EDWARD
Cominciai
ad avvertire
qualcosa di insolito molto prima di essere nelle vicinanze di casa di
ritorno
dalla caccia. Mi ero nutrito giusto l’indispensabile, un
po’ svogliatamente,
turbato dalle parole di Alice, un po’ perché non
mi sentivo a mio agio sapendo
che Bella avrebbe potuto risvegliarsi da un momento all’altro
ed ero ancora
preoccupato per il modo in cui ci eravamo lasciati un paio
d’ore prima. Nello
stato d’animo in cui ero non mi sfuggirono i pensieri gioiosi
di mia madre che
mi raggiunsero investendomi in pieno, così contrastanti
rispetto ai miei.
Quando, poi, fui anche a portata d’orecchio, cominciai a
sentire le risate.
Riconobbi quelle di Esme e di Alice, ma mi parve che il mio cuore
sobbalzasse
quando udii la risata dolce e sommessa di Bella. Affrettai leggermente
il passo
incuriosito e mi diressi dall’esterno verso la direzione da
cui provenivano i
suoni, il primo piano, la cucina. Mi arrampicai velocemente
sull’albero che ne
fiancheggiava il finestrone e rimasi a guardare la scena che si
presentava ai
miei occhi con la bocca spalancata. Alice ed Esme stavano preparando
una sorta
di intruglio strano in una ciotola d’acciaio sommerse dagli
ingredienti
disposti sparsi sulla penisola della cucina. Alle narici mi arrivarono
odori
dolciastri, speziati e capii che stavano preparando qualcosa di dolce
per
Bella. Pareva che si divertissero un mondo.
Lei
se ne stava seduta di
profilo dall’altro lato del bancone, accoccolata su uno
sgabello con una gamba
piegata sotto di sé e l’altra che scendeva
penzoloni. Ammirai le sue gambe
ancora un po’ troppo magre, fasciate in quei jeans aderenti,
la camicia blu che
le aderiva morbida sulla vita seguendo la linea delicata del suo seno,
il suo
piede che dondolava avanti e indietro lento. Era appoggiata con la
schiena alla
spalliera dell’alta sedia.
La
sua espressione mi
riscaldò il cuore. Ero stato in ansia fino a quel momento
convinto di non poter
accertarmi delle sue condizioni reali se non affidandomi a terze
persone, e,
invece, la vedevo dinnanzi a me, con le guance colorite e gli occhi
allegri, il
viso e la postura rilassate. Mi godevo quella scena di assoluta
serenità con
l’aria imbambolata quando i pensieri di Alice si rivolsero a
me.
Attento.
Contemporaneamente
mia
madre diceva a voce alta: «Edward tesoro, non è
educato starsene appollaiati su
un albero ad origliare. Entra caro, questa non è una
riunione massonica.»
E,
dopo aver sobbalzato
al mio nome, Bella si voltò nella mia direzione, con uno
sguardo mozzafiato. E
non solo.
I
suoi occhi nocciola
erano spalancati, tesi a cercarmi tra i rami. Quando mi scorse da
limpidi che
erano si fecero brillanti e, poi, capii perché Alice mi
aveva messo in guardia.
La camicia che Bella indossava si apriva in un scollatura a punta che
le
lasciava scoperto il collo e terminava nel’incavo dei seni.
Girandosi un
bottoncino si era aperto e mi ritrovai con lo sguardo cristallizzato su
una
generosa porzione di pelle candida che si offriva spudoratamente ai
miei occhi
rapaci. Se non mi fossi messo sulla difensiva automaticamente ai
pensieri di
mia sorella, probabilmente sarei caduto dall’albero.
Mi
ripresi
istantaneamente, inspirai una bella boccata d’aria e con
grazia atterrai
nell’ampio spazio antistante il bancone, a due passi da lei.
Non sarebbe stato
affatto carino fiondarmi su di lei per annusarle il collo come un
pervertito,
per questo assunsi un’espressione scettica e con aria
indolente chiesi:« Riunione
tra donne?»
Vidi
mia madre
sorridere a testa bassa, Alice mettersi una mano sulla bocca a
soffocare una
risatina sussurrando un «più o meno» e
Bella arrossire con grazia abbassando
gli occhi. Alzai un sopracciglio lanciando un’occhiata alle
tre cospiratrici e
mi soffermai su quest’ultima osservandola con malcelato
compiacimento.
