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Autore: Giuu13    21/12/2016    0 recensioni
Harry Potter è diventato famoso in tutto il mondo, la saga è letta in varie lingue.
Harry Potter è l’infanzia dei ragazzi degli anni 90, è i loro ricordi e fantasie; quanti bambini hanno sognato, desiderato, sperato di ricevere la lettera di ammissione? Quanti hanno sperato di andare in quel meraviglioso castello a studiare magia?
Ma se questo mondo non fosse soltanto un libro? Se esistessero davvero maghi e streghe e la magia?
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NB: La storia è ambientata nel mondo di Harry Potter, quindi ci si muove a Hogwarts e quello che c'è nella storia è stato preso dai libri; solo i personaggi sono originali, questi non appartengono al mondo di Harry Potter di J.K.Rowling. Nella descrizione ho dovuto inserire "Un po' tutti", perché dovevo scegliere un'opzione.
Spero che la storia piaccia comunque e grazie a chiunque passi e lasci un commento!
Genere: Avventura, Fantasy, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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Manca poco all’arrivo a Hogsmeade  e tutti i ragazzi fanno avanti e indietro per il treno per cambiarsi e trovare gli ultimi amici. Sono tutti emozionati, anche i ragazzi dell’ultimo anno, dopo tutto è sempre il primo giorno e non in un posto qualunque, stiamo parlando di Hogwarts. Irma va a cambiarsi con le sorelle Harvey promettendo di tornare con la divisa per Emma. Quando torna ha tra le mani la divisa che consiste in un maglioncino scuro e una camicia bianca, una gonna e calze nere; Emma si rifiuta di prendere le scarpe dicendo che i suoi anfibi saranno perfetti. Dopo essersi cambiata torna di fretta da Irma per non farla preoccupare: ha impiegato cinque minuti per capire che ci si cambia in un vagone a capo dell’espresso riservato apposta per quello, altri cinque per trovare quello delle ragazze – è andata all’altro capo del treno trovandosi tra ragazzi in mutande e mezzi nudi – e dieci minuti per decidersi se mettere le calze o meno perché prudono. Entrata nello scompartimento pensava di trovare Irma arrabbiata per il suo ritardo, ma la trova a chiacchierare con un volto familiare. Il ragazzo dagli occhi azzurri della stazione! Anche lui la riconosce, infatti si alza appena la vede entrare.
Irma fa passare lo sguardo da Emma al ragazzo e poi di nuovo a Emma che se solo lei capisse che è lo sguardo “questo è il ragazzo di cui ti parlavo qualche giorno fa ti prego non farmi fare brutte figure mi piace tanto” ora non gli sarebbe addosso arrabbiata urlandogli in faccia, « Tu sei magico e ti sei pisciato addosso davanti a quei due? Lo sai che mi mancano due reggiseni e tre mutande? Me li compri tu?! »
Irma è spiazzata. Già si conoscono?
«Mi dispiace, scusa. Te li ricompro io, giuro. » il ragazzo si mette una mano sul cuore sorridendo.
«Mi prendi pure in giro?»
«No, no! Sono solo felice di poterti ringraziare, in stazione non ne ho avuto il tempo perché sei scappata via»
Emma lo lascia andare sedendosi vicino a un’Irma ancora sorpresa.
«Mi dispiace davvero, anche per la tua faccia»
Questo, che voleva essere un serio tentativo di scuse, viene inteso come una seria presa per il culo da Emma che gli si sarebbe lanciata addosso se non fosse stato per la veloce presa di Irma che riesce a fermarla a due spanne dalla faccia di lui.
«Lui è Piuk!»
L’amica è indecisa se picchiarlo nonostante sia il ragazzo di cui Irma è innamorata o lasciarlo in vita per lei.
Lascia perdere vedendo Piuk tenderle una mano, «Emma»
«Irma mi ha parlato molto di te»
«Mmm. Mi ha parlato molto anche di te»
«Davvero?» il ragazzo è visibilmente sorpreso.
Irma tira all’amica un pizzicotto arrossendo, Piuk non sa e non deve sapere che lui è il suo argomento di conversazione preferito.
«Certo, mi ha riempito la testa di te e di quanto tu sia gentile e…»
Irma la interrompe picchiandola ripetutamente con alcune riviste, Emma cerca di difendersi come può ridendo di gusto.
«Vuoi aiutarmi o continuare a goderti lo spettacolo?»
Piuk, che ha scambiato le giornalate sulla testa di Emma come segno di affetto da parte dell’amica, si avvicina a Irma prendendola per la vita e sollevandola in modo da allontanarla dalla povera Emma che tanto povera non è.
Sembra che il tempo si sia fermato. Irma è immobile tra le braccia di Piuk che la tiene sollevata nel piccolo scompartimento; entrambi rossi come pomodori con guance e orecchie che bruciano.
«Puoi metterla giù, se promette di non picchiarmi più»
Entrambi annuiscono e Irma viene posata a terra. Si siedono ai loro posti senza dire una parola, ancora rossi per il contatto.
Irma sente ancora le braccia di Piuk addosso, non erano mai stati così vicini e lei non aveva mai pensato potesse succedere, la sola presenza di Emma ha sconvolto le cose e a questo punto non sa cosa succederà in futuro.
Emma li trova così imbranati nella loro innocenza e ingenuità: entrambi si piacciono e si vede, ma nessuno dei due lo ha mai mostrato. Il silenzio si fa imbarazzante, così comincia a raccontare all’amica il suo incontro-scontro con Piuk in stazione.
«Ti volevano ancora picchiare?» preoccupata si gira verso il ragazzo, ma abbassa subito lo sguardo non appena vede i suoi occhi azzurri su di lei.
«Cosa vuol dire “ancora”?»
«Ace e Al sono due maghi di Serpeverde e ce l’hanno con lui perché è un… un Magonò»
«E cos’è?»
«Ma li hai letti i libri?» Irma è imbarazzata dal doverle spiegare certe cose.
