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Autore: JennaHerondale    01/10/2016    3 recensioni
Le istruzioni erano semplici: sedurre e distruggere Harry Styles. Non hanno mai pensato alla possibilità che Louis potesse innamorarsi davvero. Quindi, naturalmente, è esattamente quello che ha fatto.
________
“Sai qualcosa su di lui?” chiede Louis dopo un attimo.
[…]
“È un bravo ragazzo, il nostro Harry Styles. Reputazione pulita. Non vuole frequentare nessuno – è concentrato sui suoi studi e basta.”
Oh, oh, oh. La situazione si fa molto, molto,
molto più interessante.
“Questo è il motivo per cui è migliore di te,” Louis sorride, e il ghigno scivola via dal viso di Liam.
“Rovinalo, Louis,” dice Liam dopo un attimo, e tutta la delicatezza è evaporata dalla stanza. “Distruggilo in qualsiasi modo tu voglia. Ti sto dando carta bianca.”
“Perché?”
“Perché non mi hai mai deluso.”

________
[Louis/Harry] [Zayn/Niall] [201k] [LeRelazioniPericolose!AU] [HighSchool!AU]
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo XII



Halcyon---Ellie Goulding

 
“Allora. Ti ricordi il piano, vero?”
Louis annuisce, osservando Liam mentre si veste (per un qualche evento sportivo o un altro, che cazzo ne sa) dal suo solito posto sul letto, le ginocchia tirate al petto, la schiena premuta contro il muro duro e freddo. Non sta poi così comodo. O forse sì, perché non si è ancora mosso. O forse il suo corpo è paralizzato, o qualcosa di simile.
I have become comfortably numb...
“Sì,” mormora, avvolgendo le braccia attorno alle gambe mentre il suo sguardo scivola sull’angolo della stanza. Lancia un’occhiata al muro bianco e alle superfici linde; odia quanto siano pulite e vuote. “Me lo ricordo.”
E come potrebbe dimenticarselo? Sin da quando ha riferito a Liam di aver ufficialmente chiesto a Harry di uscire, il ragazzo ha spinto piani e programmi complottistici giù per la gola di Louis come se stesse riempendo un tacchino, organizzando la serata nei minimi dettagli, tanto da farlo sempre andar via stordito e destabilizzato.
D’altronde, ultimamente qualsiasi cosa riguardante Liam fa sentire Louis in quelle condizioni… e non in senso positivo.
Non sa esattamente perché o cosa sia cambiato, davvero, ma è stato così fin da quella notte – quando Louis era tornato all’appartamento per la sua ‘ricompensa’ o quel che fosse, dopo che Harry gli aveva chiesto con imbarazzo di uscire e Louis aveva sentito il mondo cadergli addosso. In quell’occasione, si era avviato da Liam e Zayn con il terrore che cresceva alla base del suo stomaco, ma era andato comunque, vedete. Perché conosceva la sua brama nei confronti di Liam, sapeva di volerlo e sapeva cosa aveva scelto, e quindi aveva premuto il pulsante dell’ascensore che l’aveva trasportato sempre più in alto, e aveva spento la sua mente perché quello che gli stava sussurrando, dal profondo del suo cervello, non aveva senso. Quando le porte si erano aperte, allontanandosi lentamente, avevano rivelato Liam, in attesa lì per lui, i suoi occhi scuri e colmi di intenti, le mani che si erano allungate verso Louis con decisione… I loro corpi si erano trovati a un centimetro dallo scontrarsi.
Eppure. Louis l’aveva fermato.
Panico cieco e incomprensibile lo aveva attraversato mentre il suo corpo reagiva contro la sua volontà, alzando di scatto una mano per fermare la bocca di Liam, ormai vicina alla sua.
“Oi, che significa?” aveva gracchiato mentre il suo sangue ribolliva, il ghiaccio infilzato nelle arterie. Si sentiva così nauseato, così totalmente senza energie. Era così esausto, cazzo, e… all’improvviso, semplicemente, non ci era riuscito.
Persino nell’oscurità dell’appartamento, Louis aveva visto gli occhi di Liam fiammeggiare.
“Perché mi hai fermato?” aveva domandato, un lampo di offesa a colorargli la voce. C’era anche del dolore, lì. Sorpresa, dolore e offesa.
Aveva fatto sentire una piccola parte di Louis colpevole mentre lo spingeva via del tutto, (aveva sempre voluto Liam prima, sempre, e non si era mai vergognato di questo), ma, quella notte, semplicemente non poteva fregargliene un cazzo, il tessuto della sua giacca ancora impregnata dell’odore del negozio di musica.
“Liam, sono stanco,” aveva spiegato con calma, la voce irreparabilmente tesa, e improvvisamente non sapeva neanche perché fosse venuto. Era lì, perché era lì?
Aveva evitato lo sguardo intenso di Liam, scegliendo invece di fissare con aria assente il resto dell’appartamento, Liam ancora di fronte a lui, esageratamente vicino.
“Louis…” aveva detto, la voce diversa, le sopracciglia unite come corde nere e pesanti. Forse c’era del panico nel suo tono. O forse era pura offesa. O forse era shock. Ma la voce di Liam era suonata diversa, quasi come una supplica, e Louis non era riuscito a cedere.
“Buonanotte, Liam,” si era trovato invece a dire, chiudendo gli occhi mentre superava il ragazzo, l’intero corpo svuotato.
Aveva dormito nella stanza di Zayn quella notte, intrufolandosi in silenzio e rannicchiandosi sul pavimento, sentendo il suo cuore battere a ritmo irregolare, inframezzato dal suono del debole russare di Zayn. Si era addormentato dopo essere rimasto sdraiato lì per troppe ore, e quando si era svegliato, era stato alla vista di Zayn che accendeva un incenso in boxer, affatto turbato dalla presenza di Louis; non erano necessarie spiegazioni. Solo quando erano usciti dalla stanza un’ora dopo Louis aveva visto Liam, vestito e pronto per la scuola mentre scriveva un messaggio sul suo cellulare, accasciato su una poltrona. Ombre delicate giacevano sotto i suoi occhi, ma per il resto sembrava totalmente imperturbabile, i capelli sistemati e i vestiti abbinati. La presa sul suo telefono era stretta.
“’Giorno,” Louis l’aveva salutato con esitazione mentre Zayn filava verso il bagno, ancora gonfio dal sonno.
Liam aveva alzato lo sguardo. “’Giorno, Tommo.” E poi era tornato al suo cellulare, le nocche bianche. “Ho detto a Sarah che saresti stato qui per colazione,” aveva detto, dopo una pausa. “Dovrebbe essere pronta a momenti.”
E questo è quanto.
Non ne avevano più parlato, neanche una volta. Tutto era rimasto silenziosamente imbarazzante mentre Louis continuava a sentirsi un po’ colpevole, sapendo che avrebbe dovuto volere Liam, volerlo quanto l’aveva sempre voluto, volere tutto ciò che poteva ottenere… Ma.
Ma qualcosa sembrava cambiato quella notte, e lo sembra tuttora. Ed è vagamente terrificante, quindi Louis preferisce non pensarci e col cazzo che ha intenzione di parlarne.
Non è cambiato niente, dice a se stesso.
Ma anche ora, mentre osserva Liam allisciare la maglietta sul suo stomaco prima di chinarsi per allacciare i lacci delle sue scarpe da ginnastica, i capelli appena tagliati, i suoi occhi scuri, la sua pelle pulita e le sue mani forti e curate… Louis percepisce quel quieto senso di terrore. Quel cambiamento. Quel qualcosa. Ricorda quella notte quando avrebbe voluto così tanto provare qualcosa per Liam… Ma non ci era riuscito.
Stringe le gambe più vicine al petto.
“A che ora devi passare a prenderlo stasera?” Liam chiede dopo un attimo, raddrizzandosi. Piega la testa una volta, facendola scrocchiare, mentre osserva impaziente Louis, spostandosi a chiudere il suo computer sulla scrivania. Sembra si sia lavato da poco, profuma come se si fosse lavato da poco.
Questo dovrebbe attrarre Louis. Dovrebbe fargli venir voglia di alzarsi dal letto, avvicinarsi a Liam e respirare il profumo dal suo collo e succhiarlo nelle sue ossa. Dovrebbe fargli venir voglia di volerlo.
Ma non sente niente. E questo rende la sua gola secca.
“Gli ho detto che sarò a casa sua verso le sei,” risponde piano prima di schiarirsi la voce, riscuotendosi dai suoi pensieri.
Liam annuisce, riflettendo. “Bene, bene. Ti scriverò l’indirizzo del ristorante quando partirai da lì. E hai la macchina di Zayn, giusto?”
“Sì.”
Liam sogghigna. “Suppongo tu non gli abbia detto per cosa hai intenzione di usarla, vero?” ride, e Louis serra forte la mascella, una lancia che attraversa violentemente il suo cuore.
