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Autore: JennaHerondale    10/09/2016    2 recensioni
Le istruzioni erano semplici: sedurre e distruggere Harry Styles. Non hanno mai pensato alla possibilità che Louis potesse innamorarsi davvero. Quindi, naturalmente, è esattamente quello che ha fatto.
________
“Sai qualcosa su di lui?” chiede Louis dopo un attimo.
[…]
“È un bravo ragazzo, il nostro Harry Styles. Reputazione pulita. Non vuole frequentare nessuno – è concentrato sui suoi studi e basta.”
Oh, oh, oh. La situazione si fa molto, molto,
molto più interessante.
“Questo è il motivo per cui è migliore di te,” Louis sorride, e il ghigno scivola via dal viso di Liam.
“Rovinalo, Louis,” dice Liam dopo un attimo, e tutta la delicatezza è evaporata dalla stanza. “Distruggilo in qualsiasi modo tu voglia. Ti sto dando carta bianca.”
“Perché?”
“Perché non mi hai mai deluso.”

________
[Louis/Harry] [Zayn/Niall] [201k] [LeRelazioniPericolose!AU] [HighSchool!AU]
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo VIII

 
Fun---Troye Sivan

 
È un negozio di musica. Si chiama Spin Records. È proprio dall’altro lato della strada rispetto alla scuola.
E non è quel che Louis si sarebbe aspettato. (Da aggiungere alla lista.)
“È veramente questo? Hai lavorato a un tiro di schioppo per tutto questo tempo? E in un negozio di musica, per giunta?” Louis domanda, entrambe le sopracciglia che rischiano di camuffarsi con l’attaccatura dei capelli. Sta fissando Harry con uno sguardo incredulo. “Mi aspettavo uno studio dentistico, se devo essere sincero. O una libreria, quando mi sentivo davvero creativo.”
“Un dentista?” Domanda Harry, la confusione scritta sul volto, ma le labbra sono ancora piegate in un sorriso. L’immensità della sua bocca fa sì che il ghigno gli divori tutta la faccia e sembra quasi che stia compiendo uno sforzo sincero ed energico nel trattenerlo. Louis non può fare a meno di osservare il fenomeno, vagamente affascinato. “Non sono certamente qualificato per fare il dentista, Louis. Contrariamente a quel che pensa la gente,” aggiunge secco, sfacciatamente, facendo ridere Louis.
“Questo lo so, piccolo insolente*, ma ti ho immaginato dietro una scrivania o qualcosa di simile. Un vero e proprio segretario.” Sogghigna, infilandosi la mano in tasca mentre si trovano davanti al negozio, l’uno di fronte all’altro. Harry però non ha fatto nessuna mossa per entrare nell’edificio, limitandosi invece a guardare Louis con un sorriso sereno e divertito e con occhi brillanti, le mani sulla cinghia della pesante borsa appesa sulla sua spalla. È l’intensità del suo sguardo che spinge Louis a distogliere il proprio, ammirando il cartello verniciato a mano del negozio. È nero e rosso e in grassetto, un giradischi disegnato in maniera intelligente in mezzo alle larghe lettere. “Vedi, hai dei bei denti,” Louis aggiunge in un mormorio, solo una frazione di secondo più tardi. “Il dentista mi sembrava logico.”
Un solitario sopracciglio si alza sul viso di Harry, ma la sua espressione rimane intatta, quel sorriso che ancora ammorbidisce le sue labbra. È proprio bello da guardare, eh? “L’igiene mentale equivale ad avere una licenza professionale?” domanda, ma accompagna la frase con una risatina. “Penso di aver imparato una definizione differente di logica, Louis.” A quel punto sorride, sorride perché sa di essere un piccolo stronzetto.
Louis si lascia andare ad uno sbuffo divertito distogliendo lo sguardo dall’edificio, e riportandolo sul ragazzo in questione.
Proprio uno stronzetto.
“Non avevo capito che stessi parlando con Casper il Fantasma Insolente,” Louis brontola sottovoce, ma forte abbastanza per farsi sentire da Harry.
Il che, ovviamente, gli causa un attacco di risa. E non era davvero così divertente – era una battuta stupida. Davvero una battuta pessima. Ma cazzo, se Harry non sta attento, gonfierà ancor di più l’ego di Louis. E a quel punto cosa farà? Volerà via e il mondo non si libererà mai di lui.
“Casper il Cucciolo Insolente?” Harry suggerisce, ridacchiando ancora, e non si ficca la mano sulla bocca o si morde le labbra per soffocare il suono come al solito. Ma si illumina più intensamente e inclina appena la testa e… è così familiare. In confidenza. Sembra una cosa personale. Ha senso?
No, ovvio che non ha senso. Louis è ancora in post-sbornia. Niente ha senso.
Silenzia tutti i pensieri senza senso.
“Il Cucciolo Dispettoso,” Louis modifica ulteriormente, e, sì – eccolo di nuovo. Che ride come se Louis fosse effettivamente arguto o qualcosa di simile.
Si accorge che sta sorridendo solo quando le guance cominciano a fargli male. E nel secondo in cui se ne accorge smette immediatamente, forzando il suo viso a cambiare in qualcosa di più neutrale perché Harry è dolce, sì, e la sua risata è qualcosa di molto attraente. Ma c’è una linea, vedete. Una linea tra Louis e i suoi obiettivi.
E deve rimanere intatta.
Quindi si schiarisce la gola, offrendo un’alzata di spalle e indicando la porta.
“Be’, entriamo?” domanda, serrando le labbra e sollevando le sopracciglia. Modalità caccia attivata.
Harry ci mette un po’ a rispondere, osservando Louis con un sorriso spento e un pizzico di confusione tra le ciglia.
“Okay,” risponde alla fine, mentre si sposta in avanti per aprire la porta. Perfetto com’è, tiene la porta aperta per Louis, osservandolo sfacciatamente.
Un campanello segnala la loro entrata e mentre Louis compie il suo primo passo sulla moquette scolorita, si scontra immediatamente con l’odore di polvere e cartone e incenso e un vago e persistente accenno di erba. Tutti i negozi di musica hanno lo stesso odore. In un certo senso li ama, lo ama.
Il posto è scarsamente decorato, a parte un paio di vecchi poster attaccati alle pareti e qualche quadro qui e là. C’è una TV attaccata ad un angolo, piccola e gracchiante e un po’ sbiadita, che manda pubblicità mute. Le luci sopra le teste sono fluorescenti e un po’ tremolanti – probabilmente è per quello che ci sono circa quattro lampade spaiate, recuperate direttamente dagli anni settanta (tutte a quadri arancioni, verdi e gialli) e messe a casaccio sulla grigia moquette, i loro fili attorcigliati e ammucchiati come serpenti. All’ingresso, c’è un’enorme bacheca marrone, piena di volantini per i concerti locali e… rifugi per animali? Quella è probabilmente opera di Harry. I giradischi sono sistemati tra isole di vinili e CD, ognuno che riproduce a basso volume un motivo differente. Jefferson Airplane uno, Ozzy Osbourne l’altro. C’è una foto incorniciata di Bjork dietro il bancone. L’intero posto è fottutamente eclettico. E caotico. E polveroso.
Louis lo ama. Un sacco. Troppo.
Probabilmente dovrebbe scrivere a Liam.
Sì, ora sarebbe il momento giusto per scrivere a Liam. Dopotutto, non tornerà all’appartamento così velocemente come ha lasciato intendere e dovrebbe farglielo sapere. Dovrebbe fargli sapere, anche, che… sta accadendo.
Qualsiasi cosa sia.
Tira fuori il telefono mentre Harry avanza e cammina deciso verso il piccolo bancone ficcato nell’angolo, dove si trova un registratore di cassa accanto a un cubo di plexiglass pieno di spille e bottoni, svariati nomi di band stampati sul davanti. Lancia uno sguardo a Louis oltre la spalla ma non dice niente, posando la borsa sul bancone con un tonfo potente che fa vibrare le spille e tremare alcuni cassetti. Le dita di Louis pigiano sullo schermo velocemente, troppo velocemente, e si ritrova a cancellare più di quanto stia scrivendo, specialmente considerando che sta letteralmente digitando solo una parola: Novità.
Ugh. Snervante. Ha solo bisogno di dormire. Forse di qualche cura medica.
Finalmente, riesce a inviare il messaggio a Liam, ficcando nuovamente il telefono in tasca con un’agile mossa, incontrando immediatamente gli occhi curiosi di Harry.
“Ho solo informato un amico che starò via più tempo del dovuto,” dice una mezza bugia senza difficoltà, strizzando gli occhi in maniera gentile. E perché cazzo ha sentito il bisogno di giustificarsi, di nuovo?
Porca puttana, Tommo.
Harry corruga le sopracciglia mentre apre la sua borsa. “Oh? Dovevi fare qualcosa? Scusami. Avrei dovuto chiedertelo invece che trascinarti qui.” Le parole suonano come minuscole imbronciate emoji.
Louis sente le costole comprimersi. Non avrebbe dovuto dire niente. Ha fatto una cazzata. Merda, sta diventando imprudente.
“No, no,” lo rassicura velocemente, adottando il suo sorriso migliore mentre si avvicina al bancone, posando una mano sulla superficie. È disseminato di volantini laminati fluorescenti del concerto dei Velvet Undergroung, inseriti nel legno. O forse verniciati? Louis non è mai stato un artigiano. In ogni caso, chi se ne frega. “No, tranquillo, cucciolo. Solo che non voglio che pensi che sia stato spazzato via dal vento. O, sai com’è, collassato per disidratazione.”
Le sopracciglia di Harry si corrugano ancora di più a quella risposta e sta giusto aprendo la bocca per parlare quando Louis alza una mano, interrompendolo.
“Era una battuta,” lo tranquillizza, il che è… be’. Strano. “Il punto è, Harry, che sono esattamente dove voglio essere.” Si concede un sorriso che nasce da movimenti naturali dei muscoli invece che da una forzatura. È una sensazione piacevole – può a malapena sentire che è lì. “Grazie per avermi portato qui. Questo posto è fighissimo,” conclude con un cenno di approvazione, cominciando già ad esaminare quel che lo circonda un po’ più da vicino.
Un suono compiaciuto arriva da Harry (grazie a dio) e un rapido cenno del capo (che Louis spia di sottecchi) gli assicurano che ha detto la cosa giusta.
Bene.
“Quindi questo è il misterioso posto dove lavori,” Louis mormora, cercando di tenere a bada la debole invidia. Harry lo sta guardando attentamente, valutando le sue reazioni, ed è leggermente inquietante. “Mi aspetto il tour completo, lo sai.” Lancia un’occhiata di traverso ad Harry, permettendosi un rapido arricciamento di labbra. “Voglio vedere ogni angolo di questa baracca – con i suoi vinili impolverati e i piccoli ragni che indossano berretti.”
E Harry ride intensamente, lanciando un sorriso entusiasta verso Louis. È lusinghiero, ad essere sinceri. Lo trova così divertente. “Come fai a sapere che i nostri ragni indossano berretti? Hai detto che non sei mai stato qui prima d’ora!” Un’altra piccola risata scivola dalle sue labbra.
Adorabile, strambo ragazzo.
“Ho le mie fonti, sai,” Louis dice come se fosse ovvio. Harry ride di nuovo, più forte, e nonostante sia probabilmente insopportabilmente forte per la piccola stanza, è così piacevole e Louis si gira dall’altra parte, osservando qualsiasi cosa con un sorriso leggermente più grande, le mani nelle tasche. “Mi piace la musica,” commenta in modo sbrigativo, dopo una pausa.
Dovrebbe veramente evitare di fornire così tante informazioni personali, comunque.
“Anche a me,” Harry biascica in risposta. Delicato. Piacevole.
Louis si guarda alle spalle, solo per trovare Harry a fissarlo (come sempre) ed entrambi mostrano tenui sorrisi, scambiandoseli reciprocamente, prima di distogliere contemporaneamente lo sguardo. Louis ha il distinto e preoccupante bisogno di mordersi il labbro. Non si è mai morso il labbro prima d’ora.
Ha bisogno di dormire.
“Eccoti qui, Harry,” improvvisamente sopraggiunge una voce, interrompendo il loro scambio di sorrisi. “Sei in ritardo oggi, ragazzo.”
Louis gira immediatamente la testa verso la fonte, proveniente da una tenda di perline alle spalle di Harry – è un uomo palesemente strafatto sulla trentina, con una voce calma e tranquilla che suona come la California e i suoi pigri pomeriggi.
