Ben ritrovati!!!
Le
ferie – e quindi l'internet
point chiuso >.< - mi hanno costretta ad una pausa estiva
forzata, ma rieccomi qua con un capitoletto di “riscaldamento”
prima di riprendere con il ritmo consueto... :)
Abbiamo lasciato i
nostri dopo un attacco alla base di Metatron e abbiamo scoperto che,
per la prima volta, un robot – lo sfortunatissimo Gadreel - è
riuscito a resistere alla riprogrammazione... Come?
Perché? Cosa ha messo di così
speciale Chuck nei suoi robot? E come
reagiranno i “supercattivi” della storia?
A
queste e ad altre domande troveremo delle risposte nei prossimi
capitoli... Nel frattempo, ci sono un sacco di altre faccende di cui
i nostri personaggi dovranno occuparsi – legate al passato, alla
famiglia e a vecchie cicatrici che, con un po' di coraggio, forse
riusciranno a superare.
Ringrazio
tutti voi che avete letto/ricordato/preferito/recensito questa
storia, e che – spero – vi siete chiesti che fine avessi
fatto...! :) Vi offro virtualmente una gassata a testa e vi auguro,
come sempre, buona lettura!
A.
:)
CAPITOLO DICIASSETTE.
Sette ore dopo.
Sam
è lì da ore, seduto su una sedia
accanto al letto. In attesa.
Il
mattino inonda di luce la piccola stanza dell'istituto, rischiara il
bianco panna e il verde acqua delle pareti, il legno chiaro della porta, il
metallo opaco delle macchine... E il profilo di un viso a cui l'uomo
si è affezionato in fretta, e che ha temuto di non poter rivedere
mai più.
Gadreel
dorme. Quasi come un essere umano. E un po'
lo sembra, così morbido e quieto, sdraiato nel suo letto con
la coperta tirata su fino al petto. Il termine tecnico per indicare
questa particolare fase, in cui il sistema azzera le sue funzioni per
autoripararsi, è shut
down. E questo è già il
secondo che l'androide si trova ad affrontare, dopo la Caduta... Sam
non se l'è sentita di lasciarlo da solo. Il ricercatore ha schermato
l'intera ala dell'Istituto, per maggiore sicurezza, in modo che le
guardie di Metatron non riescano a rilevare la presenza del robot in
alcun modo. Alla base dei ribelli, Gadreel sarebbe rimasto da solo su
una branda, in una piccola stanza senza gli strumenti adatti a
sostenerlo: qui, invece, ha a disposizione la presenza costante di
Sam e, a rotazione, quella di Charlie e Kevin. E poi, un letto vero,
un apparecchio per il monitoraggio... E, soprattutto, la luce del
sole.
È
la luce del sole che accarezza piano i tratti del robot, i suoi capelli spettinati,
disordinati sulla fronte, e le guance appena appena dorate da un velo
sottile di barba... Che gli sfiora piano il viso come Sam non ha più
avuto il coraggio di fare. Vorrebbe poter avere il diritto di
scivolare con i polpastrelli sulla curva di quelle sopracciglia
chiare - poter infondere distensione e tranquillità nella mente
danneggiata, al di sotto di quella fronte che ancora scotta un po'
e dietro quelle palpebre chiuse...
Ma
non ce l'ha, questo diritto.
Perché tutto questo è
colpa sua: Sam non riesce a smettere di pensarci. Gadreel non si
sarebbe mai trovato in queste circostanze, se non fosse stato per il
suo egocentrismo... Per il suo timore di affrontare la vita. Si è
comportato in modo avventato e orribile, e ora una creatura innocente
e dolcissima ne sta pagando le conseguenze – forse permanenti.
Nessuno sa come ne uscirà, se
riuscirà a cavarsela e soprattutto come.
Quella per la propria sopravvivenza è una battaglia che Gadreel deve
combattere da solo...
E
vegliarlo è tutto ciò che Sam può fare per lui.
***
Ventiquattro ore dopo.
Ogni
tanto lo vede muoversi - piccoli movimenti quasi impercettibili che
passerebbero inosservati a chiunque, ma non a qualcuno preoccupato e
teso come lui. E quei trascurabili aggiustamenti lo rassicurano sul
fatto che Gadreel è ancora presente, è ancora in grado di reagire -
e ci sta provando davvero.
Sam
gli siede accanto, con le braccia conserte posate sul bordo del
letto, proprio accanto al corpo dell'androide. Lo osserva, mentre
sentimenti discordanti gli si addensano nel petto. Le loro mani sono
vicinissime... Basterebbe soltanto allungare un po'
le dita, per poter ristabilire un contatto. Ma il senso di colpa è
forte, fortissimo, e Sam si chiede se Gadreel accetterebbe di farsi
prendere per mano, dopo... Dopo tutte le cose che gli ha detto.
Probabilmente no.
Ma
anche il desiderio di comunione è inarrestabile: e alla fine, dopo
qualche minuto di riflessioni, l'uomo cede. Intreccia la propria mano
con quella dell'androide, nel timido tentativo di trasmettergli
conforto e rassicurarlo sul fatto che non è solo. Gadreel
ha davvero delle belle mani - forti ma proporzionate, dalle dita
affusolate, - e Sam attende così per ore, custodendole tra le
proprie.