Ma la ignora. La ignora come sta ignorando qualsiasi cosa ultimamente. Passerà tutto prima o poi. Come disse una volta George Harrison – tutte le cose devono passare. Devono levarsi dal cazzo.
“No,” Louis risponde con cautela dopo un attimo, abbassando lo sguardo sulle sue ginocchia, sentendo l’irritazione cominciare ad emergere. “Ovvio che no. Non lo farei mai, cazzo. Probabilmente in quel caso non me la presterebbe, sai?” sbotta, forse un po’ troppo aspramente.
Ma Liam non sembra minimamente turbato, mentre afferra il suo borsone e se lo fa scivolare sulla spalla. “Già, è probabile. Immagino che dovrai stare attento a non sporcare niente. Fotti Styles in maniera pulita stasera, Tommo. Non vorrai rovinare i sedili.” Lo dice con un sorrisetto disgustoso, cominciando a camminare verso la porta.
Louis fissa intensamente le ossa delle sue ginocchia, la bocca chiusa, i muscoli tesi.
“D’accordo, allora,” Liam continua, un po’ più lentamente, quando ormai è chiaro che Louis non ha intenzione di parlare. “Ti scrivo l’indirizzo una volta che hai recuperato Styles. Poi, dopo che avrete mangiato e sarete tornati alla macchina, fai ciò che devi. A quel punto arriverò io, cogliendovi sul fatto e boom – avremo abbastanza gossip da alimentare la distruzione della reputazione di Styles, se non altro.” Liam sorride a trentadue denti, totalmente entusiasta mentre si sistema la cinghia della borsa, in piedi vicino alla porta. “Probabilmente verrà espulso dal consiglio scolastico non appena si spargerà la voce – sai quanto odino gli scandali tra i loro rappresentanti. E se lo venissero a sapere a Brenton…” Liam fischia piano, la sua soddisfazione evidente. “Non sceglieranno sicuramente lui, no? Non una prestigiosa università come quella.” È raggiante, fiero di se stesso.
Non ha davvero senso, sembra più una sitcom adolescenziale, ma Louis non obietta, si limita a continuare a fissare le sue ginocchia.
“È solo che non capisco perché tu debba essere lì,” dice alla fine, l’irritazione a macchiargli la voce.
Perché,” Liam comincia, alzando gli occhi al cielo come se fosse ovvio. “Posso fare cose utili. Come procurare prove fotografiche. E mandare le suddette prove a chi di dovere.” Agita il telefono in una mano mentre sorride, l’altra che afferra la maniglia della porta. “E lo sai che due voci sono meglio di una, Tommo. Sarà fantastico e tutto se dici al mondo che sei riuscito con successo a fotterti il perfetto Harry Styles. Ma, sentirlo da me, è anche meglio.” Il suo sorriso sembra quasi dolce. “Lo sai bene che tutti cominceranno a tirargli merda addosso per questo. Saranno spietati – Me ne occuperò personalmente.”
“Ma perché?” Louis domanda, chiudendo gli occhi per tenere a bada l’ondata di nausea. Potrebbe o meno avere anche un capogiro, l’intera stanza che ruota. Ha bisogno di una sigaretta. Ha bisogno di comprare le sigarette. Sono passati giorni – sta impazzendo.
C’è una breve pausa.
“Perché è quello che facciamo sempre,” Liam dice lentamente, confuso. “E ha funzionato a nostro favore tutte le volte.”
Cristo. Sono davvero due teste di cazzo, eh?
Ma non era mai stato un problema prima, questo è il fatto. Qualcosa è cambiato.
Louis inghiotte qualcosa che potrebbe potenzialmente essere bile. O forse è la sua anima, che cerca di scappare e fuggire da lui. Fa dei respiri profondi, inspirando faticosamente attraverso il naso mentre incide la sua faccia nella pietra e apre gli occhi.
“Scrivimi l’indirizzo e basta,” riesce a dire, la voce piatta, e non prova ancora a guardare Liam, optando invece per uno sguardo fisso verso il muro.
Liam inarca un sopracciglio. “Lo farò. Scrivimi quando arrivi lì.”
Una pausa. “Okay.”
Ma Liam ancora non se ne va, e il silenzio che si trascina è abbastanza per far alzare lo sguardo a Louis, osservando il ragazzo di fronte a sé.
“Ce la puoi fare, Louis,” dice, il tono più tranquillo, e sembra che stia tentando di sorridere. Tentando di essere incoraggiante.
Louis tenta un esitante sorriso in risposta, ignorando il ghiaccio e la nausea e tutto quello che sembra sbagliato.
“Già,” è tutto quello che riesce a tirare fuori, e poi Liam è sparito.
 
**
 
Se ha intenzione di attenersi allo schema che lui e Liam hanno delineato, allora Louis ha bisogno di uscire in circa dieci minuti. Solo dieci.
Fissa la sveglia accanto al letto di Zayn, sfidando il tempo a rallentare o accelerare – qualsiasi cosa, davvero. Non è sicuro di cosa voglia. Non gliene frega più un cazzo. Funziona sempre allo stesso modo, indipendentemente da tutto.
Potrebbe essere un po’ risentito.
“Va tutto bene, Lou?” domanda Niall, la voce alta nella tranquillità della stanza. È seduto sul letto di Zayn e strimpella la sua chitarra acustica.
Zayn è stravaccato a stella sul pavimento appena sotto Niall, fissando il soffitto con occhi spalancati, sembrando ipnotizzato – sostiene che, ogni volta che Niall suona la chitarra, gli ispiri delle visioni. D’altra parte, sostiene anche che Niall sia la persona più talentuosa sulla faccia della terra e Louis deve ancora sentire il ragazzino suonare qualcosa di diverso dalle solite tre canzoni di Styx.
Interrompendo il suo flusso di pensieri, Louis si schiarisce la gola, annuendo e fingendo un sorriso tranquillo. “Ovvio,” dice semplicemente. “Sono solo annoiato. Riesco a sopportare fino a un certo punto il tuo dolce strimpellare, Horan.”
Fortunatamente, Niall non indaga più di questo, limitandosi a ridere, breve e rapito, prima di tornare alla chitarra nelle sue mani. Sembra un figlio di papà, nel suo maglione in cachemire e la camicia col colletto, i jeans puliti e su misura. Louis si chiede se sia viziato.
“Grazie per lasciarmi usare di nuovo la tua macchina, Fratello Caro,” Louis afferma in direzione di Zayn. Dalla sua prospettiva, riesce solo a vedere il retro della sua testa e le sue gambe distese, i piedi che spuntano fuori, (uno dei suoi calzini ha un buco sull’alluce), ma Louis coglie comunque il suo cenno.
“Figurati. Ogni tanto mi dimentico di avere una macchina.”
“Be’, posso sempre toglierti questo peso se diventa insopportabile,” Louis sorride, le mani strette a pugno sotto le sue cosce che tremano leggermente.
“No, non ti preoccupare,” Zayn risponde seriamente, come se l’avesse veramente considerato.
Oh, Zayn. Almeno Louis avrà sempre lui. La vita avrà ancora questi momenti.
Deve solo superare questa notte. Solo sopravvivere a questa notte, e poi tutto tornerà alla normalità, al modo in cui è sempre stato. Sarà di nuovo semplice e Louis starà bene. Dopo questa notte.
Lancia nuovamente un’occhiata all’orologio. Mancano sette minuti.
“Non devi uscire con Harry stasera?” Niall gli domanda poi, come se si fosse sintonizzato sui pensieri di Louis.
Harry. Har-ry. Louis sbatte le palpebre a tempo con le sillabe che riecheggiano nella sua testa, i pugni che si stringono ancora di più. La disinvoltura del suo sorriso abusato svanisce, tirando la pelle e i muscoli del collo. Harry.
“Ehm, sì,” risponde con noncuranza, ricomponendosi mentre l’eco si affievolisce. “Sì, in effetti sì. Devo uscire tra sette minuti, in realtà.”
A quello, Zayn gira il collo di scatto, voltandosi per incontrare gli occhi di Louis. Anche da quello strano angolo, riesce a vedere il profondo cipiglio sul suo viso.
“Hai un appuntamento con Harry stasera? Non me l’avevi detto.”
Be’, merda.
“Ah no?” Louis chiede con nonchalance mentre si alza dalla sedia, i numeri rossi e luminosi della sveglia a fissarlo, prendendolo per il culo. Il tempo è così fottutamente lento delle volte, non è vero? Il tempo è così immobile. Forse dovrebbe farlo presente a Zayn – probabilmente ha qualche teoria profonda sull’argomento.
“No,” risponde Zayn, e il suo cipiglio si infittisce prima che si volti verso Niall, che abbassa lo sguardo ingenuamente, un piccolo sorriso sulle labbra rosee. “Com’è che tu lo sapevi e io no?”
Niall fa spallucce, continuando a suonare. “Ho sentito Liam e Louis parlarne l’altro giorno.”