«Puoi dirlo tranquillamente, Irma. Te l’ho detto che non mi da fastidio, davvero»
Vedendo che la ragazza non accenna nessuna spiegazione continua lui, «I Magonò sono persone nate senza magia da genitori di cui almeno uno è mago: mio padre è un mago, mia madre no e io sono un Magonò»
«E cosa ci fai sull’espresso per Hogwarts, allora?»
Irma le lancia un giornale sul naso, Emma si piega dal dolore.
«Ti sembra il modo?!»
«Tu me lo spaccherai prima di arrivare!»
Piuk trova il tutto molto divertente – tranne Emma dolorante – e molto intimo, sono molto amiche e sente di provare una punta di invidia. Il suo essere un Magonò in una scuola di magia, circondato da gente magica non aiuta di certo nella socializzazione. Non ha nemmeno un amico se si escludono le creature magiche del bosco.
Prima che la situazione degeneri con un’altra lotta, Piuk racconta la sua situazione. I genitori sono i custodi della scuola: mentre il padre lavora fuori dal castello, al campo di Quidditch e vicino al bosco, la madre gira per i locali interni per sorvegliare i corridoi e il comportamento dei ragazzi. Abitano in una casetta poco distante dal bosco.
Emma si ritrova a sussurrare «Hagrid»
Gli altri due ridono, «Sì, più o meno. Mio padre sarebbe Hagrid, si somigliano anche un po’»
Piuk spiega che si trovava a King’s Cross per un grosso ordine di suo padre che l’aveva affidato a lui, «Comincia a darmi lavori importanti ora, ha capito che non sono più un bambino» è orgoglioso mentre lo dice e Irma più di lui.
«Frequenti le lezioni a scuola?»
«No, purtroppo no. Studio sui libri che trovo in biblioteca e quelli che ho in casa»
Uno sguardo triste gli attraversa gli occhi e Irma aggiunge velocemente che è un ottimo autodidatta, «Conosce tutto quello che c’è da sapere sulla magia, la teoria la sa mille volte meglio della media dei maghi e conosce a memoria tutti gli ingredienti per le pozioni, i nomi e i diversi utilizzi delle piante e sa un gran numero di incantesimi di cui uno studente normale non conosce nemmeno l’esistenza. Se avrai una domanda o un problema la miglior cosa che tu possa fare è andare da lui, avrà già la risposta»
Piuk è molto lusingato, sorride con le guance leggermente rosse.
«Ed è un grande appassionato di Quidditch!»
«Sì, è vero. Vedere una partita mi fa stare sempre meglio. È la cosa più bella che abbiano mai inventato dopo il cioccolato»
Emma alza una mano e Piuk le batte il cinque.
Rimangono a parlare per tutta la fine del viaggio, ridendo e scherzando su tutto.
Emma si appisola nuovamente e gli altri due decidono di continuare il discorso in giro per il treno.
Quando si sveglia, Emma è in compagnia: un ragazzo dai capelli neri la sta fissando con due occhi verde smeraldo come lo stemma cucito sul suo gilet. Un Serpeverde.
«È una situazione piuttosto inquietante, lo sai?»
«Scusa, ma volevo conoscere la ragazza che ha pestato Ace e Al»
«Sono tuoi amici?»
Annuisce alzandosi, «Ti hanno riconosciuta quando sei entrata nel vagone dei ragazzi»
Le tende una mano che lei stringe, «Marcus Hunt, piacere»
«Emma Wood»
«Emma Wood, che onore. La figlia di Cecil e Kassandra Wood. Non vedo l’ora di vederti indosso i nostri colori»
«Come puoi sapere se sarò nella tua stessa casa?»
«Per favore. Sei nata per essere una di noi»
Esce ridendo lanciandole un’occhiata, più avanti s’imbatte in Piuk che ignora completamente.
Il ragazzo si siede vicino a Emma che chiede di Irma.
«È andata a ritirare la vostra lista dei libri»
«Quand’è che si va a fare shopping?»
«La scuola inizia l’uno, oggi è il ventisette, quindi avete quattro giorni»
«Come mai andiamo a scuola cinque giorni prima dell’inizio della scuola?»
«L’espresso parte il ventisette agosto e l’uno settembre. I nuovi devono prendere quello del ventisette, gli altri arrivano a scuola quando vogliono» alza le spalle senza aggiungere altro.
Sentono il treno rallentare e in quel momento arriva Irma sventolando le liste dei libri, «Preparatevi, siamo arrivati»
Scendono ad Hogsmeade, il villaggio è come nel libro dalla Rowling. Ci sono case dai tetti di paglia e alcune hanno già le luci accese.
I Prefetti chiamano a raccolta i ragazzi del primo anno che terrorizzati ed emozionati si avvicinano; Emma non si muove di un passo guardandoli andare verso il lago. Lì salgono su un enorme barca che li porterà al castello che sorge su un enorme isola al centro del lago.
«Perché non vai con loro, Emma?!»
Irma la spinge via.
«Non voglio mischiarmi a quei micetti tremanti»
I ragazzi sono saliti tutti sulla barca che si allontana dalla riva dirigendosi all’isola.
«Bene! E ora cosa fai?»
Emma scuote la testa.
E ora cosa faccio?
«Posso accompagnarti io. Devo sbrigare una faccenda per mio padre qua, ma poi posso portarti con la barca dei miei, tanto devo venirci anche io a scuola»
«Sei sicuro?» Irma lo guarda divertito, «Non è facile avere a che fare con lei. Non devi lasciarla mai da sola»
«La stai dipingendo come una che si mette sempre nei guai»
«Non solo si mette nei guai, ma ci trascina anche te»
Quando Irma si volta per andare sulla barca di Grifondoro Emma le fa la linguaccia.
«Andiamo»
Piuk le fa attraversare mezzo villaggio fino a raggiungere una casetta dal tetto di paglia colorata di rosso.
Il ragazzo chiama un certo Ton e un omone dai capelli rossi deve piegarsi per poter uscire dalla casa, tanto è alto.
