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Autore: Erin    03/02/2017    9 recensioni
A pochi mesi dall'inizio del sesto anno, Harry, Ron ed Hermione riprovano ad usare la Polisucco per trasformarsi in Blaise, Theodore e Astoria e ottenere informazioni circa la possibilità che Draco Malfoy sia divenuto già un Mangiamorte e quali, nel caso, siano i compiti a lui assegnati. Un inconveniente, non perfettamente previsto, metterà Hermione in una complicata situazione: Draco e Astoria hanno un flirt di cui - quasi - nessuno sapeva nulla. Che fare, ora? Stare al gioco pur di ottenere le informazioni tanto agognate? O scappare via e mandare tutto in frantumi? Hermione Granger, però, non si è mai tirata indietro davanti a nulla.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Draco/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VI libro alternativo
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Intro: Scusate l'immenso ritardo. Ho avuto un mare di problemi personali, compresi due lutti in famiglia. Spero capiate. Vi ringrazio per tutti i messaggi privati e pubblici dove mi fate capire quanto amate la mia storia.

ps. Nel cap do per scontato il recupero della Coppa di Tassorosso anche se non ne ho narrato gli eventi – considerate perciò che si è svolto tutto nello stesso modo dei libri/film e che la coppa è in loro possesso.




POLISUCCO

e ritorni grevi



Non avrei mai pensato che potesse sembrarmi fuori contesto indossare la divisa di Hogwarts. Mi sentivo strano a ricambiare lo sguardo che il mio riflesso mi mostrava; stentavo a riconoscermi, sebbene fossero passati appena una manciata di mesi dalla morte di Silente e dalla mia fuga da Hogwarts. Da quando avevo messo piede al Quartier Generale dell'Ordine, da quando avevo conosciuto davvero Hermione.

Da quando lei aveva conosciuto davvero ciò che ero.

Mesi? Assurdo. Per la mia mente erano trascorsi anni. Io stesso ero cambiato in modi che faticavo a comprendere.

Passai i polpastrelli sotto il colletto bianco della camicia.

Erano stati mesi grevi e densi, dolorosi e pesanti, che quasi mi parve ridicolo abbandonare i miei abiti neri per indossare quel completo così spensierato.

Un anno prima, con quello stesso abbigliamento, ero lontanissimo dal pensare cosa sarebbe accaduto; ero concentrato sugli attimi presenti con la paura, un giorno, di ritrovarmi costretto a seguire le orme di mio padre – e infine, mesi dopo, ero proprio al posto che lui aveva lasciato. Era sempre stato quello il mio destino, in un modo o nell'altro? Che io avessi avuto o meno consapevolezza, scelta? Dovevo necessariamente passare per quella selva oscura per compiere ciò che, infine, mi avrebbe redento? Era indispensabile andare fino in fondo per proteggere me stesso e chi amavo?

Sembravano così distanti i momenti in cui mi lamentavo dei compiti in classe, di Potter e la sua fastidiosa presenza, degli allenamenti troppo duri di Quidditch – Hermione. Lì, nella mia Sala Comune. Il nostro primo bacio, il nostro primo contatto. Inevitabile fu avere la mente piena della sua presenza. Mi sembrava di amarla da sempre, anche nei momenti in cui credevo di odiarla. Avrei voluto dirle chiaramente ''Ti amo'', guardandola negli occhi; provavo una stretta allo stomaco al pensiero che non sapevo quando l'avrei rivista ed ero terrorizzato dall'idea che avrei potuto non avere più occasione di dirle quelle parole che non avevo mai detto a nessuno.

Nonostante avessi vestito il nero e mi fossi ritrovato al fianco di Voldemort, nonostante avessi tentato con tutto me stesso di riavere pieno controllo sul mio corpo e sulla mia mente, tutto ciò che fino a quel momento avevo costruito si apprestava a cadere come un castello di carte. Lo sentivo.

Dapprima come spia, poi con la mente manovrata da quel mostro, di nuovo per mia scelta e costringendomi a mettere da parte tutte le debolezze, avevo fatto in modo di restare al fianco di Voldemort non solo per salvare la mia pelle – unica cosa di cui, un tempo, mi sarebbe importato.

