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Autore: StewyT    21/10/2016    10 recensioni
E se Magnus e Alec fossero due semplici studenti di Oxford che per chissà quale strana combinazione si trovano ad essere compagni di stanza e grandi amici?
E se fossero destinati ad essere i "Malec" anche nel nostro mondo? Sicuramente troverebbero il modo per complicarsi la vita per poi arrendersi al destino.
Alec, finto ingenuo etero, nascosto in una relazione falsa, che scappa da quello che prova scambiandolo per omofobia; Magnus, finto disinteressato, nascosto in una relazione falsa, che cerca qualsiasi modo per far venire fuori il vero Alec. Il dormitorio di Oxford illuminato dalle luci dell'amore e il peso delle bugie, che fa da sfondo ai piccoli grandi segreti che entrambi tengono stretti.
Dal 1° capitolo.
“Ero venuto qui con tante belle idee per festeggiarci, ma sai cosa? Ti lascio il tuo sacchetto di cibo e me ne vado al pub!” disse facendo il finto offeso Magnus.
“Festeggiarci…?”
“Oh Dio santo, che testa di merda hai” sbuffò “Che giorno è oggi?”
“Ventitré settembre?”
“È un anno che siamo compagni di stanza, zuccone!”.
“Non ho molto ben compreso cosa festeggiamo...”
“Il fatto che tu sia stato l'unico uomo a dormire nella mia camera, che non mi sono portato a letto!".
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Altri, Magnus Bane
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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I’m only a fool for you and you’re maybe too good for me.
(Blackbear-idfc)
 
 
“Perché è troppo perfetto per essere reale. Perché in questo momento probabilmente sei nel tuo letto, io sono nel mio, e questa è solo una fantasia. Ma mia, o tua?”
Alec si allontanò leggermente da Magnus e lo guardò negli occhi; ecco, quella maledetta frase aveva sempre il potere di catapultarlo giù dal mondo dei sogni e farlo tornare nell’orribile realtà; gli occhi di Magnus erano liquidi e meravigliosi, ma pieni di paura e tristezza come ogni altra volta in cui i due erano costretti a separarsi perché quel sogno stava per finire.
“Credo di essere innamorato di te, davvero, nel mondo reale” sussurrò Alec un momento prima di scivolare via dal divano di Magnus, e ritrovarsi in un lungo tubo nero dal quale cadeva, cadeva, mentre la forza di gravità lo attirava verso il suo letto; poi atterrò, e fu come cadere su un tappeto di spine. Fu come essere caduto davvero.
Aprì gli occhi ritrovandosi nella sua camera bianca, per l’ennesima volta da solo, per l’ennesima volta con il viso imperlato di sudore e i polmoni che richiedevano aria troppo in fretta.
Si alzò velocemente dal letto bagnato, e strisciando si avvicinò allo specchio in bagno; era orribile vedersi in quel modo.
Gli occhi tristi, il viso più bianco del solito, i capelli scompigliati come se Magnus li avesse toccati davvero, il cuore innamorato.
Urlò. Doveva smettere tutto quello; doveva riuscire a riprendersi e pensare razionalmente perché continuando in quel modo non sarebbe mai arrivato da nessuna parte.
Aveva finalmente deciso di ammettere a sé stesso che sì, avevano tutti ragione, lui era innamorato di Magnus, ma quello non voleva dire che potesse andare da lui quando meglio gli pareva e confessargli i suoi sentimenti; era stato orribile con lui, che di sicuro lo avrebbe odiato per sempre, e in più, cosa meno semplice del previsto, era fidanzato.
Lui però aveva bisogno di parlargli.
Alzò nuovamente lo sguardo verso lo specchio, e lì vide il viso delizioso di Magnus guardarlo e sorridergli, come se fosse stato davvero dietro di lui; urlò nuovamente, quella volta per la paura, e poi senza ordinarlo, il suo gancio destro partì spedito verso lo specchio che si ruppe in centinaia di piccoli pezzetti luminescenti, andando a ferire gravemente la sua mano e le nocche, piene di piccoli pezzi di vetro e completamente ricoperti di sangue. Alec aveva sempre odiato l’odore del sangue.
