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Autore: TheGreedyFox    09/01/2017    4 recensioni
Un ragazzo coraggioso e solo, dal cuore come addormentato, che sogna di trovare un amico. Un vecchio misterioso in lotta contro il destino. Una promessa fatta e mantenuta, un segreto a lungo custodito, un libro di cui nessuno ha mai sentito parlare, un viaggio che è quasi un atto di fede, un amore delicato come un fiocco di neve ed un incontro sognato ed atteso che finirà per cambiare più di una storia... Perché ciò che accade in un racconto resta in un racconto... oppure no?
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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The Guy From The Book
Una Favola di Natale


 

03 . Un Solo Corpo, un Solo Cuore

- A Camelot? –

Solo nel pronunciare quel nome il ragazzo sentì un lungo brivido di eccitazione corrergli lungo la schiena, però fece del suo meglio per ignorarlo e ripeté invece le parole del vecchio, enfatizzandole con una mezza risata, senza preoccuparsi di mascherare la propria incredulità.

- A Camelot – Confermò ancora Kilgharrah, senza scomporsi, con un che di definitivo nella voce che fece sentire il ragazzo come se il vecchio antiquario l’avesse appena messo con le spalle al muro.

- Lei non può essere serio. – ribatté il ragazzo dopo un muto silenzio, muovendosi a disagio sulla sedia.

- Perché no? –

- Perché... perché non ha senso! Cosa dovrei fare io laggiù? Io sono solo un ragazzo che conosce troppo poco persino del suo stesso mondo... cosa potrei mai fare in un mondo che non è neanche il mio? Non durerei neanche due secondi laggiù... non riuscirei neanche ad incontrarlo Merlin... – ma, non appena pronunciò quella frase, tutto il resto di ciò che voleva dire gli si strozzò improvvisamente in gola e lui si ritrovò a corto di parole, con lo stupido, meravigliosamente folle desiderio di credere alle fantasie di quel vecchio pazzo.

Incontrare Merlin... quanto sarebbe stato stupendo se fosse stato davvero possibile?

Il vecchio parve cogliere quel mutamento nel suo umore, perché lo incalzò ancora, quasi non volesse lasciargli il tempo di pensare o di permettere alle sue paure di far vacillare la sua determinazione.

- Se tu non accetterai la mia offerta ho paura che il destino che hai sognato per lui non si compirà mai. Il tuo Merlin si sta recando a Camelot per aiutare qualcuno, l’unico in grado di riportare le cose a com’erano un tempo, di concedere vera pace e giustizia al regno e libertà a coloro che sono nati con la magia. Eppure quel qualcuno non è pronto ad incontrarlo. Il suo cuore si è indurito, l’uomo a cui guarda come esempio gli ha riempito l’animo di orgoglio e bugie, l’ha costretto, in nome del dovere, ad atti che non avrebbe mai compiuto... L’ha spinto verso un cammino che non è il suo, rischiando così di farlo smarrire. Di fargli mancare il proprio destino. Merlin potrebbe cambiare tutto questo ma solo se quel qualcuno sarà in grado di ascoltare, di credere alle sue parole, di scorgere il suo vero valore superando orgoglio e diffidenza... e questo non accadrà. Lo so. L’ho visto. Predetto. Il principe non è pronto. Devi andare laggiù ragazzo. Devi andare laggiù. Altrimenti nessuno di noi sarà mai libero. –

Il ragazzo rimase in silenzio, le labbra strette in una linea sottile, pallida. Non capiva ancora bene cosa gli stesse veramente chiedendo quell’uomo e sembrava ancora tutto troppo assurdo, troppo impossibile perché la sua mente accettasse di venire a patti con quell’idea.

Il vecchio in pratica gli stava dicendo che era possibile entrare in un racconto... solo un pazzo avrebbe...

- Non in un racconto. No... – Lo interruppe l’altro – Ma nel mio mondo, il mondo da cui provengo. I tuoi libri non sono altro che libri, al massimo puoi considerarli un tramite, il modo in cui ho fatto sì che Merlin e la sua magia arrivassero fino a te... Non ti chiederò di saltare dentro una pagina, sta’ tranquillo... – concluse poi con una risatina.

Il ragazzo trattenne a stento il respiro, sorpreso che il vecchio fosse ancora riuscito ad anticipare i suoi dubbi.

- Ma come...? –

Il vecchio si picchiettò divertito la fronte con un dito.

- Drago. Ricordi? Possiamo leggere nella mente se lo vogliamo... anche se qui, in questo tuo mondo, farlo mi stanca immensamente. –

- Beh, la smetta! La smetta immediatamente! Avere lei che mi gironzola tra i pensieri non mi porterà di certo più vicino ad accettare la sua proposta! –

- Non ho bisogno di leggerti nella mente per sapere che andrai. Ce l’hai scritto in faccia. Hai già deciso e sei praticamente ad un passo dall’ammetterlo! Non farmi perdere altro tempo! Ancora pochi minuti e sarà troppo tardi! – Continuò il vecchio, guardando con una certa apprensione l’orologio appeso al muro. Erano le 12:55. Il ragazzo si stupì nello scoprire che non era passata che un’ora dal suo arrivo.

- Come può dire che accetterò? Cosa la rende così sicuro? –

- Il fatto che tu ci tenga davvero. Che ci abbia sempre tenuto. Perché hai aspettato i miei libri per tutta una vita, anche quando sei diventato grande ed ai tuoi occhi avrebbero potuto perdere la loro magia, e perché hai considerato per così tanti anni un amico un ragazzo che, per quanto ne sapevi tu, altro non era che un frutto della mia immaginazione. Ora io ti sto dicendo che quella persona esiste davvero. Vuoi davvero farmi credere che rinunceresti ad incontrarlo? – Gli chiese, quasi facendosi beffe di lui.

