3.
Mantenendo
un'andatura costante, e concedendomi delle soste -purtroppo- brevi per
mangiare e un po' più lunghe per dormire, raggiunsi il
confine
della Nazione dei Fiumi dopo appena quattro giorni di viaggio.
Era appena sorto il sole del quinto giorno, quando mi apprestai a
marciare lungo l'ultimo tratto di strada che mi avrebbe condotto a
destinazione. Non lo nego, mi sentivo ansioso come non lo ero mai stato
in vita mia! Nel petto il cuore mi faceva "tu-tum tu-tum, tu-tum
tu-tum!" come se avesse voluto saltare fuori, mentre la testa era tutta
un brusio di pensieri che non riuscivo a mettere a fuoco.
Probabilmente avrei finito col diventare matto, se non mi fossi deciso
a fare un'altra sosta.
-Adesso basta! Fate silenzio, tutti e due!
Mi schiaffai le mani sulle guance così forte da farmi male,
ma
ottenni l'effetto sperato. Cuore e cervello si zittirono, e alle mie
orecchie tornarono a giungere i rumori
della foresta in cui mi ero inoltrato: il
cinguettio degli uccellini, lo
scroscio delle acque di un fiume in lontananza, una pigna caduta dal
ramo di un albero...
-Il tuo nome e il motivo della tua presenza.
Non
era una pigna. Qualcuno mi si era avvicinato alle spalle e mi aveva
bloccato la testa con le braccia, ma scaraventandolo in avanti
riuscii subito a liberarmene e a riconoscerlo. Era un uomo alto e
snello, armato di katana, e indossava una maschera da gatto.
-Tu sei uno degli ANBU della squadra di appostamento, gius...
-Il tuo nome e il motivo della tua presenza.- ripetè quello
puntandomi la katana alla gola.
-A-aspetta! S-sono uno dei vostri!- risposi indicandogli il mio
coprifronte -sono di Konoha, vedi?
-Lo vedo, ma non hai ancora risposto alla mia domanda.
Lo avrei fatto, se solo la punta della katana che mi sfiorava il pomo
d'Adamo non mi avesse messo addosso ancora più pressione...
Per
fortuna, ebbi l'accortezza di ricordarmi del lasciapassare, firmato da
Danzou in persona, che avevo tenuto in tasca per tutto il viaggio.
Porsi all'ANBU il foglio di carta sigillato, e attesi che lui finisse
di leggerlo.
-...Choji del clan Akimichi, grado chunin... ah, allora sei tu
l'infiltrato che stavamo aspettando.
-Sapevate già del mio arrivo?
-Abbiamo ricevuto un precedente messaggio da un falco di Konoha,
quattro giorni fa, contenente tutte le nuove disposizioni. Molto bene,
puoi passare.
Dopo aver incenerito il foglio con una palla di fuoco, l'ANBU si fece
da parte e alzò un braccio per indicarmi una direzione.
-L'orfanotrofio si trova ad un chilometro di cammino da qui. Ricordati
di fare rapporto a me o ad uno degli altri membri della squadra di
appostamento una volta al giorno. Noi saremo sempre fermi nelle nostre
postazioni, quindi non avrai problemi a ritrovarci.
-Lo farò. ...ehm, posso sapere il tuo nome?
-Chiamami Kon.
-Bene. Allora augurami buona fortuna, Kon!
Non ottenni risposta. Un po' in imbarazzo e probabilmente con un
sorriso da idiota sulla faccia, salutai e ripartii.
Non feci che pochi passi, che Kon mi richiamò con un colpo
di tosse.
-Sì? Devi dirmi qualcos'altro?
Kon non rispose a parole, ma mimò il gesto di toccarsi
ripetutamente la fronte. Dopo qualche secondo, capii tutto.
-Ah... Ah, è vero! Stavo quasi per dimenticarmene! Eh eh
eh...
Mi levai il coprifronte di Konoha, lo fissai per un istante e lo misi
in tasca, augurandomi di poterlo un giorno indossare di nuovo.
