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Autore: Socrata    15/10/2016    3 recensioni
Non era una storia come tante, come invece cercava di ripetersi ogni volta che lui tornava a tormentarla.
Lo aveva conosciuto al primo anno d'università: sostituiva il professore alle lezioni di Diritto Privato. Era osannato da tutte, ma lei lo reputava troppo innamorato di se stesso per trovarlo interessante. Eppure, fu proprio lui a chiamarla quando rifiutò il voto all'esame: era luglio del 2009.
Da allora era iniziata la loro strana relazione, fatta più di intenzioni, di parole mai dette e di delusioni che di qualcosa di reale.
Un rapporto che in bene o in male, mentre Dante era divenuto ormai professore associato, era arrivato sino alla preparazione al concorso di magistratura di Eleonora.
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
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Sesta lezione

Luglio 2009, sessione estiva del primo anno all’università. Quinto esame: diritto privato.

Era stata un’estate particolarmente calda, si respirava a fatica nella capitale e io avevo speso la fine della primavera e l’inizio dei primi mesi estivi a studiare il manuale di diritto privato.

Prima lo avevo letto accuratamente, sottolineandolo con la matita, poi avevo iniziato a evidenziare le parti più importanti, infine avevo deciso di sottolineare con un ulteriore pennarello rosso la terza rilettura, colore che ricordava bene il sangue che ci stavo sputando sopra, infine, come i migliori glossatori, avevo iniziato a scrivermi a lato della pagina le cose che proprio non riuscivo a ricordare.

Ed eccomi, in quell’aula un po’ troppa fredda per via dell’aria condizionata molto alta, alle 8,30 del mattino senza un filo di trucco e con l’aria di un condannato che si appresta al patibolo.

Iniziarono presto ad entrare i ben dieci assistenti che avrebbero valutato noi poveri studenti prima di mandarci, se ritenuti idonei, a sostenere l’ultima parte dell’esame con il professor Lupo. Le donne erano quasi tutte in tailleur, gli uomini portavano, come di consueto, un completo blu. La prima cosa che notammo tutti fu una sola: lui non c’era. Dante Palermo non era presente nella sfilata del terrore che si era appena consumata di fronte all’aula.

Iniziò l’appello e di lì a breve cominciarono ad esaminare i primi ragazzi spaventati, del Professore nessuna traccia, ma pare fosse una pratica diffusa non presentarsi prima delle due ore dall’avvio della prova.

Alle 10 la porta dell’aula si aprì ed entrò il Professor Lupo, seguito poco dietro dal dottor Dante Palermo, con un sorriso radioso ma senza perdere l’austerità del ruolo.

Eccoci alla resa dei conti, mio carissimo nemico. Ti farò vedere quanto ho lavorato in questi mesi, così magari per qualche secondo te lo tolgo quel sorrisetto soddisfatto dalla faccia.

Accanto a me c’era Federico: non era solito venire ai miei esami, un po’ perché ero io la prima a voler stare da sola, un po’ perché spesso i suoi impegni non combaciavano con la mia sessione d’esami. Lo avvertii irrigidirsi.

Ehi mostro, sei pronta?

Ce ne vorrà prima che tocchi a me, è uscita l’ultima lettera e io sono proprio fra le ultime…

Come sempre! Per questo sono venuto stavolta, se no rischi di implodere e non sarebbe un bello spettacolo!

…Ma che tenero…” per quanto cercassi di sembrare rilassata o almeno controllata, la mia voce tradiva il mio nervosismo.

Una delle leggende dell’università era davanti a me, lo avevo visto tenere una lezione, conversare amabilmente con gli studenti ma non avevo la minima idea di cosa volesse dire sostenere un esame con lui. Se ne dicevano tante, ricordavo ancora molto bene l’ammonimento di Emanuele il primo giorno che lo incontrai: tenersi alla larga da Dante Palermo e da Andrea Mari.

Che poi chi fosse questo Andrea Mari lo avrei scoperto molto presto.

Un ragazzo dai capelli castani, in un completo grigio entrò dalla seconda porta dell’aula e insieme a lui arrivò anche il silenzio, evidentemente carico di terrore. Un brusio si levò dai banchi: “Cavolo, c’è pure lui… Palermo e Mari insieme è una congiura, hanno deciso di non farne passare neanche uno!”. Guardai meglio quel ragazzo che si distingueva per il completo: aveva un portamento solenne, le spalle dritte e i capelli puliti e lucenti ben in ordine. Si aggiustò la cravatta celeste e prese l’elenco degli studenti, lo studiò accuratamente e si schiarì la voce:

Carolina D’Ottavio

Una ragazza minuta si alzò dal suo banco e cercò freneticamente la sua carta d’identità e il libretto nella sua borsa, senza un’apparente successo.

