Il colibrì che vola rasoterra
Tanaka
rientrò in palestra, seguito da Nishinoya, ed entrambi
corsero verso
Daichi col viso preoccupato.
«Non
riusciamo a trovarla da nessuna parte!» comunicò
Tanaka.
«È
mancata tutto il pomeriggio! Dove sarà andata?»
chiese Nishinoya,
voltandosi a guardare Tanaka.
Daichi
non si agitò come loro, ma i suoi occhi non trasmettevano
nemmeno
tranquillità. Era addolorato per quanto accaduto, avrebbe
voluto
fare qualcosa, qualsiasi cosa, ma non a tutto era possibile porre
rimedio.
«Tornerà
quando si sarà calmata.»
«Sì,
ma...» cominciò Tanaka, non riuscendo a trovare
qualcosa da dire.
Era preoccupato, non aveva mai visto Chiyo in quelle condizioni e si
sentiva in qualche modo in dovere di aiutarla. Ma come?
«Ehy...»
si avvicinò Kuroo. Ora che le partite erano finite, erano
liberi di
poter parlare. «La piccoletta non è ancora
tornata?»
Daichi
negò semplicemente, prima di tornare a sistemare i palloni
nella
cesta.
«Hai
visto che razza di pugno che gli ha tirato al quattrocchi?»
chiese
l'impetuosa voce di Bokuto, raggiungendoli con una risata.
«Quella
piccoletta è una vera forza della natura!»
«Forse
non sarebbe successo se lui non avesse reagito in quel modo alla
provocazione» osservò Kuroo, puntando gli occhi su
Tanaka, che
rispose con un semplice «Tsk» incazzato.
«Tsukishima
è un idiota» aggiunse poi a pugni stretti.
«Insomma,
pelatino, non te la starai prendendo troppo?»
continuò Bokuto,
grattandosi la nuca confuso. «Dopo una strigliata del genere
avrei
risposto così anche io. Era una provocazione da
niente.»
«Non
se tu sapessi...» cominciò Tanaka, urlando
furibondo, ma poi si
morse la lingua. Forse non doveva dirlo. Si trattava della vita
privata di Chiyo, non era sicuro potesse parlarne con tale
naturalezza.
Ma
ormai la pietra era stata lanciata e Bokuto chinando la testa di lato
e chiese: «Sapessi cosa?»
Tanaka
serrò i pugni e lanciò uno sguardo a Daichi,
concentrato nel suo
lavoro di rimettere a posto, chiedendo indirettamente se fosse giusto
parlarne o meno.
«Del
fratello di Chiyo-chan» rispose poi il capitano, cercando di
far
risultare quella notizia come una cosa naturale. Chiyo aveva
raccontato loro quella storia neanche una settimana dopo essere
entrata nella squadra, quando Ukai le aveva chiesto di saltare a muro
durante un allenamento speciale, anche se nel suo ruolo non rientrava
quel compito. Lei si era bloccata, non era riuscita neanche a
prendere la rincorsa e scusandosi aveva raccontato loro cosa la
tenesse ben piantata a terra. Non aveva mostrato esitazione,
nascondeva il dolore dietro un tenero sorriso, auto-commiserandosi
silenziosamente, come se avesse voluto dimostrare che l'aveva
superato.
«Chiyo-chan
ha un fratello?» chiese Bokuto.
«Avevo»
l'improvvisa voce di Chiyo, alle loro spalle, li sorprese. Era
tornata! Finalmente! «Si chiamava Shoji» sorrise
lei, proprio come
aveva fatto il giorno che aveva raccontato tutto alla sua squadra.
Quel sorriso che diceva "beh, che vuoi che sia?", ma che
lasciava tradire un immenso dolore.
«Era
più grande di me, è morto quando aveva quindici
anni per colpa di
una malattia degenerativa che per anni l'ha costretto sulla sedie a
rotelle.»
Si
avvicinò a uno dei palloni sparsi per il campo e lo
raccolse,
portandolo poi nella sua cesta, cercando di acquistare movimenti
fluidi e quotidiani per soffocare il dolore.
