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Autore: Tielyannawen    28/11/2016    2 recensioni
Caradoc Dearborn, scomparso sei mesi dopo, non abbiamo mai ritrovato il corpo…
Cosa è accaduto realmente a Caradoc Dearborn? Questa è la sua storia.
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caradoc Dearborn
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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CAPITOLO 1: Fuga

 

Sede Segreta dell’Ordine della Fenice, Inghilterra - 14 giugno 1981

«Sei sicuro di farcela ragazzo?».
La voce di Alastor Moody lo raggiunse quando aveva ormai varcato la porta d’ingresso. Aveva cercato di allontanarsi il più in fretta possibile, ma evidentemente non lo era stato abbastanza. Si voltò ed aspettò finché l’uomo non gli si parò di fronte.
«Non sono più un ragazzo, Alastor. Nessuno di noi lo è più», disse con freddezza.
L’Auror non parve colpito dalla risposta e puntò su di lui i suoi piccoli occhi scuri, così lucenti che era difficile credere quanto fossero abituati ad indagare gli animi più oscuri.
«Può darsi. Eppure è soltanto quando guardi la morte in faccia che comprendi realmente quale tipo di uomo tu sia diventato», ribatté Moody, senza che alcuna traccia d’emozione ne solcasse il viso, così precocemente segnato dalle cicatrici del tempo e delle battaglie.
Quelle parole lo trafissero, dure e spietate, ma allo stesso tempo così vere da mozzargli il respiro.
Forse l’Auror se ne accorse, o forse no, dato che la sua espressione rimase immutata, tuttavia quando riprese a parlare il suo tono era diverso, quasi malinconico: «Quello che intendevo dire è che abbiamo perso molti compagni, perciò sarebbe comprensibile se non te la sentissi di continuare. La dolce Marlene, una vera disgrazia… l’attacco alla famiglia Bones… e so che tu e Benjy eravate cresciuti insieme…».
Sentire il nome del suo migliore amico spezzò la maschera di fermezza che si era costretto ad indossare nelle ultime settimane, per lenire il dolore che covava nel suo cuore.
«È proprio per onorare il loro sacrificio che non mi farò mai da parte», mormorò infine.
Con un sospiro, che fece ondeggiare la folta chioma già chiazzata di grigio, Moody gli posò una mano sulla spalla. Per un istante sembrò che l’Auror volesse aggiungere qualcosa, invece si limitò a stringere la presa, prima di tornare lentamente all’interno, lasciandolo solo sulla soglia della grande casa.
«E ricorda Dearborn, vigilanza costante!», lo udì gridare mentre si smaterializzava.


Villaggio di Eyam, Inghilterra - 17 giugno 1981

Raggi di luna piena illuminavano il piccolo paese, che riposava placido dietro finestre dalle tende inamidate.
Si erano visti pochi turisti quel giorno, ad eccezione di una scolaresca straniera, notevolmente chiassosa, che era ripartita subito dopo pranzo.
Su una collina poco distante, un gatto soriano sedeva tra le rovine di un muro circolare, che racchiudeva sette tombe solitarie. Riley Graves le chiamavano gli abitanti del luogo.
Il felino stava immobile, le orecchie tese e i sensi in allerta. Nulla sfuggiva al suo sguardo vigile, reso severo dagli spessi segni squadrati che ne circondavano gli occhi. Alcuni passanti erano parsi incuriositi, ma l’animale non aveva risposto ai loro amichevoli richiami.
Aspettava da due giorni ormai.
Quando la campana della chiesa segnò la mezzanotte e dodici rintocchi risuonarono nella valle, il gatto si mosse. Allungò le zampe sull’erba umida per sgranchire i muscoli indolenziti e si avviò verso il sentiero. Poi semplicemente scomparve.
In un battito di ciglia il suo posto fu preso da una donna, alta e fiera, con i capelli raccolti e uno spesso paio di occhiali squadrati. Nonostante il clima mite di giugno, era avvolta da un pesante mantello color smeraldo e teneva alta di fronte a sé una bacchetta, quasi si aspettasse di doverla usare come arma.
Minerva McGranitt non amava lasciar trasparire i suoi sentimenti, caratteristica che aveva ereditato dal suo defunto padre. Riteneva molto più saggio agire, piuttosto che lasciarsi soverchiare dalle emozioni. La trovava una scelta pratica.
Eppure, quella notte, rughe di preoccupazione affiorarono sul suo volto.
La strega si guardò attorno. Era stato Silente in persona a scegliere quel villaggio come punto d’incontro per trasmettere i rapporti sulle missioni concluse. Lo riteneva estremamente simbolico.
“Un nobile esempio di sacrificio in favore del bene comune”, così l’aveva definito, in ricordo dei Babbani che avevano volontariamente scelto di isolarsi per non diffondere una piaga mortale.
Dalle ricerche che Minerva aveva condotto in seguito, era emerso che solo un quarto dei coraggiosi cittadini era sopravvissuto; così, ella si ritrovò a pensare che forse sarebbe stato meglio scegliere un luogo meno allegorico e più benaugurante.
Si concesse un minuto ancora di tenue speranza, poi raddrizzò le spalle e si smaterializzò.
Non poteva trattenersi oltre senza rischiare di essere scoperta ed era ormai chiaro che Caradoc Dearborn non sarebbe arrivato. Doveva avvertire l’Ordine.