“Liam?” Zayn ripete, allarmato, e lo stomaco di Louis sobbalza quando Zayn si mette seduto, voltandosi per guardare Louis negli occhi.
Louis evita il suo sguardo. È abbastanza sicuro di sapere cosa vedrà quando lo incrocerà, e… Ora come ora non vuole. È un momento già abbastanza difficile, grazie. Non ha bisogno di ulteriori critiche. Per quello se la cava già benissimo da solo.
“Louis. Hai organizzato questo appuntamento a causa di Liam?” Zayn domanda, ed è condito con tutto il tradimento del mondo, tutta la genuina delusione. È come guardare dei cuccioli cadere giù dalle scale. È orribile.
Ma Zayn lo sapeva. Sapeva che Harry era l’obiettivo. Non dovrebbe essere sorpreso. Perché si comporta come se fosse sorpreso?
È comunque orribile.
Louis scrolla le spalle, sforzandosi di mantenere la compostezza del suo volto in un’aria assente, positiva e piacevole.
Anche se non lo vede, Louis percepisce Zayn corrucciarsi ancora di più.
“Pensavo che Harry ti piacesse.”
“Sì che mi piace,” taglia corto, sentendo un rossore diffondersi sul collo.
“Allora perché stai-”
“Senti, devo proprio andare,” Louis lo interrompe ad alta voce, il cuore che comincia a pulsare a battiti irregolari, un vago senso di panico a scoppiargli nel petto. Non ha tempo per pensare a questa roba. Non ha tempo per interrogatori o sensi di colpa.
È forte. Non ha tempo per queste stronzate.
“Vi scrivo dopo, ragazzi. Buona serata,” Louis dice tra i denti, chiudendo la porta dietro di sé, il corpo rigido. Sente la voce di Zayn chiamare il suo nome prima che sia seguito dal basso rombo della voce di Niall e Louis non vuole pensare a una potenziale conversazione che avranno su di lui, quindi si limita ad attraversare l’appartamento, a testa alta.
Ce la può fare.
Sta quasi per raggiungere l’ascensore, tutto pulito e lucidato e prestigioso, quando vede il lampo di un rossetto e perle e una gonna a tubino, improvvisamente sente l’odore caratteristico di soldi e superiorità.
Ah. Martha.
Incapace di resistere a stuzzicare il can che dorme (la sua presenza è un evento raro), Louis si blocca all’entrata della cucina, sporgendosi all’interno.
“Salve, Martha,” saluta allegramente, adottando il suo sorriso più falso.
Lentamente, la donna si volta, i suoi setosi capelli castani attorcigliati in un elegante chignon. Inarca un sopracciglio sottile nella sua direzione, le sue labbra rosse e lucide a contrarsi ancor più di quanto lo fossero già.
Dio, è proprio una stronza. Se Louis è un cattivo Disney, allora questa donna probabilmente è uscita direttamente dall’inferno.
“Oh. Sei tu.” È tutto quel che dice, nel lanciargli senza vergogna un’occhiata disgustata da capo a piedi. Che donna adorabile.
“È un piacere rivederla. Volevo solo salutarla. Buona serata!” cinguetta, raggiante, prima di continuare per la sua strada; missione compiuta – sembrava sufficientemente disgustata. Bene.
“Dov’è Liam?” sente poi domandare la donna, fredda e indifferente come ghiaccio a colpirlo sulle scapole.
Il passo di Louis non vacilla mai. “A qualche evento sportivo, sicuramente,” risponde, alzando gli occhi al cielo. Non c’è dubbio sul perché Liam sia venuto su così, sinceramente. “Tornerà stasera sul tardi.”
“Bene.”
E poi la strega non dice più niente, quindi Louis preme il pulsante dell’ascensore e si infila le cuffiette, determinato ad ascoltare tutto tranne i suoi pensieri.
 
**
 
Sono qui
O almeno, Louis spera di esserci. Strizzando gli occhi attraverso siepi ordinate, lampioni arancioni e luminosi e staccionate bianche, cerca di leggere il numero delicatamente dipinto sulla casa. Pensa che sia quello giusto. Ne è quasi certo. Inoltre, Harry gli ha dato ottime indicazioni, quindi. Quindi deve essere questo.
Passano pochi istanti mentre aspetta una risposta, cercando di canticchiare i Pink Floyd mentre tamburella un ritmo irregolare contro la coscia. Abbassa lo sguardo sui suoi jeans – non sono il suo paio peggiore. Del resto, ne ha solo due. Fanno entrambi schifo, ma questo ha solo uno strappo a malapena visibile, (nel culo ed è una cosa minuscola), e il colore è ancora un blu abbastanza brillante. Aveva dimenticato di averli, in realtà, e aveva finito per inciamparci sopra a casa di Anthony quella mattina quando gli era caduto il portafogli e aveva tentato di incastrarsi sotto il divano. Come quei jeans siano riusciti a finire là sotto, è un’altra storia.
Chi se ne frega. A parte i jeans, Louis è presentabile. Decisamente scopabile. Decisamente attraente. O almeno, questo è quello che ha detto Liam. E questo è un bene. Specialmente considerando il fatto che indossa solo una camicia nera a maniche lunghe e la sua giacca in jeans. Tutto qui. Senza fronzoli.
Ma non vuole davvero fare una buona impressione. Non stasera. Non vuole pensare al perché, ma non vuole.
Forse Harry lo rifiuterà. Sarebbe… Cristo, sarebbe l’ideale. Se Harry lo respingesse e lasciasse la situazione indenne, sarebbe magnifico. Forse Louis dovrebbe sabotare tutto di proposito. Comportarsi da coglione, o qualcosa del genere.
Ah ah. Sinceramente, ah ah ah. Come se questo potesse funzionare, cazzo. Louis non riuscirebbe mai a fare lo stronzo con Harry.
Il pensiero è terribile. È un pensiero freddo, stagnante, di merda. Perché stasera deve essere uno stronzo con lui. Dovrà letteralmente cenare con lui, bere del vino con lui, e poi fotterlo in questa macchina, proprio questa macchina. La macchina di Zayn. Dovrà prendere la fottuta verginità di Harry nella macchina di Zayn e poi Liam li troverà e forse scatterà delle cazzo di foto e… E poi lo diranno a tutti. E derideranno Harry. E lo prenderanno per il culo.
Questo è il piano. Questo è il dannato piano.
Oh dio.
Qualcosa di dolorosamente affilato gli attraversa il corpo, bloccando la trachea, la gola e gli occhi. Li chiude, tutto sembra bruciare, la sua vista è sfocata ai lati. È panico questo? È un attacco di panico?
Cristo, datti una calmata, Tommo. Porca puttana, ricomponiti.
Si morde il labbro mentre spegne il cervello, il sudore freddo che comincia a formicolargli sulla pelle.
È tutto così incasinato. Totalmente incasinato. C’è qualcosa che non va.
Esausto, si strofina una mano sugli occhi.
E poi improvvisamente il suo telefono si illumina. Lascia scivolare la mano, sbattendo gli occhi annebbiati al messaggio.
Ti vedo! :)
Louis deglutisce, leggendo le parole più e più volte prima di alzare finalmente lo sguardo sulla casa di fronte a sé. E, già – ecco Harry. All’esterno, agitando il suo telefono, ancora con i calzini. È raggiante. È tutto rosso e raggiante e indossa una camicia bianca lunga fino ai gomiti. I suoi jeans sono neri e attillati, e gli allungano le gambe magre, i suoi calzini sono bianchi e i suoi capelli appaiono gonfi e lucenti e quasi neri nell’oscurità mentre comincia a correre in maniera scoordinata verso Louis. Così tante gambe.
Louis potrebbe vomitare. Sul serio.
Deglutisce per l’ennesima volta, cercando di concentrarsi sull’assunzione di ossigeno mentre osserva Harry farsi sempre più vicino, fuoco e ghiaccio nel suo petto perché Harry Styles gli crea caos all’interno, crea contraddizioni e reazioni chimiche. Quel meraviglioso imbecille. Quel povero, meraviglioso imbecille.
Alla fine, Harry raggiunge la portiera della macchina, chinandosi per premere il suo sorriso rosso e luminoso contro il vetro freddo, appannandolo quasi immediatamente.
Louis non vorrebbe sorridere, pensa che sia terribilmente inappropriato in un momento come questo, ma il suo corpo non ascolta e sorride ugualmente, abbassando il finestrino con un pulsante. Sente un vuoto in tutto il petto mentre una piccola folata di aria fredda lo assale, il profumo delicato e caldo di Harry a seguire.
“Be’, ciao,” sorride, odiando il fatto che il solo parlargli riesca a calmarlo, scacciando la nausea, il panico e la solitudine. È patetico. È sbagliato.
