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Autore: endif    05/05/2009    9 recensioni
"Il buio si fece più buio. Una voragine si spalancò nel mio petto. All’improvviso sentii il dolore, immenso, pulsante, invadermi la testa. «Non c’è più…» mormorai. Chiusi gli occhi e con tutto il fiato che avevo in gola urlai tutta la mia disperazione."
Genere: Dark, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: New Moon
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- Questa storia fa parte della serie 'Change'
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EDWARD

Cominciai ad avvertire qualcosa di insolito molto prima di essere nelle vicinanze di casa di ritorno dalla caccia. Mi ero nutrito giusto l’indispensabile, un po’ svogliatamente, turbato dalle parole di Alice, un po’ perché non mi sentivo a mio agio sapendo che Bella avrebbe potuto risvegliarsi da un momento all’altro ed ero ancora preoccupato per il modo in cui ci eravamo lasciati un paio d’ore prima. Nello stato d’animo in cui ero non mi sfuggirono i pensieri gioiosi di mia madre che mi raggiunsero investendomi in pieno, così contrastanti rispetto ai miei. Quando, poi, fui anche a portata d’orecchio, cominciai a sentire le risate. Riconobbi quelle di Esme e di Alice, ma mi parve che il mio cuore sobbalzasse quando udii la risata dolce e sommessa di Bella. Affrettai leggermente il passo incuriosito e mi diressi dall’esterno verso la direzione da cui provenivano i suoni, il primo piano, la cucina. Mi arrampicai velocemente sull’albero che ne fiancheggiava il finestrone e rimasi a guardare la scena che si presentava ai miei occhi con la bocca spalancata. Alice ed Esme stavano preparando una sorta di intruglio strano in una ciotola d’acciaio sommerse dagli ingredienti disposti sparsi sulla penisola della cucina. Alle narici mi arrivarono odori dolciastri, speziati e capii che stavano preparando qualcosa di dolce per Bella. Pareva che si divertissero un mondo.

Lei se ne stava seduta di profilo dall’altro lato del bancone, accoccolata su uno sgabello con una gamba piegata sotto di sé e l’altra che scendeva penzoloni. Ammirai le sue gambe ancora un po’ troppo magre, fasciate in quei jeans aderenti, la camicia blu che le aderiva morbida sulla vita seguendo la linea delicata del suo seno, il suo piede che dondolava avanti e indietro lento. Era appoggiata con la schiena alla spalliera dell’alta sedia.

La sua espressione mi riscaldò il cuore. Ero stato in ansia fino a quel momento convinto di non poter accertarmi delle sue condizioni reali se non affidandomi a terze persone, e, invece, la vedevo dinnanzi a me, con le guance colorite e gli occhi allegri, il viso e la postura rilassate. Mi godevo quella scena di assoluta serenità con l’aria imbambolata quando i pensieri di Alice si rivolsero a me.

Attento.

Contemporaneamente mia madre diceva a voce alta: «Edward tesoro, non è educato starsene appollaiati su un albero ad origliare. Entra caro, questa non è una riunione massonica.»

E, dopo aver sobbalzato al mio nome, Bella si voltò nella mia direzione, con uno sguardo mozzafiato. E non solo.

I suoi occhi nocciola erano spalancati, tesi a cercarmi tra i rami. Quando mi scorse da limpidi che erano si fecero brillanti e, poi, capii perché Alice mi aveva messo in guardia. La camicia che Bella indossava si apriva in un scollatura a punta che le lasciava scoperto il collo e terminava nel’incavo dei seni. Girandosi un bottoncino si era aperto e mi ritrovai con lo sguardo cristallizzato su una generosa porzione di pelle candida che si offriva spudoratamente ai miei occhi rapaci. Se non mi fossi messo sulla difensiva automaticamente ai pensieri di mia sorella, probabilmente sarei caduto dall’albero.

Mi ripresi istantaneamente, inspirai una bella boccata d’aria e con grazia atterrai nell’ampio spazio antistante il bancone, a due passi da lei. Non sarebbe stato affatto carino fiondarmi su di lei per annusarle il collo come un pervertito, per questo assunsi un’espressione scettica e con aria indolente chiesi:« Riunione tra donne?»