Poi tornò serio, drizzando la schiena in una posa fiera.

- So che andrai ragazzo, non perché questo è ciò che ti chiedo io ma perché è ciò che ti suggerisce il tuo cuore. – E dicendolo il vecchio lo guardò quasi con affetto, ricordandogli per un momento l’uomo che gli era venuto in soccorso tanti anni prima, il giorno in cui il suo cuore aveva rischiato di chiudersi una volta e per sempre.

Gli doveva così tanto ed in quei pochi minuti quasi l’aveva dimenticato... Quella vecchia canaglia aveva ragione. Sarebbe andato. Certo che sarebbe andato. Non c’era mai stata alternativa possibile. Non ce n’era stata da quando aveva ricevuto la lettera del vecchio in quella nevosa mattina di pochi giorni prima.

Avrebbe seguito quella storia e Merlin fin dove l’avrebbero portato.

Fosse anche in capo al mondo e oltre.

Fosse anche a Camelot.

- Quando posso partire? – Si limitò a chiedere, abbassando le spalle in un sospiro rassegnato.

- Ora sarebbe fantastico – Rispose il vecchio con un sorriso.

 

- Ma cosa dovrò fare esattamente quando sarò lì? –

Non appena accettata la proposta del vecchio, il ragazzo si era visto trascinare al centro della stanza e venir lasciato lì in piedi, con le mani in mano, mentre il vecchio se ne stava ad occhi chiusi davanti a lui a borbottare qualcosa che il ragazzo non riusciva a comprendere. Una strana luce dorata sembrava filtrare dalle sue palpebre chiuse. Il ragazzo provò ancora per un istante l’impulso di scappare via e solo la voce irritata del vecchio gli impedì di seguire quell’impulso.

- Di questo non devi preoccuparti. Lo capirai una volta arrivato. –

- Sì ma ancora non mi è chiaro in che modo potrò aiutare Merlin... Dovrei trovarlo? Dirgli chi sono? Dargli dei consigli su come trattare col principe... –

- Ancora una volta ti ripeto che non dovrai preoccuparti di questo. Il corso d’azione ti sarà chiaro una volta arrivato. Credimi. Sarai più che all’altezza. –

- Sì ma cosa dovrò dire se mi chiederanno da dove vengo e come mi chiamo? –

- Non credo che lo troverai un problema. –

- Ma non ha senso! Come mangerò? Dove dormirò? –

- Fidati di me... avrai cibo e riposo in abbondanza... –

- Ma sto andando in un posto totalmente sconosciuto! In cui neanche esisto! A chi mi rivolgerò in caso di bisogno? –

- Vedrai che non ce ne sarà motivo... e comunque io non sarò mai molto lontano... –

- E questo che significa? –

Il vecchio, visibilmente esasperato dalle continue interruzioni, puntò di nuovo un dito ossuto verso se stesso.

- Drago. Ricordi? Viaggiamo attraverso i mondi, comunichiamo telepaticamente... –

- Quindi potrò rivolgermi a lei? –

- Oh quanto parli ragazzo! Vuoi farmi lanciare in santa pace questo incantesimo! Credi che sia uno scherzo riuscire ad inviarti nel luogo e tempo designati? Vuoi ritrovarti nel bel mezzo di una foresta o nella sala del trono durante un cerimoniale? Sei sicuro di voler scoprire cosa ne penserebbe il re del tuo comparire dal nulla, nel bel mezzo della corte, come per magia? –

- Non c’è bisogno di scaldarsi! E di sicuro non voglio che lei mi spedisca chissà dove... è che mi sembra tutto terribilmente affrettato. Non mi ha detto praticamente nulla... Sia serio! Come pensa che... –

- Te l’ho detto ragazzo, devi fidarti di me. Andrà tutto bene. Credimi. A te – disse il vecchio, enfatizzando sull’ultima parola - non accadrà assolutamente nulla di male. – e così dicendo gli strinse forte le spalle guardandolo fisso in volto, come per infondergli una sicurezza che il ragazzo era ben lontano dal provare.

- Ora, se possiamo procedere... –

Il ragazzo, non ancora del tutto convinto, gli fece suo malgrado un segno d’assenso, ed il vecchio tornò a borbottare i suoi incantesimi, mentre la stanza tornava a scurirsi e il fragoroso frusciare d’ali a far tremare gli scaffali tutt’intorno.

Gli occhi del vecchio si spalancarono all’improvviso, come due piccoli soli morenti, e l’aria cominciò a mulinare intorno al ragazzo, colorandosi d’oro, e lui cominciò a sentire come una leggera apprensione alla bocca dello stomaco, qualcosa che cresceva e saliva dentro di lui, un’emozione potente, paura mista ad eccitazione, come se stesse per lanciarsi nel vuoto, eppure il pavimento di legno del negozio era ancora saldo sotto i suoi piedi e, anche se non riusciva più a scorgere la stanza intorno a lui, la voce chiara di Kilgharrah era ancora lì a rombargli nelle orecchie.

Poi tutto si fermò, come un istante sospeso tra due respiri, e la polvere d’oro intorno a lui si accese di luce propria, fino a coprire tutto il resto. Il frusciare d’ali si spense, la voce smise di declamare, e quell’emozione che fino ad allora gli era gorgogliata nel petto si gonfiò fino a scoppiare, lasciandogli come un senso di nostalgia nel cuore. La paura scivolò via, così come l’eccitazione, ed il ragazzo si accorse di avere sotto le scarpe non più il caldo pavimento di legno del negozio di Kilgharrah ma terriccio, e di poter sentire sul viso il calore del sole.