“Scusa, Julian,” Harry sorride in segno di scuse, ma ‘Julian’ non potrebbe sembrare meno turbato al riguardo. “Sono stato trattenuto. Uhm. Questo è Louis.” Gesticola goffamente con le sue grandi mani.
“Ehi, amico,” Julian lo saluta con un vago sorriso e un cenno della mano, le palpebre che sbattono lente. Indossa un gilet in jeans. Nessuno se ne stupisce. “Sei qui per il lavoro?”
“No, no,” Harry risponde in fretta, con una risata. “È un mio amico. L’ho portato con me oggi.”
Louis ignora il desiderio di sorridere, compiaciuto.
“Oh,” Julian annuisce, sembrando davvero molto colpito. “Figo, amico.” È lo Zayn Americano. Sembra appartenere a bizzarre magliette e ciabatte, mangiando fette di pizza di continuo e giocando al Super Nintendo. Sembra corde di chitarra e pouf. “Dovresti far domanda, comunque,” continua, distendendo un pigro sorriso. “Stiamo assumendo. Sembri un tipo figo. Mi piacciono i tuoi tatuaggi.”
Louis alza le sopracciglia, abbassando lo sguardo sui suoi visibili schizzi di inchiostro. Tutto quello davvero visibile è la striscia di semi di carte sul suo polso sinistro e il bordo della ragnatela tatuata all’interno di quello destro. Quindi, in breve, praticamente niente. Non riesce proprio ad immaginare come a questo tipo possano piacere i suoi tatuaggi, se non riesce neanche a vederli.
Inoltre. A Louis non piacciono neanche i propri tatuaggi la maggior parte del tempo. Non ne parla, di solito si dimentica persino di averli. Gli piace solo farseli fare; in seguito non gli piace portarseli in giro.
“Grazie, amico,” dice in modo ironico, stringendo le braccia al petto. “Ma passo. Ho già un lavoro.”
“Ma lavori lì solo di notte, no?”
Louis sbatte le palpebre, sorpreso, voltandosi verso Harry. Si scontra con occhi grandi e indagatori, il viso da cucciolo inclinato con curiosità. Vuole che Louis accetti il lavoro?
È… inaspettato.
E, fondamentalmente, una pessima idea.
Tuttavia, lo prende per un attimo in considerazione mentre sta lì, con i piedi divaricati, le mani strette dietro la schiena, osservando le crepe sulle pareti e le macchie di umido rapprese agli angoli del soffitto in uno sgradevole marrone con sfumature arancio. Sofferma lo sguardo sulle pericolanti mensole artigianali verniciate di bianco e osserva la moquette macchiata, e la stanza sul retro dedicata al rock classico, e sorride con aria empatica all’angolo apparentemente inviolato dove giacciono i vinili classici. Povero Bach.
Tutto sommato, questo è davvero il tipo di posto dove Louis amerebbe lavorare. È meglio del suo fetente, maleodorante e buio pub pieno di uomini arrabbiati e spettacoli mediocri. È diverso stare qui, lavorare alla luce del giorno, invece che nelle profonde ore della notte, come un qualche mostro maledetto e non-morto. Louis si sente un vampiro la maggior parte del tempo.
Ma forse gli piace essere un vampiro. La luce del giorno non è mai veramente stata appropriata al suo umore.
Riserva un’altra occhiata ad Harry, gli ingranaggi del suo cervello che ruotano a velocità allarmante. Dovrebbe farlo? Lavorare con Harry?
Cazzo, è da malati. Soprattutto considerando la natura del loro… ‘rapporto’. Louis è qui solo per un motivo e un motivo soltanto. Una volta che sarà riuscito ad avere Harry e a danneggiarlo per i suoi scopi, dovrebbe lasciarlo. Dovrebbe scaricarlo e non vederlo mai più. Questi sono i piani.
E, davvero, come potrebbe mai trovare il coraggio di guardare di nuovo Harry in faccia? Alla fine, è così. Come potrebbe mai tornare a guardare quegli stupidi, enormi e orrendamente luminosi occhi verdi?
E se fossero mai più così luminosi? E se fosse colpa di Louis?
No.
No, non può lavorare qui. Non se questo posto significa tutto per Harry. Non può lavorare qui, solo per avvelenare l’intero ambiente per il ragazzo una volta che Louis l’avrà distrutto. Anche se si licenziasse – perché non c’è nessun dubbio che lo farebbe; potrebbe essere un rifiuto umano, ma neanche per un istante forzerebbe Harry a lasciare questo lavoro così che Louis possa tenerlo – sarebbe contaminato dai ricordi di Louis. Da quello che Louis gli ha fatto.
Da quello che gli farà.
No, no, no. Non può.
“Louis…?”
Con un brivido freddo e un sussulto, si scrolla i pensieri di dosso, incontrando di nuovo i curiosi occhi di Harry. Così, così intensi.
“Scusa,” dice immediatamente, sentendosi sconvolto e nauseato e immerso nelle parole che gli stanno vagando nella testa. “Stavo solo… ragionando tra me e me.”
In una frazione di secondo, il viso di Harry muta da leggera preoccupazione a crescente sorpresa, un nuovo sorriso che fa capolino. “Sì? Hai intenzione di fare domanda?”
Cazzo, sembra così eccitato riguardo alla prospettiva. Come è potuto succedere?
Troppo, troppo nauseante. Questo è esattamente il posto dove Louis vuole stare ed è terribile. Sente come se la sua pelle sia stata tirata via, come se le sue costole si fossero frantumate. È probabilmente ‘senso di colpa’, di nuovo. È probabilmente un sacco di cose.
Basta, Tommo. Cresci, cazzo.
“Ehm. Sì. Ma non per me,” spiega velocemente, ignorando la sensazione sulla pelle. Porta gli occhi sinceri su Harry, poi su Julian che è ancora in piedi di fronte all’entrata del retrobottega, dove le sottili linee di perline colorate ondeggiano nel silenzio, seguendo la base di “Bellbottom Blues” che fuoriesce a basso volume da uno dei giradischi. “Il pub mi tiene molto impegnato. Ma ho un amico, vedete.”
E questo – questo è vero.
“È stato un po’ irrequieto negli ultimi tempi. Si sente soffocato e cose così. Ha bisogno di qualcosa da fare,” Louis spiega, e gli occhi di Julian si illuminano appena con vago interesse. “Posso proporglielo. Probabilmente farà un tentativo.”
“Oh, davvero? Figo. Portalo qui domani. Non sembra male. Mi piace assumere in famiglia.” Fa segno con le sue larghe mani, ruotandole in aria come per includere se stesso, Harry, e Louis. È uno strappo pesante allo stomaco di Louis. Famiglia. “Tiene lontani gli imbecilli.”
Imbecilli. Va bene allora.
Harry sorride come se avesse ricevuto un complimento.
Louis si limita ad alzare le sopracciglia.
“Scusa amico, ma non mi conosci. Non puoi definirmi ‘famiglia’,” dice in maniera piatta, e non gli sfugge il movimento sorpreso di Harry. Riesce a percepire il suo sguardo, la confusione scritta sulle sopracciglia di Harry e la piccola ruga tra esse.
Chiaramente, non conosce Louis così bene se quel comportamento l’ha colto di sorpresa.
Julian, d’altra parte, non potrebbe sembrare più tranquillo. “Col tempo, ragazzo. Col tempo.” Decisamente lo Zayn Americano. Potrebbe funzionare. “Tutti gli amici di Harry sono miei amici. Sono sicuro che andremo splendidamente d’accordo.” È detto con un sorriso così sincero, l’intero corpo e l’atmosfera così rilassata e spontanea, che Louis si sente intrappolato tra il sentirsi infastidito e il non sentire affatto.
Ma comunque. Va be’.
“Touché,” Louis commenta con un mezzo sorriso, ma gli occhi sono ancora cauti e Harry sembra ancora confuso. Chi se ne frega.
“Ora devo andare. La cena mi aspetta, ragazzi. Chiudi tu stasera, Harry?” Julian si avvicina, offrendo il pugno ad Harry per un rapido colpo che Harry ricambia con un frastornato sorriso mentre annuisce.
È così adorabile.
“È stato un piacere conoscerti, Louis,” osserva, alzando il pollice nella sua direzione. Louis ricambia. “Porta qui il tuo amico domani, okay?”
“Certo.”
E con questo, Julian esce, a mani vuote e apparentemente di corsa. Ma dev’essere la norma perché Harry si limita a sistemarsi dietro il bancone, spostando un paio di fitti ricci dal viso. Regola lo sgabello, controlla la cassa, mette in ordine un paio di penne e legge alcune note mentre Louis comincia lentamente a camminare avanti e indietro, gli occhi puntati sul ragazzo di fronte a lui.
Ma poi Harry alza lo sguardo, incontrando quello di Louis, e sorride. Semplice come nessun altro.
“Perché ti sei comportato così con Julian?” domanda, più curioso che turbato.
“Non so.” Alza le spalle. “Penso di essere semplicemente così con tutti.”
“Con me non sei così.”
Tu sei l’eccezione è quello che non dice.
“Questo è perché c’è un posto per un solo principe spocchioso in questa relazione,” dice invece, le mani che si muovono furtivamente sui titoli degli album.
“Principe spocchioso?” Harry ripete, incredulo.
Louis gli lancia semplicemente un sorriso di traverso, spostandosi verso la M.
Miburn. Moody Blues. Mumford and Sons. Muse.
“Mi hai sentito. Quindi. Hai intenzione di farmi fare quel tour, allora?” domanda, facendo il finto tonto. “Perché pretendo davvero di vedere questo posto nella sua interezza. Non tralasciare nulla. Voglio vedere i tubi che perdono, le assi scoperte del pavimento, i vinili di Billy Swan che so che avete, non provare a mentirmi…”
Harry scoppia a ridere fragorosamente – probabilmente è il suono più forte fino ad ora. È così rumoroso e irritante e sinceramente contagioso, e punzecchia il corpo di Louis come piccoli stuzzicadenti. “Oh mio dio,” continua a ridere, scuotendo la testa. Una delle sue grandi mani stringe appena lo stomaco. “Non ci posso credere che hai appena menzionato Billy Swan…”
“Lo conosci, quindi?” Louis domanda, sorpreso, un largo sorriso che inizia a formarsi, senza essere stato chiamato.
“Non posso neanche mentire,” Harry ricambia il sorriso, le parole che fuoriescono in deboli risatine, un riccio che ricade ostinatamente sulla sua fronte. Le sue spalle appaiono scarne e minute dalla sua postazione sull’alto sgabello, le ginocchia che praticamente sbattono sul bancone. Uno dei laccetti della sua felpa è infilato nel colletto della maglietta. “Lo conosco. E abbiamo il vinile in cui sta sulla copertina con quel cigno? Nella vasca da bagno? E tutto questo dovrebbe, tipo, essere molto normale?”
“Sì, perché stare in un campo con un cigno seduto su una vasca in porcellana è perfettamente normale, cucciolo insolente. Non capisco cosa stai insinuando.” Ma Louis non può trattenersi dal ridere mentre lo dice, le risate di Harry che lo contagiano ulteriormente. I suoi occhi sono socchiusi dal piacere, fermi sulla bocca di Louis. Non sembra sensuale, però, e sparge calore all’interno di Louis.
“Non posso crederci che conosci quel disco,” Harry dice alla fine, dopo che entrambe le risate si sono dissolte. Sta scuotendo la testa in modo affettuoso, le mani posate in grembo. “È assurdo.”
“È memorabile.” Fa una pausa. “Così come Star Castle.”
Un’altra risata, forte come la precedente. Decisamente troppo forte per quel luogo tranquillo, ma a Louis non interessa. Vuole solo farlo ridere ancora di più, se ci riesce. Ricorda a se stesso che è perché Liam ne sarebbe felice. Liam.
“E poi ovviamente c’è Richard Harris,” dice Harry, e ‘gioia’ è probabilmente la miglior descrizione del suo comportamento generale. È così classico e allegro e… romanzesco. Sembra provenire da un romanzo. Se dovessero mai fare un film su un vecchio bardo inglese che gira il mondo e canta agli uccelli nella foresta, Louis ha intenzione di scrivere al direttore del casting.
“Ah, sì,” dice Louis, serio. “L’uomo che ha lasciato una torta sotto la pioggia.”
Questo scatena un altro accesso di risate da parte di Harry, e Louis prova qualcosa di non ben identificato, le loro risa che si scontrano nell’aria, mescolate al ritmo della musica di sottofondo, alle gomme da masticare attaccate alla moquette, e alla polvere che giace sulle audiocassette abbandonate in un cartone del latte nell’angolo della stanza. È strano e nauseante e diverso ed elettrizzante.
Diventa ancor più strano quando la loro conversazione sembra non finire mai, sempre scandita dalle risate di Harry.
Ma è piacevole.
 
