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Autore: Ambaraba    23/08/2016    2 recensioni
Cosa accadrebbe se i personaggi che ben conosciamo si muovessero in un mondo in cui non ci sono creature a cui dare la caccia, ma ugualmente pericolose? E se gli angeli fossero robot? E se i fratelli Winchester fossero i capi di un manipolo di esseri umani che lottano per la libertà e Metatron fosse l'artefice di una dittatura in un mondo futuristico?
E se qualcuno, caduto dal cielo per sbaglio, venisse a salvarli?
(Piccola rivisitazione fantascientifica sulla nona stagione.)
Genere: Azione, Guerra, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Gadreel, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro, Contesto generale/vago
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Capitolo 17 - risveglio di Gadreel

    Ben ritrovati!!!
Le ferie – e quindi l'internet point chiuso >.< - mi hanno costretta ad una pausa estiva forzata, ma rieccomi qua con un capitoletto di “riscaldamento” prima di riprendere con il ritmo consueto... :) 
    Abbiamo lasciato i nostri dopo un attacco alla base di Metatron e abbiamo scoperto che, per la prima volta, un robot – lo sfortunatissimo Gadreel - è riuscito a resistere alla riprogrammazione... Come? Perché? Cosa ha messo di così speciale Chuck nei suoi robot? E come reagiranno i “supercattivi” della storia?
    A queste e ad altre domande troveremo delle risposte nei prossimi capitoli... Nel frattempo, ci sono un sacco di altre faccende di cui i nostri personaggi dovranno occuparsi – legate al passato, alla famiglia e a vecchie cicatrici che, con un po' di coraggio, forse riusciranno a superare.
    Ringrazio tutti voi che avete letto/ricordato/preferito/recensito questa storia, e che – spero – vi siete chiesti che fine avessi fatto...! :) Vi offro virtualmente una gassata a testa e vi auguro, come sempre, buona lettura!
    A. :)

CAPITOLO DICIASSETTE.

Sette ore dopo.

    Sam è lì da ore, seduto su una sedia accanto al letto. In attesa.
Il mattino inonda di luce la piccola stanza dell'istituto, rischiara il bianco panna e il verde acqua delle pareti, il legno chiaro della porta, il metallo opaco delle macchine... E il profilo di un viso a cui l'uomo si è affezionato in fretta, e che ha temuto di non poter rivedere mai più.
    Gadreel dorme. Quasi come un essere umano. E un po' lo sembra, così morbido e quieto, sdraiato nel suo letto con la coperta tirata su fino al petto. Il termine tecnico per indicare questa particolare fase, in cui il sistema azzera le sue funzioni per autoripararsi, è shut down. E questo è già il secondo che l'androide si trova ad affrontare, dopo la Caduta... Sam non se l'è sentita di lasciarlo da solo. Il ricercatore ha schermato l'intera ala dell'Istituto, per maggiore sicurezza, in modo che le guardie di Metatron non riescano a rilevare la presenza del robot in alcun modo. Alla base dei ribelli, Gadreel sarebbe rimasto da solo su una branda, in una piccola stanza senza gli strumenti adatti a sostenerlo: qui, invece, ha a disposizione la presenza costante di Sam e, a rotazione, quella di Charlie e Kevin. E poi, un letto vero, un apparecchio per il monitoraggio... E, soprattutto, la luce del sole.
    È l
a luce del sole che accarezza piano i tratti del robot, i suoi capelli spettinati, disordinati sulla fronte, e le guance appena appena dorate da un velo sottile di barba... Che gli sfiora piano il viso come Sam non ha più avuto il coraggio di fare. Vorrebbe poter avere il diritto di scivolare con i polpastrelli sulla curva di quelle sopracciglia chiare - poter infondere distensione e tranquillità nella mente danneggiata, al di sotto di quella fronte che ancora scotta un po' e dietro quelle palpebre chiuse...
Ma non ce l'ha, questo diritto. Perché tutto questo è colpa sua: Sam non riesce a smettere di pensarci. Gadreel non si sarebbe mai trovato in queste circostanze, se non fosse stato per il suo egocentrismo... Per il suo timore di affrontare la vita. Si è comportato in modo avventato e orribile, e ora una creatura innocente e dolcissima ne sta pagando le conseguenze – forse permanenti. Nessuno sa come ne uscirà, se riuscirà a cavarsela e soprattutto come. Quella per la propria sopravvivenza è una battaglia che Gadreel deve combattere da solo...
    E vegliarlo è tutto ciò che Sam può fare per lui.

***

Ventiquattro ore dopo.

    Ogni tanto lo vede muoversi - piccoli movimenti quasi impercettibili che passerebbero inosservati a chiunque, ma non a qualcuno preoccupato e teso come lui. E quei trascurabili aggiustamenti lo rassicurano sul fatto che Gadreel è ancora presente, è ancora in grado di reagire - e ci sta provando davvero.
    Sam gli siede accanto, con le braccia conserte posate sul bordo del letto, proprio accanto al corpo dell'androide. Lo osserva, mentre sentimenti discordanti gli si addensano nel petto. Le loro mani sono vicinissime... Basterebbe soltanto allungare un po' le dita, per poter ristabilire un contatto. Ma il senso di colpa è forte, fortissimo, e Sam si chiede se Gadreel accetterebbe di farsi prendere per mano, dopo... Dopo tutte le cose che gli ha detto. Probabilmente no.
    Ma anche il desiderio di comunione è inarrestabile: e alla fine, dopo qualche minuto di riflessioni, l'uomo cede. Intreccia la propria mano con quella dell'androide, nel timido tentativo di trasmettergli conforto e rassicurarlo sul fatto che non è solo. Gadreel ha davvero delle belle mani - forti ma proporzionate, dalle dita affusolate, - e Sam attende così per ore, custodendole tra le proprie.
    