Sembrava
diversa dal
nostro ultimo incontro, più distesa, meno insicura, meno
sulle sue.
Rimasi
immobile in
piedi vicino a lei, quando Esme mi offrì
l’occasione che stavo aspettando.
«Edward,
caro, perché
non accompagni Bella a fare quattro passi in giardino, qui ci
vorrà ancora
un’oretta per la torta. » poi, aggiunse
«Alice dopo che avremo finito qui, mi
devi accompagnare giù in città, devo fare un
po’ di provviste per Bella.» e si
voltò senza aggiungere altro insieme ad una Alice
stranamente e solo
apparentemente silenziosa. In realtà nei suoi pensieri stava
canticchiando
l’inno nazionale partendo dall’ultima strofa. Feci
una smorfia con la bocca,
quello era il modo di mia sorella di tenermi all’oscuro dei
suoi pensieri.
Voltai gli occhi verso Esme, ma niente, i pensieri di mia madre erano
candidi e
senza segreti.
Guardai
Bella con un
misto di speranza e timore, non sapendo come avrebbe reagito, ma con
mia grande
sorpresa lei era già scesa dallo sgabello, pronta per uscire
in giardino. Teneva
ancora gli occhi abbassati e sembrava profondamente in imbarazzo.
Mi
diedi dell’idiota
per aver dato l’impressione di tentennare e dissi con un
sussurro: «Se a te fa
piacere, sarei lieto di accompagnarti.» Annuì con
un cenno del capo e ci
avviammo verso l’esterno.
Camminavamo
fianco a
fianco in silenzio. Bella mi pareva pensierosa, come se stesse
rimuginando su
qualche cosa di importante valutando il modo giusto di affrontare una
situazione. Si stropicciava le mani nervosa, ma non accennava a
parlare. Decisi
di rompere il ghiaccio.
«Mi
pare che tu stia
meglio. Ne sono contento» le lanciai uno sguardo per cogliere
la sua reazione.
«Già,
infatti.»
rispose.
Laconica.
Non
mi piaceva.
Continuammo
a camminare
per un po’ in silenzio, poi aggiunsi «A cosa
pensi?», come al solito ero
curioso e non sapere mi faceva sentire frustrato.
La
osservai lanciarmi
un’occhiata, prendere un respiro e dire «A tutto
quello che è successo, ai mesi
che sono trascorsi, ai cambiamenti …».
Rallentò ancora, benchè stessimo già
passeggiando e aggiunse d’un fiato: «In
realtà ero curiosa di sapere dove fossi
stato tu, cosa avessi fatto in tutto questo tempo.»
abbassò un po’ il capo.
Annuii.
Logico, eravamo
al dunque.
«Niente
di
particolarmente avventuroso. Sono stato al sud, a Rio per
esattezza.» mi
interruppi, dandole il tempo per assimilare le mie parole. Vidi
colorirsi un
po’ le sue guance, non volevo che si sentisse in imbarazzo
con me e allora mi
affrettai ad aggiungere: «Bella, puoi farmi qualsivoglia
domanda, non temere.»
«Io
…sì, insomma …sei
stato bene?» balbettava, più in imbarazzo che mai.
Sospirai.
«No, Bella
non sono stato bene. E lo sono stato ancora di meno quando ho visto
cosa mi ero
lasciato alle spalle.» il fatto che pensasse che potevo
essere felice senza di
lei mi sconcertava e intristiva. Ma come darle torto?
«Nessuno
ti ha
obbligato.» disse con amarezza nella voce.
«Già,
nessuno.»
assentii con voce bassa. «Bella, io credo di doverti delle
spiegazioni» dissi
con urgenza nella voce fermandomi e obbligandola a fare altrettanto.
«No,
Edward. Tu non mi
devi nulla. In realtà è proprio questo il
punto.» cercò di riprendere fiato e
come se avesse pensato molto a ciò che voleva dire e volesse
togliersi il peso
cominciò: «Edward quello che è successo
dopo che sei andato via non è colpa
tua, non devi sentirti responsabile per me in ogni circostanza. Io sono
una
persona adulta che prende delle decisioni e se ne assume le
conseguenze, anche
se negative. Tu non devi sentirti in obbligo con me perché
non provi più gli
stessi sentimenti di prima. Non devi. Io me ne farò una
ragione prima o poi …»
la voce le si ruppe in un singhiozzo smorzato, e con gli occhi rivolti
a terra
ma ben aperti come a voler distendere le lacrime che minacciavano di
ricaderle
giù strinse forte i pugni per farsi coraggio.
