hogwarts. A meno che tu non stia supponendo che i Mangiamorte abbiamo intenzione di partire dal binario 9¾ per attaccarci, concentrarci su un'area tanto distante lascerebbe scoperti tutti gli altri accessi al villaggio».

«Credo che Phil abbia ragione» aggiunse Tonks, che aveva avuto lo stesso dubbio. «Una volta che i ragazzi avranno raggiunto Hogwarts, la stazione sarà più che periferica. Inoltre è circondata quasi interamente dal Lago Nero, l'unico modo di raggiungerla è a bordo di un treno che non si muoverà da Londra per i prossimi nove mesi».

«La posizione periferica la rende una facile preda» insistette Dawlish.

«Anche Mondomago, se è per questo» continuò Tonks. «Con la differenza che da quell'angolo si ha un'ottima visuale aperta del sentiero principale che conduce a Hogwarts, mentre dalla stazione...».

«...dalla stazione si controlla solo la stazione».

Charles tossicchiò con aria vaga.

«Io credo sarebbe più opportuno attendere che l'Auror Dawlish abbia terminato di spiegarci il suo progetto, prima di valutarne ogni singolo aspetto senza avere un quadro generale».

A Tonks non sfuggì l'occhiata lapidaria che gli rivolse Proudfoot. Era cerca ne avessero già discusso in privato e che Proudfoot non avesse dato ascolto ai consigli del collega.

«Naturalmente» si arrese infine.

«Dopo l'area della stazione» continuò Dawlish come se non ci fosse stata alcuna interruzione, «intendo garantire un controllo costante ai posti più frequentati, i Tre Manici di Scopa, l'Ufficio Postale e... Mondomago» concluse con un accenno di ritrosia, mentre una ad una le puntine andavano a piazzarsi sugli edifici elencati. Ci turneremo in modo da garantire la costante presenza di almeno due di noi negli orari più trafficati – la mattina e il tardo pomeriggio – e lasceremo sempre qualcuno di controllo nella zona dell'Ufficio Postale». Li fissò con intensità uno a uno, ma dalla sua espressione fredda era difficile capire se li stesse invitando a sfidarlo.

Tonks immaginò la faccia che avrebbe fatto Moody davanti a un piano di pattugliamento tanto sciocco. Era strano che Robards avesse davvero messo Dawlish a capo di quella missione. Dacché Tonks sapeva, il suo campo d'azione comprendeva il Duello e gli assalti di gruppo, strategie completamente differenti da quelle richieste dal pattugliamento del villaggio.

Fu Savage il primo a parlare.

«Hai fatto un buon lavoro con la gestione dei turni, ma temo che non riceveremmo altri rinforzi dal Quartiere Generale, ammesso che non siano arrivati aggiornamenti da Robards di cui non sono a conoscenza. Noi siamo in quattro, John».

Tonks soffocò un sorriso soddisfatto.

«Il mio programma è perfettamente studiato per quattro Auror competenti».

«...quattro Auror che non avranno tempo nemmeno di dormire, si direbbe».

«Se hai delle rimostranze per il numero di Auror coinvolti in questa missione, Auror Proudfoot, puoi comunicarlo al Capo Robards» replicò con decisione feroce Dawlish. «Io ho già esposto le mie perplessità in merito a questo gruppo».

«Oh, ma non mi dire...».

«Stai insinuando qualcosa?».

«Ho motivo di farlo?».

Savage si alzò in piedi e raggiunse la mappa affissa alla parete con la chiara intenzione di placare la discussione sul nascere. Tonks, sebbene nutrisse un malsano desiderio di vederla esplodere solo per il gusto di vedere Proudfoot fare a pezzi Dawlish, lo imitò e si avvicinò a lui per osservare meglio.

«Cerchiamo di salvare il salvabile da questa situazione» le sussurrò Savage in un soffio praticamente incomprensibile. «Posso suggerire qualche modifica, John?» domandò a voce più alta.

Dawlish inclinò il capo e mosse a mezz'aria la mano. Non le dispiacque vedere la rassegnazione con cui accettava di ascoltare Savage.

«Credo che Philibert e Tonks abbiamo sottovalutato l'importanza della stazione. Fino a quando non sarà arrivato l'Espresso di Hogwarts, è una posizione ad alto rischio».

«Sì, ma--».