«Ton!»
L’uomo si avvicina sovrastandoli con i suoi quasi due metri, ha una lunga barba rossa e delle folte sopracciglia dello stesso colore, «Piuk, come va?» ha un tono di voce alto e gli occhi grandi e amichevoli.
«Un’amica?» solleva Emma stritolandola in un abbraccio.
«Non respiro»
Ton la mette giù scompigliandole i capelli e mormorando un «Adorabile» che fa innervosire la ragazza che gli scosta la mano da sopra la sua testa.
L’uomo invita i due ragazzi ad entrare per poter parlare di affari con Piuk, ma Emma rifiuta, «Vorrei fare un giro per il villaggio»
Piuk annuisce felice di vedere la ragazza curiosa, dimenticandosi di una delle avvertenze di Irma: mai lasciare Emma da sola.
Ton e Piuk hanno quasi raggiunto un accordo quando Emma entra trafelata nella casetta, «Possiamo andare ora?»
«Abbiamo quasi finito, ancora cinque minuti»
Da fuori si sentono le urla di un vecchio e piccole esplosioni, «Dove sei andata? Vieni fuori piccola insolente!»
Emma si siede a tavola con loro, «Ti do altri dieci minuti»
«Non avrei dovuto lasciarti da sola, vero?»
«Già. Irma ti aveva avvertito»
Ton, non capito quello scambio di battute, riprende a parlare di affari ignorando il vecchio in strada.
Escono quindici minuti dopo guardinghi, attenti a non imbattersi nel vecchio armato di bacchetta.
«Qua la gente risolve i problemi con la magia e noi siamo entrambi senza bacchetta» borbotta Emma.
Al lago salgono su una modesta barchetta dei Dixon, i genitori di Piuk. Solcano le acque del lago lentamente senza vedere nessuna barca in giro. Ogni tanto ci sono dei movimenti in acqua, vicino a loro.
«Creature marine, innocue»
«Le sirene non mi sembrano innocue. O sono un invenzione?»
«Preciso: creature marine, innocue finché rimani sulla barca»
Si stanno avvicinando a una grande isola al centro del lago su cui sorge un enorme castello che quello dei film a confronto è una villetta. Quello che si staglia davanti agli occhi di Emma è molto più maestoso e spettacolare.
«Dall’altro lato c’è il campo di Quidditch»
Arrivati a riva lasciano la barca legata ad un palo e si dirigono al castello. Prendono un sentiero che attraversa una piccola porzione di bosco. Si sentono dei rumori strani, «Tranquilla, non siamo nella zona proibita. Quella è dall’altra parte, più o meno dove c’è casa mia, ovviamente…»
A una biforcazione Piuk dice di dover andare a casa e prendere quindi un’altra strada, spiega a Emma cosa fare: seguendo il sentiero raggiungerà direttamente la porta d’entrata della scuola. Lui arriverà più tardi.
Per arrivare alla Sala Grande basta farsi guidare dalle urla dei ragazzi.
«Un’ultima cosa, ti prego di non dire a Irma che ti ho lasciata sola»
Entrando nel castello, Emma può sentire i ragazzi urlare e  ridere. Cammina per i corridoi arredati con splendidi arazzi e quadri i cui soggetti salutano, ci sono fantasmi che le fanno un veloce inchino per poi scomparire attraverso un muro, s’imbatte anche in un’armatura che vaga senza elmo.
«Mi sono persa un anno intero di tutto questo. Adesso capisco perché Irma ha voluto trascorrere qua le sue vacanze»
Seguendo gli schiamazzi si ritrova davanti il portone della sala. Chiuso. Non pensava di arrivare così tardi.
«Che ci fai qui fuori, signorina?»
Una donna alta e magra dai capelli corti e bianchi le è comparsa vicino a lei creando una nube verde brillante.
«Si è per caso materializzata?»
«Non ho ancora applicato l’incantesimo anti-materializzazione, se è questo che intendi»
Si scrolla la lunga veste viola, «E poi sono io qui che faccio le domande»
«Mi sono persa, non trovavo più i miei compagni»
«Mai dividersi. Mai rimanere soli, bisogna stare sempre in gruppo»
«Senti un po’ da che pulpito. Mi sembra che la compagnia sia il tuo pensiero ultimo. Dimmi che ho ragione, faresti felice un vecchio babbione» una voce acuta e gracchiante sembra provenire dal cappello che indossa.
«Sta zitto tu»
La donna da un colpo al vecchio cappello che ha in testa.
«Seguimi» il portone si apre e loro fanno un ingresso che attira l’attenzione di tutti.
Il soffitto splende di luce propria, una luce così intensa da far lacrimare gli occhi se lo si guarda troppo a lungo; nella sala ci sono quattro grandi tavolate che ospitano le quattro case, in fondo alla stanza c’è una tavola più piccola dove siedono i professori. Emma scorge Banedi tra di loro con il caratteristico sorriso in volto.
I nuovi arrivati sono in piedi vicino al tavolo dei professori, sembrano tutti agitati, saltellano da un piede all’altro e parlano tra di loro cercando di alleviare la tensione; Emma si avvicina a una Bee che si dimena sul posto.
«In ansia?»
«Da morire» non le importa che a parlarle sia la Wood, potrebbe essere anche un vero Mangiamorte per quanto le importi, vuole solo qualcuno con cui sfogarsi e lei è l’unica con cui poterlo fare.
«Pottermore mi ha smistata in Grifondoro e così quest’estate mi sono fatta il ciuffo come mia sorella» si tocca i riccioli rossi, «E se il Cappello Parlante mi smista in qualche altra casa? Sai che figura! Oh cielo, e se mi smista in Serpeverde? Io muoio» guarda la tavola in questione, «Senza offesa»
«Ormai non mi offendo più»
La donna in viola che è entrata con lei si sistema al centro della sala alzando le braccia per attirare l’attenzione. Ha in mano la lista su cui sono scritti i nomi dei nuovi arrivati, «Io sono Athena Gamèn, la preside della scuola e insieme a tutto il corpo docenti vi do il benvenuto. Per alcuni sarà stato uno shock scoprire l’esistenza di questo luogo» guarda il gruppo dei ragazzi del primo anno ridere nervosamente.