Ritrasse il pugno e lo avvicinò al viso per esaminare tutti i tagli sanguinolenti che si era procurato, e che pulsavano velocemente, arrecandogli dolore. Sbuffò e provò a migliorare la situazione ficcando il pugno sotto l’acqua fredda che lavò via tutto il sangue, ma non i tagli profondi e i pezzetti di vetro ancora incastonati in essi.
Esaminò meglio la mano che faceva male più di ogni altra cosa in quel momento, eppure continuava a pensare ad una sola persona: Magnus.
Sognava lui di continuo, sentiva la sua voce anche se non era in camera con lui, iniziava anche a vedere la sua figura allo specchio; aveva bisogno di una cura.
L’acqua continuava a scendere sul suo pugno, e picchiettare come tante piccole lame sulle ferite, eppure Alec continuava a tenerlo sotto; il dolore lo aiutava a distrarsi, ma non sarebbe potuto restare lì per sempre, aveva bisogno di essere medicato.
Fasciò il pugno con un asciugamano, prese dei soldi e uscì velocemente dalla camera per recarsi alla clinica del campus.
L’aria quella sera era fresca, il cielo era limpidamente blu e tanti piccoli puntini bianchi lo illuminavano, rendendo l’atmosfera ancora più calma e rilassante; il mondo sembrava prenderlo in giro. Lui aveva una bufera nel cervello e il cielo per fargli un dispetto era più sereno che mai.
Il vento gli solleticava il collo completamente sudato e lo faceva rabbrividire leggermente, spingendolo a camminare più veloce per arrivare più in fretta al pronto soccorso che era stato messo a disposizione degli studenti nel caso ci fossero problemi; era un piccolo edificio rettangolare, grigio, e una grossa insegna luminosa con una croce rossa lampeggiava sul tetto. Sospirò. Aveva sempre odiato un po’ gli ospedali. Camminò a testa bassa verso l’entrata, e poi verso la hall, piena di ragazzi feriti che normalmente era sicuro di non trovare. Insomma era un campus, come potevano mai esserci tanti ragazzi in un pronto soccorso?
Vide una figura familiare correre verso di lui, era Catarina, con i suoi capelli azzurri che facevano pendant con la divisa, tirati in un codino morbido sulle spalle, e il suo sorriso confortante.
“Alec” lo salutò poggiandogli una mano sulla spalla “Anche tu coinvolto nell’incidente?”
“Quale incidente?” chiese allarmandosi.
“Niente di grave, una macchina ha sbandato e ha coinvolto un’altra decina di macchine, ma nessuno rischia la vita. Alle feste dovrebbero vietare di portare tanto alcool” sorrise e abbassò lo sguardo su tutto il corpo di Alec in cerca della parte ferita.
“Sei bianchissimo” disse posizionando lo sguardo all’altezza della gabbia toracica per contare gli atti respiratori che effettuava; sedici. Era nella norma.
“Sono normalmente pallido” rispose lui sospirando.
“Cosa….?” Chiese interrogativa lei.
“Mhm”  Alec alzò la mano ferita, nascosta fino a quel momento dietro la schiena, e Catarina la osservò sgranando leggermente gli occhi.
L’asciugamano che una volta doveva essere verde, era diventato completamente rosso e zuppo di sangue.
“Ah. Bella perdita di sangue, complimenti!”.
Alec sorrise e Catarina tolse l’asicugamano per ispezionare meglio la mano; la guardò con attenzione e dedizione che ha solo chi svolge il proprio lavoro con amore e devozione.
“Okay senti vorrei davvero farti passare avanti ma non è possibile; proprio stasera ci sono parecchie emergenze da risolvere. Non posso rischiare un richiamo”
“Catarina va bene, davvero. Aspetterò il mio turno”
“Perfetto. Siediti da qualche parte. Appena posso vengo e disinfettiamo queste belle ferite, mh?”
“Grazie”
“A proposito” fece Catarina, tornado a guardarlo negli occhi “Come te la sei fatta?”.
“Ehm un incidente con lo specchio” sussurrò Alec arrossendo.
“Complimenti!” disse lei sorridendogli “A tra poco, mh?”.
Alec le sorrise e la osservò mentre si allontanava con la sua figura magra e slanciata, le spalle larghe e piene di responsabilità, i capelli che ondeggiavano assieme alle sue spalle, la testa abbassata e lo sguardo fisso sul cellulare su cui stava digitando qualcosa.
