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Autore: udeis    03/05/2017    1 recensioni
L'ufficio alle relazioni babbane ha l'arduo compito di contattare i neo maghi e rivelargli l'esistenza del mondo magico. Non è un lavoro facile: ci vuole professionalità gentilezza e una grande conoscenza dei programmi tv.Tra genitori infuriati, convinti di avere davanti dei pazzi, genitori iper-protettivi che vorrebbero assicurarsi che Hogwarts rispetti le normative di sicurezza (Dove sono le scale antincendio, eh?), incantesimi sbagliati, incredulità e mazze da baseball, la vita di questi dipendenti ministeriali è davvero un inferno, ma loro non si perdono mai d'animo.
Genere: Azione, Commedia, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'Ufficio alle relazioni babbane e le sue dis/avventure.'
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“Sua figlia è una strega.” Annunciai dopo aver superato i primi momenti di quella difficile conversazione.
La donna s’illuminò tutto d'un colpo: “Ha un notevole spirito d’osservazione, vedo!”
“Mi scusi?” Domandai, attonito. 
Il mio spirito d’osservazione era senza dubbio sopraffino, ma non capitava molto spesso di trovare una famiglia babbana così bendisposta alla magia di un giovane mago. Generalmente, se i genitori avevano avuto il coraggio di ammettere a sè stessi che, quelle che accadevano attorno al loro figlio, non erano solo fortunate e bizzarre coincidenze, erano ancora più sospettosi e spaventati del solito. Mi rilassai impercettibilmente, quindi, soddisfatto di aver avuto una simile fortuna; per una volta non avrei dovuto rassicurare genitori scettici e impauriti, ma avrei potuto semplicemente godermi la sorpresa e la gioia, che la famiglia avrebbe provato nello scoprire un mondo nuovo.
“Sì, devo ammettere che ora può sembrare un undicenne qualunque, ma so che è portata.” Cinguettò entusiasta, “Le sto già insegnando tutti i trucchi del mestiere. Porterà avanti l’impresa di famiglia.” aggiunse orgogliosa, distruggendo in un attimo qualsiasi speranza potessi avere di finire in fretta quel colloquio.
“Mi scusi?” ripetei.
“Mio caro, so che è poco romantico parlare d’impresa, ma la mia piccola ha il dono e la nostra alta missione va portata avanti ad ogni costo, di generazione in generazione.” 
“Cosa intenderebbe con la vostra alta missione?”
“Fin dalla notte dei tempi la nostra famiglia è in contatto con forze di arcano potere: il nostro compito è incanalarne le energie e servirci del loro aiuto per soccorrere gli esseri umani in difficoltà, esattamente come facevano le pizie, mie antenate.”

Siccome il Ministero era sicuro che la bambina fosse una nata-babbana, la frase della madre apriva nuove preoccupanti prospettive: potevo trovarmi davanti a un caso di sfruttamento di magia minorile? Di recente erano sempre più rari, vista la tendenza dei babbani di questo secolo a considerare la magia una favola per bambini, ma non potevo escludere a priori questa possibilità. Oltretutto, vendere rimedi magici ai babbani era strettamente vietato dalla legge: quindi la signora Pelopidas avrebbe potuto trovarsi vittima di una doppia imputazione, con l’aggravante di non essere un mago e, quindi di complicare le pratiche all’intero dipartimento di Giustizia del Ministero. Non ci tenevo ad irritare i maghi che ci lavoravano -avevo pur sempre incantato illegalmente la mia lavastoviglie-, quindi mi sarebbe toccato approfondire.

“E questi suoi aiuti consisterebbero...?”
“Suvvia John, non faccia lo sciocco! Se è venuto qui, sa sicuramente di cosa sto parlando. Non s’imbarazzi, non sarò di certo io a giudicarla: a tutti capitano i momenti difficili. Ma io posso aiutarla: ad esempio, ci sono oggetti che hanno un notevole influsso benefico sulla nostra psiche, basta trovare la combinazione di forme e colori più adatta alla nostra anima. Essi agiscono da stabilizzatori e ci permettono di liberare tutte le energie che stavamo ancora trattenendo: la gente comune li chiama portafortuna, ma, detto fra noi, John, io preferisco chiamarli integratori mistici. Perché ognuno di noi possiede all’interno del suo cuore le risorse necessarie ad affrontare le difficoltà, ma, a volte, si ha bisogno di una piccola spinta per rimettersi in carreggiata. Sento, ad esempio, che questo fermacravatte sta emettendo un forte richiamo da quando è entrato. Ecco, lo prenda.”