«Sì, Philibert, lo è. D'altro canto, anche io sono dell'opinione che un eccesso di protezione in un punto che è già quasi completamente difeso dal Lago Nero ci farà correre il rischio di lasciare sguarnite posizioni più adatte al nostro compito... come abbiamo ormai compreso, siamo in quattro».

Tonks aprì la bocca per parlare, ma Savage la interruppe con un gesto gentile della mano.

«Credo anche sia eccessivo pattugliare contemporaneamente le aree dei Tre Manici di Scopa e dell'Ufficio Postale: non distano che qualche decina di metri e siamo tutti sufficientemente competenti per coprire da soli un'area così limitata».

Dawlish alzò il mento con aria di supponenza, ma continuò a tacere.

«Infine, temo tu abbia sottovaluto la possibilità di essere attaccato non dall'esterno, ma dall'interno... in quel caso, sperando di non doverne avere la necessità, la posizione migliore è sicuramente--».

«--il negozio di scherzi di Zonko».

Tonks si morse la lingua mentre lo sguardo indagatore di Savage si posava su di lei.

«Sì, giusto» commentò con un sorriso appena accennato. «In questo modo, con una copertura attenta anche se parziale della zona a nord della stazione e un buon controllo della parte sud che porta a Hogwarts, dovremmo essere in grado di muoverci con largo anticipo in caso di un assalto al villaggio».

«Sembra che tu stia suggerendo di modificare interamente il mio progetto».

«Affatto, continuo a ritenere fondamentale l'area della stazione fino a quando i giovani studenti di Hogwarts non avranno raggiunto la scuola».

«Posso dire qualcosa?» s'intromise Tonks.

Gli occhi dei tre Auror si posarono su di lei. Tonks si grattò distrattamente la nuca per prendere il tempo di riordinare meglio le idee.

«Anche io sono convinta che non dovremmo sprecare troppe energie per la sola stazione, ma è anche vero che la parte nord del villaggio resta fortemente esposta alla brughiera. I Mangiamorte potrebbero voler risparmiare i soldi di Lucius Malfoy e non comprare i biglietti dell'Espresso...».
Proudfoot emise un vago risolino sarcastico, ma Tonks continuò.

«Perciò credo dovremmo valutare l'idea di spostarci da qui...» propose, staccando la puntina dalla stazione, «...a qui».

Questa volta fu Proudfoot a protestare.

«La Stamberga Strillante? Tonks, è una perdita di tempo».

«Ehi, guarda la mia puntina!» si lamentò lei. «Non è sulla Stamberga Strillante, è almeno venti metri prima. C'è un piccolo pendio che scivola verso la Stamberga e questo è il suo punto più alto. Da qui non solo possiamo avere un'ottima visibilità della stazione, ma anche dell'intera zona che costeggia le case più distanti dalla strada. E dovrebbe esserci un sentiero non segnalato, proprio qui». Tracciò vagamente una linea curva che seguiva la costa del Lago Nero, cercando di ricordare la posizione indicatale da Silente. «Andrò a controllare subito se è un sentiero ancora praticabile... se l'Auror Dawlish è d'accordo» aggiunse.

Dawlish si passò la lingua sul labbro superiore senza distogliere lo sguardo da lei. Non riusciva a capire se fosse molto viscido o molto minaccioso, ma Tonks mantenne alto il capo e rimase in impassibile attesa.

«E sia» sibilò infine Dawlish, voltando loro le spalle. «Voglio un rapporto dettagliato su quel sentiero immaginario prima dell'ora di cena, Auror Tonks».

«Ma sono le quattro del pomeriggio».

«Ceniamo alle sette in punto» continuò lui con espressione soddisfatta. Le rivolse un'ultima occhiata imperscrutabile prima di svanire nel corridoio.

Attesero di sentire il rumore della porta d'ingresso chiudersi prima di parlare.

«Robards è uscito di senno» commentò con sprezzo Proudfoot. «Mandare quel gradasso incapace».

«Non è incapace» lo corresse con calma Savage, tornando a sedere sulla poltrona. «Ma questo non è decisamente il suo campo d'azione».

“Gawain ha pensato fosse meglio avere un Auror di esperienza al comando” le aveva detto Dawlish la mattina prima al Ministero. Ma Proudfoot e Savage erano Auror più anziani e decisamente più adatti a quel tipo di missione... Tonks aveva l'orrenda sensazione che ci fosse qualcosa di sporco nascosto dietro la presenza di Dawlish a Hogsmeade.