Ero adesso consapevole di far parte di un disegno più grande, dove tante persone, ogni giorno, rischiavano in prima persona, compresa lei. Per lei avevo mantenuto la lucidità, la calma, la pazienza, i ricordi. Avevo dei piani da portare avanti; contraffare le pergamene, collaborare con Lupin e la resistenza, vedere Hermione più spesso che potevo ma, adesso... tutto ciò che avevo pensato mi si rivoltava contro. Bastava una parola del Signore Oscuro e io dovevo abbassare la testa, mettermi la divisa e partire. Lontano, ad Hogwarts. Isolato da tutto, da tutti. Lontano da lei. Basta. Tutto ciò che avevo pianificato non contava più niente.

Posso farcela, devo tenere duro, fino in fondo. La mia strada era già tracciata, fin dalla mia nascita. Ma adesso sto decidendo io come percorrerla.


Mi accorsi che le dita mi tremavano mentre mi annodavo la cravatta.



***


« Domani è primo settembre. »

Alzai gli occhi su Harry, aspettando che proseguisse con ciò che sia io che Ron sapevamo ci attendeva. Ne avevamo discusso a lungo in quelle ultime settimane e mi sembrava che il tempo avesse giocato a scorrere lento eppure troppo rapido.

« E noi ci infiltreremo ad Hogwarts. Ora che abbiamo anche la coppa di Tosca, non ci resta che trovare gli ultimi Horcrux. Lo sento che sono al Castello. »

« Solita Polisucco, eh? » intervenne Ron, sporgendosi in mezzo a noi. « Solite cose? »

« Solite cose, Ron » gli sorrise Harry. « Le cose di sempre. »

Aleggiò uno strano silenzio tra noi, improvvisamente come se l'ultima frase di Harry ci avesse portato a ripercorrere gli eventi che ci avevano condotto fino a lì, un attimo prima della fine.

Dopo aver utilizzato la Polisucco per infiltrarci nella camera blindata di Bellatrix, dopo aver rischiato innumerevoli volte di fallire, eravamo riusciti a tornare ancora una volta al Quartier Generale, sani e salvi.

Era come se fossimo, ogni volta, d'accapo; le stesse scelte, le stesse dinamiche, gli stessi errori e gli stessi necessari interventi. Sapevo che la domanda che graffiava la testa di tutti noi era: quando finirà? Harry sperava davvero che gli ultimi Horcrux si trovassero al Castello, perciò lo speravo anch'io. Probabilmente sarebbe finita ad Hogwarts per noi, proprio com'era iniziata.

Presi la mano di Harry e lui ebbe un sussulto. « Siamo sempre noi tre, insieme. » Guardai anche Ron, incerto nella sua espressione palese di colpa. Lo sguardo che ci scambiammo fu eloquente; in quel frangente non importava più nulla, i risentimenti e i rancori passavano in secondo piano. Eravamo, ancora una volta, ad affrontare qualcosa di infinitamente più grande di noi. D'accapo, insieme. Sempre.

Allungai la mano verso di lui e aspettai che me la stringesse; lo fece, esitante, poi strinse nel dita tra le mie. « Andrà bene. Siamo quasi alla fine, lo sento. »


***


« Tutto pronto, Draco? »

Mi voltai verso Severus e annuii, chiudendo il fermaglio del baule. Recuperai alcuni libri e il mantello scolastico.

« Non c'è bisogno che mi aspetti sulla porta » dissi, sentendo ancora la sua presenza alle mie spalle.

« Vorrei parlarti. »

Lasciai la sciarpa sul baule e mi girai, incrociando la sua figura austera e scura.

« So che venire ad Hogwarts non ti piace per niente. Ma stare vicini, in questo momento, è la cosa migliore. »

« Questo lo so » dissi rapidamente, poi esitai. « Però non ho la libertà di movimento che mi serve. »

« Per vedere lei? »

Lo fissai a lungo, poi annuii.

« Sarà ad Hogwarts. »

Sgranai gli occhi e lo fissai immobile, stupito.

