Buon
Compleanno, Naruto! A Naru/Hina present
Il capitolo:
Ad Ayumi
per il suo compleanno,
per chiederle scusa per il mio vergognoso ritardo,
per ringraziarla di essere sempre una dolcissima amica,
per onorare il nostro amore in comune per questa coppia,
per gridare al mondo che NaruHina è amore
puro!
La raccolta:
Alla Paccy perché si convinca che Hinata ama e amerà sempre e
soltanto il suo Naruto!
E che ti voglio un gran bene!
Il mattino sorgeva lesto nel cielo.
Aprì gli occhi e guardò fuori dalla
finestra, un intero paese incominciava
ad animarsi.
Gli uomini che si dirigevano al lavoro, le donne
affacciate alle porte di casa a salutare i propri mariti, i bambini allegri
diretti di corsa verso la scuola.
Il
villaggio della foglia si era svegliato, e ora toccava al suo Hokage.
Si alzò e si diresse in bagno. Si osservò allo specchio,
si accarezzò gentilmente il volto, sottolineando con
le lunghe dita il contorno degli occhi, per poi fermarsi a riposare sulle
labbra.
Oggi era un altro anno più vecchio e nessuno a cui importasse davvero;
nessuno, a parte la sua memoria, a ricordaglielo, a gioirne.
Naruto Uzumaki: Hokage del villaggio della foglia, da oramai due anni,
pensò di essere irrimediabilmente solo.
Finitosi di vestire scese in strada e, passeggiando per
le vie del suo villaggio, incontrò decine di persone che lo salutarono
calorosamente, chi con un inchino, chi con un pronto sorriso.
Tutti avevano imparato a rispettarlo e stimarlo negli
anni, in fin dei conti era stato lui a salvare il villaggio.
Una volta giunto al
palazzo dell’Hokage, si diresse verso il suo ufficio,
dove lo aspettavano decine di scartoffie.
Aveva sempre sognato arrivare alla posizione che oggi
occupava, ma non si sarebbe mai rassegnato alla noia delle sue giornate in
ufficio, e oramai erano la maggior parte delle sue giornate.
In tempi di pace, la necessità di abili
ninja è sempre minore..
Una volta accomodatosi nella sua imponente poltrona, e
incominciato il suo tedioso lavoro, qualcuno bussò
alla porta.
“Avanti” disse Naruto firmando l’ultima delle carte che
impegnavano la sua scrivania.
“Signor Hogake” disse una
giovane ragazza, entrando nella stanza e ritirando i fogli che Naruto aveva già esaminato e approvato, lasciando sul legno della
tavola altrettanti fogli che dovevano ancora essere sottoposti a un’attenta
lettura.
“Ancora firme?” chiese sconsolato Naruto.
“È il suo lavoro” rispose fredda
la ragazza.
“Hanabi, cos’è questo?” chiese stranito il ragazzo, alzando un foglio e mostrandolo
alla sua assistente.
“Il programma della sua giornata, come sempre!” rispose
spazientita lei.
“Sì, ma è bianco!” cercò di ribattere lui, sempre più
confuso.
“Non si ricorda proprio, vero?” rispose lei disperata.
Ma lui, sempre più frastornato, scosse
la testa.
“Lei mi ha detto non più tardi di due giorni fa che oggi
sarebbe andato a pranzo con mia sorella e quindi
siccome questa mattina non ha nessun appuntamento, il programma di oggi è
vuoto!” spiegò lei sbuffando. “Ora, non so come mia sorella abbia potuto
decidere di passare il suo pomeriggio con lei, ma sarà meglio che non le dia
buca, altrimenti dovrà subire una mia lunga e insidiosa vendetta” lo minacciò
la giovane ragazza, sorridendogli gentilmente al termine delle sue parole, per
poi dileguarsi oltre la porta, lasciando Naruto solo con i suoi pensieri.
Due giorni prima
Era un giovedì, come sempre era
il giorno di ricevimento e incontro con i rappresentanti dei vari villaggi.
Un lungo e interminabile giovedì.
Era un’ora che partecipava a un colloquio con il rappresentante del villaggio della
Pioggia: era assonnato, stanco e il sole fuori dal palazzo illuminava la
stanza, invogliandolo ad uscire e correre libero come un tempo, come facevano
ancora oggi i ragazzi all’uscita della scuola.
Fu a quel punto che entrò lei.
Un
bianco maglione a definirne le forme, un leggero ombretto a colorarle il viso,
un dolce profumo di pesca, una pelle bianca e morbida.