«L'idea della Stamberga è stata una discreta intuizione» scherzò Proudfoot con voce sarcastica. «Non male per una ragazzina che si diverte a trasformare il suo naso in un grugno di maiale».

Tonks sorrise appena, continuando a fissare il corridoio nel quale Dawlish era sparito.

«Grazie» rispose soltanto. «Credo che mi incamminerò verso la Stamberga. Che quel sentiero esista o meno, sarà comunque meglio muoversi prima che il sole tramonti».

«Posso accompagnarti?» si offrì con gentilezza Savage.

Tonks stava per dirgli che non era un'escursione particolarmente pericolosa, ma la possibilità di avere compagnia in un tragitto lungo e probabilmente noioso ebbe la meglio sul suo senso pratico.

«Sicuro».

Attese sulla soglia del soggiorno che Savage prendesse il proprio mantello e ammonisse bonariamente Proudfoot per il suo comportamento immaturo con Dawlish.

«Quell'idiota...» sentì biascicare Proudfoot mentre uscivano dalla casa.

Tonks rise del sospiro rassegnato di Savage. Nonostante il clima fosse abbastanza fresco, il sole splendeva fra le nuvole bianche. Tuttavia Hogsmeade era comunque un lungo e magro spettro deserto, con molte case dalle serrande sigillate e le porte sprangate. Infilò le mani nelle tasche e s'incamminò al fianco dell'uomo verso la stazione del villaggio.

«Phil è stato avaro di complimenti prima» disse lui. «La tua stata un'intuizione piuttosto brillante».

«Non è stata proprio una mia idea» confessò Tonks con un mezzo sorriso divertito. «Mi sono ritrovata in una situazione di poco diversa qualche mese fa e...». S'interruppe con aria vaga, non del tutto certa di quanto oltre potesse spingersi nel raccontare le missioni dell'Ordine della Fenice. «...beh, ho imparato in fretta».

«Una virtù indispensabile per qualunque Auror» commentò deliziato Savage. «È più vicina di quanto non credessi: si vede già la Stamberga in fondo alla strada».

«Charles?».

«Sì?».

«Stai perdendo tempo anziché dirmi qualcosa di importante?».

L'Auror più anziano emise un soffio che a Tonks suonò come una mezza risata. Scosse il capo e le mostrò i palmi delle mani.

«È molto evidente, vero? Oh, beh, non sono mai stato un'abile ingannatore». Fece un respiro profondo e aggiunse: «Mi dispiace non aver avuto modo di incontrarti al Quartier Generale senza orecchie indiscrete attorno... ma temo non sia semplicemente contemplabile l'idea di avere un po' di privacy in qualche luogo del Ministero».

Tonks si umettò nervosa le labbra, in vigile attesa.

«Volevo essere certo che non cadessi nell'errore di credere che te e Kingsley foste gli unici due Auror a rispettare Albus Silente. Siamo in più di quanto tu non creda... anche se non siamo tanto irresponsabili da mettere a rischio la nostra carriera». C'era una punta di distinto rimprovero nel suo tono di voce cortese. «Probabilmente penserai che dovrei badare ai miei interessi...».

«No, per niente» si affrettò a rispondere Tonks. «In realtà... beh, grazie. Devo ammettere che mi fa piacere sapere che non tutti i miei colleghi più anziani sono degli immensi imbecilli».

Savage sorrise.

«E Phil?» domandò Tonks, sebbene intuisse la risposta.

«È un immenso imbecille» ridacchiò Savage. «Ma morirebbe per quello in cui crede... e quello in cui crede coincide con ciò in cui Silente ha sempre creduto».

Tonks annuì.

«E Belcher?».

«No».

«Leach?».

«No».

«Williamson?».

«No».

«Rufford? Ruth? Kenneth?».

«No, no e ancora no» mormorò Savage con una mezza smorfia. «Tonks, mia cara, non ho detto che siamo tanti».

«Hai detto che siamo più di quanto non credessi».

«Perché credevi foste solo tu e Kingsley».