«Vedo che quest’anno siete incredibilmente agitati. Lasceremo le presentazioni e le spiegazioni all’ultimo, allora»
Legge il primo nome sulla lista, un ragazzo mingherlino si avvicina a lei e si siede su un’alta sedia di legno.
Athena gli appoggia sulla testa il suo cappello che dopo aver salutato e canticchiato qualcosa urla un potente «TASSOROSSO!»
I Tassi urlano e applaudono, facendolo sedere tra loro.
«Si porta in giro il Cappello Parlante»
«Cosa?»
«Niente, Bee»
Emma, che non è agitata per niente, si annoia e sono solo al quindicesimo ragazzo, lei è una delle ultime.
Dietro la tavola dei professori c’è una piccola porta di legno da cui fa il suo silenzioso ingresso Piuk che si va a sedere tra un uomo alto e allampanato e una donnona dagli occhi grandi e dolci, devono essere i suoi genitori perché l’uomo ha i suoi stessi occhi.
Con la testa persa chissà dove Emma si accorge appena che Bee si sta dirigendo verso la preside, se ne accorge quando sente il cappello parlare, « Non devi essere agitata piccola Harvey. Tua sorella è un’ottima studentessa e tu sembri una leonessa. Buon sangue non mente e così dico io saggiamente: GRIFONDORO! »
Bee corre verso la sorella che si è alzata e le va incontro, si abbracciano e saltano felici circondate dall’atmosfera calda dei Grifoni. La divisa di Bee cambia colore: la cravatta diventa di un bel rosso fuoco come le calze, sul maglioncino appare lo stemma della sua nuova casa.
Emma viene chiamata quasi per ultima, seduta sull’alta sedia non ha alcun pensiero in particolare poiché sa già a chi appartiene ancor prima di sentire il cappello urlare « SERPEVERDE! »
Athena si mette davanti a lei per coprirla dagli sguardi degli altri alunni, il cappello sussurra con voce profonda, completamente diversa da quella di prima, «Sarai migliore, vero?»
Emma è stanca di tutti quei giudizi, di tutte quelle critiche sui genitori, così si alza e senza dire una parola si va a sedere alla sua tavola, mentre i suoi vestiti prendono una sfumatura verde brillante, tra le urla dei compagni di casa.
Emma vede Marcus, Ace e Al alzarsi dai loro posti e sedersi vicino a lei. Gli altri ragazzi gli fanno posto senza dire niente, le possibilità sono due: o sono molto rispettati o sono molto temuti. Le viene da pensare subito alla seconda.
«Come pensavo. Questi colori ti donano molto» Marcus le fa l’occhiolino.
La ragazza si guarda le gambe strette in lunghe calze verdi, indossare quei colori non la fa star male, anzi, prova quasi un senso di appartenenza, di orgoglio.
La tavola del Grifondoro è dietro la loro ed Emma può vedere Irma chiacchierare tranquillamente con le Harvey e alcuni ragazzi, non la nota nemmeno; cerca di decifrare il suo sguardo, ma viene interrotta dalla voce di Athena che fa voltare tutte le teste verso di lei. Ha rimesso il cappello che si muove sulla sua testa e parla degli smistati con grande trasporto, come se fossero figli suoi.
Irma lancia un’occhiata all’amica al tavolo vicino al suo, sembra ascoltare la preside, ma conoscendola non la starà minimamente calcolando, pensando a chissà che cosa. Emma è stata assegnata a Serpeverde, la casa nemica di Grifondoro, non sa che pensare. Vuole solo credere che le cose non cambieranno perché sa quanto lei sia facilmente suggestionabile, non come Emma che qualsiasi cosa le si dica se ne frega altamente.
La preside descrive minuziosamente tutte le attività della scuola soffermandosi in modo particolare sul Quidditch, «Per chi fosse interessato i provini per entrare nella squadra della propria casa sono aperti da domani. Chi vuole provare deve andare al campo di Quidditch dietro la scuola alle quattro del pomeriggio. I provini finiranno agli inizi di settembre»
«Athena era un Corvonero, infatti durante le partite di Quidditch la vedi sempre con la sciarpa della casa a tifare per i Corvi» Al ride nell’orecchio di Emma, lei si allontana.
Le presentazioni dei professori sono veloci, ma dettagliate, « E loro sono la famiglia Dixon, custodi della scuola. » indica Piuk e i suoi genitori, «Gall Dixon lavoro fuori dal castello, al campo da Quidditch e nel bosco, controlla anche che nessuno studente entri nella zona proibita senza permesso.» sofferma lo sguardo sulla tavola della Serpi dove alcuni ragazzi ridacchiano e si danno le gomitate. Emma pensa subito che qualcuno di loro deve aver fatto qualcosa negli anni passati.
«Kara Dixon lavora nei locali interni, controlla che nessuno gironzoli per il castello durante gli orari di lezione. Sarà come una seconda madre per voi, ve lo dico. È una mamma molto affettuosa, ma sa essere anche severa. Lui è Piuk Dixon» indica il ragazzo che guarda rosso il piatto, «Ottimo autodidatta, incredibilmente sveglio e intelligente e aiuta i genitori quanto può. Il ragazzo che tutte le madri vorrebbero come genero» si sentono diverse risate femminili nella sala, Piuk sembra bruciare per quanto ha le guance rosse.
«Incredibile come tu abbia potuto difendere quel Magonò» Al la guarda male giocando con una forchetta.
«Stai calmo, Al, ancora non lo sapeva, giusto?»
«Come dici tu, Marcus» Emma non lo sta ad ascoltare, cerca di leggere il labiale di Irma, ma non dice niente di importante.