Avrebbe desiderato così tanto
poter accarezzarle una guancia, baciarla, poter assaporare quell’ incantevole candore.
Hinata porse ad ognuno dei presenti una calda tazza di the, e quando si
abbassò per porgerla anche all’Hogake, Naruto non
poté che perdersi nei segreti del suo corpo, nei misteri del suo
vestito, ed esclamare a voce abbastanza alta perché lei potesse sentirlo, ma in
modo che solo lei potesse udirlo: “Quanta noia, vorrei poter essere là fuori
con te!”.
Lei si coprì le labbra e arrossì
deliziosamente, un delicato sorriso imbarazzato le solcò il volto.
Solo allora Naruto
si rese conto di quello che aveva appena detto, anche se non era altro che la
più assoluta e sconcertante delle verità.
Hinata era cresciuta, era diventata una donna sensuale ed elegante, era
diventata fiera e coraggiosa, ma ancora capace di arrossire fino alla punta dei
piedi ad una sua parola.
Un giorno di qualche anno prima, lei
era stata così dedita a lui da salvargli la vita, urlandogli tutto il suo
amore.
Lui l’aveva ringraziata mentre il ricordo del grande atto eroico della
ragazza gli sfuggiva dal passato, e c’era voluto un anno e più perché tutte le
sue memorie ritornassero a lui, e allora era passato troppo tempo perché lui
potesse ringraziarla. O forse era stato solo molto
codardo, forse aveva solo avuto paura di affrontarla.
Una volta diventato Hokage, le sorelle Hyuga gli erano state assegnate come assistenti:
Naruto aveva provato a declinare l’offerta di casa Hyuga,
ma aveva, invece, dovuto imparato a convivere con la sua vergogna.
La vedeva ogni giorno, e ogni
giorno sentiva dentro di lui cresce il peso di una verità annientante: lentamente
si accorse di Hinata, di come ne fosse ne era attratto, infatuato, innamorato.
Così dopo quella strana riunione,
l’aveva invitata a pranzo, e lei era così entusiasta che lo aveva abbracciato,
per poi accorgersi di quel semplice gesto, arrossire e scappare turbata.
Lui invece era rientrato a casa
con un sorriso ebete stampato sul volto.
I giorni poi erano trascorsi e oggi Naruto avrebbe dovuto portarla a pranzo. Così l’Hokage
pensò di impegnare il resto delle ore che lo dividevano dall’appuntamento
maledicendosi per esserselo dimenticato, e spremendosi le meningi per trovare
un luogo più originale dellla solita bottega di Ramen.
Al pensiero del Ramen il suo
stomacò brontolò e Naruto si rese conto che probabilmente il suo problema
maggiore sarebbe stato restare accanto a lei tutto il pomeriggio, trattenendosi
dal fare qualsiasi cosa sconveniente.
Era oramai sicuro che il cuore di lei
avesse abbandonato i sentimenti che un giorno era stata così pronta a
dichiarare. Ma il tempo era trascorso, per entrambi, solo che per lui il tempo
era trascorso accanto a lei, durante il lavoro, a casa quando
chiudeva gli occhi e se la immaginava al tavolo con lui a mangiare, quando
andava a letto e allungava una mano per scoprire un freddo vuoto fra le
lenzuola, e allora desiderava immensamente averla al suo fianco, ad
abbracciarlo, a baciarlo, ad amarlo.
Ma lui era solo, mentre lei era
cresciuta, era diventata una donna desiderabile, sogno per ogni marito. Lei, di
buona famiglia ed educazione, così determinata e
coraggiosa, così dolce e gentile, premurosa e bellissima, con quei capelli così
neri e lunghi, gli ricordavano così tanto un fiume di notte, dove avrebbe
voluto potervi immergere una mano per vederla scomparire fra gli abissi.
Qualcuno bussò alla porta, e Hinata
entrò nell’ufficio.
“Naruto” balbettò incerta “sono venuta
a portarti il pranzo, come mi avevi chiesto” tentò di spiegare, ferita
dalla sorpresa disegnata sul volto di Naruto, paralizzato, con la bocca
spalancata.
“So che hai sicuramente molto da lavorare, quindi se vuoi
posso andare e lasciarti il cestino” propose lei avvicinandosi alla scrivania,
appoggiando il cestino; in quel preciso momento Naruto tornò in sé e le afferrò
saldamente il polso.
“Sei bellissima” le disse, e lei sorrise cercando di
mascherare il volto, accarezzandosi i capelli, portando un ciuffo dietro
l’orecchio.