Harry sorride a trentadue denti. “Ciao,” strascica, agitando la mano totalmente senza motivo, e Louis non riesce a trattenersi dal ridere a quello, il che fa sembrare Harry ancora più felice. Aspetta fino a che la risata di Louis non si è acquietata prima di continuare. “Ti va di venire dentro?”
Louis sbatte le palpebre. “Dentro?”
Eh?
Harry annuisce, il sorriso ancora presente. “Sì, dentro. Dai, vieni. Mamma e Gem vogliono conoscerti. Dai. Per favore?” E poi tende la mano, infilandola nella macchina e quasi sfiorando il petto di Louis con le sue dita lunghe ed estese, la fronte premuta contro la portiera della macchina, il metallo freddo a lasciare un segno sulla sua pelle calda. Sembra senza fiato e felice ed eccitato e…
E tutto è estremamente meraviglioso.
Louis vorrebbe poter piangere. Forse potrebbe sforzarsi in questo momento. Forse potrebbe far uscire una lacrima o due. Forse allora si sentirebbe meglio.
“Non penso che sia il caso,” risponde onestamente, abbassando lo sguardo sulle dita di Harry che sono ora abbastanza allungate da sfiorare il tessuto della sua giacca senza afferrarla. Resiste fermamente all’impulso di chinarsi in avanti. Ancor più fermamente resiste all’impulso di afferrare la mano di Harry con la propria e soffiare una pernacchia sul palmo, perché delle volte Harry gli fa venir voglia di fare le cazzate più stupide e ridicole, gli fa venir voglia di comportarsi come se avesse cinque cazzo di anni in un qualche modo incomprensibilmente nostalgico.
Invece, si limita a intrecciare il suo sguardo con Harry, pregando che i suoi occhi mostrino una calma che il resto del suo corpo non riesce a simulare.
Non può incontrare la famiglia di Harry. Non può fare questo a loro. A lui. Oltrepasserebbe il limite e non sarebbe giusto per nessuna delle persone coinvolte. Non può. Non può, cazzo.
Tuttavia, l’inflessibilità dei suoi pensieri muore improvvisamente, quando vede il sorriso scivolare via dal viso di Harry mentre ritira lentamente la sua mano, le dita ammosciate.
“Oh,” dice, sbattendo le palpebre mentre ispeziona il viso di Louis, e il dolore è così evidente, cazzo, che Louis ha una mezza idea di accendere la macchina e levarsi velocemente dal cazzo prima che qualcosa di irreparabile si spezzi dentro di lui.
Cazzo. Avrebbe dovuto fumare con Zayn prima di venire qui.
Il silenzio passa tra loro mentre Louis si morde con forza il labbro e fissa un Harry totalmente abbattuto, le mani grandi che stringono forte la portiera ai lati della sua testa.
Merda. Non può farlo.
Louis fa schifo, cazzo. Fa schifo. È debole e fa schifo.
“D’accordo,” dice d’impulso, sentendo come se qualcosa si sia appena rotto dentro di sé. “D’accordo, forza, allora. Entriamo. Mi sto… mi sto solo comportando come uno schizzato del cazzo.” Tutto il suo corpo si sta inondando di acqua. Si sta distruggendo tutto.
Dannazione, Louis. Lo sapeva che sarebbe successo.
Ma, nel momento in cui vede il viso di Harry illuminarsi così istantaneamente, non riesce davvero a pentirsi di un bel niente.
“Ti giuro che non sarà strano,” Harry sorride, allungando nuovamente la sua mano solamente per stringere il tessuto della giacca di Louis (cosa? perché?) prima di ritirarsi e raddrizzarsi.
Prima di uscire dalla macchina, Louis sospira, cercando di recuperare qualche pezzo dalla devastazione dentro di sé. Le sue mani sono posate sulle cosce mentre tiene lo sguardo fisso di fronte a sé nella notte prima di chiudere brevemente gli occhi, solo per un secondo.
Non sa cosa stia facendo. Ma, forse, deve smetterla di pensare così tanto. Forse allora sarà tutto più facile.
Così, apre la portiera ed esce, il viso e il corpo a tradirlo nell’irrompere in affetto e sorrisi nel momento in cui trova gli occhi di Harry sopra il tetto di metallo; il ragazzo è poggiato sulla macchina con il mento sulle braccia e sta fissando Louis con attenzione, sorridendo come se conoscesse qualche segreto del mondo di cui nessun altro è a conoscenza.
“Che c’è?” Louis lo sfida, desiderando che le parole non abbiano trasportato il suono del suo sorriso.
Harry scrolla le spalle, senza smettere di sorridere. “Niente. Sono solo felice.”
È solo felice. Louis sente il sorriso vacillare.
Non pensare, non pensare.
“Uhm, uh. Vogliamo entrare?” domanda, ignorando la torsione del suo stomaco.
Sorridendo dolcemente, ogni cosa contemporaneamente risplendente e inghiottita dalle tenebre, Harry lo aspetta prima che entrambi si incamminino verso la casa. Le mani di Louis sono strette a pugno, ficcate in profondità nelle tasche della giacca, gli occhi saldamente incollati alla porta a cui si stanno avvicinando. È una casa graziosa. Molto curata e accogliente. È costituita da mattoni marroni e finestre con i vetri dipinti e ci sono cassette di fiori ovunque e il vialetto d’ingresso è carino e ben tenuto. Le luci all’interno sono accese, splendenti d’oro contro il contorno rigido delle finestre, e la luce del portico getta un bagliore debole sulle loro figure mentre si avvicinano.
Harry sta fissando Louis. Forse per valutare la sua reazione. Forse perché ha il torcicollo. Forse perché gli piace Louis tanto quanto a Louis piace lui.
Cristo. Deve smetterla di pensare a stronzate come questa. Davvero, stavolta.
“Dopo di te,” Harry sogghigna, dando spettacolo nel saltare i due gradini del portico e tenendo la porta aperta per Louis. È così fottutamente stupido. È così fottutamente adorabile.
Louis si morde la guancia per impedire al suo sorriso di crescere mentre alza gli occhi al cielo, facendo il suo ingresso e ignorando il terrore, terrore, terrore che gli sta scivolando lungo la spina dorsale perché in questo momento è totalmente spaesato e ‘giusto’ e ‘sbagliato’ stanno cominciando a confondersi nella sua mente.
“Grazie, cucciolo,” sorride, fermandosi per aspettare Harry, che gli sorride mentre entra, gesticolando in avanti.
“Vieni,” bofonchia, gli occhi che scattano su tutto il suo corpo prima che si fermi all’improvviso. “Stai davvero bene stasera, comunque. Davvero affascinante. Davvero, uhm, bellissimo.” E poi la sua pelle si scalda, ovviamente, ma non distoglie lo sguardo e non si muove. Si limita a sorridere, sinceramente, sembrando che abbia appena corso una maratona.
Affascinante. Bellissimo.
Louis non pensa di essere mai stato chiamato così prima d’ora, non in un contesto simile. Mai ‘tanto per’. Forse durante il sesso, sì. Forse quando veniva corteggiato. Forse quando gli altri parlano di lui o quando qualcuno ha bisogno di qualcosa, o quel che è. Ma… così? Così… sinceramente? Gentilmente? Senza secondi fini? Semplicemente affermandolo, senza un motivo particolare? Mai.
Qualcos’altro, molto piccolo, sembra che si stia rompendo da qualche parte – questa volta nel cervello di Louis.
“Ehm, già. Grazie. Lo so,” Louis scherza, la gola secca mentre esibisce il miglior sorriso che riesce a fare in questo momento difficile, e Harry irrompe in una risata, morbida e calda, come filo srotolato da un rocchetto.
“Sei proprio insopportabile,” ride, cominciando a camminare.
Louis lo segue, scaricando l’ansia solo un po’ mentre osserva il sorriso del ragazzo. “Corretto. Ma lo sai cos’altro sono?” domanda, appena prima che raggiungano la cucina. Si ferma.
Anche Harry si ferma. “Cosa?” domanda, sembrando già allegro ed eccitato e tutte quelle meravigliose parole.
Louis sente un’onda di piacere propagarsi dentro di sé.
“Pieno di cazzate,” conclude semplicemente e Harry scoppia a ridere sorpreso, il che è abbastanza per guarire i malati e i moribondi.
 “Sì, lo sei,” ride, scuotendo la testa con affetto mentre entra in cucina, Louis a seguirlo un po’ esitante.
Ci siamo, allora. È ora di conoscere la famiglia. Evviva. Louis ha mai detto quanto le famiglie lo odino? Specialmente le madri? (Martha, la conoscete?)