Si guardò attorno, ogni sedia era già occupata, ogni posto era già occupato, l’unico spazio libero era vicino una delle tante porte; fece spallucce e si sedette in quell’angolo di pavimento bianco, per ritornare poi a fissare tutti quelli che gli stavano attorno.
Erano tutti della sua età, ovviamente; anno in più, anno in meno.
Erano tutti pieni di ferite, ovviamente. Qualcuno aveva solo qualche graffio sul volto ed era lì per far compagnia a chi invece aveva ferite più gravi e sanguinava molto più di lui.
E poi c’era il personale; medici ed infermieri nelle loro uniformi, che correvano a destra e sinistra pronti ad affrontare tutto quello che gli si sarebbe parato avanti.
Si domandò se lui sarebbe mai potuto essere in grado di scegliere un lavoro che avesse a che fare con la salute della gente; più che lavoro quello era un modo di vivere, di affrontare le cose. Chi lavorava per la salute, secondo Alec, doveva essere una persona estremamente forte, pronta a salvare vite e allo stesso tempo perderle, e lui si sentiva così vigliacco e tremendo in quel momento, che pensò non avrebbe mai avuto il coraggio di poter scegliere quel mestiere.
 La schiena iniziava a dolergli, non sapeva più in che posizione mettere le gambe, e la mano non smetteva di pulsargli. Appoggiò la testa al muro, chiuse gli occhi e sospirò.
Il tempo passava, passava, era estremamente lento, e Alec non faceva che guardarsi attorno e farsi le più svariate e strambe domande; voleva solo che qualcuno gli curasse quella dannata mano e lo facesse andare via.
Sentì uno spostamento d’aria al proprio fianco, qualcuno si sedette accanto a lui; di sicuro qualcuno che era arrivato e non aveva trovato posto sulle sedie già occupate, eppure quell’odore era così simile a quello di Magnus.
Prese un grosso respiro e allontanò quell’idea. Era una totale cretinata, Magnus non poteva essere lì.
“Tra praticamente sei ore ho un aereo” sussurrò il tizio al suo fianco; era decisamente la voce di Magnus, ma non avrebbe aperto gli occhi e rischiato di notare che era tutto un suo sogno.
“Invece sono qui. Mi ha messaggiato Catarina” sospirò.
“Non so neanche io perché sono qui. Sono arrabbiato con te, ma ero preoccupato”.
Alec sorrise debolmente; era tipico di Magnus. Doveva smetterla di sognarlo.
“Alexander ho un aereo tra poco e invece di fare le valigie sono qui. Potresti aprire almeno gli occhi?”.
Era vero? Magnus era davvero lì al suo fianco? Il cuore di Alec iniziò a battere più velocemente, i polmoni andarono in iperventilazione, il suo cervello non ragionava più.
Aprì gli occhi lentamente perché aveva paura che il suo amico potesse scomparire o potesse essere tutto un sogno, ma invece era lì. Dopo più di quindici giorni vedeva nuovamente il viso di Magnus. Era sempre dannatamente bello. Lo stava guardando fisso, con una specie di sorrisino sulle labbra.
Alec sospirò.
“Sei davvero qui?” chiese, poi si diede dello stupido da solo; arrossì e nascose il viso tra le mani, sporcandoselo di sangue.
“Alec!” Magnus lo richiamò e allontanò la mano insanguinata.
“Che diamine hai combinato!”
“Lo specchio” sbuffò lui ancora più rosso in viso.
“Lo specchio? Hai distrutto lo specchio!?”
“Ci siamo distrutti a vicenda”.
Magnus scosse la testa “Sei un deficiente!”.
“Grazie” sorrise e girò il viso verso di lui.
“Sono davvero qui” disse poi, Magnus, poggiando una mano sulla sua spalla.
“Perché?” chiese Alec, con voce tremante.
“Perché sei mio amico, Alec. Ti voglio bene, lo sai”
“Sono stato un coglione” sussurrò Alec “Mi sono comportato di merda e credimi non ho mai voluto farlo. Sono andato un po’ fuori di testa”
“Ora sei tornato in te?” chiese sorridendogli leggermente.