Capì di non essere più in una biblioteca scura, nascosta tra le vie di Londra, in una grigia mattina d’inverno. Gi scaffali traboccanti di libri non lo riparavano più. Era pieno giorno e lui era nel bel mezzo di un cortile, non portava più i suoi vestiti ma una mezza armatura di ferro ed una scomoda cintura di cuoio con almeno due spade appese al fianco, ed era in mezzo ad un gruppo di altri uomini che non conosceva ma che sembravano ridere a qualunque cosa lui dicesse.

Risate vuote, crudeli e sguaiate, prive di vero divertimento.

Davanti a lui c’era un povero servitore, che magro e a disagio si riparava dietro un bersaglio di legno. Notò che nel bersaglio erano già conficcati tre o quattro pugnali e lui, chissà come, se ne ritrovava in mano un quinto che sembrava dover far la stessa fine dei precedenti. Gli uomini intorno a lui ridevano e lo incitavano a continuare in quell’assurdo gioco, ed anche se l’espressione del povero scudiero gli faceva venir voglia di buttare il pugnale a terra e andare lì a chiedergli scusa, una parte di lui sembrava rispondere a quell’incoraggiamento, bramava il senso di libertà che quel potere gli faceva provare, la sicurezza inconfutabile di poter fare ciò che voleva perché nessuno avrebbe potuto opporglisi. Nessuno avrebbe osato sfidarlo.

Il ragazzo, a quell’ondata improvvisa di sensazioni, si spaventò perché non le riconosceva... non erano sue e non gli appartenevano. Così come non gli apparteneva l’amaro piacere con cui infine lanciò il quinto pugnale contro il bersaglio.

Sentì il proprio braccio sollevarsi, lo sguardo farsi più acuto, eppure non era sua la volontà che muoveva quelle azioni. Era come se qualcun altro avesse il controllo sul suo corpo, qualcuno di cui intuiva i pensieri e percepiva le emozioni, qualcuno che in quel momento stava mostrando di divertirsi un mondo anche se, in fondo in fondo, non si divertiva affatto, qualcuno la cui anima pesava come se portasse il peso del mondo addosso.

Il ragazzo cercò con tutte le sue forze di sottrarsi a quella volontà, di fare un passo, muovere una mano, volgere il capo, trattenere il respiro. Fu tutto vano.

Era imprigionato, come fuso, nel corpo di qualcun altro, senza scampo, senza una via di fuga.

Qualcosa era andato storto.

Qualcosa era andato tremendamente storto.

Il terrore che gli provocò quel pensiero sembrò per un attimo capace di sopraffarlo, di paralizzargli la voce ed i pensieri, eppure di quel suo tumulto il corpo che l’ospitava sembrò quasi non accorgersi, continuò a sghignazzare con i suoi compari, senza averne veramente voglia, finché una voce non catturò la sua attenzione.

E quella del ragazzo con lui.

- Ehi. Andiamo, è abbastanza. – *

Il corpo che l’ospitava ebbe un sussulto a quella frase, come se in tutta la sua vita quell’uomo non fosse mai stato interrotto in vita sua, come se quella fosse un’esperienza nuova per lui, che non gli piaceva affatto.

Poi il ragazzo sentì quel corpo voltarsi verso la voce e si ritrovò a guardare un ragazzo di poco più giovane di lui, un ragazzo alto e magro, vestito come un servitore, con un viso amichevole e le orecchie più straordinariamente a sventola che avesse mai visto. C’era qualcosa, in quel viso, che fece suonare come un campanello dentro di lui, ma il ragazzo non riuscì ad attribuire un significato specifico a quell’emozione e quindi la lasciò correre via.

L’apparire del ragazzo però lo fece subito sentire meglio e lo rese più tranquillo, rincuorato che qualcuno avesse avuto il buon senso di interrompere quello stupido divertimento.

Il suo ospite però non era assolutamente d’accordo con lui.

- Cosa? – Chiese confuso il corpo che l'ospitava, indispettito verso quel ragazzo che si permetteva di interrompere il suo triste gioco.

- Ti sei divertito abbastanza, amico mio. –

E che gli faceva anche la lezione.

- Ti conosco? – Chiese nuovamente il suo ospite, ed ora il ragazzo sentiva una punta di eccitazione scorrere in quei pensieri alieni eppure familiari, come se il tizio con cui condivideva il respiro avesse appena messo gli occhi su un gioco nuovo e fosse ansioso di vedere quanto quel gioco avrebbe potuto divertirlo.

- Sono Merlin. – rispose allora il giovane, tendendo una mano fiduciosa.

Merlin.

Il ragazzo davanti a lui era Merlin! Ma certo... e come poteva non esserlo? Stupido lui a non riconoscerlo... Era esattamente come l’aveva immaginato mentre leggeva affascinato le sue avventure, lo stesso sguardo intelligente, la stessa espressione gentile, lo stesso sorriso beffardo e quelle buffe orecchie... le orecchie avrebbero dovuto rivelargli la sua identità già da molto prima...

In quel momento il ragazzo avrebbe voluto fare tante cose: salutare Merlin a gran voce, corrergli incontro magari e stringergli la mano, dirgli quanto avesse desiderato poterlo incontrare e quanto fosse incredibile e fortunata quella coincidenza... ma non poté fare nessuna di quelle cose, perché il suo ospite si avvicinò veloce a Merlin, ignorando la mano che lui gli tendeva, e buttando lì un sardonico: - Allora non ti conosco. –

Ahia... le cose si mettevano male.