Vidi mia madre sorridere a testa bassa, Alice mettersi una mano sulla bocca a soffocare una risatina sussurrando un «più o meno» e Bella arrossire con grazia abbassando gli occhi. Alzai un sopracciglio lanciando un’occhiata alle tre cospiratrici e mi soffermai su quest’ultima osservandola con malcelato compiacimento.

Sembrava diversa dal nostro ultimo incontro, più distesa, meno insicura, meno sulle sue.

Rimasi immobile in piedi vicino a lei, quando Esme mi offrì l’occasione che stavo aspettando.

«Edward, caro, perché non accompagni Bella a fare quattro passi in giardino, qui ci vorrà ancora un’oretta per la torta. » poi, aggiunse «Alice dopo che avremo finito qui, mi devi accompagnare giù in città, devo fare un po’ di provviste per Bella.» e si voltò senza aggiungere altro insieme ad una Alice stranamente e solo apparentemente silenziosa. In realtà nei suoi pensieri stava canticchiando l’inno nazionale partendo dall’ultima strofa. Feci una smorfia con la bocca, quello era il modo di mia sorella di tenermi all’oscuro dei suoi pensieri. Voltai gli occhi verso Esme, ma niente, i pensieri di mia madre erano candidi e senza segreti.

Guardai Bella con un misto di speranza e timore, non sapendo come avrebbe reagito, ma con mia grande sorpresa lei era già scesa dallo sgabello, pronta per uscire in giardino. Teneva ancora gli occhi abbassati e sembrava profondamente in imbarazzo.

Mi diedi dell’idiota per aver dato l’impressione di tentennare e dissi con un sussurro: «Se a te fa piacere, sarei lieto di accompagnarti.» Annuì con un cenno del capo e ci avviammo verso l’esterno.

Camminavamo fianco a fianco in silenzio. Bella mi pareva pensierosa, come se stesse rimuginando su qualche cosa di importante valutando il modo giusto di affrontare una situazione. Si stropicciava le mani nervosa, ma non accennava a parlare. Decisi di rompere il ghiaccio.

«Mi pare che tu stia meglio. Ne sono contento» le lanciai uno sguardo per cogliere la sua reazione.

«Già, infatti.» rispose.

Laconica.

Non mi piaceva.

Continuammo a camminare per un po’ in silenzio, poi aggiunsi «A cosa pensi?», come al solito ero curioso e non sapere mi faceva sentire frustrato.

La osservai lanciarmi un’occhiata, prendere un respiro e dire «A tutto quello che è successo, ai mesi che sono trascorsi, ai cambiamenti …». Rallentò ancora, benchè stessimo già passeggiando e aggiunse d’un fiato: «In realtà ero curiosa di sapere dove fossi stato tu, cosa avessi fatto in tutto questo tempo.» abbassò un po’ il capo.

Annuii. Logico, eravamo al dunque.

«Niente di particolarmente avventuroso. Sono stato al sud, a Rio per esattezza.» mi interruppi, dandole il tempo per assimilare le mie parole. Vidi colorirsi un po’ le sue guance, non volevo che si sentisse in imbarazzo con me e allora mi affrettai ad aggiungere: «Bella, puoi farmi qualsivoglia domanda, non temere.»

«Io …sì, insomma …sei stato bene?» balbettava, più in imbarazzo che mai.

Sospirai. «No, Bella non sono stato bene. E lo sono stato ancora di meno quando ho visto cosa mi ero lasciato alle spalle.» il fatto che pensasse che potevo essere felice senza di lei mi sconcertava e intristiva. Ma come darle torto?

«Nessuno ti ha obbligato.» disse con amarezza nella voce.

«Già, nessuno.» assentii con voce bassa. «Bella, io credo di doverti delle spiegazioni» dissi con urgenza nella voce fermandomi e obbligandola a fare altrettanto.

«No, Edward. Tu non mi devi nulla. In realtà è proprio questo il punto.» cercò di riprendere fiato e come se avesse pensato molto a ciò che voleva dire e volesse togliersi il peso cominciò: «Edward quello che è successo dopo che sei andato via non è colpa tua, non devi sentirti responsabile per me in ogni circostanza. Io sono una persona adulta che prende delle decisioni e se ne assume le conseguenze, anche se negative. Tu non devi sentirti in obbligo con me perché non provi più gli stessi sentimenti di prima. Non devi. Io me ne farò una ragione prima o poi …» la voce le si ruppe in un singhiozzo smorzato, e con gli occhi rivolti a terra ma ben aperti come a voler distendere le lacrime che minacciavano di ricaderle giù strinse forte i pugni per farsi coraggio.