Quando entrano in cucina, Louis è accolto da una stanza gradevole e ben illuminata con muri colorati d’oro, tende color crema, mobili bianchi e ripiani in liscio granito marrone. Tutto è caratteristico e accogliente, splendente e pulito, tutti gli utensili di cucina, che chiunque vorrebbe, disposti con cura. C’è un contenitore di latta riempito di mestoli e un blocco di legno pieno di coltelli lucidi e una fila di ganci a cui sono appesi cucchiai e palette e… cose che Louis non è davvero sicuro di conoscere. Sul davanzale della finestra c’è un vaso con dei fiori freschi, un barattolo di miele e una banana. Sul muro sopra il piano cottura è appeso un orologio a forma di mela che ticchetta a tempo con l’ebollizione della pentola che al momento sta cuocendo sotto di esso. Il forno è acceso e caldo, probabilmente contenente una fottuta torta, e l’’intera stanza profuma di pane e zucchero, e tutto è luminoso. Come Harry, davvero.
Al bancone si trova una donna molto bella, i capelli castani lunghi e ben tenuti che le scendono sulle spalle. Ha gli occhi molto belli, un sorriso molto bello, e la sua camicia gialla è tirata sui gomiti mentre impasta con le dita del macinato di carne in una ciotola di metallo, i condimenti che volano ovunque. Da una parte, seduta al tavolo, c’è un’altra bella donna – ma questa è più giovane, i capelli castani tendenti al biondo sulle punte, un maglione largo a inghiottire il suo intero corpo mentre sta appollaiata su una delle sedie di legno chiaro, le gambe incrociate, i piccoli piedi fasciati da un paio di calzini. Lei, essenzialmente, sembra la versione femminile di Harry, a parte le sopracciglia appena più pronunciate e l’essere apparentemente un po’ più timida. Ma a Louis non sfugge il suo sorriso mentre distoglie lo sguardo e beve un sorso d’acqua dal suo bicchiere prima di cominciare a giocare con i suoi capelli, estremamente concentrata. Tuttavia, lancia ripetutamente sguardi verso Louis con un minuscolo rossore (è una caratteristica di famiglia, allora), che comporta tre paia di occhi a circondare Louis, a fissarlo.
Molto rassicurante.
“Ehm. Salve,” tenta, sperando che il suo sorriso imbarazzato non sia troppo palesemente falso. Le presentazioni non sono mai state il suo forte.
Ma la donna al bancone si limita a sorridere, inaspettatamente. “Tu devi essere Louis,” dice, tirando fuori le mani dalla ciotola in metallo, le dita lucide, piccoli pezzi di carne attaccati ad esse. Si pulisce su un vecchio strofinaccio prima di farsi strada attorno al bancone, avanzando dritta verso Louis. “È meraviglioso conoscerti, finalmente.”
Il sorriso che manda nella sua direzione è così invitante e cordiale che, per un attimo, Louis quasi lancia un’occhiata dietro di sé.
“Uhm. Grazie,” dice un po’ stupidamente, sbattendo le palpebre sorpreso mentre guarda di sfuggita Harry, che sta sorridendo abbastanza per tutti e tre. “Anche per me,” aggiunge dopo un attimo, afferrando la mano ora tesa della donna.
“Sono Anne,” si presenta, cordiale e dolce. Ha una voce molto bella. I suoi movimenti sono fluidi. In generale, è davvero… materna. Louis sente qualcosa tirare nel petto.
“E, ovviamente, io sono Louis, quindi non ripeterò questo dettaglio,” scherza, un po’ in imbarazzo, ma riceve sorrisi in risposta. Probabilmente sorrisi di compassione, in realtà. Lo apprezza. “È un piacere conoscerla.”
“E lei è mia sorella Gemma,” Harry spiega allora, dopo che Louis ha lasciato la mano calda di Anne, muovendosi verso la ragazza al tavolo.
Lei sorride, un po’ impacciata e imbarazzata mentre gli rivolge un rapido saluto con la mano, attirando un ginocchio al petto. “Ehi,” dice, molto più contenuta di Anne, ma non scortese. Per niente scortese.
“Ciao,” Louis ricambia il saluto, guardando di nuovo Harry, che continua a fissarlo con un largo sorriso a labbra chiuse. “Piacere di conoscerti.”
Cristo, fa cagare in queste cose. Non è mai stato bravo con i convenevoli. Per quanto riguarda la capacità di comunicazione, è alquanto terribile. Okay, assolutamente terribile.
Fortunatamente, Anne sembra essere impietosita dalla situazione, la sua voce caramellata a scaldare l’aria. “Scusa per il disordine – stiamo giusto preparando la cena. Ho detto a Harry che saremmo state più che felici di avervi, ma…” lancia un’occhiata a Harry, sorridendo. “Sospetto che non se la senta ancora di condividerti.”
“Mamma,” Harry la rimprovera sottovoce, il sorriso immediatamente rimpiazzato da un leggero terrore e dalle guance in fiamme.
Louis percepisce un prurito alla nuca, compiaciuto.
“Be’, sarei stato felice di unirmi a voi,” fa spallucce, cercando di incrociare lo sguardo di Harry (che al momento sta studiando il soffitto con interesse). “Non ricordo l’ultima volta che ho mangiato, tipo, cibo vero,” Tenta un sorriso, lanciando un’occhiata in direzione della ciotola della carne. “Sembra squisito, qualsiasi cosa stia cucinando. Molto meglio della mia solita dieta a base di noodles istantanei e barrette al cioccolato.”
A quello, Anne ride, solo un piccolo soffio d’aria. In qualche modo, i suoi occhi si scaldano ancora di più mentre scuote la testa, alzando la sua mano a stringere il braccio di Louis giusto un momento prima di tornare dall’altra parte del bancone.
“La prossima volta, allora.” La prossima volta. “Ci farebbe molto piacere averti qui, Louis.”
Be’. Questo è sicuramente diverso dal solito. Sembra che ad Anne… lui piaccia.
Okay. Ovviamente.
“Piacerebbe anche a me,” Louis risponde con una scrollata di spalle, un sorriso che scivola attraverso le crepe. Si sente sorprendentemente a suo agio, il calore della stanza a riempirgli le narici e penetrare nei muscoli, rilassando il corpo in un modo piacevole e confortevole che non sentiva in… be’. Anni, probabilmente.
Una risata sommessa arriva dall’angolo. Louis lancia uno sguardo in quella direzione nel vedere Gemma sorridere, la mano coperta dal maglione spinta sulla bocca mentre osserva Louis in silenzio.
“Forse è meglio andare,” dice Harry, guardando l’orologio a forma di mela, e Anne annuisce.
“Non vi tratteniamo oltre, cari. Divertitevi. Fate attenzione.” Il suo sguardo si sposta su Louis e il suo sorriso cresce, così genuino che è quasi sorprendente. “È stato un vero piacere conoscerti, Louis.”
E questo… questo è piacevole. È diverso. Così diverso da quello a cui Louis è abituato. I genitori di solito lo odiano, lo guardano dall’alto in basso come se fosse un insetto da Metamorfosi di Kafka e se non sono fortemente indifferenti, allora sono solo sprezzanti o stufi, sempre a tenere d’occhio ogni suo movimento.
È proprio da Harry Styles avere la mamma di tutte le mamme. D’altronde, ha senso. L’amore genera amore, e via dicendo.
“È stato un vero piacere anche per me, Anne,” dice, sorpreso di quanto bene le parole si adattino alla sua bocca mentre ricambia il sorriso, prima di spostare lo sguardo su Gemma, che lo sta ancora guardando in silenzio. “E anche tu, Gemma. È stato un vero piacere conoscerti. Bel maglione. Ottima scelta.”
A quello lei sogghigna, ridendo sotto i baffi. “Grazie. Bella giacca,” risponde a sua volta. “Molto indie.”
Anne scuote la testa mentre sorride, macinando il pepe sulla carne cruda.
Louis ride, sorpreso. “Mi piace pensare che sia retrò, ma. In realtà è solo pigrizia, dico bene? E mancanza di fondi.”
Di nuovo, Gemma ride in maniera piacevole, e fa un cenno con la testa per concludere la conversazione. Sembra un gesto di approvazione e Louis non lo comprende, ma si sta al caldo qui dentro ed è piacevole e una parte di lui si rammarica del fatto che non rimangano qui per una noiosa cena di famiglia. Non riesce a ricordarsi l’ultima volta che ne ha avuta una.
Be’. In realtà sì. Ma non vuole.
Spinge via il pensiero.
“Sei pronto, Louis?” Harry domanda, ansioso e apparentemente emozionato mentre si infila la giacca, gli occhi spalancati e determinati.
Louis annuisce, un po’ a malincuore. Non vuole andarsene. È strano. C’è qualcosa riguardo questo posto… è così familiare. Così confortante e così suggestivo che dà, be’, dipendenza, davvero. Gli ricorda l’infanzia, o qualcosa di simile.
Sente un dolore penetrante alle ossa quando realizza che questa è la prima e unica sera in cui sarà in questa casa. Dopo oggi, non vedrà mai più queste persone. Non metterà più piede su questi pavimenti di legno, non sentirà più l’odore di zucchero e non vedrà i fiori appassire sul davanzale.