Signorina, non ho tutta la giornata…

Ehm sì, sì.. sto arrivando… un attimo, è che non trovo… Oh ecco. Arrivo”. Tremava, visibilmente. Il suo esame durò forse cinque minuti poi fu rimandata in lacrime al suo posto.

Nel frattempo, dall’altro lato della stanza, il dottor Palermo sembrava particolarmente infastidito dal candidato di fronte a lui:

La sua preparazione è scarsa come la sua capacità di convincermi che non sta qui cercando di passare l’esame alla meno peggio

Ma no dottore, io le assicuro che ho studiato moltissimo…

Ho dei seri dubbi e le chiederei in cosa consista la buona fede nelle dichiarazioni di volontà e di scienza ma temo la risposta, quindi mi limiterò a chiederle gli effetti del contratto preliminare”.

L’esaminando si risistemò sulla sedia e iniziò a balbettare qualcosa. Qualcosa di probabilmente poco convincente perché quel ragazzo dai capelli mori e dagli occhi nocciola, lo incalzò quasi subito:

Il contratto preliminare obbliga le parti?

Non riuscii a sentire la risposta, ma non ce ne fu bisogno.

Lei mi sta dicendo che il contratto preliminare NON obbliga le parti???!”. Il dottor Palermo era davvero arrabbiato, il suo tono di voce si alzò talmente tanto da fermare in contemporanea tutti gli altri esami. Si mise in piedi e si rivolse all’intera aula:

Se non avete studiato tutto il programma, vi consiglio vivamente di uscire immediatamente da quella porta, per non far perdere tempo a noi e a voi stessi con un esame ridicolo e umiliante!!!” e così facendo indicò la porta alle sue spalle.

La sensazione che ci invase fu quella di gelo.

Mi ero ripromessa di diventare una giurista migliore di lui, mi ero illusa che bastassero quei mesi per poter arrivare al suo livello e per dargli una sonora lezione, avevo creduto che il suo atteggiamento affabile e socievole fosse quello tipico di un figlio di papà che godeva della situazione che il suo cognome gli aveva portato. Non avevo mai avuto la sensazione che dietro quella disponibilità si celasse una persona tanto ostile. Mi ero sbagliata, mi ero sbagliata di tanto e quando me ne resi conto mi sentii così piccola da voler sparire. Ero stata arrogante e presuntuosa, come forse non lo ero stata mai in vita mia e avevo commesso un grande errore: sottovalutare il mio nemico, e dire che Teddy me lo ripeteva sempre che quella era la prima regola degli scacchi.

Mostro… tutto ok?

Probabilmente ero divenuta pallida e Federico doveva essersi preoccupato.

Non risposi prontamente alla domanda del mio amico e come ero solita fare, rimisi la testa sul manuale per rileggere in velocità quelle cose di cui non mi sentivo affatto sicuro. Vi assicuro che in quel momento sembravano veramente molte, in testa avevo una distesa deserta di argomenti e di capitoli, come se non avessi fatto nulla fino a quel momento.

Il panico mi invase e sebbene il dottor Mari fosse decisamente il meno affabile della cattedra, sperai solo di non dover capitare con il dottor Palermo. In quel preciso istante tutte le mie certezze vennero meno, mi sentii impotente di fronte a una materia immensa e ad un esame ai limiti dello scibile umano e avvertii quel senso di arroganza e di sfida venire meno.

Dentro di me pensavo che non era esattamente così che doveva andare: come nei migliori film o nei miei libri di avventura, la protagonista tira su il petto e il mento e affronta il drago sguainando la sua spada lucente e non pregando tutti i santi, in cui fra l’altro non ho mai creduto, che le cose andassero bene e basta. Come se il superamento di un esame simile potesse affidarsi a speranze ultraterrene.

Io però avevo un alleato stavolta, Federico al mio fianco mi mise una mano sul braccio e abbassando la voce di qualche tono per rassicurarmi mi disse:

Ok, Mostro. Fermati un attimo e guardami

Non ascoltai la sua intimazione, così mi costrinse a guardarlo.

Non-ti-impanicare!”

..e ti pare facile, hai visto che tip..