Quindi, concentrai il chakra per dare il tocco finale al mio
travestimento.
-Henge No Jutsu!
La mia testa fu subito avvolta da una nuvoletta di fumo. Quando
svanì, mi avvicinai alla più vicina pozzanghera
per
specchiarmi: i miei capelli, che avevo fatto crescere con amore fino
alla schiena per assomigliare a mio padre, erano tornati corti come ai
tempi di quando ero ancora un genin, e le due spirali che ho sempre
avuto sulle guance sin da quando sono nato erano sparite.
Così sembro
proprio un tizio qualunque... Sì, può andare!
...
Avrei
potuto riconoscere l'orfanotrofio anche senza averlo prima visto in
fotografia, poiché quello, situato al centro di una radura
nel
bel mezzo della foresta, era l'unico edificio nel raggio di chilometri.
Costruito con legno e pietre, era alto due piani più il
pianterreno, e la forma lunga e rettangolare della facciata
principale mi ricordava vagamente una scuola.
Due cose mi saltarono subito all'occhio.
La prima, erano le due strane torrette costruite sul tetto e collegate
fra loro da un portico sospeso.
La seconda, era il fatto che tutte le finestre della metà
sinistra dell'orfanotrofio fossero chiuse e sbarrate con delle assi.
Con calma mi avvicinai. Salii una breve scalinata, mi fermai davanti al
portone d'ingresso, e alzai un pugno.
Da qui non si torna più indietro. La missione ha
ufficialmente inizio, ora! ...?
Prima ancora che io riuscissi a bussare, una
donna aprì la porta dall'interno.
Era una signora anziana, molto alta e molto magra, dal viso lungo e
affilato; indossava un lungo vestito porpora, portava i capelli grigi
raccolti in una strana acconciatura a forma di cuore, e in una mano
teneva stretto un bastone da passeggio. Se la descrizione che mi aveva
dato Danzou era corretta, allora non c'erano dubbi: quella era una
delle due donne che aveva seppellito il corpo del bambino assassinato
dal Mascheratore.
-Mi pareva bene di aver visto qualcuno avvicinarsi, dalla finestra-
disse lei, senza mostrare alcuna emozione -è piuttosto raro,
per
questo posto, ricevere visite.
-Buon... Buongiorno, signora... Ecco, io cercav... !
Senza preavviso la donna mi zittì, tappandomi la
bocca con
la cima del bastone; dopodichè si mise a fissarmi bene da
capo a
piedi, davanti dietro e di lato, per un minuto intero, prima di
concedermi di nuovo un po' di respiro. Poi, senza dire altro, mi
voltò le spalle e mi fece segno di seguirla dentro.
Non mi sentivo del tutto a mio agio, ma obbedii. Per un istante temetti
che avesse capito chi ero in realtà, ma lo esclusi subito
ridendo tra me e me. Sarebbe stato davvero il colmo, se la mia
copertura fosse saltata così presto!...
-Tu sei di Konoha, dico bene?
...di colpo presi a sudare come una fontana.
-Come ha fatto a... C-cioè, no! Si sbaglia, io...
-Quelle scarpe aperte blu che indossi- spiegò, rivolgendomi
un
sorriso -vanno di moda tra gli abitanti della Nazione del Fuoco e
specialmente della sua capitale.Tu arrivi da lì, ammettilo.
-Oh... Sì sì sì, sono proprio
originario di
Konoha!- risposi, calmandomi all'istante per il falso allarme -la
conosce
bene?
-No, non ci sono mai stata in vita mia. Ma ho ascoltato tante orribili
storie e assistito a tante orribili guerre nella mia
gioventù,
che posso dire candidamente di conoscere il mondo come il palmo della
mia mano. Non devi sentirti in imbarazzo ad ammettere di essere fuggito
da Konoha, credimi. Se mi fossi ritrovata al tuo posto, anch'io me ne
sarei andata da quella culla di assassini senza pensarci due volte.
Come ti chiami, ragazzo?