**
 
Il tour promosso da Harry è breve e semplice. E molto adorabile.
Non c’è molto da vedere – Harry l’aveva avvisato, ovviamente.
“Non è proprio un negozio negozio – è più una diretta rappresentazione del seminterrato di Julian, in realtà,” aveva detto arrossendo, e Louis avrebbe voluto premere le dita sulle sue guance per farlo sorridere di più.
“Si dà il caso che io adori i seminterrati,” Louis aveva detto con tranquillità, le mani nelle tasche della giacca. “Immensamente.”
Harry si era allora rilassato un po’, i denti che spuntavano attraverso il sorriso. “Ah sì? Un abituale frequentatore di seminterrati?”
“Regolarissimo. Questo posto mi amerà – aspetta solo che i tuoi ragni-con-berretto lo vengano a sapere.” Aveva gesticolato in maniera grandiosa indicando se stesso, atteggiandosi come un pavone, e Harry sembrava così estremamente contento e per nulla preoccupato, che Louis per un attimo aveva considerato l’idea di scattagli una foto.
Non per se stesso, ovviamente. Per Liam. Liam.
Era andato tutto liscio – così, così fottutamente liscio. È così facile stare attorno ad Harry. Ride a tutte le battute di Louis e lo ascolta e si illumina nell’ascoltare le sue riflessioni.
 Ma è anche quello il punto. Ascolta. Fa domande. È davvero… preoccupante.
“Che tipo di musica ti piace?” aveva chiesto appena subito dopo l’inizio del loro piccolo tour, camminando fianco a fianco per il negozio, le suole delle loro scarpe che scricchiolavano ritmicamente sulle vecchie assi del pavimento sotto la moquette.
Louis aveva alzato le spalle in modo evasivo, come fa sempre, gli occhi che analizzavano l’ambiente circostante, cercando, sempre cercando, di cambiare argomento, perché non si apre con nessuno, mai. Mai più. È una sorta di ‘non chiedere, non te lo dico’. O ‘non te lo dico, quindi non chiedere’ forse? Ad ogni modo, Louis non è più abituato alla gente che gli pone delle domande, non è proprio abituato alle domande in generale, specialmente quelle trascurabili e superficiali.
Quindi forse questo è il motivo per cui alla fine aveva risposto.
O forse perché Harry non lascia mai che queste domande si dissolvano nell’aria come Louis vorrebbe – neanche dopo che Louis fa il vago e passa oltre.
“Louis?” aveva ripetuto, troppo forte per ignorarlo. “C’è qualche tipo di musica o gruppo o canzone che significa molto per te?”
Ed è quello che fa Harry, proprio quello – ti supplica con quelle piccole e tenere domande e quegli occhi grandi e la voce sincera e osserva Louis così attentamente e lo ascolta ancor più attentamente, proprio nel momento in cui Louis, sorpreso per aver ricevuto due volte la stessa domanda, sente la pelle scaldarsi un po’.
“Uhm, se mi piace un certo tipo di musica?” Louis aveva ripetuto, schiarendosi la gola nel lanciare un’occhiata in direzione di Harry. Lo stava osservando, come sempre. Aveva quindi distolto nuovamente lo sguardo, sollevando una mano per farla scorrere con imbarazzo tra i dischi di Madonna. “Ehm. Sì. Credo di sì. Mi piace la vecchia musica. I classici. Rock, principalmente. Non so.” Si era spostato, sentendosi quasi a disagio. Onestamente non è mai stata la sua miglior strategia. “Mi piace la musica. Ne ascolto un sacco. In continuazione. Anche se non fisicamente, la ascolto qui dentro, sai?” Si era picchiettato due volte sulla testa con un dito prima di realizzare che probabilmente sembrava un dannato idiota. Aveva poi serrato la mandibola, arrabbiato con se stesso. Si era fermamente rifiutato di guardare Harry perché si sentiva stranamente esposto, stupido e insicuro; aveva fatto un deciso passo avanti, allontanandosi, mettendo una confortevole e fisica distanza tra loro per attenuare l’irritazione dei suoi nervi.
Perché Louis Tomlinson può mentire senza problemi, può adottare una posa e una citazione e una missione e uno scopo con straordinaria facilità. Ma dategli la possibilità di dire qualcosa che non c’è nel copione e tutto ciò che rimane è qualcosa di molto scialbo e poco eloquente. Ed è più che snervante.
Era quindi intenzionato a riorganizzarsi le idee, allontanarsi e mordersi le labbra fino a riuscire a riassestarsi, ma la voce dolce-e-appiccicosa-come-zucchero-di-canna di Harry l’aveva fermato sui suoi passi.
“Lo sospettavo,” aveva risposto, sembrando compiaciuto.
Louis si era voltato a guardarlo, le sopracciglia alzate. E, sì – Harry sembrava più che compiaciuto. “Cosa vuol dire che lo sospettavi?” Louis aveva allora chiesto, un po’ brusco, ma anche curioso. Sorpreso.
Harry aveva mantenuto il contatto con occhi luminosi, le mani dietro la schiena, scuotendo la spalla un po’ timidamente, poggiandoci il mento. Louis aveva osservato il movimento prima che i suoi occhi tornassero al suo viso. Che dolcezza. “Indossi un sacco di magliette dei Pink Floyd,” Harry aveva continuato. “E di Jim Morrison. E dei Beatles e dei Rolling Stones.” Louis aveva sbattuto le palpebre. Che spirito d’osservazione, Harry. Così attento. “E a volte canticchi delle canzoni. Tipo, uhm. Sottovoce? Di solito, tipo, Eric Clapton o Mama Cass,” Louis aveva fermamente combattuto il desiderio del suo corpo di arrossire dalla vergogna – non si era mai reso conto di canticchiare. Dio. “E ho capito che odi soprattutto le cose moderne. Sei tipo, molto pungente sulla società moderna in generale. Tipo, con quel che dici e il modo in cui osservi le persone e… cose del genere.”
Louis l’aveva fissato.
Harry aveva alzato nuovamente le spalle, un po’ più rosso in viso, un po’ meno sorridente. Aveva battuto il piede sulla moquette, le mani ancora dietro la schiena, la testa piegata con una tenda di ricci ad oscurargli il volto. “Non sembri il tipo che ascolta, che so, Maroon 5, o qualcosa di simile. Sei più… senza età.”
Louis aveva continuato a fissarlo.
Ma come diavolo…?
Non sapeva come Harry fosse riuscito a capire così tanto sulla sua persona, solo dai loro insensati incontri dell’ultimo mese. Ma. Ma eccolo lì. Perché Harry non aveva torto. Aveva… be’. Merda.
Harry apparentemente era di gran lunga migliore di Louis al gioco impariamo-a-conoscerci. Cazzo.
Aveva ricominciato a mordicchiarsi le labbra, praticamente staccandosele a morsi, non sapendo se la sua bocca volesse sorridere o sogghignare.
Harry riusciva a leggerlo. Era un pensiero sconcertante.
Senza età. Pensava che Louis fosse senza età.
Gnaw, gnaw, gnaw.
“Senza età,” aveva ripetuto Louis, appena troppo piano. Ma non riusciva a distogliere lo sguardo da Harry, che aveva alzato bruscamente la testa nel sentire la voce di Louis. “Pensi che sia senza età. Precisamente queste parole.”
L’intero viso di Harry aveva preso fuoco. Ma non aveva ceduto. “Be’ – sì. Sì, lo penso.”
Non aveva minimamente senso. Cosa avrà mai voluto dire?
Louis aveva sentito un rombo attraverso lo stomaco.
“Hai così tante belle parole in quella graziosa testolina,” aveva borbottato alla fine, incapace di formulare qualsiasi altra frase, incapace persino di pensarci, in realtà. Era rimasto a fissare Harry, in contemplazione. Difficile. “Tutti quei bei pensieri che marinano tra i tuoi adorabili ricci.”
Harry aveva chinato di nuovo la testa, ma questa volta con un sorriso a trentadue denti. Nel momento in cui aveva alzato lo sguardo, il rossore si era ridotto, così come la palpabile tensione nel corpo di Louis.
“A me piace tutta la musica,” Harry aveva detto. Una risposta ad una domanda che non era mai stata posta. Ma in qualche modo, non aveva infastidito Louis. Aveva ascoltato, morsicando l’interno della sua guancia. “Ci sono un sacco di cose geniali create in questi ultimi tempi. Bastille, Mason Jennings, Haim… Ma amo anche i classici. Se fossi una farfalla, Mick Jagger sarebbe le mie ali.”
Louis aveva riso prima ancora di poter pensare di fermarsi, grugnendo addirittura dal naso come un fottuto maiale in una fattoria.
“E chi è il vento sotto le tue ali?” aveva chiesto, tanto felice quanto divertito, le spalle distese.
Harry l’aveva osservato con uno sguardo freddo, contraendo le labbra come se fosse ovvio. “Bette Midler. Ovviamente.”
Erano scoppiati a ridere nello stesso istante, e Louis aveva pensato che avrebbe potuto soffocare la risata di Harry con la propria.
Ed è… ed è stato così. Tutto il tempo. Tutto il breve tour era costituito da piccole conversazioni che Harry tirava fuori con ingenuità e Louis, in qualche modo, cedeva sempre. E, in qualche modo, Louis non se n’è pentito.