No. Non mi pare facile ma io ti conosco. So quanto hai studiato, so quanto sei determinata quando ti metti in testa un obiettivo e per una che vuole diventare magistrato antimafia, questo esame non può essere e non deve essere così spaventoso. Lo so che quel tizio mette soggezione e mi pare anche sufficientemente invasato, però tu devi rimanere concentrata e non perdere di vista il traguardo. Cosa fai a equitazione quando devi saltare l’ostacolo?”

Lo guardo prima di girare il cavallo per affrontarlo…

Esatto: focalizzi l’obiettivo. Ora devi fare esattamente la stessa cosa, sei in corsa e non devi lasciarti spaventare. Guarda il tuo ostacolo e saltalo. Stop. Hai studiato e sei preparata, sono disposto a scommettere che sei molto più in gamba della metà delle persone che si trovano in quest’aula. Quindi non distarti e quando chiameranno il tuo nome, se anche dovesse essere belli capelli o l’urlatore fighettone, respira e spacca il culo a tutti! Capito?

Mi guardò con quei suoi occhioni misti fra il verde e il marrone e non potei fare a meno di scoppiare a ridere. Aveva ragione, aveva ragione su tutto. Non avrei permesso alla paura di paralizzarmi e non avrei buttato tutti quei mesi trascorsi a studiare.

Guardai nuovamente la commissione, ma stavolta alzai la testa, in me soffiava di nuovo il vento della determinazione. Il mio sguardo doveva essere cambiato perché Federico, accanto a me, sorrise. D’altronde, anche le migliori eroine hanno bisogno a volte di ritrovare la fiducia.

***

Passarono diverse ore, un tempo che riuscii in qualche modo ad impiegare un po’ conversando con gli altri colleghi, un po’ ridendo delle nostre avventure con il mio fidato amico.

Quando la commissione chiamò il mio nome, mi prese alla sprovvista. Presi il documento che avevo preparato insieme allo statino e scesi le scale che mi portarono davanti ai banchi della commissione. Il dottor Palermo era impegnato in un altro esame e non saprei dire neanche oggi se la cosa mi sollevò o piuttosto ne rimasi delusa, era un periodo di forte confusione.

Si alzò da uno dei banchi una ragazza dai lunghi capelli mori, gli occhi leggermente sporgenti e un naso decisamente poco ortodosso.

L’assistente cercò subito di mettermi a mio agio, ma l’esame risultò più tosto del previsto. Sebbene avessi dedicato molto tempo allo studio della materia, le sue domande mi misero piuttosto in difficoltà perché volte a comprendere se avessi percepito davvero la complessità della materia e il collegamento fra gli argomenti. Su diversi punti mi resi conto di essere stata superficiale.

Signorina, leggo nella sua preparazione che lei ha studiato molto ma forse non nel modo più corretto per il voto a cui probabilmente aspira. Ad oggi, non posso darle più di 24.

E io che avevo pensato al 30 e lode! Non nego che fu veramente una grande delusione, realizzai che avevo sprecato molte delle mie energie, arrivando ad un risultato mediocre che forse sarebbe stato più che dignitoso per qualcun altro, ma non per me.

Il mio obiettivo è sempre stato diventare magistrato, di forza d’animo ce ne sarebbe voluta ancora molta. Le cose non erano andate come previsto, ma potevo sempre rimediare.

Tornai a sedermi al mio posto, accanto a Federico, nell’attesa che mi chiamasse il professor Lupo.

Allora, come è andata?

Non benissimo: 24

Hai visto però?? Te lo avevo detto che non dovevi preoccuparti! Certo non è un voto altissimo, ma 24 è un bel voto in esami come questi!

Non va bene. Non è il voto il problema: è il fatto che io abbia studiato mesi la mia prima materia veramente complessa e non sia riuscita a prendere neanche un voto che si avvicini alla zona 28-30. Qualcosa non è andato nella preparazione”. Mi misi a guardare un punto indefinito alle spalle della cattedra e non prestai attenzione a nulla e nessuno, specie a coloro che venivano da me a congratularsi perché “24 con l’assistente era già un grande risultato”.

Il professor Lupo, comunque, avrebbe ancora potuto alzarmi il voto.

Quando mi presentai davanti a lui, non ero particolarmente entusiasta e sperai che non si ricordasse del piccolo disguido avuto durante una delle sue prime lezioni.