Non afferrai il fermacravatte, ma fissai intensamente la babbana: la magia tende a rendere piuttosto scettici coloro che ne fanno uso e solo i maghi di terz’ordine credono nei porta fortuna. La bizzarra accozzaglia di oggetti esoterici e stoffe viola presenti nella stanza, mi si rivelarono, in un attimo, per quello che erano realmente: uno specchietto per le allodole, esattamente come il mio completo babbano.
Se avessi incontrato la signora Pelopidas qualche anno prima, avrei immediatamente capito di trovarmi al cospetto di quel genere di indovina, ma riabituarsi al mondo magico, dopo la mia forzata permanenza in quello babbano, mi aveva fatto perdere l’occhio per le stranezze. Quella babbana era più strega di Narcissa Malfoy: certo, in un modo appariscente, che la suddetta purosangue avrebbe definito volgare, ma abbastanza credibile da confonderti.

“Signora tutto ciò è davvero interessante, ma mi duole informarla che il tipo di magia che pratica sua figlia è molto diverso dalla sua messa in scena.” Spiegai.
“Malaca ! Ma come si permette?!” mi aggredì, posando con furia le mani sui suoi fianchi, “Innanzitutto, mia figlia è ancora un’apprendista, quindi non osi metterle strani grilli per la testa, in secondo luogo, certo che faccio vera magia, non l’ha letta il volantino?” Disse schiaffandomi in mano un volantino sgargiante. “Indovina Moira: lettura della mano, tarocchi, portafortuna e pozioni d’amore solo su richiesta.” Recitò, “quindi adesso non si metta a dire assurdità io mantengo quello che prometto, lo chieda a chiunque, e non faccia tanto il superiore con quel vestito elegante: lei non ha la minima idea di cosa io possa fare!” Terminò con tono offeso incrociando platealmente le braccia e mettendo su un broncio da manuale. “Potrei maledirla seriamente, sa?” Mi minacciò “Se solo la mia intera vita non fosse votata al bene.” aggiunse, melodrammatica.
Trattenni un sorriso sarcastico e un sospiro rassegnato e cercai di spiegarmi, ancora una volta, con calma.
“Signora, non volevo dubitare della sua professionalità, ma il tipo di magia che intendo io è molto diverso.”
“Sta parlando del Vodoo? Niente di male per chi ci crede, ma a me non piace. Io sono credente. In ogni caso, non permetterò alla mia piccola Morgana di imparare quelle tecniche, almeno finchè non sarà maggiorenne.” Disse “Potrebbero avere una cattiva influenza su di lei.” “Comunque le assicuro che anche il mio tipo di magia funziona. Anzi per un tipo come lei va anche meglio! La riconosco, sa? Lei è il classico inglese tutto d’un pezzo: di seconda generazione, sì, ma non di seconda classe. Si fidi che le mie arti sono quello che fa per lei: insieme risolveremo qualsiasi tipo di problema lei possa avere.” Disse conciliante “E ora mi dia la mano.” Ordinò. “Incominciamo la seduta.”
Per un attimo lottai contro l’istinto di tenderle la mano destra, ma poi mi controllai e insistetti: “lei non ha capito. Io sono un mago, faccio incantesimi e…”
“Ah ma sei un collega! Potevi dirlo subito allora! Non c’era davvero bisogno di inventare quella stupida storia della borsa di studio. Sei venuto a controllare la concorrenza, eh? Trovo davvero ammirevole che un uomo si dedichi alla professione: noi donne siamo molto più avvantaggiate è vero, ma gli uomini hanno sempre quel nonosochè in più che affascina le clienti. E mi dica come vanno gli affari? Riesce a cavarsela? La crisi è dura, ma, paradossalmente, i clienti da me sono aumentati.”
Sospirai, portando una mano al volto: con quella babbana non riuscivo a dire più di due parole di seguito, ma, a mio malgrado, ero ammirato dalla tenacia con cui difendeva la sua messa in scena. Persino adesso che pensava fossi un collega, non aveva assolutamente negato che la sua fosse magia vera.
Purtroppo per lei, questa pantomima non poteva andare avanti ancora per molto: “Guardi attentamente”, dissi, e, dopo aver tirato fuori la bacchetta con un gesto ostentato, feci lievitare le tazzine di un servizio dorato che una bambina con grandi occhi verdi aveva appena posato sul piccolo tavolino di fronte a noi. La donna non si mostrò affatto sorpresa, così, indispettito, le trasformai in tanti cinguettanti canarini.
“Lei mi ha mentito, signor Tokai.” Disse, seria. “È più un prestigiatore che un indovino. Beh, immagino che tutto faccia brodo nel nostro mestiere. Bel trucco. Mi piacerebbe davvero sapere come ha fatto. Senza neanche aver preparato il campo. È impressionante.”