Infine, dopo che Harry gli ha mostrato ogni sezione sorprendentemente ben organizzata, tutte le crepe sui muri, le polaroid autografate di Alex Turner appese alle pareti (che sembra proprio un coglione con la sigaretta penzolante tra le labbra, i capelli pieni di gel fino al cielo mentre mostra un pigro pollice in su) e gli ha indicato il punto dove il suo precedente collega, Benji, aveva vomitato dopo aver scoperto che i The Libertines si sarebbero riuniti per un nuovo concerto, entrano nel retrobottega. Harry sposta la tenda di perline di plastica che ondeggia, e va addosso a Louis che lo segue subito dopo. Gli sfiorano la pelle, come se fossero dei polpastrelli. Una sensazione piacevole, quella.
“Allora, qui abbiamo il pezzo forte del tour di oggi,” Harry annuncia, seguito da una pausa ad effetto.
Louis alza un sopracciglio, rifiutandosi di sorridere o sogghignare o lasciare che le sue labbra facciano qualsiasi cosa mentre guarda Harry che lo osserva di rimando, felice come una pasqua.
“Qui… è dove faccio la pausa pranzo!” Harry lo rivela come se fosse Natale, alzando le braccia al cielo per festeggiare prima di gesticolare verso un traballante tavolo sistemato contro il muro.(È diventando gradualmente più ridicolo durante tutto il tour. È stranamente piacevole.) I poster di Bob Marley sono sparsi dappertutto, gli angoli strappati. Un altro giradischi è sistemato nell’angolo, vicino a un tavolo dove ci sono semi di chia, cracker ai cereali e un accendino. Sul pavimento si trova una lava lamp, scura e fredda. Una chitarra acustica è poggiata lì accanto, adesivi in procinto di staccarsi dalla superficie, un paio di simboli della pace incisi sul legno.
Sì, Louis deve assolutamente portare Zayn qui domani. Adorerà questo posto.
“Sinceramente non mi aspettavo che lavorassi in un posto del genere,” Louis riflette/medita, ma con ammirazione, lasciando che le dita accarezzino le ruvide corde della chitarra.
“No?” Harry domanda, e lo chiede come se fosse colpito. Lieto, o qualcosa del genere, gli occhi dolci e le labbra socchiuse. Il collo appare liscio e pallido sotto la fioca illuminazione della stanza.
“No, per niente. È una figata, cazzo, lo amo,” Louis sorride nell’incontrare lo sguardo di Harry, le parole sincere. “Amo tutto di questo posto.”
Il sorriso di Harry si addolcisce. “Anche io.” Ma il tono è leggermente triste e Louis aggrotta un sopracciglio interrogativo.
“Perché…?” comincia a chiedere, non sapendo neanche che parole usare, ma Harry sembra capire, offrendogli un piccolo sospiro, abbassando lo sguardo.
“Ehm, be’, sì, allora. Il fatto è che probabilmente non potrò stare qui ancora per molto,” dice piano, le labbra tirate verso il basso.
Louis sbatte le palpebre, sorpreso. “Cosa? Perché no?”
Una piccola pausa persiste prima che Harry finalmente risponda, tirando su col naso, le mani che giocano con il bordo della felpa. “Be’. Non mi pagano così tanto e l’orario è irregolare. In realtà, dovrei cercare un posto con uno stipendio più alto o, tipo, sia migliore per il mio curriculum. Però. Non saprei. Mi piace davvero tanto qui. È l’unica cosa che ho che mi piace da morire.” Contrae le labbra, osservando il tavolo traballante. “Però potrei aiutare di più mamma e Gem se mi licenziassi. Quindi. Dovrò farlo, prima o poi. Ma non adesso, capisci?
No, Louis non capisce. Gli sembra solo un mucchio di cazzate.
“Harry,” prova a dire con delicatezza, ma la sua voce è già infiammata nel posare gli occhi decisi sulla figura del ragazzo. “A te piace questo lavoro. Smettila di cercare di salvare il mondo e, per favore, goditi quello che hai, okay? Non c’è niente di male nel divertirsi qualche volta, tenere qualcosa per te. Hai un lavoro, va bene? È più che sufficiente per uno della tua età, considerando che ti stai facendo il culo a scuola e hai il mondo ai tuoi piedi, il tutto nello stesso momento. Quindi dacci un taglio e non osare licenziarti, o mi toccherà trascinarti di nuovo qui per farti fare la ramanzina dal vecchio Sid.” Gesticola verso una foto particolarmente aggressiva di Sid Vicious mentre mangia voracemente un hot dog.
A quello Harry sorride, alzando la testa per guardare Louis. “Grazie,” dice, con delicatezza. La vera antitesi di Sid Vicious che mangia un hot dog. “Mi piace quando parli… così.” Gesticola sgraziatamente a mezz’aria con una mano prima di portarla nuovamente a stringere il bordo della felpa. “È il modo in cui dici le cose. Mi fa sentire meglio, meno in colpa. Grazie.”
Una dolorosa fitta si spande nello stomaco di Louis. E un’altra alla base della spina dorsale.
“Be’. Sì. Voglio dire, certo.” Non sa cosa dire. La sua pelle sta prendendo fuoco. Così come il suo cervello. “Quindi, uhm.” La testa sta ronzando. Harry lo sta fissando con i suoi occhi enormi. Cazzo. “Che cosa mangi?” dice senza riflettere.
La confusione domina ora i lineamenti del viso di Harry. “Eh?”
“Che cosa mangi?” Louis ripete, gesticolando verso il tavolo, sentendosi un perfetto idiota. Ha assolutamente bisogno di cambiare argomento. Tutto ciò è quasi pericolosamente fuori dalla sua portata. “Quando pranzi qui? Descrivimi un pasto tipico di Harry Styles.”
Distrazioni, per favore.
“Oh,” Harry sbatte le palpebre, chiaramente preso alla sprovvista prima che la sua espressione muti in effettiva meditazione. È proprio un bravo ragazzo. Louis sente un calore propagarsi per tutto il petto. Un sentimento di riconoscenza – un altro avvenimento raro per lui. “Non saprei… mi piace molto il burro d’arachidi. E il sedano.”
Che cazzo?
“Hai appena scelto i cibi più schifosi possibili e immaginabili?” Louis domanda, vagamente inorridito.
Riceve un sorriso in risposta. “E anche il formaggio. Amo il formaggio.”
“Be’, va già meglio. Anche se non è del tutto adeguato per un pasto.”
Il sorriso si allarga. “Ehm, solitamente mangio anche un sacco di spinaci. Un sacco di insalata. Involtini e cose così. Non saprei.”
“Eeee non hai passato il test,” Louis conclude ad alta voce, non lasciando neanche finire al ragazzo di parlare, ma quel sorriso è ancora presente. “Dio, Harry. Non sei un cazzo di coniglio!” Stringe gli occhi con aria sospettosa. “Sei uno dei quei fanatici salutisti, vero?”
“No, no, non direi,” Harry lo prende seriamente in considerazione. La bocca di Louis si contrae mentre Harry riflette sul concetto con tutta l’intensità di un filosofo greco. “Ma mi piace il cibo che mi fa star bene. Penso mi piacciano le cose semplici.”
“Ovviamente.”  Suona più lusinghiero di quanto Louis intendesse. Ops.
Ma Harry sorride, svegliandosi dai suoi profondi pensieri, e inclinando la testa come un cane. “E tu che mi dici? Qual è il piatto tipico di Louis Tomlinson?” Altre domande.
Altre risposte. “Tutto ciò che sembri meravigliosamente malsano e che mi garantisca almeno tre anni in meno di vita,” Louis risponde senza un briciolo di esitazione, sorridendo. “Una situazione vincente per tutti. Cibo delizioso e una morte prematura. Ne prendo dieci, grazie.”
E il sorriso di Harry svanisce.
“Non dire queste cose,” dice piano. “Non è divertente.”
Non era una battuta in realtà, ma Louis non lo dice.
“Scusami,” dice invece, automaticamente, il sorriso che scivola via dal suo volto. “È stato… stupido da dire.”
“Già,” Harry concorda, le sopracciglia corrucciate, le labbra in una linea stretta. Sta osservando Louis attentamente.
“Scusami,” Louis ripete, ma questa volta la vergogna penetra attraverso i vestiti e viene assorbita dalla pelle.
Passano alcuni secondi di silenzio prima che Harry apra la bocca di nuovo, la voce così delicata, l’espressione velata di tristezza. “Non è mia intenzione essere scortese o noioso. Posso stare al gioco e tutto il resto, ma…” Fa una pausa, riuscendo in qualche modo a fissare ancor più intensamente Louis, inchiodandolo contro il muro con i verdi proiettili del suo sguardo. “Per favore non dire cose del genere su di te, Louis.”
“Non lo farò più,” si trova a promettere, rimproverato come si deve. Si sente un po’ in trappola, come se delle mani stessero premendo sulla sua gola.
Non è abituato a questa… serietà. A questo interesse.
Non gli piace. È troppo.
Passano un paio di imbarazzanti minuti.
Dopo che nessuno dei due ha spiccicato parola, i loro sguardi incastrati l’uno nell’altro, Harry finisce per girarsi in silenzio, conducendo Louis fuori dalla stanza e pertanto concludendo il tour.
Louis sente uno strano vuoto nello stomaco mentre segue i passi irregolari di Harry.
 