Porto di Southampton, Inghilterra - 21 giugno 1981

L’odore salmastro gli pizzicò il naso, insieme ad un intenso sentore di catrame e pesce avariato.
Non sapeva cosa l’avesse condotto fin lì, forse quell’istinto di sopravvivenza di cui Moody parlava in continuazione durante l’addestramento.
Si mosse con cautela, per non svelare il suo nascondiglio. Fece qualche passo, ma quando le travi iniziarono a scricchiolare decise di non azzardare oltre. La clandestinità era la sua unica possibilità di salvezza, anche se significava allontanarsi dal mondo magico.
Si lasciò scivolare a terra e dovette combattere contro il desiderio di afferrare la bacchetta che nascondeva tra le pieghe del mantello. Se l’avessero trovato, nessuno sarebbe più stato al sicuro.
Il dolore che proveniva dalla spalla sinistra era lancinante, tanto da togliergli il respiro, ma almeno lo aveva aiutato a restare vigile. Dormire era un lusso che non poteva permettersi. Non ancora.
Sentì le voci degli addetti al carico farsi sempre più vicine; scherzavano tra loro, impazienti di raggiungere il pasto caldo che li attendeva in mensa dopo la dura mattinata di lavoro. Quando anche l’ultimo ritardatario abbandonò frettolosamente il pontile, seppe che era giunto il momento di agire.
Con una corsa disperata Caradoc Dearborn si rifugiò nelle scure viscere della nave che lo avrebbe portato lontano dal suolo inglese e da tutto ciò che amava.