“Ho il pomeriggio libero, andiamo a mangiare fuori: è una
giornata così bella” concluse lui, prima di lasciarle
il polso. Lei solo allora si rese conto di aver trattenuto il fiato, e lui le
prese la mano fra le sue e la condusse fuori da
quell’ufficio.
Il sole illuminava i campi e i due giovani ragazzi
procedevano lungo l’argine del fiume in un delizioso silenzio: ogni tanto
volgevano lo sguardo sull’altro, persi in un complicato sogno, per poi
ricomporsi, una volta scoperti, vistosamente
imbarazzati.
Giunti poco fuori dal villaggio
si sistemarono sotto una grande quercia.
Hinata sistemò la coperta e si
sedette, Naruto si accomodò sotto l’albero e con la schiena appoggiata al
tronco, fermandosi a osservare la semplicità di Hinata. Il suo vestito color pastello,
dalle maniche lunghe e dalla vita stretta.
Era bellissima con i capelli sciolti che le volavano
davanti al viso.
Le si avvicinò, per
poi ritrarsi.
Lei non si accorse di nulla, troppo indaffarata a
preparare i piatti.
“L’ho fatto per te, spero che non sia troppo freddo”
disse lei, porgendogli una tazza.
“Ma questo è Ramen!” esclamò
lui entusiasta sorridendole,
e lei abbassò lo sguardo.
“Sei fantastica” concluse lui
prima di incominciare a divorare il cibo.
Lei lo guardava piena di dolce ammirazione.
Se solo lui avesse potuto interpretare lo sguardo di Hinata…ma
Naruto non era mai stato pratico in questioni di cuore, nei rapporti con le
donne.
Finì la sua ciotola di Ramen,
per poi osservare la ancora piena ciotola di Hinata
che sorridendogli gliela porse.
“Ma tu non hai proprio fame?”
chiese Naruto, mentre con una mano afferrava il piatto.
“No, al momento non molta” rispose Hinata
per poi azzittirsi e poggiare la testa sulle ginocchia tenute unite dalle sue
braccia, intenta a osservare ogni piccolo cambiamento
che il tempo aveva adoperato sul viso del suo Hokage.
Ripercorreva con la mente tutto
il tempo passato, tutte le difficoltà che aveva dovuto affrontare, tutti i
combattimenti che aveva dovuto vincere per poter essere lì quel giorno.
Ci sono giorni che sembrano così caotici da non avere
nessun senso, ma poi un giorno ci si ritrova seduti sotto un albero a guardare
un ragazzo gentile, un ragazzo che si è sempre amato,
e capire che ogni secondo vissuto ha portato a quel semplice momento.
“Hinata, sei una cuoca davvero
brava!” si complimentò Naruto, mentre si asciugava la bocca con la manica del
vestito, strappando una sonora risata a Hinata.
Lui sorrise e la trovò luminosa.
“Sei bellissima” le ripeté per la seconda volta in quella
giornata.
Lei diventò rossa e cercò di sviare l’argomento,
estraendo dal cestino una scatola di plastica.
“Aprila” gli disse porgendogliela.
“Te ne sei ricordata!” esclamò lui osservando la sua
torta di compleanno, all’interno di quella scatola.
“Spero ti piaccia” fu l’unica risposta che lei riuscì a
donargli.
Naruto per la prima volta dopo tanto tempo non si sentì
più solo.
Lei prese un cucchiaio e incominciò a
imboccarlo.
I loro sguardi restavano fissi uno in quello dell’altro.
Lui che gustava lentamente il suo dolce, lei che assaporava ogni secondo di
quel dolce momento solo loro.
Alla fine della torta, Hinata
immerse un dito nella scatola e raccolse un po’ panna, per poi scherzosamente
posarla sulla guancia di Naruto.
Lui per vendetta si gettò sulla ragazza e le baciò le
guance, imbrattandola con la panna, per poi abbracciarla e sollevarla da terra
e portarla con sé sotto l’albero.
Ora il ragazzo se ne stava con la schiena appoggiata al
tronco e la schiena di lei premuta sul suo petto. I capelli di lei sparsi sul suo volto.
Quando le risate divertite dei due ragazzi terminarono,
si trovarono in una posizione piena di imbarazzo, ma
che nessuno dei due voleva modificare.
“Grazie” mormorò lui.
“Di cosa?” chiese lei confusa.
“Di tutto. Del pranzo, della torta, di essere
l’unica persona di Konoha a ricordarsi del mio
compleanno, di essermi sempre stata accanto, di sopportarmi, di am…” ma si azzittì, sicuro che quella parola avrebbe
rovinato la calma di quel momento, la tranquillità di quel pomeriggio.