**
 
Il resto della giornata è salvo, quanto meno.
Dopo l’imbarazzante momento a seguito dell’osservazione poco felice di Louis, le cose diventano piuttosto silenziose tra loro mentre Harry torna al suo sgabello dietro la cassa e Louis si muove a disagio tra le file di vinili. Sporadicamente lancia un’occhiata nella sua direzione, ma perlopiù Harry si limita a leggere i suoi libri di testo, la matita che di tanto in tanto batte a tempo con qualsiasi canzone stia ascoltando. È piuttosto silenzioso, l’intera atmosfera completamente alterata, tanto che Louis ha appena preso la ferrea decisione di levarsi dal cazzo – quando la campanella sopra la porta suona e due clienti fanno il loro ingresso.
Sono solo un paio di ragazzini che indossano Converse e magliette dei Nirvana, cercando di far crescere i loro peli e affrontando le fasi iniziali della ribellione adolescenziale. Louis non può trattenersi dal sorridere loro con affetto. Bei tempi.
Ma loro, ovviamente, cercano di comprare della merda assoluta.
“Sum 41,” Louis legge con sguardo assente, spiando con sfacciataggine alle loro spalle mentre sono in procinto di pagare il cd stretto nella mano di quello biondo. “Non farete mica sul serio. Quanti anni avete, undici? Non avete nessun rispetto per voi stessi?”
Si voltano entrambi, colti di sorpresa e sbattendo le palpebre nello stesso momento in cui Harry alza la testa, la mano già tesa per prendere il cd. Una vaga ombra di shock è sparsa sui suoi lineamenti.
Questo crea una sensazione stranamente soddisfatta in Louis. Shock è meglio di delusione. Essere fissati è meglio di essere ignorati.
Quindi Louis continua, sentendo gli occhi di Harry su di lui.
“Forza, ragazzini. Rimettiamo la spazzatura insieme alla spazzatura, sì?” Delicatamente ma con fermezza, toglie il cd dalle loro mani allentate e sorprese, i loro occhi spalancati nel continuare a fissare Louis a bocca aperta, senza parole. Piccoli cerbiatti. Louis sogghigna. “Avete mai sentito parlare di Iggy Pop?” domanda gentilmente.
Deglutendo, entrambi i ragazzini scuotono la testa contemporaneamente.
“Ah. Proprio quel che pensavo. Venite con me, giovani discepoli. Avete tanto da imparare,” dice, conducendoli gentilmente verso i vinili graffiati, incrociando per un attimo lo sguardo di Harry – pieno di risate trattenute miste a orrore allo stato puro.
È fantastico, cazzo.
Alla fine, i ragazzini se ne vanno, un album di Lou Reed ficcato sotto l’ascella (“Fighissimo, grazie amico!” avevano esclamato allegramente, e Louis si era sentito come Spiderman in quel momento), lasciando Louis a sorridere compiaciuto ad Harry, ancora seduto dietro il bancone. L’unica differenza è che ora le sue mani stanno coprendo i suoi occhi, il ghigno che lentamente gli trasforma il volto non appena la porta si chiude, una risata che lentamente si gonfia tra le sue labbra mentre scuote la testa, la pelle arrossata.
Ogni imbarazzo residuo è presto dimenticato, e qualsiasi altra riserva Louis potesse avere sembra essere evaporata a seguito del tremito delle spalle di Harry. E, okay, sì – è leggermente sollevato del fatto che Harry sia divertito piuttosto che realmente incazzato.
“Louis!” lo rimprovera tra una risata scioccata e l’altra, e finalmente rimuove le mani. Gli occhi sono immensi, i denti fuoriescono dalle labbra lucide e dalla bocca spalancata. “Non puoi parlare così ai clienti!” è una via di mezzo tra una ‘strigliata’ e ‘divertimento’.
Louis si illumina come il sole del mattino, gonfiando appena il petto.
“Perché diavolo non potrei farlo?” domanda con aria seria, ma la contrazione delle sue guance distrugge il suo tentativo di assumere un certo contegno. “Li stavo guidando verso il loro futuro. I ragazzini oggigiorno – lo sai. Hanno bisogno della guida dei loro saggi antenati.”
A quello, Harry si morde le labbra (presumibilmente per trattenere una risata) mentre ripete in un tono vagamente soffocato, gli occhi decisamente brillanti per le risate trattenute, “Ti sei appena definito un ‘saggio antenato’?
“Certo che sì.”
C’è un singolo istante in cui si limitano a guardarsi attraverso il negozio – per poi scoppiare simultaneamente a ridere. Dev’essere il tema del giorno, Louis suppone.
Dio, è davvero piacevole, comunque. Ridere, semplicemente? Così rilassati e genuini? È fottutamente piacevole ridere così. È passato molto tempo dall’ultima volta in cui Louis ha riso istericamente con le lacrime agli occhi – stava cominciando a dubitare di poter piangere affatto.
“Sei così insopportabile,” Harry ride, pieno di gioia, scuotendo la testa. Si asciuga le lacrime con la manica della sua felpa ed è così terribilmente adorabile e delicato.
Louis è fiero, fiero, fiero. È riuscito a far ridere Harry è in quel modo. Fiero.
“Sono così saggio,” lo corregge, compiaciuto di se stesso, ma la sua voce si incrina in una risata nel vedere l’espressione di Harry in risposta, e continuano a ridere fino a che non si sentono davvero esausti.
È fottutamente incredibile.
 