« Si infiltrano con la Polisucco, credono che altri Horcrux siano nel Castello. »

Mi portai le mani dietro la nuca, stringendo la pelle delicata del collo, abbassando lo sguardo e contraendo la fronte, le mascelle. Gli eventi si prendevano gioco di me nella maniera più ridicola che potessero trovare. « Terremo Voldemort lontano da Hogwarts » dissi infine, sollevando lo sguardo in quello del mio padrino. « Li lasceremo agire il più possibile indisturbati. Deve... devono rischiare il meno possibile. » Sciolsi le dita intrecciate e raddrizzai il busto. « Comincia e finisce tutto lì, eh? » feci con un mezzo sorriso teso.


***


Avevo scelto personalmente le identità in cui trasformarci, stavolta. Nessuno di noto, nessuno di riconoscibile. Tre ragazzi anonimi che prendevano l'Espresso per Hogwarts, casa Tassorosso, bauli e cianfrusaglie annesse.

C'era qualcosa di estremamente diverso in quella partenza, però. Sebbene tutto sembrasse apparentemente lo stesso - il binario affollato, il treno che sbuffava, i saluti, gli abbracci, le raccomandazioni - non era solo la mia consapevolezza a rendere greve il momento: le espressioni dei genitori e degli studenti erano cupe e rassegnate, spesso impaurite. La verità era che stavamo andando in un posto che, sapevamo bene, non era più lo stesso che ci aveva cresciuto.

Dopo la morte di Silente, il Castello era stato preso dai Mangiamorte che ora ne gestivano le attività; avevo saputo che avevano perfino intenzione di insegnare Arti Oscure. L'unica rassicurazione – per quanto ci riguardava – era sapere di trovare Piton come preside. Avrebbe recitato bene la sua parte, come sempre, e ci avrebbe permesso di agire pressoché indisturbati.

Camminammo nello stretto corridoio, trovando molti scompartimenti occupati anche solo da una persona. Il treno era decisamente meno affollato di come lo ricordavo ma noi continuammo per trovare un posto completamente vuoto.

Trascinai il pesante baule che avevo deciso di portare con me; per lo più c'erano abiti e libri del tutto innocenti, mentre quello che d'importante mi serviva era conservato nella mia borsa magica.

Superammo un ulteriore scompartimento ed ebbi un tuffo al cuore.

Draco era lì, seduto al fianco di Blaise Zabini, Pansy Parkinson e Astoria Greengrass. Teneva la cravatta appena allentata, l'avambraccio destro disteso sul tavolo e l'altro appoggiato distrattamente sulla gamba. Mentre gli altri parlavano, lui guardava fuori dal finestrino lo scorrere del paesaggio.

Poi, spostò gli occhi in un punto imprecisato del vetro e ricambiò il mio sguardo attraverso il riflesso, sgranando appena le palpebre. Quindi, si voltò di scatto.


***


Era lei. Avrei riconosciuto lo sguardo con cui mi fissava tra mille.

Fin da quando avevo saputo che l'avrei trovata ad Hogwarts, fin da quando avevo messo piede sul binario nove e trequarti, fin dall'inizio avevo sperato di poterla vedere, soprattutto di poterla riconoscere. Che fattezze avrebbe avuto? Di una donna o di un uomo? Undici o diciassette anni? Mi sarebbe passata accanto, senza che potessi accorgermene? Ero spaventato. Disperato all'idea che fosse lì, da qualche parte su quel treno, senza che io potessi riconoscerla. Mentre ero sul binario avevo passato in rassegna tutti i volti per trovare qualcosa che mi facesse pensare a lei. Ogni trio che vedevo lo fissavo insistentemente, sperando che fossero loro, che lei fosse lì. Invano. O magari non ero stato in grado di capire che ce l'avevo proprio davanti. Quella cosa mi stava logorando.

E poi, eccola. Quell'espressione, il suo esitare davanti al mio scompartimento. Aveva una treccia nera e gli occhi azzurri, eppure il suo sguardo l'avrei riconosciuto sempre. Sciocco. Come avevo potuto pensare che sarebbe potuta sfuggirmi? Come avevo potuto pensare che sarei riuscito a sfuggirle?

Sorrisi, distendendo i muscoli del viso, senza muovermi, combattendo contro la voglia che avevo di alzarmi e stringerla a me, dopo settimane che non la vedevo.


***


« Kate, andiamo » mi richiamò Ron, gli occhi spalancati e imploranti, facendomi ridestare.