«Amava
la pallavolo, ma ovviamente nelle sue condizioni non poteva che
starsene a guardare. Passava interi pomeriggi davanti alla
televisione a guardarsi le registrazioni delle partite e io spesso
gli facevo compagnia. La sua squadra preferita era la Karasuno,
infatti proprio a questo liceo si è iscritto l'anno che poi
se n'è
andato, anche se non avrebbe mai giocato. Gli piaceva il soprannome
"i corvi", perché gli piaceva che loro potessero volare,
infatti il momento che preferiva era proprio quando saltavano a rete.
"Sarebbe bello poter volare come loro" ripeteva sempre e
io, nel mio folle amore per lui e la mia ingenuità di
bambina, gli
avevo promesso che un giorno sarei riuscita a volare per lui. Tutte
le volte che lo ripetevo i suoi occhi brillavano, per questo ho
cominciato a giocare già alle elementari. Dimostrai subito
di essere
agile e veloce e lui adorava guardarmi mentre mi allenavo. "Vedrai,
Shoji! Diventerò un corvo! E volerò!", dicevo e
lui
sghignazzando un giorno mi disse: "Più che un corvo, sembri
un
colibrì"» e si voltò a guardare i
ragazzi che l'ascoltavano,
allargando il viso in un sorriso divertito. Ma nessuno di loro
trovò
la forza di ricambiare, benchè lei avesse cercato di
metterla giù
come fosse una battuta. Guardando quei volti il sorriso di Chiyo si
affievolì, trasformandosi in uno amaro. Abbassò
gli occhi, incapace
di sostenere lo sguardo e aggiunse infine, con un filo di voce:
«"Ehy, Chiyo-chan... Secondo te, com'è il mondo da
lassù?"»
recitò, prima di voltare gli occhi alla rete al suo fianco,
alzando
lo sguardo, puntandolo sopra il nastro. «È una
domanda a cui ancora
non sono riuscita a trovare risposta» ammise.
Kuroo, in un flash,
la rivide luminosa nel viso mentre gli chiedeva, il giorno del loro
primo incontro, "Ehy, com'è il mondo da lassù?".
Uno
strano nodo gli chiuse la gola. Tutto improvvisamente aveva assunto
consistenza, ma non era una forma che gli piaceva tanto. La sua
passione per le cose alte, per lo stare sulle spalle delle persone,
non era solo la folle richiesta di una ragazzina sfacciata. Il suo
voler far parte della squadra maschile, la sua folle ammirazione per
tutti i ragazzi, in maniera particolare per Asahi, Tanaka e Hinata, e
l'ardente desiderio di prendervi parte dimostrando che ne era degna.
Tutto era chiaro, ora.
Era
l'estenuante ricerca di una vitale risposta che non riusciva ancora a
trovare.
«E
perché no?» chiese ingenuamente Bokuto. Il braccio
di Kuroo scattò
quasi senza che lui se ne accorgesse e piantò un potente
colpo
dietro la nuca dell'amico. Come poteva essere così stupido?
Chiyo
si voltò a guardarlo con il sorriso più luminoso
che aveva e
rispose con semplicità: «Perché sono
piccola.»
Non
riusciva ad arrivarci, non c'era mai riuscita e questo l'aveva fatta
soffrire a lungo. Si era iscritta al club di pallavolo col desiderio
di poter volare oltre la rete e raccontare a suo fratello com'era il
mondo visto da là sopra, donargli quella gioia, ma lui era
morto e
lei non era mai riuscita a rivelarglielo.
Ora,
lo scattò furioso di Tanaka di fronte alla provocazione di
Tsukishima aveva la loro piena comprensione.
Un
lamento lagnoso fece spostare lo sguardo di Kuroo e Bokuto da Chiyo
verso Nishinoya, ora affiancato da Asahi. Entrambi avevano il volto
marmoreo, sforzato in un'espressione seria che non riuscivano a
mantenere, e piagnucolavano. Tanaka, anche lui col viso ricoperto di
lacrime, si avvicinò a Chiyo e posandole una mano dietro la
nuca se
la tirò al petto, abbracciandola e schiacciandola contro di
sè.
Chiyo cominciò a dimenarsi come un anguilla, cercando di
spingerlo
via, inutilmente.