Campo del Fiume Lucente, Montana - 21 giugno 1981

L’alba le era sempre piaciuta.
Amava muoversi in quelle ore silenziose in cui tutti gli altri preferivano dormire; e con tre fratelli maggiori aveva imparato presto che il silenzio era tanto raro quanto prezioso. Così durante le vacanze accettava di buon grado di occuparsi dei turni mattutini nella fattoria, anche se significava raccogliere legna e rifornire gli abbeveratoi.
Si tolse i guanti, bevve un sorso d’acqua e uscì dalla legnaia con una fascina sulle spalle, dirigendosi verso una casupola al limitare della foresta.
La capanna della vecchia Kachina era sempre in fermento, piena di profumi che si sprigionavano dalle erbe legate ai travi e dal paiolo appeso sul fuoco. Kachina era l’ultima strega della misteriosa nazione Hopi, la sola depositaria di una tradizione sopravvissuta per decine di generazioni. Nessuno sapeva quanti anni avesse, né quale fosse il suo vero nome. Forse lei stessa lo aveva dimenticato. Per tutti era Nonna Ka, la veggente, colei che poteva gettare uno sguardo oltre le nebbie del futuro.
La ragazza posò il fastello accanto alla porta e sfiorò i sonagli a vento appesi lungo la tettoia, facendoli suonare in segno di saluto.
«Sei tu Macawi?».
Fece un passo avanti e varcò la soglia, accolta da una penombra calda e avvolgente. «Sì Nonna Ka, sono io. Ho portato della legna, la tua scorta è quasi esaurita».
Da un telaio sul fondo della stanza sbucò una donna minuta, col volto color cuoio solcato da una ragnatela di rughe e i capelli argentati stretti in due crocchie ai lati della testa. L’età aveva indebolito la sua vista, ma il suo spirito era saldo e si muoveva con agilità, nonostante la sua schiena fosse ormai curva sotto il peso dei numerosi inverni che aveva vissuto.
«Benvenuta bambina», le disse andandole incontro con un sorriso, «e possa il Grande Spirito guidare sempre i tuoi passi. Accomodati, la focaccia di mais è ancora calda».
Si sedettero accanto al camino e fecero colazione insieme, mentre la tenue luce del nuovo giorno filtrava lentamente attraverso le imposte.
«E così in autunno inizierai il tuo ultimo anno ad Ilvermorny. Hai pensato a cosa farai dopo?».
Macawi sospirò e scosse la testa. Avrebbe voluto viaggiare, vedere il mondo, magari scoprire nuove piante magiche, ma le sue idee erano quanto mai confuse. «Mio padre ha molti progetti per me, sente la mia mancanza e io non voglio deluderlo, almeno non senza un obiettivo preciso. E in questo momento ho solo molti pensieri e poche certezze».
L’anziana donna sbuffò in segno di disapprovazione e alzò le mani per posargliele sulle tempie: «Le risposte che cerchi non tarderanno ancora a lungo. C’è una forte aura che ti circonda e il solstizio d’estate la rende ancora più evidente. Sì, credo che proverò a guardare per te». Poi sollevò gli occhi verso l’alto e prese a mormorare un’antica nenia; il suo sguardo era perso in qualche luogo remoto e Macawi sapeva che stava tentando di spingersi oltre il velo che celava quanto doveva ancora avvenire.
All’improvviso un forte vento di levante spalancò le finestre. Le pareti della capanna vibrarono e le fiamme che danzavano allegre nel camino si spensero in un sol colpo. Macawi fece per alzarsi, ma sussultò quando una voce fredda e dura si fece strada nel buio.
«Il falco giungerà da lontano, portato dal sole che sorge, e l’ombra calerà crudele, richiamata dal marchio dell’allodola».
Un manto di inquietudine rimase ad aleggiare nella stanza, mentre la veggente si riscuoteva dal torpore in cui era sprofondata.
«Cosa significa tutto questo?», mormorò la giovane, turbata da quelle cupe parole.
La vecchia Kachina rabbrividì e si strinse nel poncho, il viso rivolto verso le braci morenti. «Non so risponderti bambina mia, ma nulla di buono è mai giunto da est».






NOTE:
* In merito alle date, ho cercato di essere il più coerente possibile con ciò che ci viene raccontato nei libri. Sappiamo che la caduta di Voldemort avvenne il 31 ottobre 1981 e quando Alastor Moody mostra ad Harry la foto del Primo Ordine della Fenice fornisce elementi temporali riguardanti la scomparsa dei componenti, a partire dal giorno rappresentato nell’immagine. Visti i volti allegri e i bicchieri levati, ho immaginato che la fotografia sia stata scattata in un giorno di festa, in particolare il 31 dicembre 1980. Da questa data ho poi ricavato tutte le successive: in particolare, riguardo alla scomparsa di Caradoc Dearborn, essendo avvenuta sei mesi dopo, ho deciso di collocarla nel mese di giugno 1981.
* In merito ai luoghi, invece, ho lavorato per lo più di fantasia, dato che nei libri vengono lasciati pochi riferimenti spaziali. Il villaggio di Eyam fu colpito da un’epidemia di peste nel 1665 e i cittadini si posero volontariamente in quarantena per contenere la malattia. Il porto di Southampton vide salpare il Titanic nel 1912 e negli anni rimase il principale porto inglese di partenza per le rotte transoceaniche. Il Campo del Fiume Lucente è un luogo di mia invenzione, situato in Montana sulle rive del fiume Missouri, e costituisce un rifugio per maghi e streghe nativi americani appartenenti a diverse tribù, che qui vivono in pace e al sicuro, sia dai No-Mag che dalle comunità magiche provenienti dal continente europeo; risiede qui anche il famoso fabbricante di bacchette Shikoba Wolfe.
* Il nome Kachina in dialetto Hopi significa “spirito”.
* La tribù degli indiani Hopi è una delle più antiche nazioni indigene d’America, originaria degli altipiani dell’Arizona settentrionale. Il termine Hopi significa “i pacifici”, sono infatti un popolo mite e sedentario, dedito alla coltivazione del mais e alla tessitura del cotone. Gli Hopi erano considerati detentori di una saggezza profonda e conoscitori di segreti che superavano la normale percezione delle cose;  non a caso questa misteriosa tribù è nota soprattutto per le suggestive profezie pronunciate dai suoi sciamani. Leggendo ciò ho immaginato che maghi e streghe provenienti da tale nazione costituissero una stirpe di Veggenti molto celebri e molto dotati.

   
 
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