Il che va bene, non è un gran problema. Ha conosciuto queste persone solo oggi – non ci metterà molto a dimenticarle.
È solo il fatto che debba rinunciarci che rende tutto un po’ più doloroso. È il fatto che non vuole rinunciare a niente di tutto questo. E che sta diventando sempre più difficile ogni giorno che passa. Ecco qual è la cosa più difficile in questo momento, cazzo.
Con un sospiro, Louis si volta verso Harry. “Sono pronto quando lo sei tu,” dice, sperando che le sue parole non suonino tristi quanto sembrano.
Pare di no, perché Harry sorride raggiante. “Ottimo. Ciao mamma, ciao Gem,” cantilena, correndo per la stanza per baciare sua mamma sulla guancia e tirare una ciocca dei capelli di Gemma. Louis non riesce a trattenersi dal grugnire nell’osservare la scena, ridacchiando quando Gem fa lo sgambetto ad Harry per vendetta e lo fa quasi volare per terra.
Ma poi Harry è di nuovo al suo fianco e lo sta tirando in avanti, la mano premuta sul gomito, e Louis gira su se stesso mentre viene tirato via, salutando un’ultima volta il calore dietro di sé.
“Arrivederci,” grida, facendo un sorrisetto quando Anne solleva lo sguardo e sorride. “Conservatemi gli avanzi!” scherza, e, dio. Vorrebbe che non fosse una battuta, sapete?
Ma. Chi se ne importa.
Ingoiando il peso nella sua gola, si volta, incrociando per un attimo lo sguardo di Harry prima che escano nella notte.
“Grazie,” dice Harry, una volta che ha chiuso la porta e cominciano a camminare verso la macchina. “Per essere entrato. L’ho apprezzato davvero tanto.”
Louis fa spallucce. “È stato bello, in realtà. Di solito sono davvero, davvero un disastro con le famiglie. Ma… non so. Mi sono piaciute.”
Il sorriso di Harry dice tutto. “Davvero?” domanda, fiducioso.
Piccolo irresistibile stronzetto.
“Sì,” Louis annuisce, aprendo la macchina. “Davvero. È facile stare con loro. Sono simpatiche.” Alza lo sguardo su Harry mentre apre la portiera. “Come te.” Monta in macchina prima di poter leggere la reazione di Harry, il suo battito un po’ irregolare.
Harry non risponde una volta che entrambi sono dentro, optando invece per guardare fuori dal finestrino, cercando di nascondere il suo sorriso enorme, e Louis si sente come se fosse fatto di Lego, smontato un pezzo alla volta.
“Allora,” Harry dice alla fine quando Louis accende la macchina, sbattendo le mani sulle sue cosce. Si volta verso di lui, le labbra curvate e luminose. “Dove andiamo?”
Ah, ah. Giusto. Il ristorante. E oh, merda. Deve scrivere a Liam, vero?
Ogni traccia di un sorriso svanisce dal volto di Louis.
“Uh. Be’, in realtà stavo pensando che potremmo andare in un posto. Un ristorante.” Sente le parole morire sulla sua bocca.
“Oh?” Harry si solleva di scatto, curioso.
“Sì, uh. Dovrebbe essere molto buono. Fammi, ehm. Fammi solo cercare le indicazioni molto velocemente.” Mente, mentre sblocca il suo telefono con le dita fredde, il senso di colpa che pulsa velocemente attraverso di lui.
Senza pensarci due volte, senza pensarci neanche mezza cazzo di volta, digita e invia il messaggio a Liam.
È in macchina. Pronti a partire.
Non lascerà che i pensieri prendano il sopravvento. Dipende tutto dal pilota automatico adesso. Ce la può fare. Incontrare la famiglia di Harry è stato… Sì, okay, è stato un errore. Ma ormai è andata ed è finita e ora Louis si deve concentrare e deve procedere con il piano. Facile.
Serra la mandibola mentre cambia le marce, premendo sull’acceleratore. Sono partiti.
“Sai dove stai andando?” Harry domanda dopo un momento, e quando Louis lo guarda, trova il ragazzo a fissarlo con curiosità, seduto sulle sue mani. Adorabile, piccolo… urgh.
Louis scaccia il pensiero dalla testa, spostando invece la sua attenzione sulla strada, le mani che stringono forte il volante.
“Sì,” dice a denti stretti, la testa che gira. Non pensare, non pensare, non pensare. “Tutto sotto controllo.”
Harry sorride. “Bene.”
No. Non va bene.
Rimangono in silenzio per un po’, le strisce continue dei lampioni che guizzano sopra di loro. Le nocche di Louis sono serrate, sta stringendo il volante così forte, il cuoio impresso sulla pelle.
Non deve pensare in questo momento. Non penserà. Non sentirà nulla. Facile.
“Sono emozionato,” Harry dice improvvisamente, interrompendo il silenzio.
Louis gli lancia un’occhiata, solo per scoprire che avrebbe desiderato non farlo. Harry gli sta sorridendo a trentadue denti, gli occhi ottimisti e scintillanti e curvati in uno sguardo morbido mentre osserva Louis, le labbra piegate verso l’alto. Gli occhi di Louis ci si soffermano per un momento di troppo prima che si ricordi che non dovrebbe pensare o sentire e quindi distoglie lo sguardo.
Potrebbe anche aggiungere ‘non vedere’ alla lista. Non pensare, sentire o vedere, stasera.
“Perché sei emozionato?” gli domanda, le luci che passano sopra la testa. Tutto è arancione e nero.
“Per stasera. Per questo!” Harry spiega come se fosse ovvio, gesticolando attorno a sé, e Louis non riesce a trattenersi dal ridere a quello, secco e brusco e patetico.
“Non stai dicendo sul serio, vero?” prova a ridere di nuovo, sentendo le sue labbra piegarsi verso il basso, la pelle tesa. “Riesco a pensare a un migliaio di cose che preferirei fare piuttosto che spendere la serata con qualcuno come me.” Scuote la testa, cercando di lasciare che il sorriso si formi naturalmente.
Passa un istante, intervallato solo dal suono della macchina che viaggia sulla strada.
“Io no,” Harry risponde a voce bassa.
Louis si rifiuta di guardarlo, chiudendo per un attimo gli occhi per tornare con i piedi per terra. Sente come se la sua testa sia stata riempita d’acqua. Sente le pupille dislocate. C’è qualcosa di fisicamente sbagliato in lui.
“Oh, sono sicuro che non mi troveresti così perfetto se qualche sconosciuto alto e attraente arrivasse a passo di valzer e ti portasse via,” prova con voce stridula, le nocche che si spostano sul volante e scrocchiano appena.
Harry si limita a fare spallucce. “Non significherebbe nulla per me. Inoltre, sinceramente non riesco a immaginare nessuno più attraente di te.”
Oh mio dio.
Sentendo arrivare un nuovo attacco di nausea, Louis ride, totalmente confuso e asciutto come il cartone. “Cristo, ragazzino, mi farai morire prima del tempo,” mormora sottovoce, e una sola occhiata a se stesso dallo specchietto retrovisore gli dice quanto sembri angosciata la sua espressione e quanto panico ci sia nei suoi occhi.
È un fottuto casino.
“Scusami,” Harry dice di fretta, le mani sul grembo, tormentandosi la giacca. Si morde il labbro inferiore, osservando Louis. “Gemma mi dice sempre che sono troppo sincero delle volte e questo fa sentire le persone in imbarazzo.”
Grazie al cielo, questo distende un po’ della terribile angoscia all’interno di Louis, stimolandogli una genuina dose di risate mentre allenta la presa sul volante. “Troppo sincero, eh?” domanda, un angolo delle sue labbra ad alzarsi involontariamente. “Capisco.” Sorride ampiamente quando la testa di Harry si gira per guardarlo. “Ma mi piace questo lato di te. Soprattutto perché sei così difficile da decifrare.”
“Davvero?”
“Oh, sì,” Louis annuisce. “Vedi, sono bravissimo a capire le persone. È la mia specialità. Ma tu? Nah, amico. Non sono mai riuscito a capirti fino in fondo. È solo perché sei onesto da far schifo che riesco a orientarmi nel buio.”
“Non riesci a decifrarmi?” Harry domanda, divertito. Gonfia appena il petto. “È il motivo per cui eri così ossessionato da me quando ci siamo incontrati?”
E, ah. Ecco di nuovo la vergogna e il senso di colpa e il rimorso. Salve.
“No,” Louis risponde lentamente, con cautela, gli occhi fissi sulla strada. “No, non è per questo.” E si ferma lì.
Riesce a percepire la confusione di Harry mentre il silenzio si allunga, probabilmente chiedendosi cosa abbia fatto di male, cosa abbia detto.
Louis deglutisce, un sottile strato di sudore che comincia a formicolargli sulla nuca. Cazzo. È debole. Così debole. Debole abbastanza da sentire il silenzio diventare assordante e deve dire qualcos’altro, deve dire qualcosa perché è sempre così ambiguo con Harry, lo lascia sempre in sospeso in questo modo, e non è giusto nei confronti del ragazzino. Non è giusto.