«Non
trattenerti, Chiyo-chan. Piangi pure, c'è il tuo Senpai con
te»
diceva lui ostentando grandiosità.
«Mollami!
Tanaka-san! Mi soffochi!» lamentava lei, col suo solito tono
da
ragazzina, senza riuscire. La presa di Tanaka era salda, nonostante
il suo divincolarsi irrefrenato.
«Hai
un odore terribile! Basta! Lasciami!» continuò
lei, fintanto che
non riuscì a sgusciare via. Prese due paia di boccate
d'aria,
fulminando Tanaka, poi spostò lo sguardo, intravedendo
Tsukishima
poco lontano da loro. Non era in palestra quando lei era arrivata,
ma ora era tornato, forse per raccogliere le sue cose. Chiyo corse
nella sua direzione, sotto lo sguardo allarmato dei presenti.
«Che
intenzioni ha?» chiese allarmato Asahi
«Vuole
picchiarlo ancora?» gli fece eco Nishinoya.
«Forza
piccoletta! Di destro! Vai di destro!» le urlò
dietro Bokuto
esaltato, beccandosi ancora un'occhiataccia da Kuroo, al suo fianco.
Daichi
le corse dietro, pronto a intervenire per fermarla nel caso fosse di
nuovo partita, ma rimasero tutti di stucco quando la videro
inchinarsi.
«Scusa»
disse lei, attirando l'attenzione del biondo. «È
stata colpa mia,
non dovevo attaccarti in quel modo, oggi.»
Tsukishima
rimase a guardarla qualche istante, senza muovere un muscolo, sempre
con quell'aria di superiorità, ma non sembrò
voler infierire
ancora.
«Dovresti
superare i tuoi blocchi» le disse semplicemente, prima di
voltarsi
per andarsene. Chiyo si sollevò, fulminandolo, e
gridò: «Senti da
che razza di pulpito!» con un colpo secco allungò
la mano al suo
fianco, rubando una palla dalle mani di Daichi, e la lanciò
contro
Tsukishima con tutta la forza che aveva colpendolo sulla nuca.
Tsukishima si fermò, irritato.
«Io
non ti capisco! Tutto ciò che sa fare Hinata è
saltare, e tu non
solo sai saltare ma hai l'altezza, sei freddo e calcolatore, sei
intelligente e capace. Perché diavolo non ci provi nemmeno a
sfruttarle queste qualità? Scappi terrorizzato da un
fantasma!»
«Perché
ti infervori tanto?» chiese Tsukishima, improvvisamente serio.
«Perché
tu puoi vedere com'è il mondo da lassù ma sembra
non fregartene
niente e questo mi fa incazzare!» gridò Chiyo
finalmente
lasciandosi andare al bisogno di sfogarsi e lasciando cadere la prima
lacrima. Prima, ma unica. «Come puoi essere così
egoista?»
Tsukishima
si voltò completamente verso di lei, piantandole gli occhi
in viso,
corrucciato, la mascella serrata.
«È
solo un club» disse in un sibilo, dopo una breve riflessione.
«A
che cosa ti servirà? Ti sei perfino fatta quasi spezzare le
braccia.
Perché vi impegnate tutti così tanto?
Servirà a qualcosa scrivere
sul curriculum "mi sono impegnato tanto nel club di
pallavolo"?»
Chiyo
l'osservò a lungo, corrucciata, ma non più
arrabbiata. Lo stava
esaminando, stava captando le sue sottili e implicite richieste. Non
era una provocazione: lui davvero non capiva il perché di
tanta
passione.
Chiyo
con voce greve, chiese poi: «Qual è stato il
momento più bello
della tua vita? Il momento in cui hai provato più gioia.
Riesci a
ricordarlo?»
Gli
occhi di Tsukishima si spalancarono appena nell'istante in cui lo
rivide, vivido, uno dei momenti più belli della sua vita.
Una delle
partite di suo fratello, alle medie, quando un suo strabiliante
attacco aveva portato la squadra alla vittoria.
Si
stupì del fatto che gli era venuto a mente proprio un
ricordo così
banale e poco importante.