Tonks incrociò le braccia al petto e scosse il capo. Aveva nutrito il sogno di diventare un Auror da quando era una bambina che sgraffignava di nascosto il giornale ai genitori. Cercavano di impedirle di leggere le notizie in prima pagina – Mangiamorte, maghi e streghe morte, Babbani morti, altri Mangiamorte – ma lei era affascinata dalle fotografie in bianco e nero che ritraevano gli Auror nelle loro divise. I mantelli neri (solo successivamente scoprì essere di un intenso verde scuro), i guanti di pelle di drago, la cinghia dalla quale dondolavano la bacchetta e la distintiva “A” del Quartier Generale... a nove anni suo padre le spiegò che il metallo di cui era forgiato quel medaglione rappresentava il valore dimostrato dall'Auror che la portava. Di ferro per le matricole, di rame per chi superava l'addestramento e poi il bronzo e l'argento, fino ad arrivare all'oro, la medaglia che – a sentire suo padre – veniva conferita solo a pochi grandi Auror. Con il passare degli anni Tonks aveva scoperto suo malgrado che nella maggior parte delle occasioni quella medaglia era l'ultimo solenne ringraziamento che il Ministero e il Quartier Generale offrivano agli Auror caduti... i Prewett, Dearborn, anche i Longbottom.

Aveva sognato per tutta la vita il giorno in cui avrebbe potuto mostrare con orgoglio il suo medaglione da Auror – il giorno in cui avrebbe salvato la Gran Bretagna come una giovane eroina, e non sarebbe stato troppo diverso dai giochi che faceva da bambina, quando fingeva di uccidere Oscuri Signori e temibili mostri per salvare sua madre e suo padre nella sicurezza del salotto.

Si rigirò fra le dita il medaglione di rame che portava saldo alla cintura. Le ultime posizioni prese dal Quartier Generale e dai suoi superiori le stavano facendo dubitare di esserne tanto orgogliosa. Ciò che aveva scoperto del Ministero negli ultimi due anni, in effetti, l'aveva costretta a rivalutare completamente tutto ciò in cui aveva sempre creduto.

“Prima o poi dovevi renderti conto che fare l'Auror è uno schifo di lavoro, ragazza” aveva risposto Moody alle sue proteste. Sirius le aveva appena raccontato di non aver avuto un equo processo.

«Non essere troppo abbattuta» la consolò Savage. «La prontezza in guerra non è mai stato un vanto per il Ministero, ma alla fine ha sempre combattuto dalla parte giusta».

«Sì, ma la parte giusta di chi?» domandò infine. «Il Ministero ha mai combattuto per difendere i diritti al lavoro dei Maghinò? Ha mai davvero fatto qualcosa di concreto per fermare chi usa la magia per danneggiare o deridere i Babbani? I Folletti? Ordiniamo loro di gestire i nostri ricchi patrimoni ma la nostra legge non permette loro di possederne di propri».

Savage inclinò appena il capo, ma non la interruppe.

«Abbiamo costretto l'intera comunità dei Centauri scozzesi a rinchiudersi nella Foresta Nera. E Tibby ha uno stipendio regolare?».

«Tibby... l'elfa domenistica? Temo di no».

«La parte giusta di chi?» domandò con enfasi Tonks. «Siamo solo i soldatini ipocriti di un branco di altri ipocriti».

Il silenzio che seguì la sua affermazione lapidaria le fece rimpiangere di aver parlato prima di ragionare. Moody l'aveva avvertita un'infinità di volte.

“Tieni chiusa la bocca, se non vuoi che qualcuno mozzi la tua lingua progressista”.

Forse Savage era dalla parte di Silente, ma questo non significava che non la pensasse esattamente come qualunque altro membro rispettabile della comunità magica.

Savage non le rispose. Percorsero senza dire nulla i pochi metri che li separavano dal perimetro della Stamberga Strillante, mentre il sole iniziava a svanire oltre le montagne del nord e gettava una luce dorata sui pendii della brughiera scozzese attorno a loro. Quasi nascosto dagli alberi e dai grossi arbusti che circondavano la Stamberga, si sporgeva l'inizio di uno stretto sentiero battuto che sembrava seguire il profilo della Foresta Nera e svaniva non troppo distante dai cancelli a sud di Hogwarts.

«Hai ragione» commentò l'uomo con un vago sorriso.

Tonks annuì brevemente.

«Domani dovremmo controllare quante sono le possibilità di raggiungere quel sentiero dalla Foresta Nera».

«Sì, dovremmo».