Culla di assassini...
È questa l'opinione che hanno di Konoha all'estero?
-Ragazzo?
-...Choji, signora! Il mio nome è Choji! È
vero, sono scappato e sono giorni che sto viaggiando senza una meta.
Per caso mi sono imbattuto in questo posto, e...
-E hai trovato la tua nuova casa. Se lo desideri, sei il benvenuto.
-D-davvero? Grazie, signora...
-Puoi chiamarmi Signorina
Azumi.
Sono la fondatrice e direttrice di questo orfanotrofio. Per quasi tutta
la mia vita ho viaggiato per le tante zone del mondo colpite dalle
guerre, con lo scopo di salvare tutti quei ragazzi e bambini che come
te hanno perso tutto e impedire loro di crescere e diventare
eventualmente dei ninja senza cuore. Ah, quanti ne potrei salvare
ancora, se solo questa mia schiena non avesse cominciato ad
abbandonarmi... Ma ora basta parlare del passato. Seguimi!
La
Signorina Azumi mi fece strada fino a una specie di atrio, in cui
spiccavano un
orologio a pendolo, un tappeto quadrato e una larga scrivania, su cui
erano
appoggiati un librone chiuso e una scatola piena di penne e pennarelli.
Quello
dev'essere il registro che tutti gli orfani
devono firmare per poter vivere qui, o qualcosa del genere... Ma certo!
Se il
Mascheratore è giunto qui meno di un anno fa, non ci
sarà bisogno di controllare
tutti gli orfani uno per uno: mi basterà tenere d'occhio
solo quelli che si
sono registrati in quel periodo!
Feci
per avvicinarmi ed aprirlo, ma la signorina Azumi
richiamò la mia attenzione picchiando il suo bastone sul
pavimento.
-Lascia perdere quel coso, per il momento. Immagino sarai stremato e
bisognoso di recuperare energie dopo tanto camminare. Sei
fortunato,
poiché sei arrivato proprio all'ora del pranzo.
Ora
di pranzo?!
Guardai l'orologio a pendolo: segnava mezzogiorno passato.
È già così tardi? Mamma mia come vola
il tempo...
Intanto la signorina Azumi aveva tirato due volte una corda che pendeva
dal
soffitto, forse per mandare un segnale in un'altra stanza
dell'orfanotrofio. E
in effetti, pochi secondi dopo, dal fondo del corridoio alla nostra
destra vidi
arrivare di gran carriera due persone: una ragazza poco più
grande di me,
snella, occhi e capelli castani, con legato alla testa un fazzoletto
rosso e
alla vita un grembiule a fiori, e una donna... Che non riuscii a
identificare
subito, poiché mi si gettò subito addosso per
stringermi in un abbraccio
soffocante.
-Povero,
povero piccino! Non temere, d'ora in poi ci prenderemo noi cura di te!
Non soffrirai più e riceverai tutto l'amore di cui hai
bisogno!
Piccolo, piccolo caro!...
Quando
mi si staccò di dosso e tornai a respirare, la riconobbi
come
l'altra donna che aveva seppellito il bambino: era una signora in
carne, dal viso e dalla mole ancora più rotondi del
più
grande degli Akimichi, e indossava una tonaca tutta bianca con tanto di
velo in testa.
-Choji, ti presento la mia amica e assistente, la Signorina Hiromi-
disse la Signorina Azumi -Hiromi, questo è Choji, il nostro
ultimo arrivato. Accompagnalo alla mensa, per piacere. E tu, Yori- aggiunse,
rivolta alla ragazza con il grembiule -porta il suo bagaglio nel
dormitorio e prepara un nuovo posto letto, veloce!
Senza
dir nulla, quella mi sfilò il mio borsone dalla spalla e lo
portò con sé su per
delle scale. Avrei voluto pensarci io personalmente, ma la Signorina
Hiromi mi
stava già trascinando a braccetto per il corridoio da cui
era arrivata.