Alec scosse la testa e sospirò “Non è semplice come sembra”
“A me sembra che tu abbia provato in ogni modo possibile ad allontanarti da me”
“Sì beh forse l’ho fatto davvero” si passò una mano sulla fronte “E forse l’ho fatto nel modo sbagliato”.
“Mi hai fatto del male” ammise Magnus “Hai fatto di tutto per farmi soffrire e non ho capito perché”
“Se te lo dicessi potresti odiarmi ancora di più” disse triste “E ho bisogno di te nella mia vita, non posso perderti davvero”
“Questa volta non mi hai perso”
“Ho ugualmente paura” poggiò la testa al muro e chiuse di nuovo gli occhi.
“Avevi ragione. Mi sono comportato da stronzo nei tuoi confronti e in quelli del tuo ragazzo”
“Perché? Perché, Alec?” lo supplicò.
Non poteva dirglielo. Non poteva uscirsene con la verità in quel momento, in quel modo.
“Perché sono un coglione”
“Lo hai già detto” scherzò “E mi hai già chiesto scusa per avermi detto quelle cose e per avermi evitato. Ora non voglio più scuse”
“Cosa vuoi, allora?” chiese.
“Voglio delle spiegazioni e ho bisogno che siano sincere”.
Magnus aveva bisogno più di ogni altra cosa al mondo di spiegazioni sincere; gli sarebbe piaciuto se Alec invece di parlare gli si fosse buttato tra le braccia e lo avesse baciato, ma quello non lo avrebbe fatto stare davvero meglio e oltretutto ci aveva perso le speranze ormai.
“Alec devi capire che… mi perderai comunque, okay? Magari se mi dicessi la verità potrei decidere di restare comunque, no?”.
Alec scosse la testa.
“Siamo amici, Alec. Io non abbandono gli amici”.
Alec cacciò indietro le lacrime; erano amici e lui lo aveva abbandonato.
Sentì nascergli nel petto una forte rabbia nei suoi confronti; aveva fatto soffrire Magnus, meritava altrettanta sofferenza. Doveva essere sincero almeno una volta nella propria vita.
Alzò la testa e puntò lo sguardo blu e sincero negli occhi di Magnus.
“Io non voglio più essere tuo amico”. Quella ormai era una scena vissuta e rivissuta; la vedeva ogni notte da più di quindici giorni.
Anche l’espressione confusa e un po’ delusa di Magnus era sempre uguale.
“Non sono omofobo” si fece coraggio “E ho detto delle cose schifose perché volevo convincermi di esserlo, volevo convincermi di non essere omosessuale ma….”.
Arrossì leggermente, e con la mano sana strinse a pugno l’altra, così da sentire dolore ed essere più lucido. Aveva bisogno di tutta la lucidità del mondo in quel momento.
“Io non odiavo Imasu perché era gay”.
Magnus lo guardò confuso, con un sopracciglio alzato e le labbra dischiuse.
“E perché allora?”
“Perché mi somiglia tanto eppure è totalmente diverso di me; ha il coraggio di essere quello che è davvero. Ha il coraggio di baciare l’uomo che vorrei baciare io”.
Ecco lo aveva detto. Il gioco era ormai iniziato. Vincere o perdere.
Magnus sgranò gli occhi e si disse che non aveva sentito bene; non poteva aver detto che voleva baciarlo. Non poteva aver sentito bene. Era vero? Alec non voleva essergli più amico perché voleva qualcosa in più?
“Non ti ho mai visto così tanto coinvolto da qualcuno e non ho mai visto qualcuno di così simile a me al tuo fianco. Nel momento in cui vi ho visti vicini ho capito che non era quello il suo posto, che il posto al tuo fianco doveva essere mio e quella cosa mi faceva impazzire perché avevo represso me stesso per così tanto tempo, non potevo mandare all’aria tutta la copertura”.
Prese un grosso respiro, Magnus continuava a guardarlo e confonderlo con quegli occhi così luminosi e perfetti.
“Ma non ce la facevo. Mi odiavo per quello che ero, eppure non ero così masochista da pretendere di non provare niente mentre vi vedevo vicini. Avevo voglia di scaraventarlo per l’aria e dirti che mi piacevi, che forse ero innamorato di te, invece non facevo che dirti che ti odiavo”. Gli occhi di Alec erano ricolmi di lacrime, le mani di Magnus tremavano dalla voglia di stringerlo tra le sue braccia.