Gli diede le spalle, incapace di sopportare oltre la tensione che si era venuta a formare di colpo fra loro. Non rimpiangeva ciò che aveva detto, ma sapeva anche che non avrebbe dovuto. Savage era un Auror competente e un uomo corretto: non meritava di essere paragonato a tutti i bastardi del Ministero senza alcuna possibilità di difendersi. Dopotutto, lei non era da meno: non aveva certo rassegnato le dimissioni per protesta.

«Hai ragione anche su ciò che pensi di questo paese» le ripeté infine, raggiungendola. «Ma dovresti comunque stare attenta a come ne parli».

«Lo so» confessò amaramente.

«No, non lo sai». Per la prima volta nella voce dell'Auror più anziano c'era una solenne severità. «Le tue sono opinioni pericolose. Non credi di star già correndo abbastanza rischi con Tu-Sai-Chi e i suoi Mangiamorte nuovamente in circolazione?».

«Lord Voldemort e i suoi Mangiamorte fanno distinzione in base alla quantità di sangue magico che scorre nelle nostre vene...». Si chiese se non stesse osando troppo, ma ormai era fatta. «Noi lo facciamo in base alla qualità e abbiamo deciso che la qualità migliore fosse quella di chi stringe in mano una bacchetta».

«Tonks...».

«Non stiamo combattendo Voldemort perché rappresenta una minaccia per la Gran Bretagna: lo stiamo combattendo perché è una minaccia per noi».

«Tonks» la ammonì con fermezza Savage. «Dawlish è qui per te».

«Cosa?».

Savage sospirò e si passò una mano sul viso.

«Dawlish non ha la minima esperienza in questo settore. Per quale motivo credi che Robards abbia insistito per averlo a capo di questa squadra di pattugliamento?».

Tonks avvertì una fastidiosa sensazione di calore diffondersi sulle gote. Si sentiva una scolaretta davanti al professore.

«Non ne ho idea».

«No? Permettimi di darti un indizio. Per quale motivo a un Auror capace come Kingsley Shacklebolt è stato affidato un compito tanto al di sotto delle sue capacità? E cosa può mai aver spinto l'Ufficio Applicazione delle Legge sulla Magia a dare una promozione al direttore di un reparto tanto sottovalutato come quello di Arthur Weasley?».

La ragazza abbassò gli occhi e si mordicchiò appena il labbro inferiore, mentre una fastidiosa sensazione claustrofobica le serrava lo stomaco.

«È un modo per tenere Kingsley lontano dal Ministero» commentò in un basso mormorio. «E Arthur...».

«Basil Lufkin ora lavora per lui» le spiegò con più dolcezza Savage. «E Basil Lufkin è il nipote di Mafalda Hopkirk, probabilmente una delle burocrati meno empatiche che il Ministero abbia mai assunto».

«Vogliono... oh, dannazione!» capì infine Tonks. Prese a calci un sasso e lo guardò scivolare nell'erba alta fino a perderlo di vista. «Silente ha chiesto a Robards di mettermi nella squadra e Robards si è preoccupato che volesse usarmi per spiare le mosse del Ministero. Ecco perché Dawlish è qui. È così?».

Savage si grattò il mento con espressione concentrata.

«Lo spero».

«Lo speri?».

«So per certo che hanno consultato l'elenco dei visitatori che hai ricevuto mentre eri ricoverata al San Mungo e un nome in particolare ha attirato la loro attenzione».

Tonks non riusciva a capire dove Savage intendesse arrivare con quel ragionamento.

«Sono venuti i miei genitori. E Malocchio, Kingsley... anche Arthur e Molly Weasley. Nessuno che--».

«--e Remus Lupin».

Si bloccò di colpo con aria sconvolta. Scosse appena la testa, mentre quell'idea assurda le faceva comparire un mezzo sorriso incredulo.

«No» negò con sicurezza. «Remus Lupin non è venuto. Me ne ricorderei».

«Forse non eri cosciente, Tonks, ma ti assicuro che il suo nome è su quella lista».

“Bastardo”. Non gliel'aveva nemmeno detto. Era sgattaiolato nella sua stanza d'ospedale come un ladro d'appartamento, senza nemmeno avere la decenza di attendere che si svegliasse. Era così stanca che la presenza di Remus nella sua vita fosse sempre avvolta nel buio...

«E anche se fosse così, cosa c'è di così grave?» proruppe infine. «Remus è un mio amico».

«Lo è davvero?».

