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Autore: babyluna    02/10/2016    2 recensioni
"Dammi un solo motivo per cui, ora, non dovrei essere qui.
Solo uno, e giuro che ti lascerò sola, se è quello che vuoi.
Ma se non hai motivo, allora sappi che resterò qui e non me ne andrò mai più."
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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CELLOPHANE

 

 

*

 

Patience is your virtue, saint o’ mine
I’d have fallen through the cracks without your love tonight
I’m your groundhog, and I'm skating on thin ice
But you see me at your feet and carry me inside

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Harry aprì gli occhi, svegliato da una ventata di aria fredda. Mise lentamente a fuoco ciò che lo circondava: il comodino, la struttura del letto, il caminetto in fondo alla stanza, una figura davanti alla finestra. Prese a tentoni gli occhiali di fianco a lui e li inforcò sbadigliando; la figura sfocata era Ginny. Harry sorrise.

“Nevica?” le chiese, la voce impastata dal sonno.

“Sì” rispose Ginny senza girarsi. Harry le si affiancò e rimase qualche momento con lei a guardare i fiocchi che cadevano. La neve gli dava una sensazione di pace. Quando nevicava, il castello era come avvolto da una coperta di cotone, che lo rendeva calmo e silenzioso, favorendo lo scorrere dei pensieri.

Ginny prese un fiocco in una mano e lo guardò sciogliersi. La neve le piaceva così tanto. Le ricordava i pomeriggi di quando era piccola, quando lei, Ron, Fred e George passavano ore nel cortile della Tana giocando a palle di neve e costruendo pupazzi. A Ginny gelavano le mani, ma non le importava: quei momenti passati con i suoi fratelli erano impagabili. La sera, poi, Fred e George passavano dalla sua camera per la buonanotte e le lasciavano un bacio sulla guancia, una ciascuno. Era sempre Fred che si accorgeva se le sue mani erano troppo fredde, se aveva preso la febbre o se aveva solo voglia di una cioccolata calda. E in quel caso, era lui ad accompagnarla in cucina e a preparargliela nei modi Babbani, senza svegliare la mamma. Solo così Ginny poteva tornare tranquilla sotto le coperte.

Ginny osservò il suo respiro caldo condensarsi a contatto con l'aria fredda. Le mancava così tanto.

Harry la prese per mano, senza dire nulla. Aveva questa eccezionale capacità di cogliere cosa le passasse per la testa, il minimo cambiamento d'umore. Ginny la strinse.

I due ragazzi uscirono dal dormitorio maschile e si avviarono verso la Sala Grande per la colazione prima delle lezioni.

Ron era seduto davanti al fuoco in Sala Comune, già sveglio da un'ora. Non capiva dove fosse Hermione. Non era nella Sala, ma non l'aveva ancora vista andare in Sala Grande. L'unica spiegazione era che fosse ancora nel dormitorio femminile, anche se era piuttosto strano; Hermione non era mai in ritardo.

Sentì dei passi dietro di lui e si girò, speranzoso, ma erano solo Harry e Ginny. Il suo sorriso si spense quando incontrò gli occhi di Harry, che distolse lo sguardo, imbarazzato. Il loro litigio dopo gli allenamenti, due sere prima, pesava ancora fra i due. Il giorno prima avevano accuratamente evitato di parlarsi, eccetto per le cose essenziali quali “buongiorno” e “buonanotte”. Harry sapeva che era ridicolo, ma era ancora troppo arrabbiato con lui. Sapeva di essere orgoglioso e infantile, ma Ron non avrebbe dovuto reagire in quel modo. Si aspettava di poter parlare con lui come avevano sempre fatto, invece Ron non l'aveva neanche ascoltato. Era stato orribile assistere al loro litigio la sera prima, guardare Hermione correre via così arrabbiata e Ron rimanere lì, impotente, senza sapere cosa fare. Harry si era chiesto dove fosse Hermione, dopo cena, ma in Sala Comune non c'era e così aveva pensato che stesse già dormendo. Eppure, quella mattina non l'aveva ancora vista.

“Hai visto Hermione?” chiese a Ron, imbarazzato.

“No. Mi stavo chiedendo dove fosse, pensavo che voi lo sapeste” rispose lui, lo sguardo fisso sul fuoco.