La preside elenca un numero esorbitante di regole e divieti che Emma non ascolta preferendo invece sentire i discorsi delle ragazze vicino a lei.
Vedendo di aver perso l’attenzione dei ragazzi che chiacchierano e guardano i piatti vuoti, Athena augura buon appetito facendo comparire il cibo sulle tavole, poi si siede a fianco di Banedi sbuffando.
«Anche quest’anno la fame ha avuto la meglio»
I ragazzi si gettano sul cibo e si riempiono i bicchieri con tutte le bevande che hanno davanti, se prima il chiacchiericcio era diffuso, ora è così forte che Emma fatica a sentire quello che la ragazza a fianco a lei sta dicendo.
«Senti, Emma» Ace le sventola una mano davanti la faccia per attirare la sua attenzione, «La prassi imporrebbe di finire la nostra piccola battaglia, ma questo non succederà perché sei una di noi» più che convinto di ciò che dice sembra intimorito, quasi spaventato.
Finito il pranzo, Emma segue i due prefetti di Serpeverde che fanno da guida ai nuovi ragazzi per un giro della scuola, ad una svolta viene presa in disparte da Ace e Al e Marcus che le fanno fare il loro tour personale. Indicano velocemente le stanze per le lezioni e si fermano davanti a quelle a cui è vietato l’accesso.
«Le stanze proibite sono sempre le più emozionanti»
Marcus si guarda in giro, non vedendo nessuno apre la porta davanti a loro, su cui è appesa la targa “Vietato l’accesso”, con «Alohomora»
Emma sente la voce di Irma tuonarle nella testa, “Sei una Wood. Sei in Serpeverde. Fai a botte e ora con questi tipi palesemente poco raccomandabili entri in una stanza in cui tu non potresti nemmeno entrare? Emma!
La ragazza decide di ignorarla ed entrare, seguita da Ace che chiude subito la porta alle sue spalle.
La stanza è rischiarata da un’unica lamina di luce che passa attraverso un’asse di legno rotta fissata a una finestra, si sentono solo i loro respiri. Nel buio si riescono a distinguere i profili di alcuni scaffali, «Dove siamo?»
«Siamo in una stanza di rifornimento, qua ci sono un sacco di ingredienti rari. Lumus! » la punta della bacchetta di Marcus s’illumina rischiarando l’intera stanza: è piena di scaffali e armadi ricolmi di boccette e contenitori di varie forme e dimensioni, ci sono strani strumenti appoggiati ai muri e un grosso baule ricoperto da un lenzuolo bianco.
Marcus fa un cenno in direzione del baule ad Al che lo scopre, pronto ad aprirlo ad un comando.
«Ci sono molte cose divertenti che ci fanno conoscere solo in terza, vai Al»
Il ragazzo alza il coperchio con fatica, è incredibilmente pesante; una leggera foschia scura fuoriesce dal baule e invade la stanza, qualcos’altro sembra uscire fuori.
L’essere è di piccole dimensioni, ma cresce ad ogni secondo che passa fino a raggiungere quasi l’altezza dei ragazzi presenti. La foschia si dirada ed Emma si ritrova a fissare… un’altra Emma.
Questa qua, però indossa una lunga tunica  col cappuccio e in mano ha una maschera bianca e rossa.
«Va bene, chi di voi ha paura di Emma?»
Ace è sconvolto, sta tremando davanti alla Emma Mangiamorte che alza il braccio sinistro mostrando al ragazzo il marchio e puntandogli in faccia la sua bacchetta.
Emma – quella vera, la semplice Serpe – scoppia a ridere, «Non ho mai conosciuto nessuno che avesse così paura di me»
«Sta zitta!» Ace prende la bacchetta dalla tasca posteriore dei pantaloni e la sventola davanti alla Emma Mangiamorte, «Riddiculus!»
Il mantello scivola via rivelando un completo tradizionale bavarese e al posto della bacchetta, Emma ha in mano un boccalone di birra.
«Che fantasia, Ace» Marcus si avvicina ridendo all’amico che lo spinge via, mentre esce Ace dà una violenta spallata a Emma che ride ancora.
«È un tipo permaloso, ma gli passerà. Piuttosto, vuoi vedere la Sala Comune?»
«È nei sotterranei?»
«Sì, vediamo il fondale del lago. È una cosa fantastica, ma tu come fai a saperlo?»
«Lo dice la Rowling nei libri»
«Per la miseria, hai letto quelle cose?»
Emma guarda Marcus che le spiega tutto, «La scrittrice è una babbana e noi non leggiamo certe cose»
Scendendo nei sotterranei, Emma ripensa alle parole dei due ragazzi.
Quelle cose, dette in quel modo li fanno sembrare cattivi. Mi piace, i cattivi sono sempre i più sexy.
Con la coda dell’occhio osserva i due ragazzi.
Al non è il mio tipo, troppo stupido e cagnolino. Non parliamo di Ace che mi sta proprio sui coglioni e in più ha paura di me, ah! Ma Marcus. Eh Marcus, c’hai un bel culo.
«Mi stai guardando il culo?»
«No, sono i ragazzi che fanno questo genere di cose. Le ragazze sono pure e caste, sono esseri pieni di pudore» un sorrisetto sornione le nasce in viso. Marcus ne è compiaciuto, ma non dice niente dando anche lui una veloce occhiata alla ragazza. È il suo tipo, anche se di carattere sembra più complicata e difficile delle altre ragazze con cui è stato, ma non sembra il tipo da piagnucolare se scopre di essere solo una delle tante.
Un punto per Occhi di Gatto.
Poi ci sono quegli occhi gialli che gli sono piaciuti subito, non appena li ha visti sul treno, difficili da non notare. È più che felice di essere stato scelto per quella missione.
Davanti le porte della sala Al pronuncia la parola d’ordine, «Tieni d’occhio la bacheca, la parola cambia ogni cinque giorni»
«Rimarrò chiusa fuori»
«Ti verrò a salvare io»
«Che gesto da cavaliere, Marcus, degno di un Grifone» ridacchia Al.