“A dire il vero, è stato a causa dei tuoi ricci,” aggiunge debolmente, le parole accelerate dall’aumento del suo battito cardiaco. Senza pensare, allunga una mano, arruffando i capelli di Harry con le dita, e Harry scoppia semplicemente a ridere, piegandosi immediatamente verso il tocco per permettere un miglior accesso.
“Mi hai stalkerato per i miei capelli?”
Louis annuisce con serietà. “Assolutamente. Voglio portarteli via, sai?”
Harry ride di nuovo, delicato e morbido, il suono che si diffonde per la macchina. È piacevole.
“Ti dispiace se lascio la mia mano qui? Tutto il tempo? La lascio proprio qui,” Louis decide, sistemando la mano più in profondità nei capelli di Harry, l’umore che alleggerisce e attenuta il peso sul suo petto e nel cervello. “Non ti dispiace?”
“Non mi dispiace,” Harry conferma con un sorriso.
Louis lo ricambia, sentendo la tensione rimasta abbandonare la macchina. E poi, all’improvviso, sente…
“Stai facendo le fusa?” domanda incredulo al suono morbido e vibrante emesso improvvisamente.
Piuttosto che rispondere, Harry sogghigna. E ricomincia a fare le fusa.
“Oh mio dio,” Louis ride, tirando una ciocca di capelli, e Harry fa le fusa di nuovo, questa volta più forte. Sembra totalmente compiaciuto quando Louis ride ancora, ridacchiando sotto i baffi come un bambino in fondo alla classe.
“Sei la creatura più bizzarra che abbia mai conosciuto,” lo informa, scuotendo la testa.
Harry sbatte le palpebre graziosamente. “Chi? M-io-w?”
Louis cerca di trattenere l’ennesima risata. “Oh mio dio,”  con difficoltà. “Harry Styles, mi hai appena miagolato addosso? Con un gioco di parole? Al nostro primo appuntamento?”
Il volto si apre in un sorriso a trentadue denti e Harry annuisce, rapido e affrettato, mordendosi il labbro mentre i suoi occhi scattano sul viso di Louis. Potrebbe imprigionare il mondo, se volesse.
“Be’,” Louis emette un fischio basso, prima di estrarre finalmente la mano, lasciando Harry con un’espressione contrariata. “Di certo sai come conquistare un uomo.”
“Voglio conquistare solo te,” Harry sorride, appoggiando nuovamente la testa al sedile mentre osserva Louis.
Qualcosa vacilla dentro di lui. Distoglie lo sguardo mentre il suo sorriso si contrae, la pelle improvvisamente sul punto di accartocciarsi.
Harry è così adorabile. È così… tanto.
Che cazzo sta facendo Louis?
Combattendo un’altra ondata di panico, Louis rimane in silenzio, gli occhi ora vitrei e persi nella strada buia e interminabile di fronte a loro, le luci e i profili delle case che gli sfrecciano accanto.
Cosa sta facendo? Perché lo sta facendo? Che cazzo di senso ha?
Potrebbe tirarsi indietro. C’è ancora tempo.
Cazzo. Impreca sottovoce, agitandosi nervosamente sul sedile alla frustata d’ansia e rimprovero che lo attraversa. Vede Harry lanciargli un’occhiata curiosa ma rimane in silenzio, e tenta di sorridergli in risposta, ma il suo corpo è ancora rigido e teso e tormentato dalla cazzo di Terza Guerra Mondiale.
Potrebbe infrangere la promessa con Liam. Teoricamente. Potrebbe.
Ma questo lo renderebbe debole? Cosa starebbe a significare? Significa che Louis si sta rammollendo? Che ha fallito? Cosa comporterebbe se… se scegliesse Harry?
Merda merda merda.
Improvvisamente, la voce automatica del suo GPS parla attraverso il fangoso silenzio della macchina. Hanno quasi raggiunto la loro destinazione.
“Yayyy,” Harry esulta con un sorriso stupido, che porta tutto il suo corpo a scuotersi, e dio – Louis scoppia a ridere, nonostante tutto. Che, a sua volta, fa ridere Harry, gli occhi spalancati che osservano Louis scuotere la testa con un sorriso, mentre svolta nel parcheggio del ristorante.
Cristo. Harry è così…
Merda. Che cazzo sta facendo Louis?
Parcheggiano, il motore che si spegne bruscamente e ingigantisce il silenzio. Lo scatto delle cinture di sicurezza tintinna mentre le tolgono, gli occhi sull’edificio di fronte a loro. È… elegante. Molto elegante. Come qualche posto in cui la famiglia di Liam potrebbe passare la serata.
Ovviamente Liam l’ha mandato in questa specie di posto. Ovviamente ha fatto la scelta peggiore possibile.
Questo posto non è Harry. Non è Louis. Questo è opprimente e formale e noioso e… una merda, ad essere onesti.
“Non sono abbastanza elegante?” Harry domanda dopo un attimo, la voce intrisa di preoccupazione.
Louis si volta verso di lui, trovandolo ad osservarsi dall’alto in basso, mordicchiandosi il labbro con consapevolezza. Non risponde, si limita a fissarlo, sentendosi così, così nauseato e nervoso, le mani sudate e percorse da minuscole scariche elettriche, poggiate sulle sue cosce.
Harry alza lo sguardo, preoccupato. Louis non riesce a parlare, gli occhi smarriti.
“Dovrei-” Harry comincia, prima che la vibrazione di un telefono lo interrompa.
Louis ci mette un attimo a realizzare che non è il suo e improvvisamente Harry sta tirando fuori il proprio dalla tasca, leggendo sullo schermo; e poi all’improvviso lo sconforto sul suo volto è rimpiazzato da un sorriso imbarazzato mentre ride e alza gli occhi al cielo, premendosi per un attimo il palmo sulla fronte.
“Oh, dio,” borbotta, ovviamente imbarazzato, ed è abbastanza per placare momentaneamente i disturbi intestinali di Louis, rianimando la sua curiosità.
“È tutto a posto?” domanda, la voce calma e le parole lente.
Forse è qualcun altro. Forse Harry ha qualcun altro. Forse deve mollare Louis e incontrarsi con lui e vivere per sempre felici e contenti.
È quello che dovrebbe accadere. Anche se fa bruciare qualcosa di oscuro e doloroso nella parte più profonda di Louis, brucia come qualcosa che non ha mai sentito prima, più dolorosa di qualsiasi cosa che abbia mai sentito prima. Cristo. Questo dramma gli ha quasi accorciato la vita di vent’anni. Come minimo.
“Sì,” Harry ridacchia imbarazzato dopo un attimo, non appena ha inviato un messaggio in risposta. Lancia uno sguardo verso Louis, le guance rosse nella fioca luce della macchina, la pelle dolcemente illuminata dalle luci del ristorante. “È solo mia mamma.” Un’altra vibrazione risuona dal telefono nella sua mano e abbassa lo sguardo, arrossendo ancora di più. “E mia sorella.” Ancora più rosso ora mentre legge il messaggio.
Louis si morde il labbro, il senso di colpa che pugnala ogni parte del suo corpo. “Ah sì? Cos’hanno detto?” Non sa perché lo stia chiedendo.
Harry ride con leggerezza, scuotendo la testa mentre invia un altro messaggio. Alza di nuovo gli occhi al cielo con un sospiro, posando il telefono sulla sua coscia, concentrando tutta la sua attenzione su Louis. “Uhm. Mi hanno…” scrolla le spalle, imbarazzato, ed è quasi totalmente adorabile. Louis lo apprezzerebbe di più se non fosse sul punto di vomitare l’anima. “Mi hanno solo detto che sperano che mi diverta e di stare attento e… che gli piaci un sacco,” aggiunge, la voce che si riduce mentre parla, distogliendo lo sguardo da Louis, le guance di nuovo in fiamme.
Cosa? Louis gli è piaciuto un sacco? Alla famiglia di Harry? Louis?
“Io?” Louis domanda, allibito, sbattendo più volte le palpebre.
Harry annuisce, non ancora in grado di incontrare i suoi occhi. “Sì. A volte sono davvero iperprotettive e assurde. Troppo coinvolte nella mia vita, probabilmente,” ride. “Uhm. Volevano solo che ti dicessi che pensano che tu sia divertente.”
“Pensano che sia divertente?” Louis ripete, il cuore che sprofonda, un brivido che comincia a diffondersi nel petto. “Ho a malapena detto due parole…”
Harry scrolla le spalle. “Non so. Probabilmente hanno pensato, tipo, anche alle cose che gli ho detto su di te.” Scrolla di nuovo le spalle, rapidamente.
“Gli hai parlato di me?”
A quello, Harry si volta completamente verso di lui, lanciandogli uno sguardo strano. “Ovvio che l’ho fatto, Louis. Perché non avrei dovuto?”