“Ieri sera ho dato per scontato che stesse dormendo e non ho controllato se ci fosse oppure no, ma stamattina in dormitorio non c'era e ho pensato che fosse già qui” intervenne Ginny, la fronte aggrottata. Nessuno ebbe nulla da aggiungere, così i tre uscirono insieme dalla Sala Comune. Harry provò una vaga sensazione d'ansia e si sentì uno stupido per non averla seguita, la sera prima, mentre scappava da loro.

 

*

 

 

Hermione non sapeva da quanto fosse lì.

Era stata appoggiata al torace di Draco, dapprima piangendo, poi le sue lacrime si erano lentamente fermate, il suo respiro si era calmato e aveva socchiuso gli occhi, stanchi ma attratti dai giochi di luce che il fuoco creava sul legno del pavimento. I due ragazzi erano sul tappeto, Draco sdraiato, Hermione di fianco a lui, la guancia sul suo petto che si alzava e si abbassava lentamente.

Era entrata in dormiveglia cullata dal respiro del ragazzo, calmo e profondo.

Nella stanza regnava il silenzio.

Ma a Draco sembrava che, mentre la ragazza dormiva e il calore si irradiava nella sala, i suoi pensieri stessero facendo un rumore tremendo.

Osservò i capelli castani di Hermione sparsi sul suo maglione e vi passò lentamente la mano. Cosa stava facendo? Perchè lei era lì? Era stato un caso. Sapeva che avevano dovuto desiderare la stessa cosa, ma non voleva crederci. O meglio, avrebbe voluto, ma non poteva.

Astoria in quel momento lo stava aspettando nel dormitorio, probabilmente sdraiata sul letto dove lui l'aveva lasciata senza nemmeno cercare una scusa, dicendole di aspettarlo. Aveva notato un'ombra sul viso della ragazza uscendo dalla stanza, ma non ci aveva dato peso. E ora, perché non tornava indietro? Avrebbe dovuto farlo. Eppure, sentiva che era infinitamente più giusto così, piuttosto che tornare indietro e alimentare l'ossessione che legava lui e Astoria. Il loro non era un rapporto sano. Semplicemente, dipendevano l'uno dall'altra e viceversa. Draco aveva bisogno di Astoria. Solo lei era la sua distrazione, solo lei riusciva a farlo smettere di pensare. Ed era così anche per lei. Erano due fuochi che si alimentavano a vicenda, cercando di sovrastare l'altro. Ma era così sbagliato.

Hermione si mosse nel sonno, girando leggermente la testa. Draco si ritrovò ancora una volta a guardare i suoi capelli, e non poté fare a meno di notare quanto fossero diversi da quelli di Astoria. I suoi erano castano chiaro, lisci e sottili; quelli di Hermione erano mossi e di un ricco color cioccolato. Eppure, così spenti. Draco passò un dito sul suo zigomo, poi sulla guancia, sulla mandibola. Da quanto tempo era che stava così? Come potevano i suoi amici non essersi accorti di niente? Doveva essere stata brava a nasconderlo. Eppure, ultimamente, Draco aveva notato che non ci riusciva più molto bene. Nei momenti in cui si ritrovava ad osservarla, a colazione, la vedeva spesso discutere con Weasley o Potter, e liquidarli in fretta. Harry era quello che, anche quando la conversazione era finita, la guardava di nascosto, sospettoso.

E per quanto Draco cercasse di stargli il più lontano possibile, non poteva fare a meno di condividere i suoi sospetti. Ma ora, ora ne era decisamente certo.