«Non ci provare!» Marcus stritola l’amico.
«Io vado avanti, quando avete finito di giocare alla lotta chiamatemi»
Emma attraversa la porta e si ritrova in una sala grande e circolare con tre vetrate colorate da cui si può vedere il fondale del lago come aveva detto Al, c’è anche un camino a una parete la cui canna fumaria scompare nel soffitto andando chissà dove; diverse poltrone e divani e tavolini sono sparsi per la stanza a formare piccoli gruppetti, c’è un tappeto che ricopre quasi tutto il pavimento. Da un gruppo di ragazzi seduti vicino al camino si allontanano due figure, si avvicinano allo stesso passo, con lo stesso movimento d’anca.
«Ehi ragazzi! Abbiamo visto Ace andare in camera sua infuriato, che avete fatto?»
Le ragazze sono due gemelle, alte, magre con il viso spigoloso e cattivo.
Queste sono stronze, pensa Emma vedendole muoversi.
La gemella bionda si chiama Aline e porta la camicia slacciata mostrando le sue bambine.
«Abbiamo solo scoperto che ha il terrore di Emma» Al indica la ragazza che saluta con un cenno della testa.
«Ciao, io sono Aline e lei è mia sorella Laura. Sei del primo anno, vero?»
«No, sono solo bassa»
Aline si è bloccata, si guarda intorno in cerca d’aiuto, ma gli altri sono troppo impegnati a ridere.
La gemella mora, Laura, mette una mano sulla spalla della sorella, «Tranquilla, sta scherzando»
In realtà non scherza Emma, non scherza mai sulla sua altezza, ma fa finta di niente e sorride alle sorelle.
Aline si è ripresa e chiede ad Emma se ha una valigia rossa e un borsone scuro.
«Come fai a saperlo? A proposito delle mie valigie, non so nemmeno dove sono»
«Allora sei in stanza con noi. Le abbiamo trovate lì dopo pranzo. Che fortuna!»
«Già. Saremo compagne di stanza allora. C’è qualcun altro?»
«No, solo noi tre. Possiamo raccontarci un sacco di cose e parlare di ragazzi» sia Laura che Aline lanciano una lunga occhiata a Marcus che sorride malizioso.
Emma ha già capito come funziona: le due sorelle sono andate a letto entrambe con Marcus, Al deve avere qualche rapporto con Laura dato che non le ha ancora staccato gli occhi dosso, ma lei ha occhi solo per il tenebroso Marcus.
«Posso vedere la camera, così magari sistemo le mie cose?» ha intenzione di porre fine a quell’assurdo gioco di sguardi.
«Seguici»
Con una grande ancata le sorelle partono alla volta del dormitorio femminile, seguite da Emma con passo meno vistoso nei suoi anfibi, mal visti un po’ da tutti.
Attraversano un lungo corridoio e si fermano davanti una porta nera con un pomello d’oro, è appeso un cartello con scritto “Tanner Tanner”
«Dobbiamo aggiungere il tuo cognome, come ti chiami?»
«Wood»
Aline rimane con la bacchetta a mezz’aria, «Scusa?»
«Wood. Mi chiamo Emma Wood»
«Avevo capito bene allora»
Adesso il cartello dice “Tanner Tanner Wood”, «Non sei proprio un’imbecille se sei una Wood. Possiamo parlarti senza problemi, sai a volte dobbiamo trattenerci perché c’è un sacco di gente stupida qua dentro»
«Ma va?»
Laura annuisce, «Pensa, ci sono anche dei Mezzosangue qua dentro. Qua, in Serpeverde!»
Emma si copre la bocca con una mano e fingendosi sbigottita urla un «Nooo!» troppo alto.
Entrano in camera e le sorelle mostrano i tre letti posti sotto le tre finestre, i due armadi e il bagno; ai piedi di ogni letto c’è un baule, «Lì ci va tutta la tua roba, libri e tutto il resto»
Le sorelle litigano per decidere chi dovrà dividere l’armadio con la nuova arrivata ed Emma fa un giro per il bagno dove trova un’enorme vasca da bagno rotonda, «Dieci punti a Serpeverde»
Aline fa capolino in bagno dicendo che c’è una persona che la cerca, è in Sala Comune. Fa una smorfia strana ed Emma pensa subito a qualcuno di un’altra casa, Irma. Rimane un po’ delusa trovando ad aspettarla Piuk, ma si ammorbidisce vedendo il modo in cui è osservato dai suoi compagni di casa: due gruppetti hanno smesso di parlare e lo guardano come si guarderebbe una cacca di piccione e Al è il peggiore, tanto che sputa anche per terra. Marcus vedendo arrivare Emma carica di rabbia si sposta dall’amico che riceve un pugno dritto nello stomaco.
«Sputa ancora in sua presenza e prometto che il primo incantesimo che farò non appena avrò la bacchetta sarà una maledizione senza perdono» sussurra per non farsi sentire dagli altri.
Si rialza ed esce con Piuk che deve essere trascinato per non fargli prestare soccorso al ragazzo piegato in due.
«Sei un’idiota. È figlia di Mangiamorte, ma è vissuta tra i babbani. Non puoi pretendere che li tratti come facciamo noi»
«Questa me la paga»
Laura lo aiuta ad alzarsi e lo riempie di baci, Al ne sarebbe anche felice se non fosse per quel dolore allo stomaco.
«Non ti vendicherai, chiaro?»
«Ti piace?»
«A chi piace chi?!» le gemelle chiedono aspramente spiegazioni, ma Marcus scuote la testa.
«Nessuno a nessuno. Semplicemente è una Wood, dobbiamo tenercela vicino, capito? Non fate idiozie. Ora andiamo da quell’altro» si dirigono tutti al dormitorio maschile da Ace.