Non c'era accusa nel suo tono di voce. Savage la guardava senza riuscire a celare una lieve apprensione. Tonks lo scrutò a lungo, indecisa se fidarsi o meno di lui. L'uomo parve intuire il motivo del suo tentennamento.

«Per quale motivo credi che io sia qui? Non è il campo d'azione adatto a Dawlish e non lo è per me» le domandò.

La giovane soppesò con attenzione la situazione. Vagliò ogni possibile ipotesi, ma una sola sembrava la più plausibile. Sperava solo di sbagliare.

«Te l'ha chiesto Moody» scandì con un soffio rabbioso. «Siete tutti qui per controllare me? Molto lusinghiero».

«È solo preoccupato. E anche se ti infastidirà ancora di più, ora devo ammettere di esserlo anche io».

«Non è necessario».

«Stai rischiando molto più della tua carriera».

«E cosa dovrebbe avere a che fare Remus Lupin con tutto questo?».

Savage le sorrise.

«Non è un amico, vero?».

Tonks si umettò le labbra e scrollò le spalle. Non credeva fosse una domanda così complicata, ma improvvisamente si ritrovò incapace di delineare una risposta sensata perfino a se stessa. In ogni caso era decisa a tenersela per sé. Tuttavia Savage sembrava aver dedotto dal suo silenzio più di quanto lei stessa non avrebbe voluto.

«Qualunque cosa lui rappresenti per te, il Ministero lo sa. Alastor non sa come, ma lo sanno».

«È assurdo. Non posso credere che l'intero Ministero si stia mobilitando per controllare... cosa, esattamente? Che io non commetta impudicizie poco rispettabili con un Lupo Mannaro? È questo che dà loro fastidio?». Imprecò ad alta voce e si passò una mano fra i capelli. «Il Ministero è pieno di stronzi, ma questo non spiega la fatica di controllare me. Remus non è certo l'unico Lupo Mannaro che cerca di avere una vita in questo paese. Questo lo sanno?».

«Tu sei un'Auror. E Remus Lupin non è un Lupo Mannaro qualunque».

«Perché non mi hanno semplicemente licenziato, allora?».

«Questo non lo so...».

Tonks sbuffò.

«... ma lo scopriremo» le promise Savage. «Anche se temo che questa sia solo la punta della iceberg e non ho dei buoni presentimenti in merito».

La ragazza lanciò un'ultima occhiata adirata al sentiero che portava a Hogwarts e al profilo sgangherato della Stamberga Strillante. Non poté fare a meno di pensare a quanti pleniluni dovesse aver trascorso Remus rinchiuso fra quelle mura fatiscenti in completa solitudine.

Quell'idiota – si disse poi – mi ha nascosto qualcosa. E qualunque cosa sia, mi sta incasinando la vita.

Oh, Dio, non vedo l'ora di prenderlo a calci.






°°°

 

 

 


Inutili note di fine capitolo:

    1. Non si sa nulla di Greyback e non credo di essermi persa qualche novità da Pottermore. Fenrir Greyback è un personaggio che mi ha scelto affascinato tantissimo... fino a quando non è comparso in scena alla fine del Principe Mezzosangue. Ehm... seriamente? No, un attimo, facciamo mente locale. Io capisco che Remus Lupin è un tipo pieno zeppo di seghe mentali e che Fenrir rappresenti un po' il suo incubo nel cassetto, ma soffermiamoci al momento in cui ne parla con Harry durante le vacanze di Natale alla Tana. Stringe le mani al grembro, parla con esitazione... Remus Lupin ha una fottuta paura di Fenrir Greyback, e questo mi fa amare ancora di più sia l'uno che l'altro. Quando ho letto per la prima volta quel pezzo - soprattutto il punto in cui Remus spiega che Voldemort ha promesso una preda speciale a Greyback - ero elettrizzata. Che figata, un Lupo Mannaro sociopatico. E invece... beh, quando Greyback è comparso sembrava uno dei personaggi di A Very Potter Sequel. Non parliamo del settimo libro, poi, dove tutta la cosmica inutilità di Greyback non ha più paragoni. Bella la scena in cui fa il viscido con Hermione, ma... ehi, dai, dov'è il mostro più sanguinario della Gran Bretagna? Detto ciò - ma quanto parlo? - spero di riuscire a renderlo un po' meno Hobbit e un po' più Orco in questa fic. Spero, eh.

    2. No, basta. Giuro.



   
 
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