- No. – rispose Merlin, che ancora non sembrava essersi reso conto della rabbia silenziosa che si stava agitando nel cuore dell’altro. Ma lui poteva sentirla, poteva provarla, come se esistesse ai margini del proprio cuore e lui se ne sentisse sfiorare senza che però riuscisse a contagiarlo.

In quale guaio l’aveva spedito Kilgharrah?

- Eppure mi hai chiamato amico. – Continuò il suo ospite, con fare altezzoso, e fu allora che lo sguardo di Merlin cambiò, ed il ragazzo capì l’esatto momento in cui lo stregone decise che la persona che aveva davanti era un idiota fatto e finito, che non valeva metà del suo tempo.

- Errore mio. – disse allora Merlin, con una smorfia che non lasciava dubbi su ciò che stesse pensando del gradasso che aveva davanti.

- Già, lo penso anch’io. – Rispose l’ospite del ragazzo, irritato oltre ogni dire, e il ragazzo sentì ribollire dentro quel corpo il bisogno di rimettere quell’impertinente dalle buffe orecchie al suo posto.

- Non vorrei mai un amico che sappia essere così cretino. – Disse Merlin, lasciando il ragazzo ed il suo ospite completamente a corto di parole. Poi voltò le spalle ad entrambi loro e si allontanò, come il protagonista di un film che se ne va da vincitore, riuscendo ad avere l’ultima battuta. Il ragazzo lo ammirò immensamente per questo.

Il suo ospite meno.

I suoi pensieri e le sue emozioni sfavillavano e bruciavano come torce nella notte ed il ragazzo riusciva a sentirli come fossero suoi: quell’impertinente aveva davvero osato rivolgersi a lui in quel modo? Non riusciva a crederci... Non poteva lasciarlo andar via così. Il ragazzo sentì l’impulso del proprio ospite a richiamare Merlin così che non osasse allontanarsi da lui, talmente forte da schiacciargli il cuore. E no, quell’idiota non la stava prendendo bene per niente.

- Né io ne vorrei uno che sappia essere così stupido. –

C’era qualcosa, oltre l’indignazione, che si agitava nel cuore del suo ospite mentre diceva quelle parole... Compiacimento... Attesa... come se lui e Merlin stessero giocando una partita di poker ed il suo ospite stesse gongolando perché sapeva di non aver ancora mostrato tutti i suoi assi...

Il cuore del ragazzo si fece piccolo mentre la preoccupazione per Merlin cresceva di momento in momento. Cosa aveva in testa quell’imbecille? Perché sogghignava così?

- Dimmi, Merlin, sai camminare sulle ginocchia? – Ancora quell’emozione, quella voglia da parte del suo ospite di pregustare ancora per un attimo ciò che sapeva stava per accadere...

- No. – Rispose Merlin, fiero, senza arretrare di un millimetro, guardandolo dritto in faccia, con quei suoi occhi che, ora il ragazzo poteva vederli bene, erano così dannatamente blu...

- Ti aiuto? – Chiese allora il suo ospite, cercando guai.

- Non lo farei se fossi in te. – Una risposta criptica, che forse sembrava smargiassa da parte di un ragazzo così esile e magro, ma il ragazzo sapeva bene cosa Merlin volesse dire, la vera minaccia racchiusa dietro quelle parole... Merlin avrebbe potuto occuparsi di quell’idiota con un soffio, solo sbattendo le ciglia e facendo brillare i suoi occhi d’oro, se non lo faceva era solo perché così avrebbe tradito il suo segreto. Il suo ospite era un bastardo fortunato.

Quella risposta sembrò divertire immensamente il suo ospite, il primo vero, sincero, accenno di divertimento che il ragazzo scorgeva in lui.

- Perché? Cosa mi farai? – Chiese quello.

- Non ne hai idea. – Rispose Merlin, e forse chissà, stava davvero pensando ad un modo per dargli una lezione. Il ragazzo, in cuor suo, lo sperò.

- Fai pure. Forza. – Lo istigò il suo ospite. Il ragazzo lo sentì trepidare perché Merlin facesse un gesto, un solo gesto per raccogliere la sfida... Perché? Cosa sapeva quell’idiota che loro ignoravano?

- Forza! Forza. –

Merlin a quel punto provò a tirargli un pugno, cosa che sorprese il ragazzo che si era aspettato un approccio più... magico... alla situazione.

Il cuore del suo ospite sogghignò di gioia per essere riuscito a farlo reagire alla propria provocazione. Bloccò il suo colpo in una sola fluida mossa e poi gli disse, a metà tra la frustrazione ed una punta di tristezza, come se gli dispiacesse, in fondo, che le cose fossero finite così, anche se era stato lui l’artefice di tutto: - Ti manderò in galera per questo. –

- Chi ti credi di essere, il Re? – Chiese Merlin, cercando ancora di dire la sua.

- No, sono suo figlio... Arthur. – E mentre diceva quelle parole, in quel cuore che il ragazzo riusciva a sentire, non c’era più nessuna gioia.

 

Arthur Pendragon. Il ragazzo si trovava nel corpo di Arthur Pendragon. Il principe di Camelot, figlio di Re Uther in persona.

Ecco cosa aveva voluto dire Kilgharrah quando gli aveva detto di non preoccuparsi, che non avrebbe avuto difficoltà a giustificare la propria presenza a Camelot, che per lui non sarebbe stato difficile trovare cibo e riparo, che nessuno avrebbe fatto domande o creato problemi...