**
 
È quasi buio. Il negozio chiuderà in un’ora.
Il flusso di clienti è stato continuo (Louis ha, principalmente, cercato di tenere per sé i commenti sui loro acquisti, per il divertimento di Harry) e l’intera serata è stata una calma e pacifica situazione che quasi rasenta quella di un sogno. Con Louis che girovaga come se fosse il padrone del negozio, sentendosi alla fine abbastanza a suo agio da selezionare la musica da riprodurre, poggiando delicatamente l’ago sulla plastica nera mentre gira e gira ancora.
Naturalmente fa indovinare ad Harry ogni artista che suona.
Incredibilmente, Harry ne azzecca la maggior parte. Il che non è poi così sconvolgente, in realtà. Dato che lavora qui.
Ad ogni modo, Louis si trova con riluttanza impressionato, sorridendo quasi con orgoglio al ragazzo quando indovina immediatamente “I Live For You” di George Harrison con tutta la sicurezza di un vero fan. Bravo ragazzo.
“Bene, bene, bene, cucciolo insolente. Pare proprio che io mi stia innamorando,” lo punzecchia, i melodiosi accordi che riempiono il negozio ora in penombra, le luci che brillano un po’ arancioni, un po’ deboli. Le finestre oscurate mostrano allegri passanti e le luci dei fanali, dei lampioni. È intimo qui. Quasi. Harry sembra stanco, seduto sullo sgabello con occhi gonfi ma sereni, la felpa enorme che lo avvolge completamente. Non tocca i libri da un’ora, la penna tappata e dimenticata che giace sul tavolo mentre Harry guarda Louis con un sorriso perenne.
A quelle parole, il viso di Harry sbianca, solo per un istante. Ma è abbastanza per Louis per distogliere velocemente lo sguardo, sentendo le viscere contorcersi spiacevolmente, cercando di focalizzarsi sul suono della voce di George Harrison e ignorando l’amara delusione di un tentativo di tenerezza fallito. Quando si arrischia a guardarlo di nuovo, però, Harry sta fissando le sue gambe con un sorriso che aleggia sulle labbra, l’espressione simile a una piuma fluttuante.
Harry è come una specie di piuma in generale. Delicato e grazioso. Che ti solletica le guance.
Louis è stanco. È tardi.
“Forse è meglio che vada,” dice, raccogliendo la giacca dal pavimento, vicino alla lampada gialla. Si schiarisce la gola, provando ad apparire imperturbabile e disinvolto e naturale. Provandoci troppo, probabilmente. Merda.
La testa di Harry si alza di scatto. “Di già?” gli chiede, deluso. Osserva i movimenti di Louis con una ruga tra le sopracciglia, le spalle che si abbassano leggermente. È così esausto. È così adorabile. Dio.
“Be’, sì, Harry. È tardi. E comunque tra un po’ devi chiudere, no? Tra l’altro, dovrei tornare a casa prima di addormentarmi in mezzo alla strada.” Fa un mezzo sorriso, infilandosi la giacca. La sente ruvida e fastidiosa. Sigh.
A quello, Harry inclina la testa, quieto e incuriosito, le dita che giocano con gli angoli del suo libro. Lo sguardo si alterna dal libro a Louis, e viceversa.
“Ma esattamente dove vivi?”
Louis si irrigidisce. Ah. Non è un buon argomento.
Finge un sorriso. “In questo momento non ho una casa mia,” dice con leggerezza. Il che non è una bugia. Suona meglio di ‘sono una specie di barbone’, almeno.
“Oh,’ è tutto quello che Harry dice, e lascia cadere l’argomento.
Il silenzio si trascina abbastanza perché Louis lo prenda come un segnale, quindi è in procinto di aprire la bocca per salutare, facendo un passo in direzione del bancone, quando Harry alza nuovamente la testa, il familiare rossore che fa capolino sulle guance.
“Assolutamente, sì, se sei stanco vai pure,” dice, alzando le spalle con un sorriso timido. “O, tipo, potresti rimanere. Forse? Se vuoi. Non so. Come hai detto, stiamo per chiudere e… è solo che è noioso qui la sera perché non viene quasi più nessuno a quest’ora e io mi stufo e-”
“E sono un’eccellente compagnia, Harry, puoi dirlo,” Louis scherza, nonostante la piccola fitta al petto. “Non riesci a fare a meno di me, vuoi che rimanga, eccetera eccetera, lo capisco. Non devi giustificarti. Risparmiami le tue futili scuse.” Tiene una mano alzata, sogghignando nel vedere Harry arrossire e alzare gli occhi al cielo, chiudendo il libro con un tonfo.
“Mi sa che mi hai beccato,” Harry dice ironicamente, gli occhi stanchi e indifferenti. “Che serie di sfortunati eventi.”
“Va bene, Lemony Snicket. Non c’è bisogno di avere questo atteggiamento.”
“È atteggiamento? O ossessione?” Harry domanda seriamente.
Louis non ha la più pallida idea di che cazzo stia dicendo. “Che-?” domanda, sbattendo le palpebre come un pollo, ma Harry esplode in una risata da far tremare i muri.
Obsession è un profumo,” spiega, quanto più Louis appare completamente sconcertato. “C’era questa pubblicità davvero bizzarra, negli anni ottanta. Sì, credo fosse negli anni ottanta. Dovresti vederla. È ridicola. Sono sempre tipo, ‘è ‘bianco’, o è ossessione?’ Ed è divertente.”
Dio. Il modo in cui questo ragazzino spiega le cose potrebbe letteralmente rendere qualsiasi cosa non divertente.
(E poi, come cazzo fa Harry a conoscere le pubblicità degli anni ottanta? Dei profumi, per giunta??)
“Sì, è troppo divertente,” Louis non può fare a meno di rimanere impassibile in risposta, il volto serio. “Mi sto sganasciando dalle risate in questo momento.”
Harry ride, per lo più tra se e se. “Taci!” Sta scuotendo la testa, leggermente imbarazzato ma stranamente compiaciuto.
Quindi Louis abbassa il tono della voce e lo rende il più monotono possibile. “Non posso – Non quando mi sto sganasciando così tanto.”
Il che fa effettivamente sganasciare Harry dalle risate. “Sei tremendo!” si lamenta, battendo le mani come una foca mentre ride, ed è così carino e allegro e brillante come le paillette. Forse Harry è davvero un glitter vivente. Non così insolito, dopotutto…
“Sono tremendo?” Louis domanda, il volto ancora serio. “O sono ossessione?” Questa volta ride da solo. (Cosa può dire? È troppo geniale.)
“Ossess-ivo, più che altro,” Harry mormora, ma è affettuoso e sorridente.
Alle parole, qualcosa di caldo si fa pericolosamente strada nel centro del petto di Louis, e forse è la foschia notturna o la stanchezza nelle sue ossa che lo porta a rispondere molto semplicemente, molto direttamente e senza riflettere.
“Con te? Forse,” ammette tranquillamente, non preoccupandosi neanche di adottare un’espressione finta o un accurato movimento dei capelli. È solo naturale. È tardi. “Però ritengo responsabile quel sorriso e l’inflessibile gentilezza che ci nascondi dietro.” Non sa da dove gli vengano queste parole. Forse da un libro, o qualcosa del genere. Non sa come la sua bocca abbia potuto formarle. “E quel tuo piccolo senso dell’umorismo. E il tuo cervellino intelligente con le tue piccole e belle parole. Le tue graziose mani e quella risata, dio. Un sacco di cose, Harry Styles.” Parla senza un briciolo di autocoscienza, e solo dopo aver finito il suo imbarazzantissimo monologo, realizza quello che ha appena lasciato uscire dalle sue labbra.
Cazzo. Merda. Porca puttana.
È stato… Sdolcinato. E aggressivamente, sconvenientemente affettuoso. E, nel complesso, troppo eccessivo.
Dio. Vuole nascondersi sotto un tombino. Forse diventare una tartaruga ninja. Passare il tempo a mangiare pizza, combattere il crimine e nascondersi da Harry Styles e dalla società. Dio. Probabilmente sta arrossendo. Deve decisamente trovare un tombino.
Per cercare di evitare che la pelle gli si stacchi, Louis sorride, sperando che quello strano segno di improvvisa timidezza stia ben lontano dalle sue labbra e si nasconda in un qualche posto lontano, dove nessuno può trovarlo.
Ad ogni modo.
Harry sembra altrettanto timido, il suo labbro inferiore catturato tra una fila di denti bianchi. Sta avendo problemi a mantenere il contatto visivo con Louis (che va bene, ad essere onesti, gli occhi sono sopravvalutati e Louis preferirebbe di gran lunga ispezionare la moquette in questo momento) e sta portando nervosamente i capelli dietro le orecchie, la fossetta stranamente pronunciata e in ombra.
“Non sono… quelle cose,” balbetta, arrossendo terribilmente, e la sua voce si è ridotta ai minimi termini. Sembra quasi sopraffatto. Stranamente, questo rilassa Louis un pochino. “Decisamente non il ‘tipo inflessibile’ o qualsiasi cosa tu abbia detto.” Ride per un attimo in modo consapevole, e non alza lo sguardo che è fermamente puntato sulla cassa. Ma c’è…
C’è quasi certamente una curiosità nascosta nella linea delle sue spalle. E le sue orecchie, Louis può giurare, sono drizzate come quelle di un cane, ed è abbastanza perché Louis insista, ancora una volta senza apparente motivo.
“Per me, lo sei,” replica Louis, fissando con ostinazione il profilo di Harry. “Mi hai mostrato più immeritata gentilezza tu in un mese rispetto a quanta ne abbia mai ricevuto in tutta la mia vita fino ad ora, e questo la dice lunga. Per me, almeno. Non sono buono, Harry. E nonostante questo, mi ricambi sempre con la tua gentilezza.” Fa spallucce alzando le mani prima di lasciarle ricadere, sbattendo contro le cosce. “A me sembra inflessibile gentilezza.”
Dio.
Deve essere uscito fuori di testa. Che cazzo sta dicendo? Le parole escono facilmente, però, probabilmente a causa della stanchezza e del rilassamento della mascella. Probabilmente anche a causa del modo in cui Harry sbatte gli occhi, che ora fissano Louis in maniera schiva e terribile che graffia il retro delle sue palpebre.
C’è un attimo di silenzio, intervallato dal fitto battito del cuore di Louis, prima che Harry finalmente parli.
“A volte alludi a cose che mi rendono triste,” dice lentamente, così piano da poter essere scambiato per un fruscio di carta. “Tipo, cose che vorrei poter cambiare per te.”
E improvvisamente l’atmosfera si fa stranamente più pesante, in un modo che Louis non aveva previsto, l’attenzione ora focalizzata su di sé. Una parte di Louis vorrebbe indirizzare la conversazione altrove. Immediatamente.
Ma invece ascolta, tutti i peli delle sue braccia sull’attenti, inarcandosi per ascoltare perché è umano ed è curioso e non è abituato a niente di tutto questo, non sa cosa aspettarsi.
Quasi gli piace l’imprevedibilità che Harry porta con sé.
“Ho capito che sei una persona molto riservata,” Harry continua, dolce e lento e presente. Sta osservando Louis così attentamente, come se fosse fragile, fatto di vetro delicato. “E non so quasi niente sulla tua vita, nonostante abbia sentito un bel po’ su di te da altre persone. Solo per caso, tipo,” aggiunge in fretta, probabilmente dopo aver visto sbiancare il volto di Louis. “Ma, il fatto è, ho capito che hai un sacco di… cose, in te. E cose che non vuoi condividere. E mi sta bene. Più che bene. Lo rispetto, okay? Però delle volte questo mi rende comunque triste.”
“Triste?” Louis ripete, stupidamente. “Perché ti rende triste?”
“Mi rende triste il fatto che il mondo non sia mai stato come meritavi che fosse.”
La frase suona come una debole esplosione, un tuono leggero e Louis non ha la più pallida idea di cosa stia facendo la sua faccia o che cosa significhi il battere incessante del suo cuore.
È combattuto, comunque. È combattuto tra il concordare con Harry – perché, no, il mondo non è stato di certo fantastico per lui, non lo è mai stato e non lo è tuttora – ma poi pensa ad Harry e a come spenda così tante energie e pensieri e attenzioni nel prendersi cura di sua mamma e sua sorella, il tutto mentre colleziona piccole e innocue informazioni su Louis tanto per, e ride alle sue battute tanto per, ed è come una piccola ape che vola di fiore in fiore, trasportando la dolcezza con sé.