Draco alzò lo sguardo e notò una cosa che, ne era sicuro, fino a poco prima non c'era. Scostò delicatamente la testa di Hermione dal suo petto e vi si avvicinò. Da vicino, poté vedere che era un semplice vassoio d'argento. Vi era posata una brioche dorata, e una tazza di latte fumante. Il suo viso si congelò: sapeva che quelle cose erano lì per Hermione. Prese il vassoio in una mano e tornò da lei, che nel frattempo aveva aperto gli occhi. Draco avrebbe preferito che stesse ancora dormendo. Hermione mosse il collo intirizzito dalla posizione scomoda e si passò una mano fra i capelli arruffati, mettendosi a sedere. Spostò lo sguardo su Draco, di fronte a lei; dapprima, la sua espressione era neutra, i suoi occhi indugiavano sulle sue spalle, contro le quali era stata appoggiata tutta la notte. Poi, vide cosa aveva in mano. Si tirò subito indietro sul tappeto, inorridita; il suo sguardo esprimeva solo rabbia. Tutta la tristezza della sera prima sembrava essere svanita. “Ma cosa credi di fare?!” Disse, sputando le parole contro Draco che, paziente, era ancora in piedi nello stesso punto, il vassoio in mano. Il ragazzo si passò una mano sugli occhi, mentre Hermione si alzava. “Tu...” “No! Non pensare di potermi costringere, perché non puoi!” Hermione andò a grandi passi verso la porta. Draco la guardò, impassibile, un'ombra di tristezza negli occhi. “Tutto come prima” disse, semplicemente. Lo disse a bassa voce, ma sapeva che Hermione, anche se era girata dall'altra parte, lo aveva sentito benissimo. La ragazza mise una mano sulla maniglia per uscire dalla Stanza delle Necessità, che, fra il fuoco e la rabbia, per lei stava diventando troppo calda. Fu solo un attimo, in cui sembrò esitare; le sue labbra tremarono, si fermò, e a Draco sembrò che per un folle momento stesse per tornare indietro.

Ma poi, Hermione scattò risoluta, spinse la maniglia e uscì velocemente dalla Stanza. Draco rimase lì, in piedi, senza sapere cosa fare. Quella sulla sua guancia poteva sembrare una lacrima, ma poteva anche essere un gioco della luce del fuoco, che continuava a bruciare, paziente.

 

*

 

“Allora, vieni o no?” Astoria chiuse gli occhi e lanciò un cuscino sulla porta. “No, Daphne, vattene!” urlò, ributtandosi sul letto. Sentì sua sorella, confusa e arrabbiata, dire qualcosa sottovoce e allontanarsi con passi veloci.

La ragazza strinse la coperta nel pugno, poi si stese sullo spazio vuoto accanto a lei e si abbracciò le ginocchia. Quel letto era troppo grande per una persona sola. Si passò una mano fra i capelli sottili e li guardò ricadere sulla sua spalla candida. Riusciva a sentire la rabbia in fondo alla gola. Era come una piccola fiamma che minacciava di crescere con la prima scintilla che l'avrebbe alimentata. Per questo Astoria, col tempo, aveva imparato ad essere spenta. Se voleva, riusciva a tenere sotto controllo la rabbia. Poteva mantenerla in un angolo della sua mente, impedendole di impossessarsi di lei.

Per tutti i vizi e le idee malsane che i suoi genitori le avevano trasmesso, era sempre stata una bambina nervosa e irascibile, come un fuoco pronto ad accendersi in qualsiasi momento. Ma crescendo, quel fuoco era quasi arrivato a soffocarla. Ardeva costantemente nella sua testa, riempiendola di brutti pensieri sugli altri, su sé stessa, su ogni cosa.

Così, un giorno di dicembre, aveva aperto la finestra e si era resa conto di quanto la neve fosse bella. Era fredda, bianca, perfetta. E in quel momento, mentre la guardava cadere lentamente, decise che da quel momento in poi lei sarebbe stata esattamente così. Non le serviva l'aiuto degli altri; poteva controllarsi da sola, essere padrona di sé stessa. E così era diventata: fredda e bellissima.

Si alzò dal letto e andò in bagno; aprì il rubinetto della vasca e la guardò riempirsi fino all'orlo di acqua calda. Vi versò dei petali secchi da un barattolo sul bordo e inspirò il profumo di rosa che si stava già diffondendo nella stanza. Si spogliò, entrò nella vasca e guardò la sua pelle irrigidirsi e arrossarsi leggermente al contatto con l'acqua bollente; era immersa totalmente se non per il naso, appena sopra la superficie. I suoi capelli si allargarono attorno alla sua testa, fluttuando lenti e morbidi. Dei petali vi si impigliarono.

Sentiva la rabbia, ma poteva controllarla. Voleva controllarla.

Draco non era tornato.

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Ed eccomi di nuovo qui :3 La storia comincia a prendere forma. Abbiamo un Hermione molto diversa dall'Hermione classica, lo ammetto. In questo capitolo compare Astoria per la prima volta; se come personaggio vi affascina, tranquilli, tornerà molto presto. Fatemi sapere cosa ne pensate... A presto col capitolo 6!

   
 
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