-Vieni, piccino! Devi mettere qualcosa sotto i denti! Ecco, qui
è dove si trova la mensa! Puoi scegliere quello che vuoi!
-Scegliere quello che voglio... in che senso?
-Nel senso che il cibo è a tua disposizione, prendi un
piatto e
riempilo con tutto quello che ti pare! Nel nostro orfanotrofio ci
prodighiamo per...
Come udii quelle parole, la fame prese il sopravvento
su tutto il resto. Le mie gambe si mossero da sole verso la porta da
cui
arrivavano tutti quegli odori inebrianti di roba buona da mangiare, e
quando
irruppi nella mensa non ebbi occhi che per il bancone del self service
che
occupava quasi tutto un lato della stanza.
Bistecche, spiedini, cotolette, ma anche salami e prosciutti, insalate
verde
smeraldo e salse barbecue rosso fuoco, purè di patate,
frutta fresca... dopo
tutti quei giorni di viaggio e tutti quei panini preconfezionati come
unico
sostentamento, mi sentivo come se avessi trovato l'amore della mia vita!
Senza perdere altro tempo presi un vassoio di plastica e due piatti e
li
riempii con tutti quello che riuscivo ad arraffare. Avevo appena finito
di
erigere una torre di carne con il tetto spiovente fatto d'insalata,
quando
sentii la Signorina Hiromi picchiettarmi timidamente su una spalla.
-Perdonami, tesoro, ma non vorresti prima salutare i tuoi nuovi
fratelli e le tue nuove sorelle?
...ops.
Accecato dal mio stesso appetito, non mi ero proprio reso conto che
nella mensa
fossero presenti altre persone. Una cinquantina, per l'esattezza:
bambini
piccoli e grandicelli, ma anche ragazzi e ragazze della mia
età, seduti a
cinque lunghi tavoli, tutti volta i per fissarmi in un silenzio
imbarazzatissimo.
Grattandomi la nuca, chiusi gli occhi ed esibii un sorriso a
trentaquattro denti.
-C-ciao
a tutti! Il mio nome è Choji, piacere di conoscervi!
-Ciao, Choji- risposero tutti in coro.
-Affamato, eh?- fece qualcuno che non riuscii a vedere, scatenando una
risata quasi generale.
Non mi diede fastidio, anzi. Ero contento di sapere che la mia
appropriazione selvaggia di cibo non li avesse spaventati.
Ma allo stesso tempo, non mi riusciva di sorridere spontaneamente, sapendo che fra di loro si nascondeva un killer.
Passai
in rassegna i tavoli alla ricerca di un posto libero, trovandolo quasi
subito.
-Posso sedermi qu...
-No, non puoi!
Al mio fianco era appena arrivata Yori, la ragazza che aveva portato di
sopra il mio borsone.
-Che velocità... Ehm, come mai non posso?
-Questo posto è già occupato da qualcuno che
è
andato in bagno e che dovrebbe tornare da un momento all'altro. Se vuoi
sederti qui, chiedigli prima il permesso.
-Oh... Va bene, allora aspetterò...
-Lascia perdere e vieni qui, Choji! Te lo riservo io un posto!
Un paio di tavoli più in là, vidi un ragazzo
agitare la mano nella mia
direzione e farmi segno di sedermi accanto a lui. In realtà
lo spazio in cui
potevo sedermi era piccolissimo, praticamente sul bordo della panca, ma
a me
andò bene lo stesso.
Mi avvicinai, continuando però a far passare lo sguardo un
po'
dappertutto, e cercando di memorizzare quanti più volti
riuscivo. Impresa impossibile, visto che le teste erano davvero tante e
ravvicinate... ma in mezzo a quella confusione notai lo stesso qualcosa
di strano.
Li persi subito, ma ero certo di aver visto almeno due bambini voltarsi
dall'altra parte non appena avevo posato lo sguardo nella loro
direzione.
-Che aspetti, che ci crescano le ragnatele?
-Ah, sì, arrivo!