«È
qualcosa che scriverai nel tuo curriculum?» chiese ancora
Chiyo.
E
ancora Tsukishima titubò, pensieroso. Aveva maledettamente
ragione e
la cosa lo irritava.
«Se
tu giocassi veramente per gioia, la mia frase di oggi non avrebbe
destato nessun tipo di reazione» le disse, inarcando appena
le
sopracciglia. Come poteva parlare di felicità, proprio lei
che più
di tutti viveva quel profondo disagio con se stessa?
Chiyo
sorrise improvvisamente: «Hai ragione!»
ridacchiò, come divertita.
«Avere dei limiti fa proprio schifo» e
continuò a ridere, come se
la cosa non avesse poi tutta questa importanza. Almeno, non in
confronto a quanto detto prima.
«Bokuto-san...»
si voltò improvvisamente. «Che numero hai detto
che sei nella
classifica dei migliori assi del paese?»
«Top
Five, piccoletta!» sghignazzò lui, allargando il
petto e
cominciando a brillare di luce propria. Era qualcosa di cui andava
estremamente orgoglioso.
Chiyo
alzò le spalle e volse uno sguardo di traverso a Tsukishima:
«Non è
nemmeno tra i primi tre» lo denigrò, smontando
completamente l'aura
brillante che Bokuto aveva tirato su. Kuroo sforzò il viso
nel
tentativo di trattenere una risata: era esilarante vedere l'ego di
Bokuto smontato in quel modo.
«C'era
bisogno di ricordarlo?!» gridò il diretto
interessato, infastidito.
«Proprio
uno sfigato» continuò lei, portandosi una mano
alle labbra come se
avesse voluto farlo sentire solo a Tsukishima.
Bokuto
ne rimase pietrificato. Sentirsi dare dello sfigato da quella che
aveva creduto essere la sua fan numero uno fino a poco prima era
qualcosa che distruggeva dentro. La sua aura brillante e luminosa
lasciò posto a una cupa depressione.
«Beh,
è pur sempre nella top five, non è
così mal...» cominciò
Tsukishima, interrompendosi poco prima della fine, capendo
ciò che
Chiyo stava cercando di dirgli.
Tutti
avevano dei limiti, c'era sempre qualcuno migliore e qualcuno
peggiore, ma alla fine lo stare dove si è, il fare quello
che si
poteva, il lottare con tutte le forze per cercare di arrivare
oltre... non era poi così male.
Qualsiasi
cosa poteva essere bella e dare gioia, anche la mediocrità,
se
affrontata a testa alta.
«Io
sono un colibrì che vola rasoterra»
mormorò Chiyo, sorridendo.
«Non è il massimo, ma alla fine... non
è così male, no?» lo
guardò allargando il sorriso, illuminandosi come sempre
faceva.
Tsukishima
l'osservò qualche istante, poi distolse lo sguardo per
orgoglio.
Sentiva che aveva ragione, gli aveva dato una bella lezione, ma certo
non l'avrebbe ammesso con tale facilità.
«Su,
su! Tsukki-san!» disse ancora lei, alzando il tono della voce
e
tornando a essere gioviale. Gli diede un'amichevole pacca sulla
schiena, esagerando di potenza, facendogli leggermente male, ma lui
si limitò solo a fulminarla.
«Non
fa niente se fai schifo a muro» e Tsukishima le volse lo
sguardo più
incazzato che avesse nel repertorio. Voleva ricominciare? Ma lei non
sembrava stesse cercando di provocarlo e continuò,
facendogli un
occhiolino, «Ci penso io a guardarti le spalle.»
I
due si scambiarono un lungo sguardo. Non era una semplice tregua, era
una dichiarazione d'amicizia. Entrambi avevano i propri problemi, i
propri limiti, i propri blocchi. Ma lei sarebbe stata lì,
pronta, a
"guardargli le spalle".
Tsukishima,
accennando un sorriso malizioso, disse, alzando le spalle:
«Al
massimo mi guardi le scarpe, non credo che arriveresti alle
spalle.»
Chiyo
rimase ammutolita, cercando di soffocare l'istinto di prenderlo a
pugni, ma optò per la via del sorriso, ancora una volta.