E poi ripensa a se stesso, che esce dalla vita della propria famiglia all’età di sedici anni perché voleva ‘divertirsi’ e la sua famiglia non era abbastanza ‘divertente’.
Si sente ribollire di cocente vergogna al ricordo e lo scaccia via duramente, sentendo ancora l’umidità dell’aria della notte in cui se n’è andato. Sentendo ancora l’irregolare frinire delle cicale e vedendo le crepe del pavimento sotto i suoi piedi mentre lo trascinavano lontano, lontano, lontano. Sentendo la borsa sbattere sulla sua spalla.
No.
Louis è sempre stato un vero pezzo di merda e il mondo gli ha dato più di quanto meritasse, sul serio. Il caso vuole che abbia mandato tutto a puttane perché una sana e completa distruzione è ciò che lo diverte morbosamente. Dopotutto, è un cattivo della Disney, pensa aspramente.
“Be’, hai ragione per metà, giovane cucciolo insolente,” dice dolcemente, utilizzando un tono cauto e osservandolo negli occhi. Ma è come se le sue pupille stessero tremando e non riesce a smettere di deglutire. “Il mondo non era come lo meritassi – meritavo molto peggio.” Lo dice in modo categorico, perché non è autocommiserazione e non vuole sentire discussioni. È un fatto e basta. Si può prendere la colpa per questo. “Sono un bastardo, Harry. Tutto quel che sono, me lo sono procurato da solo, te lo posso assicurare.”
“Non sei un bastardo,” Harry protesta fermamente, ma il tono è delicato. “Smettila di dire cose come quella continuamente-”
“Credimi,” Louis lo interrompe, alzando una mano, le labbra strette in una linea sottile. “Non mi conosci, ragazzino. Per niente. Non sono buono, va bene? Non come te. Quello che dicono su di me… Ad essere onesti, probabilmente dovresti cominciare ad ascoltarli. Ascoltali e basta. Anche se non è vero, è vero, sai?” Deglutisce qualcosa di pesante e grumoso, perfettamente consapevole dell’attenzione indesiderata che si sta tirando addosso. Non dovrebbe dirlo. Non dovrebbe. Liam lo ucciderà. Non può dirlo. Questo potrebbe mandare a puttane tutto – per Liam, per Louis.
Ma lo fa comunque.
“Se vogliamo essere onesti, Harry,” dice tranquillamente, sincero, e la sua voce sembra così alta nel silenzio della stanza, la musica solo un sottofondo. “Non dovresti più perdere tempo con me. Non dovresti più parlarmi o guardarmi o… o ridere con quella tua buffa risata.” Deglutisce, di colpo inspiegabilmente triste. “Non dovresti, davvero.”
“Ma io lo voglio fare,” Harry dice con sincerità, non lasciando spazio ad aria, respiri e pensieri.
L’aria si fa pesante.
Louis deglutisce.
“Non sono buono,” prova di nuovo, ma la razionalità sta abbandonando il suo corpo, rimpiazzata invece da qualcosa di caldo e pulsante – qualcosa che sembra rosso e magnifico e potente, che gli blocca le vie respiratorie.
“Louis, Louis – ti prego,” Harry dice, alzando entrambe le mani mentre Louis annaspa alla ricerca di parole, di ogni scusa che faccia arrivare il messaggio senza in realtà proferirlo ad alta voce. “Posso dirti una cosa?”
Louis si morde con forza le labbra, annuendo una sola volta. Okay. Sta ascoltando.
L’intera espressione di Harry si ammorbidisce in un sorriso. “Grazie,” dice, appena divertito ma perlopiù addolcito, e Louis sente già come se stesse scivolando sotto la superficie. “Allora, uhm. Sono sicuro che tu abbia notato che non ho molti amici,” comincia, e il suo sorriso svanisce mentre abbassa lo sguardo sul bancone e comincia a battere delicatamente le dita sul legno.
Louis annuisce, ma Harry ha già ricominciato a parlare.
“Suppongo che, uhm, io non vada d’accordo con molte persone,” continua piano. Le dita si fermano. “Tipo, non mi interessano granché? Più o meno? Nel senso, mi interessano! Ovvio che sì! Però, tipo, non lego con loro. Mai. Non capiscono le mie battute, non pensano che io sia divertente e… non pensano che sia ‘insolente’ o quel che è. Pensano che io sia strano, o qualcosa del genere. Non mi ascoltano davvero. O non mi vedono, tipo? Sembra un po’ banale, ma.” Alza le spalle, grattandosi la nuca, gli occhi ancora puntati sul bancone. “Ma il modo in cui tu mi tratti è diverso.”
Gli occhi di Harry lo trovano. Louis inspira bruscamente attraverso il naso, serrando i pugni fino a sentire dolore.
“Tutti pensano che io sia noioso e anche io delle volte penso di esserlo… ma tu mi fai sentire come se non lo fossi. Non mi piacciono le cose che piacciono a tutti, e non dico le cose che tutti dicono, e non sono ‘normale’ o ‘convenzionale’ tutto il tempo e…” Si interrompe, sembrando un po’ nel panico, mordendosi le labbra e arrossendo. Louis ascolta, catturato in un posto molto alto, sentendosi come se stesse sospeso. Non osa muoversi mentre aspetta che Harry continui, sentendo tutto improvvisamente molto precario. “Non mi sono mai trovato a mio agio con nessuno fino ad ora, non in modo sincero. Sono tutti uguali, Louis. E io, in qualche modo, sono diverso, pare. Ma è semplice con te. Non è mai stato semplice prima. Mi piace che sia semplice. Tu mi piaci. Nel poco tempo in cui ti ho conosciuto, sei stato più un vero amico tu che alcuni dei migliori amici che ho avuto per anni.” È estremamente rosa ora, la voce sta vacillando, ma non distoglie lo sguardo da Louis, inchiodandolo con il proprio. “Probabilmente è davvero patetico. E, non so, forse io lo sono? Non mi interessa molto.” Alza le spalle prima di continuare. “Ma, suppongo, tipo… Sembra tutto così noioso e… distante, in qualche modo? Sembra tutto così lontano da me. E, in qualche modo, quando sei con me, tutto si fa meno noioso. Quindi. Non voglio davvero smettere di parlare con te. Perché sei l’unica persona che mi fa venire voglia di essere me stesso senza sentirmi come se stessi facendo qualcosa di sbagliato.” È ormai completamente arrossito da capo a piedi, gli occhi lucidi e spalancati, e se Louis lo toccasse, probabilmente scomparirebbe.
Ma a Louis non gliene frega proprio un cazzo in questo momento perché deve concentrarsi sugli ultimi rimasugli di auto-conservazione dentro di sé.
Mai nella sua vita ha sentito una così forte impennata di due emozioni opposte: straziante vergogna e pura, fottuta attrazione.
Cristo, amico. Merda.
Può a malapena far scorrere l’ossigeno nei suoi polmoni aridi, privati-del-fumo e ancora-probabilmente-in-post-sbornia, ed eccolo qui, cercando di metabolizzare il fatto che questo piccolo My Little Pony, seduto dritto di fronte a sé come un fottuto principe, gli abbia appena detto le parole più… toccanti, commoventi e sorprendenti che Louis abbia mai sentito dire da un altro essere umano. E a lui, per di più.
A Harry piace stare con Louis.
Harry ha detto che Louis lo fa sentire meno noioso.
Harry ha detto che sono tutti uguali. Ma Louis è diverso.
Solo ripetere le parole nella sua testa gli fa venire le vertigini, accompagnate da un rapido barlume di elettricità nel suo stomaco che sembra quasi incredibilmente sgradevole.
Louis non è una persona sentimentale. Neanche un po’, sfortunatamente. Ma pensa che, se davvero ha un cuore… allora queste saranno le sole parole che probabilmente riuscirà mai a trovare. Non gli piace usare la parola ‘toccato’ (a meno che non si riferisca a cazzi e culi, grazie) ma, okay, bene – il mondo ha vinto.
Louis Tomlinson è toccato. È commosso nel modo più genuino e intenso in cui un essere umano potrebbe esserlo.
Potrebbe aver bisogno di trovare nuovamente quel tombino.
“Louis?” Harry domanda timidamente, osservandolo come un falco, gli occhi speranzosi. Sta cercando di misurare la sua reazione e Louis può solo immaginare come sia la sua faccia in questo momento. Probabilmente comatosa.
“Harry,” è tutto quello che riesce a dire, e la sua voce si incrina nella seconda sillaba, il che è incredibilmente imbarazzante. Si acciglia, incapace di fermarsi, serrando la bocca e affondando le unghie nei palmi. Riesce comunque ancora a percepire gli occhi di Harry, quindi si impone di ricambiare lo sguardo, e di far scomparire le vertigini e il sangue che sta fluendo in tutte le direzioni sbagliate.
Liam. Deve pensare a Liam. Questo non è… Questo è tutto per Liam.
Concentrati, Tomlinson. Prendi in mano la situazione, cazzo.
Ma la parte razionale del suo cervello sembra solo rumore bianco.
“Lo apprezzo davvero tanto. Quello che hai detto. Grazie,” riesce a dire in modo burbero, rapido, e la sua testa gli sta urlando di smetterla, di ritirarsi perché questo sta andando in una terribile, terribile direzione e ha bisogno di tornare all’appartamento di Liam e riferire i dettagli di questa cazzo di giornata. Perché questo è tutto un fottuto gioco e basta. “Nessuno ha mai… Questo è…” si interrompe, trasalendo contro le urla nella sua testa, contro sé stesso, in realtà.
Ma Harry appare sollevato, e il silenzio si prolunga tra loro solo per un attimo prima che riprenda nuovamente l’argomento di conversazione, la voce sempre così roca e delicata.
“Volevo solo fartelo sapere,” dice con un sorriso. “Quindi, per favore, smettila di cercare di sbarazzarti di me quando sei stato tu il primo a stalkerarmi.” È scherzoso ed è detto con un sorriso storto e occhi maligni e Louis potrebbe ridere di sollievo in questo momento se non fosse così schiacciato dall’ansia e da un sacco di sconosciute e potenti… emozioni.
“Rimango,” è tutto quello che riesce a dire, la voce ancora un po’ strana. “Fino all’orario di chiusura,” aggiunge. Ma significa molto più di quello, ed è dimostrato dal modo in cui piccole scintille di agitazione cominciano a depositarsi sugli occhi di Harry.
Si illumina, il sorriso che si forma piano, gli occhi ancora stanchi e affettuosi. “Yayyy,” ostenta scherzosamente, lanciando mini pugni in aria mentre osserva Louis farsi strada per raggiungerlo dietro il bancone. Continua a osservarlo quando le sue mani tornano sul suo grembo, continua a osservarlo, intensamente, mentre Louis si mette al suo fianco, spalla contro spalla. Osserva mentre Louis fa scorrere una mano cauta e leggermente incerta sulla copertina lucida del libro, e osserva mentre Louis cerca di tornare alla realtà, cerca di riprendere un po’ di fiato perché si sente come se ne avesse perso per strada.
Osserva semplicemente Louis, e Louis sente il calore del suo corpo, anche se è solo tutto nella sua testa.
“Non hai studiato tanto oggi,” commenta, guardando il libro chiuso ed evitando gli occhi allegri di Harry che sono molto più vicini ora. Non batte ciglio.
Harry fa spallucce. “Preferisco le tue parole a quelle di…” lancia un’occhiata al libro. “… Howard Belville.” Sorride graziosamente. “Inoltre, non è un problema. Posso sempre recuperare dopo.”
“Già.” Dice Louis, ignorando il groppo in gola. “Puoi sempre recuperare dopo.”
Condividono un sorriso (quello di Harry è deciso e meraviglioso, mentre quello di Louis è incerto, fragile) e Louis è vagamente cosciente del fatto che il suo telefono stia vibrando nella sua tasca posteriore, ma in qualche modo non sembra avere importanza.
Non quando Harry poggia il mento sulla sua mano, sbattendo le palpebre in direzione di Louis con lente ciglia da giraffa. Non quando Louis sorride un po’ più saldamente, punzecchiando dolcemente il fianco di Harry con il gomito. Non quando è rimasta solo una manciata di minuti prima che il loro tempo insieme sia finito, e non quando sembra tutto così travolgente e bizzarro, completamente fuori dal regno di Louis.
Non gli importa di niente, davvero. Quindi si limita ad avvicinarsi un po’ di più e sorridere quando Harry comincia deliberatamente a canticchiare ‘Apple Scruffs’, gli occhi che non vedono nient’altro se non Louis.
 