Appoggiai il vassoio sul tavolo e mi sedetti sul bordo della panca,
vicino a colui che mi aveva chiamato. Era un ragazzo più o
meno
della mia stessa età, e ad occhio e croce
aveva anche la mia stessa stazza. Aveva una testa grande come un
piccolo
macigno levigato, gli occhi azzurri, i capelli castani corti, e
indossava una
spessa felpa marrone con tanto di cappuccio.
-Allora, che te ne pare della tua nuova casa?- mi domandò
quello, dandomi una poderosa pacca sulla schiena -È come te
l'aspettavi?
-Beh, a dire il vero sono capitato qui per caso, non sapevo nemmeno
che...
-Ah, giusto! Non mi sono presentato! Io sono Iwao, con una W e
nessuna H!
Iwao mi porse la mano sinistra, e gliela strinsi.
-Felice di conoscerti, Iw... !
O meglio, fu lui a stringerla a me con tanta forza da farmi diventare
la mano tutta bianca.
-Ti ho fatto male?
-...no, no, ho avuto un crampo, tutto qui!
Quel dolore improvviso aveva aumentato ancora di più il
bisogno
di sfamarmi per recuperare energie, e così non persi tempo a
ficcarmi in bocca gli ultimi piani della torre di carne che avevo
costruito.
-Che dicevi prima, Choji?- domandò ancora Iwao
-cos'è che non sapevi nemmeno?
-Che... GNAM... non avevo idea che questo fosse un orfanotrofio, prima
di entraci... MUNCH... Stavo solo cercando un posto dove sta...
-Non si parla con la bocca piena!
Passandomi accanto, Yori mi aveva dato una pacca talmente potente da
farmi risputare tutto nel piatto.
-Stai bene?- mi chiese Iwao sottovoce. Bevvi un bicchiere d'acqua prima
di rispondergli.
-Sì, più o meno... È sempre
così severa?
-Yori? Oh, sì! Anzi, ultimamente è anche peggio
del
solito. Penso che voglia fare a gara con la Signorina Azumi a chi fa
rispettare di più le regole.
-È una sua parente?
-Cosa te lo fa pensare? Yori è un'orfana come tutti noi!
Feci per chiedere qualche chiarimento in più, ma
notando che Yori era ancora nei paraggi decisi di rimandare le mie
curiosità a
un altro momento.
Il pranzo passò in maniera veloce ma piacevole, e nonostante
fossi concentrato
soprattutto sul rimpinzarmi non potei fare a meno di notare che si
respirava
un'aria molto allegra e familiare.
Se non lo sapessi già, non si direbbe proprio che
tutti i
bambini e ragazzi
qui siano degli orfani di guerra... Forse il merito va alla Signorina
Azumi e alla Signorina Hiromi, che non fanno mai mancare nulla a chi
viene a vivere qui... Ma
allora, se la spiegazione è così semplice,
perché
continuo a trovare tutta
questa allegria così sospetta?
Avevo
appena finito di ripulire il primo piatto e stavo per passare al
secondo,
quando sentii il suono di una campanella riecheggiare per la stanza.
-Mh?
Che succed... AHIO!
Ci fu un'altra risata quasi generale, ma non fui tanto sicuro che fosse amichevole come la prima...
-Pffft... Ti conviene mangiare di meno le prossime volte!
Dopo quella frase detta da un tizio alle mie spalle, ne ebbi la conferma.
-Stai insinuando qualcosa?!- ruggii, rimettendomi in piedi, ma prima che potessi far altro Iwao mi diede di nuovo una pacca su una spalla.
-Caaalmo, guarda che si stava riferendo alla campanella! Non l'hai sentita?
-S-sì... Per cos'era?
-Quel segnale indica che chi ha finito di mangiare può alzarsi e uscire! Ricordatene, se in futuro vuoi evitare un altro capitombolo! Alla prossima!
Iwao e il resto del suo gruppo se ne andarono ridacchiando.
Poteva almeno restare a farmi compagnia, pensai, mentre tornavo a sedermi per finire il pranzo.