Certo che nessuno gli avrebbe creato problemi! Era dentro il dannato corpo del dannato principe! Senza poter muovere un muscolo, senza poter dire una sola parola, senza una volontà propria... era un dannato spettro, un dannato fantasma!

Kilgharrah l’aveva ingannato... Il ragazzo non sapeva perché ma la vecchia lucertola l’aveva attirato con l’inganno in quella situazione da incubo e lui non aveva nessuna idea di come tirarsene fuori...

E Merlin... Oh Dio... quell’idiota aveva sbattuto Merlin in prigione, così, senza colpo ferire, solo perché aveva osato dire ciò che chiunque aveva pensato osservando quella scena pietosa in cortile ma che nessuno aveva avuto il coraggio di esternare ad alta voce.

Solo Merlin.

Solo Merlin aveva potuto.

Perché, il ragazzo lo sapeva, Merlin non avrebbe mai potuto restare in silenzio a guardare. Perché Merlin era migliore di tutti loro... Quell’arrogante del principe non aveva idea di chi avesse davanti... aveva immobilizzato Merlin con un solo gesto, come se fosse un pupazzo, una sfida da niente, quasi deluso che quel gioco nuovo ed eccitante fosse finito così presto...

Se solo avesse saputo cosa Merlin era in grado di fare forse non avrebbe riso così, non avrebbe provato quel misto di sadica soddisfazione e delusa tristezza nel rivelargli la propria identità. Sarebbe stato così facile, per Merlin, dargli il fatto suo... mentre il principe lo teneva stretto a sé, al ragazzo era quasi sembrato di sentire l’anima dello stregone vibrare dal desiderio di dare a quell’arrogante un assaggio della propria magia... ma Merlin invece era rimasto zitto e buono finché le guardie non erano venute a prenderlo, senza reagire, senza combattere...

Idiota di un Pendragon” pensò il ragazzo, mentre giaceva nel letto del principe, mentre quella testa vuota dormiva della grossa, senza dedicare più un solo pensiero al ragazzo che tanto coraggiosamente l’aveva affrontato e che lui aveva fatto sbattere in gattabuia.

Cosa poteva fare? Come tirarsi fuori da quella situazione? Aveva provato a contrastare la volontà del principe... diamine... nelle ultime ore non aveva fatto altro... ma niente! Nonostante i suoi sforzi Arthur Pendragon si era recato ovunque aveva voluto, aveva fatto e detto ciò che più gli aggradava, il ragazzo non era riuscito a fargli muovere neanche un dito, neanche un sopracciglio... il principe neanche si era accorto di lui, che lui fosse lì, ad un passo dal suo cuore, ad un passo dalla sua mente, prigioniero di quel corpo che ora condividevano ma che lui non riusciva a controllare...

Quel dannato drago!” pensò il ragazzo “Ah ma se riesco a mettergli le mani addosso...!”

Ragazzo!

Una voce, una voce secca e sabbiosa, una voce antica e conosciuta, rimbombò all’improvviso nella sua mente graffiandogli i pensieri. Una voce terribilmente simile a quella di...

Ragazzo!” ripeté quella, impaziente.

Kilgharrah!” quasi ruggì il ragazzo, in risposta a quel richiamo “Mostrati codardo! Mostra la tua subdola faccia ingannatrice... Io mi fidavo di te! Ho fatto tutto quello che mi hai chiesto ed ora tu...” il ragazzo cercò di ritrovare una calma che non provava “Dove sei? Dimmi dove sei!

Mostrarmi?” chiese con voce derisoria e allo stesso tempo triste Kilgharrah “Credimi, ragazzo... vorrei davvero poterlo fare...”. Il drago prese un respiro stanco e poi aggiunse “No ragazzo... se vuoi confrontarti con me credo che dovrai seguire la mia voce...”

Seguire la tua voce? Seguire la tua voce?! Cos’è? Uno scherzo? Un altro tuo stupido, crudele gioco? Non posso neanche sbattere gli occhi se questo idiota non me lo permette! Come pensi che possa seguire chissà dove il tuo odioso sibilare?” sbraitò il ragazzo, cercando di far sgorgare dalle proprie parole tutto il disprezzo che provava verso colui che un tempo aveva considerato il proprio benefattore.

Vedo che fidarti non è il tuo forte, eh ragazzo? Data la situazione non me la sento di biasimarti... Imparerai che però, a volte, fidarsi è l’unica scelta che ci rimane... Prova ad alzarti da quel letto prima di sbraitare ancora... Tenere il principe incosciente abbastanza a lungo da permetterti di raggiungermi è quanto di più estenuante possa chiedere alla mia magia... Non so per quanto riuscirò a resistere, quindi smettila di cianciare e raggiungimi! Non abbiamo molto tempo”.

Il vecchio drago non fece in tempo a proferire quelle parole che il ragazzo si era già tirato su a sedere sul letto, le gambe che penzolavano in cerca del pavimento. La gioia che provò nel essere di nuovo libero di muoversi a piacimento gli cinguettò nel cuore fino a zittire ogni altro suono.

Libero.

Finalmente.

Il suo primo pensiero fu quello di scappare. Lasciare la vecchia lucertola a marcire nella sua prigione, ovunque essa fosse, e scappare via dal castello fin quando ne aveva l’occasione, per poi cercare un modo per tornare a casa.

E dove andresti?” chiese Kilgharrah, leggendogli nella mente e nel cuore e poi aggiunse, quasi divertendosi “E poi... non stai dimenticando nessun altro?”

Merlin” ricordò il ragazzo, e quel pensiero fu doloroso, una stilettata al cuore, una folata gelida in pieno petto capace di togliergli il respiro.