«Bella
guardami.» dissi
con voce carezzevole e visto che non accennava a farlo insistetti con
più
dolcezza: «Guardami, ti prego.»
Lei
alzò lo sguardo
fiera, mi fissò per un lungo istante e mi disse:
«Ti guardo»
«No,
tu non mi stai
guardando. Perché se lo facessi capiresti quanto ti
desidero» dissi con voce roca
prendendole un braccio e stringendola più del dovuto. Non mi
domandai se le
stessi facendo male, mi sembrava di aver perso il lume della ragione.
«Bella
io ho commesso
un terribile errore e ti ho fatto del male contro la mia
volontà. Mi sono
odiato ogni minuto che ho trascorso lontano da te, ma ti scongiuro di
credermi
se ti dico che l’ho fatto solo per te, per darti
l’opportunità di vivere una
vita normale, con un umano che potesse darti tutto quello che io non
potrò mai
… Io ti mentito Bella, lo sai che so farlo molto bene, ma
non potevo
permetterti di buttare la tua vita con me senza fare nemmeno un
tentativo. Ti
ho lasciato credere che non ti amassi, ma non c’è
mai stata bestemmia più
terribile profferita al mondo.» mi fermai vedendola
sbianchire in volto. I suoi
occhi si spalancarono, poi si strinsero forte e ne uscì una
lacrima. Aveva
preso a tremare e con voce bassa e vibrante di collera disse:
«Una vita normale
con qualcuno che non fossi tu? Come hai potuto pensare che potessi
volere
qualcosa di diverso, tu … tu eri tutta la mia vita. Morii
quando mi
abbandonasti.» deglutì quell’amara
verità.
«Bella
credimi, morii
anch’io quel giorno.» le dissi in un sussurro
sostenendo l’accusa nei suoi
occhi con il coraggio che solo l’amore riesce a dare.
Le
lacrime che cercava
in vano di trattenere cominciarono a scivolarle sul viso e mi
sembrò di
sprofondare nell’inferno più cupo. Non mi era
sfuggito che lei avesse usato il
passato, e sentivo che le ferite erano davvero profonde. Non
c’è che dire,
avevo fatto davvero un ottimo lavoro.
«Bella,
io devo sapere.
Sono ritornato troppo tardi, tu … tu e Jacob, forse? So che
non ho più il
diritto di chiedertelo, ma dimmelo. Dimmi che non mi ami e ti
lascerò andare,
hai la mia parola.»
Certo
che non ti ama più, stupido succhiasangue!
I pensieri di
Jacob si imposero nella mia mente come il volume di uno stereo spinto
al
massimo. Era rabbioso. E non c’era niente di più
pericoloso di un giovane
licantropo fuori controllo. Eccetto che un vampiro irritato,
così come mi
sentivo io in quel momento. Strinsi gli occhi e ricacciai indietro il
ringhio
che mi era nato dal petto. Automaticamente mi parai dinnanzi a lei a
farle da
scudo. La vidi indietreggiare confusa.
«Ma
cosa …?» cominciò,
ma io la interruppi. «Non muovere un passo lontano da me,
fidati, ti supplico.»
riuscii a dire in un sussurro prima che il giovane quileute sbucasse da
dietro
un albero. Lei lo riconobbe all’istante, benché le
fossi davanti e prorompendo
in un gioioso «Jake!» che le morì sulle
labbra non appena notò la sua
espressione, aveva fatto contemporaneamente un passo nella sua
direzione. Le
afferrai un braccio per trattenerla.
Lui
notò la mossa e
disse «Lasciala subito, non osare toccarla con i tuoi artigli
d’assassino!»
Misurai
la situazione
in un attimo, non mi sarebbe stato difficile metterlo fuori gioco, ma
con Bella
presente, non sarebbe stato affatto uno spettacolo piacevole. Mi misi
sulla
difensiva sempre tenendola per il braccio ma con più
delicatezza, e la tirai un
po’ di più dietro di me. Sembrava un po’
intimorita dalla furia che vedeva
trasfigurargli il viso.
«Jake,
stà calmo,
stavamo solo parlando, lui non mi farà del male.»
disse lei con voce un po’
debole.
Lo
vidi alzare un
sopracciglio scettico, gli occhi iniettati di sangue, le mani e il
tronco
scossi da brividi «Ah no?!» il suo tono era
sarcastico. Fece un passo verso di
lei.