“Facciamo un gioco” propose lei cercando ancora una volta
di sviare un argomento troppo pericoloso.
“Quale gioco?” chiese lui.
“Io penserò a una persona di Konoha e tu dovrai pormi una serie di domande per capire di
chi si tratta, e ogni domanda dovrà essere posta così: Se fosse un oggetto, o
un animale, o qualsiasi cosa…Capito?” spiegò lei.
“Spero di sì” rispose lui grattandosi, leggermente
confuso, il capo.
“Pensato!” esclamò lei.
“Allora…se fosse un fiore?” chiese lui incerto, insicuro
di aver capito come funzionasse il gioco.
Lei si accomodò ancora di più fra le braccia
di lui.
Con la guancia si appoggiò alla spalla
di lui, in modo che potessero guardarsi direttamente negli occhi.
“Un giglio” rispose lei.
Lui perplesso, rifletté qualche minuto per poi chiedere:
“Se fosse un libro?”.
“Il mio romanzo preferito” rispose lei senza la minima
esitazione.
“Se fosse un animale?” chiese
lui, afferrandole la mano e stringendola salda, intrecciando le loro dita,
facendola arrossire e distraendola dal gioco.
“U..na v..vol..pe” tremò balbettando lei.
“Se fosse un cibo?” chiese lui.
“Ramen” rispose lei, arresasi
oramai alle carezze di Naruto.
Lui aveva ben chiara la soluzione, ma aveva un’ultima
domanda che doveva porle, una necessità viscerale di sapere, di conoscere la
verità. Perché ora così vicini, ora così stretti l’uno
all’altro, era felice, si sentiva completo, e non avrebbe rinunciato a quella
gioia così facilmente, senza combattere prima.
“Se fosse un sentimento?” domandò lui e lei si contrasse,
alzandosi e voltandosi verso il cestino, cercando di allontanarsi, ma lui la trattene, la strinse a sé e lei cercando di divincolarsi
cadde con il petto su quello di Naruto. Lui a bloccarla, i
loro visi pericolosamente vicini, i loro occhi brillanti incastonati in quelli
dell’altro. Con un flebile sussurrò rispose:
“Amore puro”.
Lui non attese altre parole e passandole una mano dietro
la testa l’attirò a sé e la baciò.
Prima fu un leggero e veloce contatto. Ma
quando si rese conto che le sue labbra avvampavano di dolore per la necessità
di quel contatto si riavvicinò e la baciò con fervente emozione crescente.
Sarebbero rimasti ad assaporare quel contatto in eterno
se la pioggia non avesse cominciato a cadere prepotentemente sui campi.
In pochi secondi riassettarono tutto dentro il cestino e
facendosi scudo con la coperta, incominciarono a correre lungo i campi in
direzione di Konoha.
Le loro mani sempre congiunte.
Quando la pioggia incominciò ad
aumentare la sua intensità di caduta i due ragazzi erano quasi giunti al
limitare del villaggio.
Lei allora incominciò a tirarlo verso il palazzo dell’Hokage, mentre lui avrebbe voluto condurla al suo modesto
appartamento, per poter restare ancora un po’ soli.
Ma lei vinse e lui si lasciò
condurre lungo i corridoi, fino a giungere alla palestra del palazzo, e quando
lei aprì le porte, il buio più assoluto accecò i suoi occhi, poi una luce
abbagliante si accese colpendoli con una fitta di dolore.
Ma bastarono pochi secondi perché
si abituasse alla nuova condizione.
“Sorpresa!” gridò un coro festante di gente.
Il suo villaggio, i suoi amici si erano radunati lì
per festeggiarlo, per ringraziarlo, per celebrare il suo compleanno.
In quel momento Naruto si sentì così stupido per aver
pensato di essere tanto solo, oramai.
La mano di lei si strinse
attorno alla sua e poi Hinata cercò di lasciare la
presa, ma lui non glielo permise, e anzi la strinse a sé e l’abbracciò: “Come
potrò mai ringraziarti abbastanza? So che
sei stata tu. Ti amo”. I suoi occhi fissi in quelli
perlacei della sua ragazza. La
baciò davanti a tutti, e un applauso scaturì fra i suoi amici.
Così al fianco di Hinata
affrontò quella moltitudine di persone che si congratulavano con lui, che gli
facevano gli auguri e che gli auguravano presto la nascita di un piccolo Narutino.