    Quando il sole raggiunge l'apice, finalmente, Gadreel apre gli occhi.


    «Gadreel...?»
Una voce, lontana, chiama il suo nome. Un chiarore sfocato. Una sensazione di morbidezza... Di accoglienza.
    Risvegliarsi è come riemergere dal fondo di una scatola piena di ovatta... Nuotare nella gommapiuma. Ma non c nulla che Gadreel desideri di più che tornare ad essere... Tornare ad esistere.
    Il torpore ancora gli avviluppa il corpo e la mente, ma i pensieri fuligginosi già vanno schiarendosi.

    Gadreel a poco a poco schiude le iridi grigie. Ha l'aria stanca, e persino gli occhi un po' cerchiati - impossibile, per un robot. Ma, dopo qualche istante di visibile disorientamento, finalmente sposta lo sguardo sul ricercatore – e, non appena lo riconosce, sulle sue labbra sottili compare un lento sorriso che Sam sa essere frutto del dormiveglia, e quindi assolutamente sincero e spontaneo.
    «Sam...»
    Il sollievo è come un'onda, che travolge il cuore dell'uomo seduto accanto al letto e lo rende improvvisamente leggero. Sam sorride, sorride e sembra quasi sul punto di mettersi a saltare di gioia; invece resta seduto, entrambe le mani strette attorno a quella del robot, e lo guarda con infinito intenerimento, dopo averlo vegliato per interminabili ore di agitazione e di attesa. Vorrebbe allungarsi su di lui e abbracciarlo, senza dire nulla, e restare così all'infinito – ma aspetterà, per questo, e soprattutto accetterà qualunque cosa Gadreel gli dirà, se non sarà d'accordo.
    «Ehi... Come ti senti?» Sam se ne sta aggrappato alla sua mano come ad un salvagente. È difficile contenere l'apprensione nella voce.
    Gadreel si muove piano sotto le coperte, come per riprendere padronanza di sé. Poi richiude le palpebre per qualche istante, sospira.
    «Meglio... Grazie Sam,» risponde – più lentamente del normale, nota con ansia Sam; ma poi si ripete che lo stato di eccessiva rilassatezza è un fenomeno piuttosto comune, dopo uno shut down.
    «Tra qualche ora starai ancora meglio, vedrai. Va tutto bene... Sei all'Istituto, sei al sicuro,» cerca di rassicurarlo l'uomo – anche se, a dire il vero, sembra più che stia tranquillizzando sé stesso. Gli sembra un miracolo che Gadreel sia lì, presente e vigile, e che sia in grado di riconoscerlo e di parlare con lui – quando, soltanto qualche ora prima, Sam aveva sentito gli occhi pungere di lacrime, guardandolo, con il terribile presentimento che non ce l'avrebbe fatta.
    Sul volto dell'androide quel sorriso lieve resiste, tenace e mite; e Sam si chiede quanto possa essere grande il cuore di Gadreel – se ne avesse uno, - per permettergli di sorridere così, con dolcezza e gratitudine, alla persona che è in gran parte colpevole per l'esperienza terribile che ha appena vissuto. Sembra solo immensamente felice di essere vivo, Gadreel.
    «
M-mm--» Il sonno preme di nuovo sugli occhi del robot, che però sembra intento a lottare per non assopirsi di nuovo. Così sembra proprio un bambino – un bambino che si ostina a restare sveglio, a dispetto della stanchezza che lo assale, per ascoltare il termine della favola. Ma ne ha bisogno: deve riposare il più possibile, per potersi riprendere nel migliore dei modi.
    Il ricercatore lancia un'occhiata ai valori sullo schermo del monitoraggio, trovandoli tutti perfettamente bilanciati. Gadreel sta bene, ora: deve soltanto lasciarlo sonnecchiare un altro po'.
    «Dormi, Gadreel. Prenditi tutto il tempo che ti serve,» mormora Sam, per incoraggiarlo ad abbandonarsi di nuovo al sonno senza opporsi. E poi, all'improvviso, qualcosa dentro di lui si scioglie definitivamente: e Sam trova il coraggio di accarezzargli timidamente una guancia, con estrema leggerezza - arrendendosi una volta per tutte all'affetto che sente crescere, di minuto in minuto, nei confronti di quella creatura.
    Per tutta risposta Gadreel inclina appena il capo di lato, inseguendo il contatto con la mano di Sam fin quasi a chiuderla contro la propria spalla. Un moto di gioia spontanea gli illumina i lineamenti e il robot si lascia finalmente andare, riconoscente e felice per una tenerezza inaspettata che arriva quando più ne ha bisogno.

    Sam lo osserva sorridendo. Per augurargli la buonanotte, gli sfiora affettuosamente la fronte con un tocco così lieve da esser quasi impalpabile.
    «Sono così felice di riaverti qui...», sussurra, commosso.
Ma l'androide già dorme, e non può sentirlo.

  
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