Chi l’aiuterà se tu te ne andrai?”

Io non posso aiutarlo” rispose il ragazzo con tristezza “Tu mi hai ingannato. Non ho modo di fare ciò che mi hai promesso... cambiare il suo destino... sono solo un parassita, un prigioniero... senza voce, senza volontà...”.

Non è così ragazzo. Non è così. Posso non averti detto tutta la verità quando ti ho parlato di questo viaggio ma non ti ho mentito su questo. Tu puoi cambiare il destino di Merlin. Sei l’unico che può farlo... tu e Arthur... insieme.”.

Questo idiota ha messo Merlin in prigione! Dovremmo affidare parte del suo destino a lui?” chiese indignandosi il ragazzo.

Ti avevo detto che il principe non era pronto... Se lo fosse stato... tu non saresti qui.”

Io non capisco”.

Raggiungimi e ti spiegherò tutto. Però sbrigati, perché sento già le forze venirmi meno”.

Il ragazzo esitò ancora un secondo, ancora arrabbiato, ancora dubbioso, poi il volto di Merlin, acceso e fiero mentre affrontava l’erede al trono, gli attraversò la mente come un colpo di fucile, diretto, letale, e quindi, senza indugiare oltre, il ragazzo seguì la voce del drago per corridoi bui, superò sentinelle addormentate (sicuramente opera di Kilgharrah) e scese giù, sempre più giù, nelle profondità del castello, fino a raggiungere una caverna immensa e spaventosa in cui, maestoso e terrificante, il drago che aveva preso in mano il sui destino, aspettava, appollaiato su una roccia, con quei suoi occhi gialli che ora il ragazzo riconosceva che bruciavano silenziosi come tizzoni morenti.

- Allora sei davvero una lucertola... – si lasciò scappare il ragazzo, cercando di mascherare con l’umorismo il terrore che l’aveva avvinto davanti a quella bestia millenaria. Si morse la lingua, sicuro che Kilgharrah gli avrebbe detto il fatto suo, ma il drago si limitò a guardarlo con fare severo, sembrando ogni secondo più stanco, più spento, più vecchio.

- Non ho tempo da perdere con i tuoi insulti ragazzo... Non è per questo che ti ho portato qui... – disse Kilgharrah, la voce bassa e roca ma mortalmente seria.

- E perché mi hai portato qui allora? – chiese il ragazzo, piano, quasi un sussurro.

- Perché vedessi con i tuoi occhi che non ti ho mai mentito. Non veramente. Come puoi vedere – disse il drago sollevando una zampa ancorata ad una vecchia catena – Io sono davvero imprigionato in questa caverna e Merlin è davvero qui a Camelot per incontrare il suo destino... come vedi non ho mentito su nessuno di questi fatti... –

- Non mi hai detto però che sarei stato anch’io prigioniero, una volta raggiunto il tuo mondo! Non mi hai detto che sarei stato ostaggio di questa farsa di principe, di questo arrogante buffone, di questo... –

La risata secca di Kilgharrah sferzò l’aria come un tuono.

- Cos’hai da ridere, vecchio drago? – chiese irritato il ragazzo.

- Rido del modo in cui parli di lui... –

- Si merita questo e altro... è solo un fantoccio, un bullo viziato, un... –

Il vecchio drago rise ancora più forte, nonostante l’evidente sforzo che quel semplice atto gli produceva.

- Da quando sei arrivato a Camelot non hai avuto modo di specchiarti... vero ragazzo? –

E mentre diceva quelle parole il vecchio drago fece ardere i propri occhi e davanti al ragazzo comparve uno specchio fatto d’acqua, pura e cristallina, perfettamente immobile se non per i bordi che oscillavano leggermente, come piccole onde che si infrangevano su una riva inesistente.

Il ragazzo gettò uno sguardo all’immagine che lo specchio gli rifletteva e poi proruppe in un esclamazione sorpresa.

- Che io sia dannato... cos’è questa magia? –

- Non hai mai visto uno specchio d’acqua, ragazzo? – chiese Kilgharrah, sogghignando.

- Non quello! Il mio... il mio viso! Quello è il mio viso! Cosa diavolo significa? Parla lucertola, svelto! –

- Significa che c’è un motivo se ci sei tu ora in quel corpo, c’è un motivo se tu e nessun altro si è presentato nel mio studio questa mattina, se la storia di Merlin ti ha chiamato per tutti questi anni come se cantasse a te e a te soltanto.... Vedi ragazzo, ho impiegato tempo per trovarti, ho impiegato tempo per portarti qui, perché la mia ricerca non era facile... al tempo eri solo un bambino... promettente, è vero... ma come tanti altri... occhi azzurri, capelli biondi, cuore impavido e solitario, testardo ma d’animo insospettabilmente gentile... non avevo molto su cui basarmi... ognuno di voi era un’opzione, una possibilità, tante fiammelle in attesa di qualcuno che le facesse brillare... eppure io sapevo che solo uno di voi alla fine sarebbe rimasto, solo uno era il ragazzo destinato a condividere il cuore del principe... solo uno avrebbe risposto a Merlin come avrebbe fatto Arthur se suo padre negli anni non gli avesse avvelenato il cuore e la mente... perché, vedi ragazzo, tu sei lui e lui è te... venite da mondi diversi ma siete, in sostanza, la stessa persona... ecco perché non avresti potuto essere che tu, ecco perché sei parte di questa storia ed ecco perché solo tu hai il potere di cambiare il destino di Merlin, il mio e quello di tutta Camelot. Il principe non ascolterà nessun altro, non seguirà nessun altro consiglio, solo tu potrai guidarlo lì dove già vuole andare il suo cuore. –