«Jacob,
questo non è il
luogo e, soprattutto non è il momento giusto. Come vedi
Bella si sente
perfettamente al sicuro in mia compagnia e non ha nulla da temere.
E’ ospite in
casa mia e sarà trattata con il massimo riguardo.»
il mio tono era calmo, non
volevo turbarla più di quanto non fosse già.
«Allora
è vero! Chissà
cosa penserebbe Charlie se sapesse chi sono davvero i padroni di casa,
magari
la prossima volta potreste invitarlo a cena! » disse lui con
cattiveria. Mi
accorsi che il cuore di Bella aveva perso un battito e strinsi i pugni
per non
assalire quel cane idiota.
«Jacob,
và via.
Spaventarla non la farà avvicinare a te.» e
soprattutto farlo ancora mi avrebbe
portato ad un passo dall’assalirlo.
Hai
paura che scelga me eh? Non me ne andrò se lei non
verrà con me, non la lascio
nelle tue luride mani, sanguisuga.
Pensò lui con rabbia.
«Jake,
non fare così,
ti prego. Sei il mio migliore amico, cerca di capirmi. Ho bisogno di
parlargli,
di chiarirmi con lui. Sai come sono stata nei mesi scorsi, non
peggiorare la
situazione.» la voce di Bella era passata
all’implorazione. Non voleva ferirlo,
e non sarebbe servito dirle che il cucciolo non avrebbe desistito.
«Amico?!
Io ti amo
Bella, puoi essere sicura di me, ma di lui? Sei certa che non ti
abbandonerà
ancora? Che uno di questi giorni non ti morda per averti per sempre al
suo
fianco, o peggio che nel farlo non ti uccida? Vieni via con me,
dimenticalo, ti
renderò felice, lo giuro» e dicendo ciò
allungò una mano verso di lei.
Mi
impietrii quando mi
accorsi che lei aveva scostato la mia mano dal suo braccio e, dopo aver
girato
intorno al mio corpo si stava avvicinando a lui titubante e con passo
malfermo.
Lessi
l’esultazione
nella sua mente e divenni un blocco di ghiaccio.
Aveva
scelto, e io non
ero quella scelta.
Capii
con terrore che
la mia vita non sarebbe più stata la stessa, non senza di
lei.
Raddrizzai
la schiena e
guardai il mio amore allontanarsi per sempre da me.
Avrei
voluto sapere
come trattenerla, saperla rendere felice come lei aveva fatto con me,
ed,
invece le avevo donato solo dolore e sofferenza. Solo questo.
Tremai
quando la vidi
fermarsi di fronte a lui, alzarsi in punta di piedi e poggiargli le
mani sulle
spalle.
Stava
per baciarlo.
Rischiavo
di impazzire
a vedere quella scena ma i miei occhi non riuscirono a spostarsi da
loro.
Meritavo tutto il dolore che potevo infliggermi per essere stato
così stolto e
imprudente.
Bella
avvicinò piano le
sue labbra a quelle di Jacob che era restato immobile per la sorpresa,
e gli
sfiorò piano l’angolo della bocca.
Poi
con un dolce sussurro
disse: «Sarei felice anche di morire per mano sua. Mi
dispiace, Jake, ma io lo
amo più della mia stessa vita. Non ce la faccio senza di
lui.»
Lei
si voltò verso di
me, e vidi Jacob chiudere lentamente gli occhi. Contemporaneamente il
suo
dolore mi investì con una potenza inaudita e mi accorsi che
si stava
trasformando.
NOTA
DELL’AUTRICE:
Miei valorosi guerrieri lettori, che
ne dite di questa svolta?
Cappy
carino mi pare,
abbastanza lungo, e d’aggiornamento rapido. Spero di non
avervi deluso e
ringrazio le mie recensioniste che mi incoraggiano sempre
affinchè la storia
continui. I 400 lettori circa che leggono la ficcy dovrebbero essere
loro
davvero molto grati, perché è per loro merito se
l’ispirazione non mi è ancora
svanita …! Un bacione sincero a tutti voi e a chi
vorrà lasciare un commento
sia in bene che in male.
Endif
(Maria Luisa per
coloro che mi hanno chiesto un appellativo più
confidenziale. Kiss Gazy, stò
leggendo la ficcy che hai completato di recente. Ora capisco molte cose
…!)