Per via di quella mezza figuraccia il mio appetito era scemato di parecchio, e quando finalmente ebbi finito di spolverare anche il secondo piatto nella mensa eravamo rimasti soltanto io, Yori, impegnata a sparecchiare i tavoli, e un bambino ancora seduto davanti al suo piatto ormai vuoto.
Aveva l'aria piuttosto trasandata, i capelli neri in disordine, e gli occhi spenti e privi di emozione.
Chissà come mai non l'ho notato prima... Un momento, quello è il posto in cui volevo sedermi, quindi lui dev'essere il bimbo che era in bagno mentre sono arrivato. Sarà bene che vada a presentarmi!
Mi avvicinai al suo tavolo, e lo salutai alzando una mano.
-Ciao!
-...ciao.
-Ehm... Non ci siamo visti prima perché eri fuori, io sono...
-Choji, il nuovo arrivato. Me l'hanno detto. Piacere.
-Piacere... Tu come ti chiami?
-Isoka.
Non era un tipo molto aperto al dialogo, si capiva. Avrei potuto salutarlo di nuovo e andarmene... ma poi lo vidi rompere un pezzo di pane per intingerlo nel piatto, e pensai di aver appena trovato un buon argomento per rompere il ghiaccio.
-Ehi, anche a me piace fare la scarpetta! Un buon pranzetto non può mai essere goduto completamente se non si spazzola bene il piatto, non sei d'accordo?
Isoka non rispose subito. Anzi, non rispose proprio: dopo avermi guardato storto, gettò lontano il pezzo di pane e se ne andò dalla mensa correndo.
Io, rimasto lì immobile come un idiota, mi girai verso Yori per chiedere spiegazioni.
-Ho... Ho detto qualcosa di male?
-Non ci arrivi da solo? Mentre Isoka era in bagno, tu hai sgraffignato tutte le porzioni rimaste, lasciandogli solo il sughetto sul fondo delle vaschette!
Improvvisamente, mi sentii lo stomaco svuotarsi tutto di colpo.
-Io... Mi... Mi dispiace...
-Bene, vai a dirglielo di persona! Ma soprattutto togliti di torno, devo sparecchiare! Fuori!
...
Quando
fui sbattuto fuori dalla mensa, Isoka si era già
volatilizzato.
Mi sentivo un verme, e un idiota. Un verme idiota, ecco!
Quanto avrei voluto ritrovarlo e farmi perdonare in qualche modo... ma
prima,
purtroppo, c'era un'altra cosa che mi ero appuntato mentalmente di fare.
Tornai nell'atrio. Lì, seduta alla scrivania con sopra
appoggiato il registro,
ritrovai la Signorina Hiromi impegnata con un lavoro a maglia.
-Mi
scusi, Signorina Hiromi...
-Tesoro bello! Il pranzo è stato di tuo gradimento?
-Sì, era tutto buonissimo, ma mi stavo chiedendo
quand'è che dovrò firmare...
-Firmare? Oh, ma anche adesso! Tieni, puoi disegnare tutto quello che
vuoi!
La donna spinse verso di me il registro e la scatola di pennarelli.
-Mille grazie! ...aspetti, che vuol dire che posso disegnaaa...
Aprii il quadernone, e il mio mento precipitò fino a terra
per la delusione.
Altro che un elenco di firme e di nomi e cognomi catalogati per data!
Dalla prima all'ultima pagina non vidi altro che scarabocchi, disegni,
colori, forme...
-Hai cambiato idea, amorino?- mi chiese la Signorina Hiromi preoccupata.
-N-no... È che io pensavo... che dovessi registrarmi da
qualche parte, come tutti gli altri orfani...
-Registrarti? Oh no no no, qui da noi non si fanno certe cose
burocratiche! Chiunque voglia vivere qui è già il
benvenuto, senza bisogno di metterci la firma! Non preoccuparti,
piccolino!
Niente registri, niente firme, nessun riferimento... Questo significa che per trovare l'assassino dovrò controllare tutti gli orfani un per uno?!