Si mise comodo sulla sedia, apri il mio libretto e diede un’occhiata veloce alla media ottenuta fino a quel momento, poi guardò il foglietto che gli aveva passato l’assistente con cui avevo sostenuto l’esame e infine guardò me:

Bene, Signorina Alighieri, vedo che le hanno dato 24. Cosa ha intenzione di fare? Accetta o vuole la domanda?”, il suo tono era pacato e serafico.

Lo ero anche io, avevo preso la mia decisione.

Vorrei alzare il mio voto, di molto, e non accetterei comunque un voto così basso. Quindi le chiedo di farmi una domanda.

Molto bene, Signorina. Questo è lo spirito giusto: decadenza convenzionale”.

Inutile dire che la domanda mi colse alla sprovvista, a parte la disciplina generale della decadenza, che sicuramente non era quello che voleva sentirsi dire il professore, non avevo propria idea della disciplina della decadenza convenzionale. Scoprii ben presto che si trattava di un articolo alla fine del codice civile dimenticato persino da Dio.

Mi coglie impreparata

Lo immaginavo”, ripiegò il mio statino e me lo porse con un sorriso, “ci vediamo a Settembre”.

Scesi le scale del piano rialzato dove si trovava la cattedra del professore e avevo già in mente il mio piano d’azione. Mi misi nelle prime file, aspettando che si liberasse il dottor Topo, un assistente della cattedra molto più affabile e rassicurante. Avevo bisogno di avere un confronto con qualcuno che mi spiegasse le mie mancanze, qualcuno che mi aiutasse a capire dove avevo sbagliato nella preparazione. Ovviamente non mi passò in mente neanche per un istante la possibilità di chiedere aiuto al dottor Palermo.

Federico mi stava aspettando pazientemente tra le ultime file, gli avrei spiegato tutto a tempo debito, non dubitavo che mi avrebbe appoggiato qualunque cosa avessi scelto di fare. Stavo guardando il dottor Topo mentre conduceva un esame, nella speranza di intercettarlo tra un candidato e l’altro, quando sentii l’odore di colonia invadermi prepotentemente e con la coda dell’occhio mi resi conto che una figura si stava avvicinando.

Non avevo bisogno di girarmi per sapere chi fosse, ormai quel profumo lo avrei riconosciuto fra mille. Non volevo guardarlo perché mi sentivo piccola e incompetente, oltre che tremendamente stupida: un cucciolo tigre ferito a morte, ecco come mi sentivo.

Ho sentito che ha rifiutato il voto…

La sua voce morbida mi arrivò come una freccia scoccata dal migliore arciere. Probabilmente non era quella la sua intenzione, ma la sua attenzione per me in quel momento mi umiliò particolarmente. Io che avevo deciso e che mi ero ripromessa di prendere il massimo dei voti a quell’esame, ora venivo guardata come un bambino colto con le mani nella marmellata.

Tenni lo sguardo basso e mi girai quanto bastava per assicurarmi il rispetto del vivere comune e delle istituzioni universitarie.

Sì. Devo aver sbagliato qualcosa nella preparazione

Lo penso anche io. Il suo atteggiamento, tuttavia, mi ha colpito molto, non lo nego. Non si sente spesso di studenti che rifiutano il voto all’esame del professor Lupo. Lei è ambiziosa…”, con quest’ultima parola mi convinse a dargli tutta la mia attenzione e più che guardarlo, lo fissai con estrema fermezza e per qualche secondo tenne il mio sguardo in silenzio, poi si sistemò nuovamente la cravatta e proseguì “… è un bene, in questo lavoro bisogna essere ambiziosi”. Prese un pezzo di carta vicino a lui e ci scrisse sopra qualcosa in velocità. “Ecco, questo è la mia email. Mi contatti a fine Agosto, ci metteremo d’accordo per vederci in facoltà. La preparerò io personalmente per la sessione autunnale e capiremo cosa non ha funzionato nel suo metodo di studio. Ora si goda quel che resta della sua estate”.

Detto questo, mi mise davanti quel foglietto con il suo contatto e nessuna possibilità di fuga.

Non avrei mai pensato che rifiutare quel voto avrebbe cambiato così tanto gli avvenimenti futuri: il dottor Palermo mi aveva notato.

Mi chiedo, tuttora, se sia stato un bene o piuttosto una maledizione.

 

 

Nota dell’autrice:

Mea culpa! Non ho aggiornato per un’infinità di tempo ma la vita post universitaria è veramente molto dura. Cercherò di scrivere con maggior regolarità per chi volesse seguirmi!

Soc

   
 
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