- Non è vero, non posso fare nulla di tutto questo! Dannazione Kilgharrah, lui non si accorge neanche di me, che io sia dentro di lui! –

- Dovrai riuscire a farti ascoltare. Col tempo, vedrai, i vostri cuori diventeranno uno... –

- Ma... come? In nome del Cielo, come? –

- Quando sarà il momento lo capirai... –

- Ancora enigmi! Che io sia dannato se mi lascerò giocare come l’ultima volta! –

- Temo che non avrai altra scelta ragazzo... il principe si sta già svegliando... non riesco più a tenerlo... ti prego... corri... va’... non credo ci rivedremo ancora... –

- Kilgharrah! –

- Va’... ho detto! –

Il ragazzo provò una rabbia profonda nel sentirsi congedare così, però Kilgharrah diceva il vero, il ragazzo già sentiva le membra farsi pesanti, lo sforzo necessario per tenersi in piedi quasi intollerabile. Gettando al drago un ultimo sguardo arrabbiato e deluso, il ragazzo che veniva da un altro mondo corse verso la stanza del principe senza più voltarsi indietro, sentendo ad ogni secondo di perdere la presa su quello che per un po’ era stato il suo corpo, quel corpo che era uguale al suo, a com’era stato a casa, nel suo tempo, nella sua vita...

Lui, Arthur Pendragon. Lui, il principe. Kilgharrah aveva detto che lui e Arthur erano praticamente la stessa persona, che Arthur era il suo doppio, che condividevano lo stesso cuore... A lui proprio non sembrava... Arthur era arrogante... sbruffone... crudele... Eppure il ragazzo non poteva fare a meno di ricordare la tristezza che aveva colto nella sua risata, la sensazione abbagliante, dilaniante, di essere solo nonostante avesse intorno così tante persone... forse in qualcosa si assomigliavano dopotutto...

Ma sarebbe stato abbastanza?

Abbastanza perché il principe riuscisse a sentire la sua voce, a sentir ragione, a lasciarsi guidare da lui e da Merlin verso quello che sembrava essere il loro destino? Il ragazzo non credeva fosse possibile. Il cuore di Arthur Pendragon era come chiuso dentro un forziere, nascosto da spesse pareti di metallo. Chi avrebbe potuto scalfirlo, toccarlo, cambiarlo, almeno un po’...?

Kilgharrah credeva che quel qualcuno potesse essere lui, che solo lui possedeva la chiave per tentare l’impossibile e dare a Merlin il futuro che meritava...

E lui avrebbe provato a farlo. Per Merlin, avrebbe provato. Avrebbe provato a cambiare il destino.

Sperava solo che il destino gliene desse l’occasione.

 

L’occasione non tardò ad arrivare. Arrivò, in effetti, molto prima di quanto il ragazzo avrebbe pensato. Il giorno successivo il principe stava camminando per il villaggio con i suoi compari quando la figura ormai familiare di Merlin comparve davanti a loro come un’inaspettata ma gradita sorpresa.

Il principe si stupì che Merlin fosse già fuori di prigione e, quando Merlin cercò di passare oltre, il ragazzo percepì chiaramente la delusione dell’erede al trono ed il suo bisogno di riprendere il discorso con Merlin dove l’avevano lasciato il giorno precedente, come se Merlin costituisse la distrazione di cui Arthur Pendragon aveva bisogno in quella che si stava rivelando la più noiosa delle giornate.

Con poche, mirate battute, il principe riuscì a portare Merlin proprio dove lo voleva, di nuovo vicino a lui, oggetto delle sue prese in giro e delle sue provocazioni, perché quello strano ragazzo dallo spirito impertinente lo sconcertava e ad Arthur Pendragon non piaceva che qualcuno lo sorprendesse a quel modo, né che lo guardasse come se riuscisse a vedere oltre il suo titolo e la corona. Lo faceva sentire scoperto, vulnerabile.

Aveva bisogno di un secondo round. Il ragazzo sentiva che il principe voleva avere la prova che Merlin avrebbe cambiato registro dopo lo scontro del giorno prima, che il venire a sapere chi lui fosse davvero avrebbe cambiato tutto, perché era quello che accadeva ogni volta. Ogni cosa cambiava quando la gente veniva a sapere chi lui fosse. Perché, quella volta, con quel ragazzo, sarebbe dovuta essere diversa?

Eppure lo fu, perché Merlin, con la sua lingua lunga, il suo spirito indomito e la sua ironia, rispose al principe colpo su colpo, sfidandolo apertamente, senza nessuna paura, nonostante ormai conoscesse la sua identità.

Arthur Pendragon non credeva ai suoi occhi. Il ragazzo godette immensamente nel sentirlo così stupito, così incredibilmente esterrefatto, davanti a quella meraviglia che era il suo Merlin. Quell’idiota aveva trovato pane per i suoi denti...

Lo scambio tra i due passò presto dall’essere verbale all’essere fisico e per un attimo il ragazzo temette che Merlin le avrebbe prese di santa ragione.

Il principe si stava divertendo come un matto. Era irritato, certo, frustrato che Merlin non gli mostrasse il rispetto che pretendeva, eppure Arthur era anche divertito, stimolato da quella nuova sfida: mettere quello strano ragazzo al suo posto.

Si pavoneggiava mettendo in mostra le sue qualità di guerriero, torreggiava su Merlin mulinando la propria arma, lo inseguiva senza lasciargli scampo mentre Merlin cercava inutilmente riparo in un capannone... ma quando tutto sembrava perduto ecco che strane cose iniziarono ad accadere: l’arma del principe si incastrò in degli attrezzi che erano appesi nelle vicinanze, Arthur mise il piede in una cassetta che sembrava essere comparsa magicamente sul suo cammino ed inciampò a causa di una corda che non avrebbe dovuto essere là...