Quando il sole raggiunge l'apice, finalmente, Gadreel apre gli occhi.
«Gadreel...?»
Una
voce, lontana, chiama il suo nome. Un chiarore sfocato. Una
sensazione di morbidezza... Di accoglienza.
Risvegliarsi
è come riemergere dal fondo
di una scatola piena di ovatta... Nuotare nella gommapiuma. Ma non
c'è nulla che Gadreel
desideri di più che tornare
ad essere... Tornare ad esistere.
Il
torpore ancora gli avviluppa il corpo e la mente, ma i pensieri
fuligginosi già vanno schiarendosi.
Gadreel
a poco a poco schiude le iridi grigie. Ha l'aria stanca, e persino
gli occhi un po' cerchiati - impossibile, per un robot. Ma, dopo qualche istante di visibile
disorientamento, finalmente sposta lo sguardo sul ricercatore – e,
non appena lo riconosce, sulle sue labbra sottili compare un lento
sorriso che Sam sa essere frutto del dormiveglia, e quindi
assolutamente sincero e spontaneo.
«Sam...»
Il
sollievo è come un'onda, che travolge il cuore dell'uomo seduto
accanto al letto e lo rende improvvisamente leggero. Sam sorride,
sorride e sembra quasi sul punto di mettersi a saltare di gioia;
invece resta seduto, entrambe le mani strette attorno a quella del
robot, e lo guarda con infinito intenerimento, dopo averlo vegliato
per interminabili ore di agitazione e di attesa. Vorrebbe allungarsi
su di lui e abbracciarlo, senza dire nulla, e restare così
all'infinito – ma aspetterà, per questo, e soprattutto accetterà
qualunque cosa Gadreel gli dirà, se non sarà d'accordo.
«Ehi...
Come ti senti?» Sam se ne sta aggrappato alla sua mano come ad un
salvagente. È difficile contenere l'apprensione nella voce.
Gadreel
si muove piano sotto le coperte, come per riprendere padronanza di
sé. Poi richiude le palpebre per qualche istante, sospira.
«Meglio...
Grazie Sam,» risponde – più
lentamente del normale,
nota con ansia Sam; ma poi si ripete che lo stato di eccessiva
rilassatezza è un fenomeno piuttosto comune, dopo uno shut down.
«Tra
qualche ora starai ancora meglio, vedrai. Va tutto bene... Sei
all'Istituto, sei al sicuro,» cerca di rassicurarlo l'uomo – anche
se, a dire il vero, sembra più che stia tranquillizzando sé stesso.
Gli sembra un miracolo che Gadreel sia lì, presente e vigile, e che
sia in grado di riconoscerlo e di parlare con lui – quando,
soltanto qualche ora prima, Sam aveva sentito gli occhi pungere di
lacrime, guardandolo, con il terribile presentimento che non ce
l'avrebbe fatta.
Sul
volto dell'androide quel sorriso lieve resiste, tenace e mite; e Sam
si chiede quanto possa essere grande il cuore di Gadreel – se
ne avesse uno, - per
permettergli di sorridere così, con dolcezza e gratitudine, alla
persona che è in gran parte colpevole per l'esperienza terribile che
ha appena vissuto. Sembra solo immensamente felice di essere vivo, Gadreel.
«M-mm--»
Il sonno preme di nuovo sugli occhi del robot, che però sembra
intento a lottare per non assopirsi di nuovo. Così sembra proprio un
bambino – un bambino che si ostina a restare sveglio, a dispetto
della stanchezza che lo assale, per ascoltare il termine della
favola. Ma ne ha bisogno: deve riposare il più possibile, per
potersi riprendere nel migliore dei modi.
Il
ricercatore lancia un'occhiata ai valori sullo schermo del
monitoraggio, trovandoli tutti perfettamente bilanciati. Gadreel sta
bene, ora: deve soltanto lasciarlo sonnecchiare un altro po'.
«Dormi,
Gadreel. Prenditi tutto il tempo che ti serve,»
mormora Sam, per incoraggiarlo ad abbandonarsi di nuovo al sonno
senza opporsi. E poi, all'improvviso, qualcosa dentro di lui si
scioglie definitivamente: e Sam trova il coraggio di accarezzargli
timidamente una guancia, con estrema leggerezza - arrendendosi una
volta per tutte all'affetto che sente crescere, di minuto in minuto,
nei confronti di quella creatura.
Per
tutta risposta Gadreel inclina appena il capo di lato, inseguendo il
contatto con la mano di Sam fin quasi a chiuderla contro la propria
spalla. Un moto di gioia spontanea gli illumina i lineamenti e il
robot si lascia finalmente andare, riconoscente e felice per una
tenerezza inaspettata che arriva quando più ne ha bisogno.
Sam
lo osserva sorridendo. Per augurargli la buonanotte, gli sfiora
affettuosamente la fronte con un tocco così lieve da esser quasi
impalpabile.
«Sono
così felice di riaverti qui...», sussurra, commosso.
Ma
l'androide già dorme, e non può sentirlo.