«Non
sottovalutarmi, quattrocchi!» gridò prima di
saltare e aggrapparsi
al suo collo. Tsukishima cominciò ad agitarsi, nel tentativo
di non
cadere a terra e non venir soffocato da quel peso che ora gli si
dimenava addosso. Chiyo fece leva sulle braccia, nel tentativo di
alzarsi per arrivare a mettersi sulla sue spalle, ma Tsukishima si
agitava troppo e per lei era ardua riuscirci. Cercò di
piantare un
piede sul suo fianco, per farsi leva e tirarsi su, ma nella
collutazione l'unico risultato fu quello di calargli i pantaloni.
Tsukishima si affrettò ad afferrarli, rosso in volto,
tirandoli e
tenendoli su, nonostante lei ancora spingesse col piede.
«Sta'
ferma!» cercò di dirle, inutilmente.
Alla
fine, perse l'equilibrio e cadde a terra, trascinandosela dietro.
«Ahi,
che botta!» lamentò lei, sollevandosi.
«È
colpa tua, stupida!» gridò Tsukishima, alzando il
viso paonazzo per
la vergogna. Chiyo lo guardò qualche secondo, poi pian piano
si mise
a ridere, sotto lo sguardo interrogativo di Tsukishima.
«Che
hai da ridere tanto?!» chiese lui, ancora nervoso.
«Hai
gli occhiali storti e i capelli spettinati» rise lei,
portandosi una
mano alle labbra. «È la prima volta che ti vedo
così scomposto.»
Avrebbe
potuto dirle che era colpa sua, ancora una volta, ma sapeva che
sarebbe stato inutile. Lei era così... travolgente.
Sospirò
e si rialzò, cercando di sistemarsi come poteva.
«Ci
vediamo domani» disse senza aggiungere altro.
«Oh!
Ehy!» lo richiamò lei. «Non vieni ad
allenarti con me, Kuroo e
Bokuto-san stasera?»
Tsukishima
lanciò un breve sguardo dietro di sè, poi
comunicò alzando le
spalle: «Il vostro schiacciatore stasera temo sia fuori
uso.»
«Eh?»
chiese Chiyo, voltandosi verso Bokuto e vedendolo inginocchiato a
terra nella sua aura depressa.
«Accidenti!»
si ricordò lei, gattonando e correndogli vicino.
«Bokuto-san! Mi
dispiace! Non volevo dire quelle cose prima! Bokuto-senpai! Non
è
vero che sei uno sfigato!»
«No,
hai ragione. Non sono nemmeno tra i primi tre»
mormorò lui.
«Che
importanza ha, se sei lo stesso il migliore?» chiese e lei e
questo
parve rinvigorire un po' Bokuto. «Insomma! Vogliamo parlare
delle
tue parallele? Mai visto niente di più incredibile!
Micidiali!
Metterebbero in ginocchio qualsiasi squadra! Sono sicura che gli
altri non sono in grado di tanta precisione e potenza!»
Bokuto
cominciò a sghignazzare, inorgoglito.
«Tutti
vorrebbero essere forti come te, Bokuto-Senpai! Ne sono
sicura!»
«Io
non ci giurerei» intervenne Kuroo.
«Tu
sei solo invidioso!» gli gridò contro Chiyo.
«La
piccoletta ha ragione!» si rialzò Bokuto, tornato
più che in
forma. «Tu mi hai sempre invidiato!»
«Non
dirai sul serio?» inarcò il sopracciglio Kuroo,
stranito.
Bokuto
si piantò le mani ai fianchi e cominciò a ridere
a gran voce,
tornato di nuovo in sè, e Chiyo gli si affiancò
imitandolo nel
tentativo di far sentire Kuroo in minoranza.
Kuroo
li guardò in un misto tra il perplesso e il terrorizzato.
Quei due
messi insieme erano terrificanti e il fatto che Chiyo alimentasse la
fiamma, già di per sè alta, dell'ego di Bokuto
era odioso.
Distolse
improvvisamente lo sguardo da loro due, puntandolo a Tsukishima al
loro fianco.
«Sei
ancora qui?» chiese perplesso. Credeva che se ne fosse andato.