«Bella guardami.» dissi con voce carezzevole e visto che non accennava a farlo insistetti con più dolcezza: «Guardami, ti prego.»

Lei alzò lo sguardo fiera, mi fissò per un lungo istante e mi disse: «Ti guardo»

«No, tu non mi stai guardando. Perché se lo facessi capiresti quanto ti desidero» dissi con voce roca prendendole un braccio e stringendola più del dovuto. Non mi domandai se le stessi facendo male, mi sembrava di aver perso il lume della ragione.

«Bella io ho commesso un terribile errore e ti ho fatto del male contro la mia volontà. Mi sono odiato ogni minuto che ho trascorso lontano da te, ma ti scongiuro di credermi se ti dico che l’ho fatto solo per te, per darti l’opportunità di vivere una vita normale, con un umano che potesse darti tutto quello che io non potrò mai … Io ti mentito Bella, lo sai che so farlo molto bene, ma non potevo permetterti di buttare la tua vita con me senza fare nemmeno un tentativo. Ti ho lasciato credere che non ti amassi, ma non c’è mai stata bestemmia più terribile profferita al mondo.» mi fermai vedendola sbianchire in volto. I suoi occhi si spalancarono, poi si strinsero forte e ne uscì una lacrima. Aveva preso a tremare e con voce bassa e vibrante di collera disse: «Una vita normale con qualcuno che non fossi tu? Come hai potuto pensare che potessi volere qualcosa di diverso, tu … tu eri tutta la mia vita. Morii quando mi abbandonasti.» deglutì quell’amara verità.

«Bella credimi, morii anch’io quel giorno.» le dissi in un sussurro sostenendo l’accusa nei suoi occhi con il coraggio che solo l’amore riesce a dare.

Le lacrime che cercava in vano di trattenere cominciarono a scivolarle sul viso e mi sembrò di sprofondare nell’inferno più cupo. Non mi era sfuggito che lei avesse usato il passato, e sentivo che le ferite erano davvero profonde. Non c’è che dire, avevo fatto davvero un ottimo lavoro.

«Bella, io devo sapere. Sono ritornato troppo tardi, tu … tu e Jacob, forse? So che non ho più il diritto di chiedertelo, ma dimmelo. Dimmi che non mi ami e ti lascerò andare, hai la mia parola.»

Certo che non ti ama più, stupido succhiasangue! I pensieri di Jacob si imposero nella mia mente come il volume di uno stereo spinto al massimo. Era rabbioso. E non c’era niente di più pericoloso di un giovane licantropo fuori controllo. Eccetto che un vampiro irritato, così come mi sentivo io in quel momento. Strinsi gli occhi e ricacciai indietro il ringhio che mi era nato dal petto. Automaticamente mi parai dinnanzi a lei a farle da scudo. La vidi indietreggiare confusa.

«Ma cosa …?» cominciò, ma io la interruppi. «Non muovere un passo lontano da me, fidati, ti supplico.» riuscii a dire in un sussurro prima che il giovane quileute sbucasse da dietro un albero. Lei lo riconobbe all’istante, benché le fossi davanti e prorompendo in un gioioso «Jake!» che le morì sulle labbra non appena notò la sua espressione, aveva fatto contemporaneamente un passo nella sua direzione. Le afferrai un braccio per trattenerla.

Lui notò la mossa e disse «Lasciala subito, non osare toccarla con i tuoi artigli d’assassino!»

Misurai la situazione in un attimo, non mi sarebbe stato difficile metterlo fuori gioco, ma con Bella presente, non sarebbe stato affatto uno spettacolo piacevole. Mi misi sulla difensiva sempre tenendola per il braccio ma con più delicatezza, e la tirai un po’ di più dietro di me. Sembrava un po’ intimorita dalla furia che vedeva trasfigurargli il viso.

«Jake, stà calmo, stavamo solo parlando, lui non mi farà del male.» disse lei con voce un po’ debole.