Piuk chiede il motivo di quel pugno, «Non mi piace ancora il modo in cui parla»
Irma li aspetta nel cortile interno, devono andare a Diagon Alley per far compere. Sarebbe andata lei a chiamare l’amica se fosse stata in una casa tollerante verso gli altri, ma è stata smistata tra le Serpi e lei non può farci nulla.
Vedere arrivare Piuk le migliora l’umore cupo che aveva avuto da dopo pranzo.
Le ragazze si salutano abbastanza freddamente, nessuna delle due vuole affrontare l’argomento “casa”.
Piuk spiega che useranno la Metropolvere per andare a Diagon Alley.
«Come quella del libro?»
«Sì, quindi vedi di dire bene la destinazione, non voglio doverti venire a cercare a Notturn Alley, ha una pessima reputazione quel posto»
«Siamo di cattivo umore oggi, Irma?»
Rientrano nel castello e raggiungono una sala gremita di alunni in fila davanti a tre grossi camini. I tre amici si mettono in coda. Sono quasi tutti primini desiderosi di comprarsi una bacchetta e un animale domestico; vicino ai camini ci sono alcuni prefetti che danno indicazioni precise su come usare correttamente la Metropolvere, «Prendetene una manciata, ecco così, e poi entrate nel camino. Occhio alla testa. Adesso devi lanciare la polvere e pronunciare “Diagon Alley”. Dall’altra parte ci sono altri Prefetti ad attendervi e darvi le ultime indicazioni» il ragazzo lancia la polvere e scompare in una nube asfissiante.
«Bene, il prossimo!»
Tocca a Emma, è davvero tentata di dire “Notturn Alley”, vuole far imbestialire Irma, ma è anche attratta da quel luogo. Alla fine pensa che avere una bacchetta sia la priorità e lancia la polvere, «Diagon Alley!»
Si ritrova in una stanza grande due volte quella da cui è partita, esce immediatamente sentendo di poter creare intralcio a Irma e Piuk che arrivano insieme subito dopo.
«Andiamo a prendere prima i libri, poi la tua bestia da compagnia e infine andiamo a prendere la bacchetta.»
Emma vuole comprarsi anche un manico di scopa per Quidditch, ma non dice niente annusando un possibile rifiuto dell’amica.
Al Ghirigoro comprano tutti i libri della lista; non è un negozio estremamente affascinante, forse i libri che ogni tanto svolacchiano da una parte all’altra della stanza sono divertenti, ma poi stufano.
Si dirigono poi, con due grosse borse piene di libri all’Emporio del Gufo.
«Tu hai un gufo?»
«Ho un gatto, Crisalide. Me lo ha tenuto Piuk quando sono tornata a casa»
«Un bel siamese» Piuk sistema meglio la borsa che ha in mano, rischia di rovesciare il contenuto da un momento all’altro.
«Ti va bene un gufo o preferisci altro?»
«Voglio un gufo di nome Franco»
Piuk e Irma la guardano in silenzio, pensano che non stia tanto a posto con la testa per chiamare un gufo Franco, ma non commentano o almeno non lo fanno ad alta voce.
Escono dal negozio con una gabbia e un gufo da granaio in più, Emma sembra soddisfatta della bestiola e alla fine si è fatta convincere a cambiare nome, Fran; i due ragazzi l’hanno convinta a togliere almeno due lettere, così da strappare il gufo a una tristissima vita da Franco.
 È il turno della bacchetta e Piuk sembra più agitato di Emma, «Ogni bacchetta è speciale, a seconda di ciò che la compone si può capire molto del mago che la possiede. È la prima volta che entro qua dentro, sono emozionato, non sei emozionata? Io sono molto emozionato»
«Tappati la bocca Piuk»
«Emma!»
«Ma non sta un attimo zitto!»
Il negozio ha un’insegna a forma di bacchetta che recita “Da Midro, le migliori bacchette del millennio.”
Emma scopre che Olivander in realtà è Midro e che invece di essere un vecchietto è un giovane biondo aitante sui trentacinque, con una grande passione per le bacchette e le donne.
Entrano in negozio e una melodia annuncia il loro ingresso.
Il negozio è luminoso, ma piuttosto piccolo, è composto da una stanza in cui vengono ricevuti i clienti e il retro dove si vedono pile e pile di scatole di bacchette. I tre ragazzi sono circondati da scaffali di lucide scatole colorate.
«Buon giorno ragazzi. Siete qui per comprare?»
Emma viene indicata da quattro mani.
«Scommetto che sei tu»
Emma sorride solo per sbrigare la cosa, vuole andare a comprare una scopa. Non vede l’ora di avere una bacchetta, sia chiaro, ma avere una scopa significa volare. Volare.
«Iniziamo»
Midro prende una scatola scura da sotto il bancone, «Inizio sempre da questa per orientarmi»
Emma prende in mano l’oggetto che inizia a spruzzare scintille, Midro lo mette al suo posto e comincia ad aggirarsi tra gli scaffali, «Vediamo un po’. Forse questa qui»
Prende una scatola verde scuro e tira fuori una bacchetta marrone.
«Melo. Non se ne fanno molte. È una bacchetta per animi nobili ed è difficile da piegare alla Magia Nera» recita Piuk osservandola.
«Ottimo, chi ti ha insegnato queste cose, ragazzo?»
«Autodidatta»
«Notevole»
La bacchetta si affloscia nelle mani di Emma, «E che cazzo»
Midro le consegna una scatola blu, «Questa cos’è?» dà la bacchetta alla ragazza ma fissa intensamente Piuk.
«Quercia, undici pollici. È una bacchetta leale che cerca un padrone forte e coraggioso»
La punta della bacchetta prende fuoco e Midro la strappa via dalla mani di Emma prima che bruci qualcosa, «Che cosa vuol dire? Che non sono forte e coraggiosa? Ti spezzo in due, sai?» minacciando la bacchetta la ragazza mostra di aver superato il suo già basso livello di sopportazione.
«Calmati, ti prego. Proviamo questa»
Le consegna una scatola rossa, tira fuori una bacchetta nero lucente. Midro guarda il ragazzo che studia la bacchetta dalle mani di Emma che la scuote cercando di far succedere qualcosa.