Ero sicura che fossero passati poco più di dieci secondi ma mi pareva d'aver scambiato con Draco uno sguardo infinito, denso e colmo di tante parole. Gli sorrisi appena a mia volta, sicura che mi avrebbe potuto vedere solo lui, felice che mi avesse riconosciuto così rapidamente, da un riflesso nel vetro, dalla mia esitazione nel trovarmelo di fronte.

Combattei contro la voglia di entrare in quel cunicolo e abbracciarlo, stringermi a lui, dirgli che sarebbe andato tutto bene. Non mi interessava sapere nemmeno perché fosse lì, quali erano i suoi piani o, probabilmente, quelli di Voldemort. Non ora. L'unica cosa che riempiva il mio cervello al momento era il fatto che stesse bene, che fosse lì, davanti a me.

Ripresi a camminare, sforzandomi di mettere i piedi uno dopo l'altro. Non potevo sbilanciarmi, non potevo fare o dire nulla; ma mi cullai nella certezza che avrei potuto cercarlo in un secondo momento.

Trovammo posto qualche scompartimento più in là, chiudendo la porta per non essere disturbati.

« So che non c'è bisogno di dirlo ma... » esordì Harry, guardandomi da sotto uno scompigliato ciuffo biondo. « Non farti scoprire a guardare Malfoy. »

Mi morsi appena il labbro inferiore, rendendomi conto che la mia esitazione non era passata inosservata. Ma come avrebbe potuto, per i miei migliori amici? Forse quel sorriso, ma non quei dieci secondi di immobilità.

« Lo so. Non lo vedevo da quel giorno, starò più attenta » dissi tra me e me, guardandomi le mani intrecciate sulle gambe. « Mi chiedo perché sia qui »

« Sicuramente è stato Voldemort a mandarlo. Non penso possa agire di sua volontà, oramai » ragionò Harry, poggiando la fronte sui pugni chiusi. « Però la sua presenza può esserci molto utile. Contando che ai piani alti abbiamo Piton. »

« Sì ma... perché mandarlo qui se c'è già Piton? Qual è il suo scopo? » intervenne Ron.

Strinsi le labbra, prendendo un respiro; provai a ragionare come avrebbe fatto Voldemort.

« Probabilmente, Draco gli serve per convincere gli studenti a stare dalla sua, per far cadere Hogwarts dall'interno senza dover muovere un muscolo. È un modo per reclutare sempre più seguaci, anziché ucciderli. D'altronde gli serve gente viva che voglia combattere e le menti giovani sono plasmabili. »

« Sì, » annuì Harry, « anch'io penso che sia così. Il problema è che Tom è troppo sicuro di sé per notare che le due persone centrali del suo piano sono proprio quelle che l'hanno tradito. »


***


Camminai lentamente nel corridoio assolato del terzo piano. Avevo arrotolato la camicia fino ad un palmo dal polso, non potevo di più. Sapevo bene che nessuno avrebbe detto niente sul mio marchio, non in quel frangente, non con Piton come preside. Anzi, per i miei compagni di Casa era perfino un vanto; io, invece, me ne vergognavo ogni giorno. Pur sapendo che era lì, sotto la stoffa, evitavo il più possibile di guardarlo.

La routine del Castello, seppur cominciata da nemmeno un giorno, mi dava già la nausea; l'idea di seguire le lezioni, studiare, starmene seduto in quel banco minuscolo. Mi allentai la cravatta ed entrai in biblioteca. Nel dormitorio non avevo alcuna voglia di stare, tanto meno in Sala Grande; troppa gente che voleva parlare con me. Lì – notai con piacere esserci ancora Madama Pince – vigeva la regola del silenzio, invece. Chissà quanto avesse lavorato il mio inconscio per portarmi lì dentro facendo credere al mio io di aver bisogno solo di un po' di pace.

***


Aprii un libro di storia spesso quanto il mio pugno, facendo cadere pesantemente il lato sinistro sul tavolo.

« Qualcosa appartenuto a Corvonero, eh? » mormorai, sfogliando i capitoli. « Sei sicuro? »

« Sicuro. Dopo la coppa di Tassorosso, ci serve qualcosa di Corvonero » sussurrò Harry, fissando il soffitto.

« Mi sembra un po' poco come punto di partenza » si lamentò Ron, rigirandosi una piuma tra le mani.