Lo vidi alzare un sopracciglio scettico, gli occhi iniettati di sangue, le mani e il tronco scossi da brividi «Ah no?!» il suo tono era sarcastico. Fece un passo verso di lei.

«Jacob, questo non è il luogo e, soprattutto non è il momento giusto. Come vedi Bella si sente perfettamente al sicuro in mia compagnia e non ha nulla da temere. E’ ospite in casa mia e sarà trattata con il massimo riguardo.» il mio tono era calmo, non volevo turbarla più di quanto non fosse già.

«Allora è vero! Chissà cosa penserebbe Charlie se sapesse chi sono davvero i padroni di casa, magari la prossima volta potreste invitarlo a cena! » disse lui con cattiveria. Mi accorsi che il cuore di Bella aveva perso un battito e strinsi i pugni per non assalire quel cane idiota.

«Jacob, và via. Spaventarla non la farà avvicinare a te.» e soprattutto farlo ancora mi avrebbe portato ad un passo dall’assalirlo.

Hai paura che scelga me eh? Non me ne andrò se lei non verrà con me, non la lascio nelle tue luride mani, sanguisuga. Pensò lui con rabbia.

«Jake, non fare così, ti prego. Sei il mio migliore amico, cerca di capirmi. Ho bisogno di parlargli, di chiarirmi con lui. Sai come sono stata nei mesi scorsi, non peggiorare la situazione.» la voce di Bella era passata all’implorazione. Non voleva ferirlo, e non sarebbe servito dirle che il cucciolo non avrebbe desistito.

«Amico?! Io ti amo Bella, puoi essere sicura di me, ma di lui? Sei certa che non ti abbandonerà ancora? Che uno di questi giorni non ti morda per averti per sempre al suo fianco, o peggio che nel farlo non ti uccida? Vieni via con me, dimenticalo, ti renderò felice, lo giuro» e dicendo ciò allungò una mano verso di lei.

Mi impietrii quando mi accorsi che lei aveva scostato la mia mano dal suo braccio e, dopo aver girato intorno al mio corpo si stava avvicinando a lui titubante e con passo malfermo.

Lessi l’esultazione nella sua mente e divenni un blocco di ghiaccio.

Aveva scelto, e io non ero quella scelta.

Capii con terrore che la mia vita non sarebbe più stata la stessa, non senza di lei.

Raddrizzai la schiena e guardai il mio amore allontanarsi per sempre da me.

Avrei voluto sapere come trattenerla, saperla rendere felice come lei aveva fatto con me, ed, invece le avevo donato solo dolore e sofferenza. Solo questo.

Tremai quando la vidi fermarsi di fronte a lui, alzarsi in punta di piedi e poggiargli le mani sulle spalle.

Stava per baciarlo.

Rischiavo di impazzire a vedere quella scena ma i miei occhi non riuscirono a spostarsi da loro. Meritavo tutto il dolore che potevo infliggermi per essere stato così stolto e imprudente.

Bella avvicinò piano le sue labbra a quelle di Jacob che era restato immobile per la sorpresa, e gli sfiorò piano l’angolo della bocca.

Poi con un dolce sussurro disse: «Sarei felice anche di morire per mano sua. Mi dispiace, Jake, ma io lo amo più della mia stessa vita. Non ce la faccio senza di lui.»

Lei si voltò verso di me, e vidi Jacob chiudere lentamente gli occhi. Contemporaneamente il suo dolore mi investì con una potenza inaudita e mi accorsi che si stava trasformando.   



NOTA DELL’AUTRICE: Miei valorosi guerrieri lettori, che ne dite di questa svolta?

Cappy carino mi pare, abbastanza lungo, e d’aggiornamento rapido. Spero di non avervi deluso e ringrazio le mie recensioniste che mi incoraggiano sempre affinchè la storia continui. I 400 lettori circa che leggono la ficcy dovrebbero essere loro davvero molto grati, perché è per loro merito se l’ispirazione non mi è ancora svanita …! Un bacione sincero a tutti voi e a chi vorrà lasciare un commento sia in bene che in male.

Endif (Maria Luisa per coloro che mi hanno chiesto un appellativo più confidenziale. Kiss Gazy, stò leggendo la ficcy che hai completato di recente. Ora capisco molte cose …!)


   
 
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