Il ragazzo capì subito cosa stava accadendo... Merlin stava finalmente utilizzando la sua magia... ma il principe, ignaro dei poteri dello stregone, non poté far altro che assistere impotente a quella che stava rapidamente diventando la sua disfatta, almeno fino a quando qualcosa non distolse l’attenzione di Merlin e non diede al principe l’opportunità di contrattaccare e di metterlo k.o..

Finì tutto in un baleno, con le guardie che accorsero a portar via il ragazzo che aveva osato assalire il principe di Camelot per la seconda volta in due giorni. Il cuore del ragazzo sprofondò a quella vista. Cosa avrebbe potuto fare per far sì che le cose tra quei due si appianassero? Come potevano diventare l’uno il destino dell’altro se ogni volta che si incontravano si saltavano alla gola?

E poi la sentì, un a scintilla di indecisione nei pensieri di Arthur. Il principe era combattuto, indeciso sul da farsi. Una parte di lui, la parte che aveva amato combattere con Merlin, nonostante quello fosse riuscito a tenergli testa ferendo il suo ego, la parte che ne aveva ammirata la determinazione, così come il coraggio, avrebbe voluto lasciarlo andare, essere clemente, riconoscerne il valore.

C’era un’altra parte però, in quel cuore che erano costretti a condividere, una parte più fredda e oscura, desolata come una landa in inverno, in cui una voce, che somigliava tremendamente a quella del re, continuava a ripetergli che no, non poteva permettersi di avere pietà, perché quel ragazzo l’aveva quasi ridicolizzato davanti al suo popolo, aveva osato sfidarlo, sfidare lui, il principe, e quindi doveva essere usato come esempio davanti a chiunque pensasse di potersi rivoltare contro un Pendragon.

E quella voce urlava così forte e faceva così male che il ragazzo sentì il cuore di Arthur rattrappirsi e vacillare sotto le sue insistenti frustrate.

Fu allora che il ragazzo scattò. Forse fu la fastidiosa boria di quella voce, forse il bisogno di difendere Merlin, di tenerlo più lontano possibile dalle prigioni reali... fatto sta che il ragazzo si ritrovò a chiamare il nome di Arthur quanto fiato aveva in gola. Cercò la parte di lui che voleva Merlin libero e a quella si attaccò, si attaccò con ogni fibra di volontà che aveva, con la forza di ogni suo pensiero, insistendo, pregando, ed alla fine lo sentì, il cuore del principe che si liberava dall’eco nauseabondo di quella voce e che libero sceglieva di fare di testa propria.

- Aspettate. Lasciatelo andare. – lo sentì dire il ragazzo - Sarà pure un idiota ma è un idiota coraggioso. –

E poi, rivolgendosi direttamente a Merlin: - C’è qualcosa in te Merlin...anche se non riesco a capire cosa sia... –

E così se ne andò, col cuore in tumulto, i pensieri confusi, quasi tremando di fronte a quella decisione che non comprendeva, che era così nuova per lui, così inusuale. Un po’ felice di aver fatto ciò che al momento gli era sembrata la cosa giusta da fare.

Il ragazzo sentì ognuna di quelle emozioni come se fosse propria ed in quel momento capì che forse il vecchio drago non aveva poi tutti i torti. Il cuore di Arthur poteva essere toccato. Il principe aveva ascoltato lui, ascoltato la sua voce, ed il solo fatto di essersi fermato ad ascoltare aveva fatto sì che agisse come il suo cuore già gli suggeriva, il ragazzo gli aveva solo dato una spintarella nella giusta direzione.

Forse è così” pensò il ragazzo “forse è così che sarà possibile”.

E mentre quel cuore che ora sembrava già più vicino al suo ripensava divertito al volto sorpreso di Merlin quando l’aveva lasciato andare, il ragazzo decise che non avrebbe più dubitato delle parole del drago.

Avrebbe aiutato Arthur Pendragon a seguire il suo cuore, a qualunque costo, con ogni mezzo, e non sarebbe tornato a casa finché quell’idiota non avesse imparato a farlo senza il suo aiuto.

E non l’avrebbe fatto perché solo così sarebbe tornato nel suo mondo, né per liberare il drago o rendere Pendragon una persona migliore.

L’avrebbe fatto per Merlin.

Solo per Merlin.

Perché per anni aveva immaginato come fosse il suo amico ma incontrarlo di persona gli aveva dimostrato che le sue erano state tutte fantasie. Perché nella realtà Merlin era molto meglio: era caparbio e coraggioso, insolente e avventato, capace di essere deciso così come di mostrare compassione.

Ed ora il ragazzo sapeva che aveva gli occhi più profondi e blu che avesse mai visto ed un sorriso che toglieva il fiato.

E che era meraviglioso.


 

* Per chi ha seguito il telefilm in lingua italiana: io ho visto tutte le puntate di Merlin in inglese, quindi perdonatemi se il dialogo che avete trovato nella storia non era rispondente a quello della versione italiana.


 

Il capitolo si è fatto aspettare ma ormai mi conoscete... me ne capita sempre una!

Oltre al caos portato dalle festività ho avuto e sto ancora avendo problemi di connessione, quindi abbiate un po' di pazienza... non mi farò attendere molto! ;)

Ringrazio sempre di cuore tutti quelli che hanno voluto lasciarmi un pensiero, vi abbraccio tutti!

Sofy


 

  
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