Lo ignorai, leggendo per l'ennesima volta la storia della fondazione di Hogwarts. Prestai più attenzione alla parte riguardante Corvonero, leggendo lentamente ogni parola.

« Potrei chiedere a Luna. »

« Lunatica? » alzai un sopracciglio, guardandolo di sbieco.

« Dai. Lei è Corvonero. »

« Sì ma pure pazza. »

« Lasciala in pace, Ron » lo spintonò Harry. « Ci serve tutto l'aiuto possibile. »

« Sì, Harry ha ragione » annuii, alzando completamente lo sguardo del libro. « Dovresti cercarla mentre io continuo le ricerche qui dentro. Dobbiamo ridurre i tempi il più possibile. E tu, Ron, ho sentito che Neville e gli altri si vedono di nascosto, scopri dove. »


***


Imboccai il corridoio di storia della magia, famoso per essere sempre vuoto: l'unica a cercare spesso qualcosa tra quegli scaffali era lei. Mi pareva di vederla, in divisa, i riccioli morbidi sospesi a metà schiena, sollevata sulle punte mentre cercava di rimettere a posto un libro troppo pesante. Quante volte l'avevo vista negli anni, quante volte avevo finto di ignorarla?

Mi raddrizzai quando una Tassorosso svoltò l'angolo, imboccando il corridoio dove mi trovavo. Sapevo di avere un'espressione ammorbidita e recuperai, contraendo lo sguardo. Ma fu un attimo e la mia espressione tornò dolce. Quella ragazza si sollevò sulle punte, sforzandosi di sistemare al suo posto un libro più grande della sua testa, mordendosi il labbro inferiore.

La raggiunsi in qualche passo e mi accostai alle sue spalle, prendendole il libro che teneva in alto, pericolante tra le mani, e mettendolo sullo scaffale. Lei reclinò il capo e spostò gli occhi verso l'alto per guardarmi a rovescio, stupita.

Si voltò completamente nello spazio tra la libreria e il mio corpo, sollevando il suo sguardo per ricambiare il mio.

« Ehi » mormorai, così stranito dal suo aspetto eppure così felice di averla lì con me.

« Draco » mormorò la sua voce, facendomi prendere un sussulto.

Sollevai lentamente una mano, poggiandole i polpastrelli sulla guancia, socchiudendo gli occhi per qualche istante. « Avevo bisogno di vedere il tuo viso, ma credo che mi andrà bene anche così. Per ora » aggiunsi.

« Non dovremmo... io e te-»

« In realtà ora che sei sotto Polisucco, è molto più facile passare inosservati. Meglio che mi sappiano con una Tassorosso che con Hermione Granger » le sussurrai.

« Shhh! » mi zittì, guardandosi intorno.

Mi venne da sorridere, mi era mancata davvero troppo. « Stasera voglio vederti. Torre di Astronomia. Alle dieci. »

« Draco, per quanto vorrei, io... non mi sembra il caso. »

Poggiai la mia fronte sulla sua, chiudendo gli occhi. « So bene che il momento è delicato, che il tempo è poco. So che dovrei fare ciò che serve, ciò che è necessario. So che dovrei... starti lontano. » Feci una pausa, spingendo il mento in avanti per poggiare appena le mie labbra sulle sue. « Non riesco a starti lontano » dissi in un sussurro.

« Draco » mormorò Hermione, stringendo tra i pugni la stoffa della mia camicia. Mi baciò appena e io la strinsi per qualche istante, accovacciandomi sulla sua figura, nascondendo il viso tra i suoi capelli.

Avrei voluto dirle tante cose oppure, semplicemente, portarla via, scappare con lei, lontano da tutto quello schifo, in un posto dove nessuno ci avrebbe mai trovati. Ma lei non avrebbe mai mollato. Non avrebbe mai abbandonato i suoi amici e non avrebbe mai rinunciato a lottare per qualcosa in cui credeva, per qualcosa che avrebbe salvato tutti. Ed era giusto così. Adesso lo capivo, attraverso lei e tutto ciò per cui rischiava ogni giorno. Non l'avrei delusa, non sarei stato vigliacco ancora una volta.

Mi limitai a stringerla più forte, quasi fino a farle male. « Stai attenta. Quando tutto finirà, staremo finalmente insieme. »

  
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