**
 
Hanno chiuso con successo il negozio (be’, Harry l’ha chiuso – Louis l’ha osservato da lontano, sfregandosi gli occhi stanchi e sbadigliando sotto la luna piena, spostando il peso da un piede all’altro con impazienza) e la notte è limpida e frizzante, piena di stelle appena visibili.
A Louis sembra semplicemente normale accompagnare Harry alla fermata dell’autobus, aspettarlo con lui. Normale, sapete? Quindi eccoli qui ora, camminando attraverso le strade in ombra e fiocamente illuminate, le spalle che si sfiorano, Louis che porta la borsa di Harry.
Che è incredibilmente pesante, cazzo.
E Louis… be’. Ha bisogno di chiedere qualcosa ad Harry. Qualcosa di importante.
“Quindi, uh. Ho una domanda veloce per te,” Louis tossisce, con tutta l’aria di un goffo adolescente, che è vagamente terrificante ma alla fine solo snervante.
Harry, cogliendo già il cambio di atmosfera, alza un sopracciglio e lancia un’occhiata a Louis di traverso, il sorriso che tocca le sue guance. Ma rallenta il passo mentre cammina, la testa piegata appena per ascoltare, e… E Louis deglutisce, improvvisamente conscio del sudore che ha cominciato a prudere sul palmo delle sue mani.
Okay.
“Hai saputo del Gala di Beneficenza dei Payne-Malik? Quello che ci sarà la settimana prossima?”
Espira. Ecco. Il piano è in azione.
“Uhm,” Harry comincia, facendo spallucce. “Credo di sì? Ho sentito parlare di una specie di ballo. Una festa, o quel che è. Qualcosa di simile.” Louis non riesce a trattenersi dal ridere, e Harry arrossisce appena ma in qualche modo riesce anche a rilassarsi, sorridendo a proprio agio. “In realtà un paio di persone mi hanno chiesto di andarci.”
E il sorriso di Louis si gela.
Cosa?
Un paio di persone gli hanno chiesto di andarci? Di già?
“Oh,” Louis dice, più piatto di quanto intendesse, e se i suoi passi hanno vacillato, nessuno deve saperlo. Ma una strana sensazione lo coglie impreparato. È sgradevole. Abbastanza sgradevole da forzarlo a interrompere il contatto visivo, la mandibola che schiocca mentre guarda avanti, la pelle che tira contro le ossa. Davvero sgradevole.
Qualcuno è arrivato prima di lui?
Arrossisce al pensiero.
“Non importa, allora.” La sua voce suona strana.
“No, no,” Harry dice di corsa, ma Louis non lo sta guardando, non ancora. “No, non devo, tipo, andarci con qualcuno. Ho detto loro che potrei andarci. Ma, tipo, separatamente. Da solo. Tipo, per i fatti miei. Guidando e cose così.”
Le parole addolciscono l’aria fredda che si è formata all’improvviso, ed è abbastanza per portare Louis ad incrociare nuovamente il suo sguardo per un attimo, un debole sorriso che aleggia sui suoi lineamenti. “Guidando e cose così?” lo prende in giro, e fa sì che Harry si morda la guancia quando sorride, distogliendo lo sguardo timidamente.
È così timido. Se Harry fosse uno dei nani di Biancaneve, sarebbe Mammolo.
Louis sarebbe Brontolo.
“Be’, sì,” dice Harry. “O a piedi. O in bicicletta.”
“O saltellando?” Louis offre. “Perché no, insomma?”
Harry ridacchia, le guance color pesca. Una crostata di pesche. “O volteggiando?”
“Correndo?”
“Passeggiando?”
“Zigzagando?”
“Cadendo?”
“‘Cadendo’?” Louis ripete, incredulo, fermandosi sui suoi passi. “Che stronzata. Cadere non è un modo per arrivare da un posto all’altro, Harry.”
“Certo che lo è!” Harry protesta, fermandosi anche lui, ma non approfondisce, si limita a stare nella foschia argentea e arancione sotto il cielo.
“Okay, come vuoi tu, comunque,” Louis lo ignora, rifiutandosi di ridere, rifiutandosi di impigliarsi in un argomento così totalmente irrilevante. Dio, questo ragazzino lo rende stupido. “Il punto è – non sai se verrai o meno, allora?”
Harry rimane in silenzio, offrendo un’alzata di spalle. Si osserva i piedi mentre riprende a camminare, le punte che calciano i sassolini e un paio di sporadiche foglie cadute. “Non lo so. Nel senso… Non vado matto per le feste. È un po’ imbarazzante… non so mai cosa fare con le mie mani.”
A quello, Louis non riesce a trattenersi dal sorridere, percependo le rughine che ammorbidiscono il duro contorno dei suoi occhi.
Che dio lo benedica.
Come se fosse una reazione automatica, smette nuovamente di camminare, alzando le proprie mani con i palmi rivolti verso Harry mentre sogghigna, facendogli un occhiolino.
Harry si ferma nuovamente, confuso.
Si guardano negli occhi, Harry totalmente confuso, Louis con un sorrisetto compiaciuto, le mani ancora a mezz’aria.
“Batti, batti le manine, che arriva papà,” Louis comincia cantando con disinvoltura con un sorriso sfacciato, come se questa fosse una normale sequenza di eventi.
È abbastanza per far scivolare Harry in un attacco sbigottito di risa, gli occhi che brillano in maniera positiva, prima che quasi istantaneamente batta le sue mani contro quelle di Louis, rispondendo al gioco senza un secondo di esitazione. “Porterà le caramelle e Louis le mangerà,” ridacchia in risposta, il volto acceso.
Louis sorride, più dolcemente del solito, i loro battimani che separano le particelle d’aria tra loro.
“Hai visto, cucciolo? Adesso devi venire al Gala. Un buon gioco di Batti le Manine risolve qualsiasi ansia da mani, non hai più scuse.”
Harry ride di nuovo. Di nuovo, di nuovo, di nuovo. Sempre. “Questo è vero,” gli concede, mentre lasciano cadere le loro mani. “Non so perché non ci abbia mai pensato prima.” Il sorriso si rilassa prima che lanci un’occhiata a Louis, le ciglia che nascondono l’intensità del suo sguardo. “Pensavo stessi per dire qualcosa di volgare,” commenta dolcemente, quasi in una ulteriore riflessione. “Sulla questione delle mani. Non mi aspettavo Batti le Manine.”
E. Huh.
Non ha tutti i torti.
Ecco Harry, che si lamenta di non voler andare alla festa perché non saprebbe cosa fare con le sue mani, ed ecco Louis – che gioca a Batti le Manine invece di insinuare che Harry potrebbe, abbastanza facilmente, trovare modi per tenerle occupate.
Maledizione. Sta perdendo il suo tocco.
Ma ripropone il suo sorriso studiato, mantenendo la frustrazione lontana dalla sua bocca. “Ah, sì, be’,” dice invece, portando le mani dietro la schiena. “Nessuno ha mai detto che Batti le Manine non sia un gioco sensuale.”
Il sorriso di Harry si allarga.
“Ah, e tanto per la cronaca,” Louis continua in modo casuale, dopo un paio di tranquilli attimi di silenzio dove hanno ricominciato a camminare, la notte interrotta solamente dal rumore dei loro passi. “Io sarò lì. E giuro solennemente-”
“Di non avere buone intenzioni?” propone Harry, al che Louis gli tira una gomitata in maniera scherzosa.
“Che…” continua, più forte, e percepisce il sorriso di Harry, “– che sarò sempre disponibile per tenere occupate le tue mani.”
Ecco. Tommo è tornato.
Harry arrossisce immediatamente, distogliendo lo sguardo.
“Piccolo insolente, perché stai arrossendo?” Louis domanda innocentemente, prendendo nota e sentendosi compiaciuto. “Stavo solo parlando delle filastrocche con le mani. Non lasciare che la tua graziosa e riccia testolina pensi a queste cose maliziose, topolino!”
“Graziosa?” Harry domanda, ruotando la testa. Appare delicato e… sembra uno dei sette nani. Che carino.
“Topolino,” Louis lo corregge, e sorridono nello stesso momento. “Un cucciolo di topolino molto grazioso. Con un bel caratterino,” fa ammenda.
Harry sorride raggiante, intenso abbastanza da illuminare le strade, così Louis allunga una mano per accarezzargli i capelli, lasciando che le dita si aggroviglino affettuosamente tra i ricci mentre Harry sorride maggiormente. Apre la bocca per dire qualcosa – ma poi improvvisamente sentono il basso rombo di un motore, accompagnato dalla luce accecante dei fari, ed entrambi sussultano, osservando il bus scoppiettare fino alla fermata, i freni che cigolano.
La porta si apre senza tante cerimonie e Louis fa un passo indietro da Harry istintivamente, lasciando scivolare una mano nella tasca della giacca, offrendo un piccolo saluto con l’altra.
“Ciao, ciao,” Louis sorride, ma Harry non si muove.
“Buonanotte, Louis,” dice piano, sorridendo, dopo solo un momento. “Scrivimi, okay?” aggiunge, a voce ancora più bassa.
Louis sta annuendo ancor prima di realizzarlo pienamente. “Ovvio,” risponde semplicemente. “Sarà un memorabile primo messaggio, te lo prometto. Non ti pentirai di avermi dato il tuo numero. Per nulla. Ti piaceranno senz’altro le enormi fotografie della mia collezione di sassi.”
Più risate, più sorrisi, più stelle.
“Ci vediamo domani? Hai intenzione di portare il tuo amico al negozio?” Harry domanda, e non si è ancora mosso, il motore del bus che romba con impazienza.
“Yep. Saremo lì,” promette. “A domani, caro Harry?”
Un altro splendente sorriso. Harry annuisce. “A domani, dolce Louis,” ridacchia con leggerezza, lanciando un ridicolo bacio nell’aria prima di voltarsi e salire sul bus, tutto gambe lunghe e inaspettata delicatezza.
Ovviamente, Louis dà spettacolo per acchiappare il bacio, dà spettacolo per infilarselo nei pantaloni come il dannato bambino che è, ma fa scoppiare Harry in una delle sue risate fragorose mentre lo saluta attraverso il finestrino sporco, premendo quasi il naso contro il vetro mentre il bus si allontana.
Louis lo guarda rimpicciolirsi mentre percorre la via, guarda i piccoli fari rossi scomparire dietro l’angolo. Guarda finché non si è ormai allontanato e Louis è rimasto con i rimasugli del suo sorriso, in piedi in mezzo alla strada senza la più pallida idea di dove andare a dormire per la notte.
Forse da Anthony?
Eh, quel che è.
Non gli importa. Troverà una soluzione.
Con un ultimo persistente sorriso, gira sui tacchi, tenendo il suo iPod nella tasca mentre ascolta, invece, l’eco della voce di Harry nella sua mente.
 
 
 
 
 
 

 
Note di traduzione:
- Sassy plum l'ho tradotto come 'piccolo insolente', perché davvero, non sapevo come potesse suonare prugna insolente. Era orrendo. Vi prego.
- Sassper the Friendly Ghost è diventato 'Casper il Fantasma Insolente'.
- Sasspup è il mio cruccio. Louis da questo momento glielo affibbia ogni tre per due, è un mix tra sassy e pup. Sono stata molto indecisa fino alla fine se lasciarlo in originale o tradurlo, ma effettivamente poi in italiano non avrebbe avuto senso. Ho optato per Cucciolo insolente, anche se delle volte - anche nei capitoli successivi - ho lasciato solo cucciolo.
- "Someone left the cake out in the rain" è una parte del testo della canzone di Richard Harris intitolata “Macarthur Park”.
- Bashful è il nome inglese di Mammolo, ma ovviamente in italiano ho dovuto dividere la traduzione del nome da timido.
- Patty Cake è un gioco per bambini che si fa con le mani, e cercando su internet ho trovato che è il corrispettivo di Batti le Manine. Quindi... be', ecco, l'ho tradotto così.
- Non c'entra niente con la traduzione, ma i tatuaggi di Louis sono inventati.





Eccomi, eccomi! Lo so che dico sempre le stesse cose, ma ogni capitolo è sempre più bello del precedente io ve la vorrei postare tutta insieme perché AWWW.
Il prossimo è ancora più lungo, sappiatelo. Ed è incondizionatamente il mio preferito. Fino ad ora. E ho frignato tanto, tantissimo ad ogni singola riga. Faby sa.
Quindi, ecco, spero che vi stia piacendo, e scusate per il precedente, ma purtroppo efp aveva deciso di fare i capricci e si vedeva a tratti ç_ç
Lunedì ricomincio l'univeristà (nuooohhhh ç__ç) quindi avrò davvero poco tempo. Ma insomma, tra un kanji e l'altro spero di aggiornare sempre più o meno a questa velocità - sempre che gli altri capitoli non siano mostruosamente più lunghi.
Grazie a Giadina per essere la mia beta preferita (anche se delle volte la sorpasso perché ho troppa voglia di pubblicare SCUSA GIADINA, LO SAI CHE TIVUBI!
Grazie, grazie a tutti voi che leggete questa storia. Se vi capita, passate anche a fare i complimenti all'autrice (Velvetoscar su Ao3), che se non fosse per lei starei ancora qui a frignare alla ricerca della ff perfetta.
Ma l'ho trovata.
E ho trovato i miei Harry e Louis della vita.
Ma insomma, abbiamo pur sempre gli originali, no? <3
All the love,

  
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