«Beh...»
Tsukishima si grattò il collo imbarazzato.
«Avevate bisogno di me,
no?»
Chiyo
si voltò verso di lui con un enorme sorriso, felice di
essere
riuscita in qualche modo a toccare l'animo di quel rompiscatole di
Tsukishima.
«Sì!
Andiamo!» gridò, lasciando Bokuto alla sua risata
egocentrica, e
prendendo Tsukishima per mano cominciò a correre verso la
palestra
tre, dove si sarebbero allenati prima di cena.
«Facciamo
vedere a quei due che significa ricevere una palla,
Tsukki-san!»
«Vedremo!
Ehy! Aspettate!» gridò Bokuto, correndo loro
dietro.
Kuroo
sospirò, alzando gli occhi al cielo e con lentezza li
seguì,
diretto alla palestra tre. Quella sera Bokuto ebbe molta meno fortuna
negli attacchi, anche se forse la causa non fu proprio la fortuna.
Per
la sua spiccata aggressività,
la
rapidità nel volo e nelle acrobazie,
per
gli stupendi colori di cui è dotato,
le
antiche civiltà americane
consideravano
il colibrì la reincarnazione
di
valorosi guerrieri caduti in battaglia.
(Il
colibrì. Il guerriero del Sole.
Ernesto
Francini)
NDA
Ehy
ehy ehy! Eccomi puntuale (ogni tanto...)
Poco
da dire su questo capitolo, bravi a chi aveva capito che Shoji era il
fratellonzo di Chiyo ^_^ Storia triste, poveretto/a. Ma come avevo
accennato anche in precedenza, Chiyo non è solo una pazza
sclerata
ma ha un mondo dentro sè e c'è un motivo dietro a
tutto. C'è un
motivo se ama stare in alto, c'è un motivo se le ha fatto
così male
la frase di Tsukki, c'è un motivo se ammira tanto i salti di
Hinata
o l'altezza di Asahi, c'è un motivo se ha voluto far parte
dei corvi
e c'è un motivo se si sforza tanto nell'essere quella "che
ride
sempre". Il motivo è Shoji...
Piccola
curiosità sul nome Shoji: significa "Secondo figlio che
vola",
infatti è il secondogenito, gli piaceva l'idea di volare...
e alla
fine è volato in cielo (a voi i feels!).
Comunque
vorrei precisare che la scoperta del significato è arrivato
dopo
aver scelto e usato il nome xD era destino!!!!
La
frase sul colibrì a fine capitolo si rifà sempre
a Chiyo/colibrì
che "reincarna" Shoji (vuole realizzare il suo desiderio di
volare), "valoroso guerriero caduto in battaglia".
E
niente, ho finito con le spiegazioni. Sto capitolo era un po' la
depressione, ma è servito a concludere il puzzle
u.u Shoji è un
grosso pilastro di Chiyo, e andava spiegato per capire bene lei.
IL
PROSSIMO CAPITOLO avrà titolo: "Se cadi, ti prendo" e
vedrà protagonista il ritorno di alcuni famigerati biscotti
che
poverini sono stati messi da parte per qualche tempo. KAGEYAMA'S
BISCUITS: REVENGE!!! XD
E
tanto per aumentare la "fame" vi lascio anche
l'anticipazione...
«Vieni
con me» le disse all'improvviso, avvicinandosi a lei e
prendendola
per mano. Chiyo non ebbe tempo di capire che stesse succedendo che si
ritrovò trascinata lungo i corridoi della Shinzen, verso
meta
ignota.
«A..asp...»
provò a balbettare, confusa, ma Kuroo si voltò a
sorriderle e si
portò un dito alle labbra, facendole segno di fare silenzio.
Si
fermarono a un angolo, poco più avanti e lui
approfittò per
spiegare sottovoce: «Se ci trovano in giro a quest'ora
saranno guai.
Cerca di fare piano.»
Kuroooooooo
che intenzioni hai?! Dove la stai trascinando in piena notte?
Mascalzone u.u
Ehehe...
VI
SALUTO!
Cià
cià.
Tada Nobukatsu-kun \(W◡ ≖ )/