«Ebano, dodici pollici e mezzo, rigida. Una gran bella bacchetta, è ottima in qualsiasi campo, dalle battaglie alla Trasfigurazione. È la bacchetta degli anticonformisti, di chi è sé stesso ed è fuori dagli schemi, non è molto diffusa. È una bacchetta adatta anche alle Arti Oscure; degna di chi è saldo sui propri principi, convinzioni e non si lascia distogliere dagli obiettivi prefissati»
«Questa cosa non fa niente!»
«Allora è quella giusta. Le bacchette mostrano di aver trovato il loro proprietario donandosi a lui senza storie, senza scintille o altro. È lei, l’hai trovata. O meglio: ti ha trovata»
Piuk fissa Midro, «Vuoi sapere il cuore, vero?»
Piuk annuisce pronto per scavare nelle sue conoscenze.
«Drago»
«Le bacchette con corde di drago sono le più potenti, imparano in fretta e instaurano un legame stretto con il proprietario. È lunatica e facilmente convertibile alle Arti Oscure, ma solo se il proprietario vuole perché è una bacchetta molto fedele. Il cuore di drago permette di realizzare incantesimi spettacolari. Sei molto fortunata, Emma»
«È la bacchetta ad essere fortunata» Emma consegna la scatola a Midro e si sistema la bacchetta tra i passanti della gonna in modo da non perderla.
«Se mai avessi bisogno di un lavoretto, ragazzo, sappi che da Midro sei il benvenuto»
Piuk ringrazia felicissimo il negoziante, gli stringe la mano una, due, tre volte senza smettere di sorridere.
Fanno un giro per il paese, entrano in una locanda a mangiare un gelato e bere qualcosa, «Se fossi stato un mago, secchione come sei, saresti andato in Corvonero» i ragazzi ridono d’accordo.
Prima di andare nell’edificio dei camini passano davanti a una vetrina allestita con manici di scopa e divise da Quidditch; Emma si ferma a contemplare la merce con il naso sul vetro, appannandolo. Una scopa dal manico scuro e lucido attira la sua attenzione.
«Costeranno una fortuna» sia Piuk che Irma hanno anche loro il naso contro il vetro e lo stesso sguardo meravigliato.
La proprietaria del negozio, una donna dai lunghi capelli viola, li vede e li invita ad entrare. I tre non se lo fanno ripetere due volte, sono già dentro a sfiorare le varie scope e accessori.
«Volete comprare qualcosa?»
Emma indica la scopa di cui si è follemente innamorata, la vuole a tutti i costi; la donna torna con quella in mano, sul cartellino che pende dal manico c’è scritto il prezzo: trecentotrenta galeoni, alla ragazza ne sono rimasti solo duecentosettanta, «Sarà per un’altra volta»
Escono dal negozio delusi, speravano che Emma comprasse una scopa, «Credo di aver lasciato la mia anima là dentro» Piuk ed Emma annuiscono insieme.
Davanti a una gelateria incontrano Magnolia e un ragazzo vestito con i colori di Tassorosso; ha il colore della pelle e i tratti tipici hawaiani, si presenta con il nome di Rj.
«Sei Emma Wood, diamine! I tuoi genitori devono essere più ricchi di un re, avranno un conto aperto in banca.» dice Rj quando gli spiegano il perché di quei musi lunghi. Gli occhi dei tre ragazzi s’illuminano e loro corrono alla banca.
Il folletto all’entrata si rifiuta di farli accedere al conto dei Wood perché non ha una loro autorizzazione. I ragazzi si allontanano trascinando via Emma che scalpita urlando, «Sono Emma Wood, aspetta che mio padre lo venga a sapere!» non ha niente da dire a suo padre, semplicemente non è riuscita a trattenersi nel dire questa frase; Irma scoppia a ridere.
Tornate a scuola le ragazze si separano da Piuk che deve aiutare suo padre con i preparativi per i provini di Quidditch; si stanno per separare anche loro due quando Emma ferma l’amica trattenendola.
«Piuk sembra così annoiato a mangiare a quel tavolo. Perché non mangia con noi?»
«Non è in nessuna casa, dove dovrebbe mangiare?» Irma risponde con un brutto tono, quasi acido, perché sa già che Emma farà succedere qualcosa che cambierà l’equilibrio delle cose.
«I Grifondoro non sono di animo nobile, pronti ad aiutare chi è in difficoltà?»
Irma non risponde, si limita a guardare l’amica negli occhi sapendo che ha ragione.
«Non siete voi?»
«Sì, ma andrebbe contro le regole, penso»
«C’è una regola che vieta ai Magonò di pranzare con noi?»
«No, ma…»
«Non ha amici tra gli studenti?» Emma non vuole nemmeno sentire le deboli proteste dell’amica.
Dopo averci dovuto riflettere risponde, «Non ha molte occasioni per fare amicizia: lui lavora e noi studiamo, non ci sono punti di contatto. Io l’ho conosciuto perché mi è piaciuto da subito. Oltre a noi due non c’è nessun altro»
Emma rimane in silenzio pensando a una soluzione, Irma tace pronta a controbattere: non vuole essere lei ad andare contro un divieto della scuola, ci sono centinaia di divieti e ce ne sarà uno anche per quello.
«Se non vuoi fare niente tu lo inviterò io a mangiare al mio tavolo» con la coda dell’occhio scruta la reazione dell’amica. Sorpresa, come aveva pensato.
«No, non puoi, te lo proibisco. Lo massacreranno! I Serpeverde detestano i babbani perché non sono magici, figuriamoci i Magonò che dovrebbero avere la magia nel sangue»
«Allora invitalo tu, non vedi quanto vorrebbe stare con qualcuno della sua età come te? Oggi ha saltato il lavoro per venire a comprare dei libri con noi»
Irma arrossisce e gira i tacchi con un «Ci penserò»
   
 
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