L’ossigeno abbandona la macchina, abbandona i polmoni di Louis.
Non può andare fino in fondo.
Qualcosa comincia a gocciolare nel suo sangue, lento e costante. Plic, plic, plic.
“Non so. Non pensavo di esserne all’altezza, presumo,” scherza in maniera pietosa, sentendo le gocce aumentare il ritmo, solo in parte. Plic plic plic plic.
Non può fare questa cosa.
Harry sorride, lento e dolce e completamente ignaro delle esplosioni sconvolgenti attorno a lui. “Tu sei sempre all’altezza,” lo rassicura, presentando il suo miglior sorriso, e il gocciolio aumenta, cominciando ad inondare le vene di Louis.
Non può farlo, non può farlo.
Un altro messaggio illumina il telefono di Harry e lui allontana il suo sorriso brillante per abbassare lo sguardo, il viso che immediatamente si fa piccolo piccolo, una scarica di rossore che risale lungo la sua gola.
“Che c’è?” chiede Louis, il cuore che batte a tempo con le gocce, le mani che tremano, i muscoli delle ginocchia che sobbalzano.
“Gem pensa che tu sia uno schianto,” Harry risponde in una maniera che suggerisce che le parole abbiano lasciato un gusto ripugnante nella sua bocca.
Louis non riesce a trattenersi dal ridere, soffocato, la fronte madida di sudore, le labbra lucide e tremanti. “Ah sì?”
Harry annuisce, il disappunto palese sul suo viso. “Cioè, è grandioso che tu le piaccia – non capita con molte persone – ma… Ma non c’è bisogno che ti trovi, tipo, attraente. Non che non lo facciano già tutti, o cose simili,” aggiunge in un borbottio, bloccando il suo telefono e infilandoselo di nuovo nella tasca, l’accenno di un broncio sulle sue labbra.
Louis deglutisce. “Sei troppo buono quando parli di me.”
“Davvero? Dico solo quello che penso. Sono solo sincero.” Sorride con dolcezza, alzando di nuovo le spalle. I suoi occhi sono di nuovo su Louis. Il suo corpo è ruotato quasi completamente verso di lui, le mani l’una sopra l’altra al lato del sedile mentre sbatte le palpebre lentamente, gli occhi brillanti. È uno sguardo caldo. Proprio come quello di sua mamma.
Anne gli piace davvero. A quanto pare, anche a lei piace Louis. Cristo.
“Di solito non piaccio alle mamme,” Louis dice a bassa voce, principalmente a se stesso, sentendo le gocce scorrere nuovamente attraverso di lui, accelerando il ritmo. Dovrebbero essere usciti dalla macchina, adesso. dovrebbero essere seduti al loro tavolo e ordinare quel cibo del cazzo e Louis dovrebbe aver già scritto a Liam.
Plicplicplicplicplic.
No.
“Sei pronto per entrare?” domanda Harry, sempre gentile e sempre dolce. Sempre paziente e attento. Uno dei suoi ricci è così fuori posto che sta quasi dritto per aria e Louis vuole arrotolarselo attorno al dito. Ha quasi l’impulso di intrecciarlo e baciarlo perché sembra morbido e sa che gli occhi di Harry si addolcirebbero. È anche fottutamente insolito, perché Louis non è una persona fisica, non lo è mai stata, eppure ultimamente continua ad avere questi impulsi. Vuole toccare senza secondi fini, vuole solo toccare e accarezzare e confortare e giocare e non è nella sua fottuta natura, questo è il punto. Non è mai, mai stato così, neanche una volta nella sua cazzo di vita.
Qualcosa sta cambiando in lui e non è sicuro se sia un bene o un male o se sia forte o debole; tutto quello che sa è che non può andare in fondo a questa storia. Non con Harry che lo sta osservando con quell’espressione in viso. Non con le sue dolci, morbide mani poggiate lì in quel modo. Non con quella camicia addosso e quella giacca e non con quei piedi lunghi e sottili infilati senza grazia nell’angolo più remoto della macchina e non con quelle labbra che sembrano macchiate di sangue nei momenti meno opportuni, sempre avvolte in un qualche sorriso o in una pacata emozione che Louis vuole stringere nei palmi delle sue mani sudate.
No.
“Non entreremo lì dentro,” Louis dice improvvisamente, le gocce trasformate in cascata, scorrendo così velocemente dentro di lui che quasi perde di sensi, la vista sfocata ai lati, i colori della notte intensificati. Probabilmente sta morendo. Probabilmente sta avendo qualche orrenda reazione allergica a qualcosa e sta morendo ma non gliene frega proprio un cazzo in questo momento. “Andiamocene da qui.”
Inserisce la retromarcia prima che Harry possa replicare, premendo l’acceleratore una volta che è tornato in strada.
“Eh?” Harry sbatte le palpebre, ruotandosi di scatto per vedere l’ombra del ristorante che si rimpicciolisce dietro di loro, prima di voltarsi di nuovo verso Louis, gli occhi spalancati. “Che succede? Che stai facendo?”
Non può farlo. Louis Tomlinson non può farlo.
“Ti piace la musica, giusto?” chiede Louis, ignorando la domanda di Harry mentre il suo sangue riprende a scorrere. È meno fastidioso adesso, le vie respiratorie sembrano improvvisamente riaperte, il suo corpo che si infrange in una corsa rassicurante di adrenalina e vita. Lo stress abbandona i suoi muscoli ogni secondo che passa. Lancia un’occhiata a Harry, concedendosi un mezzo sorriso all’espressione a bocca aperta e disorientata del ragazzo. “Giusto?” ripete, rapido.
Harry annuisce senza parole, boccheggiando come un pesce.
“Bene. Anche a me. E c’è questa, uh. Questa band locale che non è poi così male.”
“Una band locale?” Harry ripete lentamente, lo shock che comincia a dissiparsi mentre inarca un sopracciglio, interessato. “Ti piace una band locale? Musica moderna? Tu?” Sogghigna, tutto sghembo e giovanile, completamente in contrasto con il tono profondo della sua voce da uomo. Louis ama quella cazzo di voce. L’ha mai accennato? “Mi sa che sto per svenire.”
“Silenzio, cucciolo,” Louis ridacchia, respirando di nuovo, solo respirando. Sente come se i suoi pori si stessero aprendo, i suoi polmoni allargando. Sta già meglio. Non ha intenzione di pensare alle conseguenze. Vuole pensare solo al presente. A Harry. “Sono bravi, okay? Sicuramente non andranno da nessuna parte, ma sono bravi.”
“Ehi!” Harry protesta, appoggiandosi al sedile, di nuovo rilassato. “Non dire così. Potrebbero farcela.”
“No.”
“Potrebbero, Louis! E, anche se non ce la faranno, stanno facendo quel che amano ed è incredibile, a mio parere. È l’unico obiettivo della vita.”
“Smettila di essere così di ispirazione, Harry,” Louis sorride, lanciando un’occhiata al ragazzo prima di allungare una mano per dargli un colpetto alla coscia.
Non dovrebbe sorprendere quando Harry la afferra con la propria, tenendola stretta con tutta la delicata riverenza di nobile proveniente da una vecchia ballata inglese. È così carino, cazzo. Louis l’ha mai accennato?
“Mi stai tenendo la mano?” domanda, alzando un sopracciglio mentre i suoi occhi si alternano tra la strada e Harry.
Harry sembra particolarmente fiero di se stesso. “Sì. Posso?”
Buon dio. Louis si morde duramente la guancia, rifiutandosi di sorridere. Rifiutandosi, porca puttana.
“Sì.”
Il sorriso sul volto di Harry illumina la macchina, e Louis rimane in silenzio, sentendo solo la pressione del palmo di Harry contro il proprio, pensando alle proprie cellule epiteliali che abbandonano la nave e aderiscono invece alle cellule di Harry.
Non vuole pensare a nient’altro. Stasera è solo Harry.
Solo Harry.











Scusatescusatescusatescusate!
Vi ho fatto aspettare una cifra, e questi due sfigati neanche hanno ancora iniziato l'appuntamento! Lo so, sono da prendere a sberle!
Tra Parigi, la mia migliore amica che è partita (per sempreee ç_ç) e traslochi vari non ho avuto per niente tempo, ma spero che l'attesa sia valsa qualcosa.
Oggi è il compleanno della mia piccola Faby, quindi questo capitolo è dedicato a lei. (And I can love you more than Alex!)
G razie alle mie beta Giada e Sole, alle mie fan numero uno Fede e Anna (XD) e come al solito, grazie a voi per aver letto, grazie per seguirla sempre, grazie per i messaggi privati, grazie per i riscontri positivi. Sono felice che vi piaccia!
Il prossimo capitolo si intitola "The Date", quindi direi che... ci siamo, no? :)
All the love,

Giulia
  
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