“Mi sto allontanando dal punto” deglutì “È che hai un ragazzo e non mi sembra giusto dirtelo, ma lo odio, Magnus. Odio da morire Imasu perché ti voglio e non posso averti come ti ha lui”.
Aveva finito.
Il gioco era finito.
Magnus lo guardava a bocca aperta, palesemente sconvolto; non parlava, non diceva niente.
Aveva perso.
Lo aveva perso per sempre.
“Io e Imasu abbiamo finto. Non è il mio ragazzo, non lo è mai stato” sussurrò Magnus, facendo venire un colpo ad Alec.
Poi tutto accadde in un veloce secondo: la mano ferita di Alec, finì tra il suo corpo e quello di Magnus, la mano buona finì nei capelli di quest’ultimo, e le loro labbra furono intrecciate nel primo migliore bacio che entrambi avevano mai dato.
Magnus non aveva pensato molto a come fare, aveva agito di impulso come ogni altra volta, si era spinto verso Alec e lo aveva baciato.
Aveva desiderato quel bacio per così tanto tempo che era così surreale essere lì in quel momento, e assaporare le labbra di Alec.
Alec aveva represso per così tanto tempo la voglia di baciarlo, che scontrare le loro labbra lo aveva quasi risvegliato come un secchio d’acqua fredda buttato addosso in una caldissima giornata estiva.
Era tutto bellissimo.
Persino l’odore di sangue, il dolore, la puzza di ospedale, la voglia di tornare a casa erano scomparsi.
Quello era il loro posto, ognuno nelle braccia dell’altro.
Tutto stava iniziando ad essere come avrebbe sempre dovuto essere.
Nessuno dei due stava più sognando: I sogni di Alec si erano appena avverati, ma baciare Magnus davvero era molto meglio!
I sogni di Magnus si erano appena avverati, ma sapere di essere ricambiato davvero era molto meglio!
Il mondo attorno alloro era fermo, non esisteva nulla al di fuori di loro due, di quel bacio, dei lor cuori impazziti, del loro amore.
 
Quella era sicuramente la fine di un’ottima amicizia, ma l’inizio di un amore spettacolare.


Spazio autrice.
EEEEEEEEEEEH questa volta non è un sogno, giuro! È davvero successo e io ho davvero ballato quando ho scritto questo capitolo, e ora rileggendolo mi sono leggermente emozionata; certo, sembra troppo 'facile' il modo in cui Magnus ha perdonato Alec, ma tranquille, Alec avrà la possibilità di far capire che quelle non erano solo parole messe lì a caso.
Il titolo l'ho tirato fuori da una canzone, idfc, indicata subito sotto il titolo, che ho ascoltato mentre scrivevo e nada, volevo condividere questo momento di 'creazione' anche con voi che leggete :3
Se vi va ascolatatela che è molto carina!
Che dire, sembra che sia tutto finito ma tranquille avete altri due capitoli a disposizione per potermi odiare <3
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che l'attesa di tutto questo sia valsa a qualcosa!
StewyT~

Owh se vi va di suggerirmi qualche prompt, ricordatevi di passare qui ----> 
Out of ~Malec~ ideas (storia 'interattiva') :3

Spoiler
“Ho paura di essere obbligato a diventare quello che non sono; ho paura che mi obblighi a… lasciarti”.
Un groppo di lacrime si piantò nella gola di Magnus, che dovette fare di tutto per reprimerle, dal momento che già solo tutta la situazione era abbastanza deprimente.
“Mio padre è un demone, nel vero senso della parola. Nessuno gli ha mai detto di no. Sai com’è se hai tutti i soldi che ha lui, sei chiunque tu voglia essere, tutti quelli che sono al tuo fianco, sono chiunque tu voglia che siano; quell’uomo non è abituato a vedere le cose andare in modo diverso da come le aveva programmate. Io vado decisamente in modo diverso da come aveva programmato, e sai cosa? Lui piega tutti e fa in modo che ogni cosa venga aggiustata, quando succede qualcosa di simile”.
 
  
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