Feci sparire i canarini con un gesto secco, irritato: era la prima volta che una plateale dimostrazione di magia non sortiva alcun effetto particolare.
“Non c’è nessun trucco, signora.” Dissi, la sua testardaggine iniziava a diventare ridicola: era forse così abituata a fingere di essere una strega da non riuscire a riconoscere la vera magia  quando se la trovava davanti?
“Andiamo non vorrai farmi credere che è tutto nella mia mente? Per caso hai drogato il tè?“
 “No signora.”
La mia etica lavorativa e il mio orgoglio personale me lo impedivano, senza contare il trascurabile dettaglio che avrei infranto almeno un paio di leggi magiche.
“glielo ripeto, io sono un mago: il mondo della magia esiste. Io ne faccio parte ed anche sua figlia.”
“Ah ho capito lei è un truffatore.”
“Signora, la prego, smetta di attribuirmi una professione diversa ad ogni frase che dico, io sono sempre stato solo un mago!” Esclamai, ma la donna mi rivolse uno sguardo scettico.
“Non ha notato che intorno a sua figlia capitano degli strani fenomeni soprattutto quando è spaventata o emozionata?” Chiesi
“Non ci provi nemmeno a mettere in mezzo mia figlia. Non mi faccio commuovere, io. Tutto quello che so di lei è che è un’ottima allieva.”
“Non crede che lo sia un po’ troppo?”
“Mia figlia è intelligente.”
“Bè ma forse fa delle cose che non potrebbe fare.”
“Ogni ragazzino lo fa a quell’età, ha undici anni, non trenta. E se le dovessi raccontare quante stupidate fanno gli uomini di quell’età non finiremmo più.”
“Ascolti il Ministero della Magia…”
“Uh si è creato proprio una bella storia elaborata, eh? Addirittura un Ministero! Ma caschi male, amico, io non ho molti soldi.”
“Signora, io non voglio il suo denaro.” D’altronde non me ne sarei fatto nulla, “Voglio solo che mi ascolti: sua figlia ha la possibilità di entrare in delle scuole di magia migliori del mondo. Magia vera, non i suoi trucchi babbani.”
“Ce la caviamo anche da autodidatte, grazie, mia figlia non va da nessuna parte. E poi trucchi da babbani lo vada a dire qualcun altro! La mia arte viene tramandata nella mia famiglia da generazioni ed ha sempre funzionato.”
“Signora Pelopidas, babbano non è un insulto: significa senza magia. Magia vera, intendo. Il mondo di sua figlia non è il suo, signora, sua figlia appartiene al mondo magico.”
“Una setta eh? E magari vai a fare questa offerta solo ai figli di indovini, come la mia piccola Morgana. Interessante, ma non siamo mica nati ieri. Dentro le sette non c’è molta libertà ed io sono sempre stata una libera pensatrice.” Poi si sporse verso di me, abbassò la voce e aggiunse, confidenziale: “signor Tokai non so se l’ha notato, ma io spenno polli, per mestiere: dovrà impegnarsi molto più di così se vuole fregarmi.”
La signora Pelopidas sembrava aver preso la mia presenza e le mie rivelazioni come una sfida personale e si stava pure divertendo parecchio: non mi tirai indietro e diedi inizio al secondo round di questa improbabile sfida tra professionisti. Dopotutto, neanch’io avevo intenzione di perdere.
“Se non crede a me posso farle confermare la mia storia da qualcun altro.”
“Ed ecco che entra in scena il complice.”
In effetti non era stata una pensata particolarmente felice.
“Posso mostrarle uno dei nostri giornali”
“Creato ad arte da lei precedentemente.”
“Sì, ma le foto si muovono.”
“Un trucchetto da quattro soldi, lo facevo quando andavo all’asilo.”
“Se vi lasciassi la mia bacchetta potrebbe rendersi conto di quello che sa fare sua figlia.”
“Sciocchezze, sarebbe comunque lei ad eseguire il trucco a comando.”
“E se le raccontassi un po’ della storia del mondo magico?”
“Mi piacerebbe sapere quanto è stato accurato nell’inventarsi questa balla, in effetti.”
“Posso mostrarle degli oggetti magici.”
“Magici? Io direi meccanici.”
”Signora Pelopidas,” capitolai. “cosa devo fare per convincerla che la magia esiste e che quelli che ha visto prima erano veri incantesimi e non trucchetti da baraccone?”
“Posso chiedere qualsiasi cosa?”
“Ci sono dei limiti alla magia che posso fare. Ad esempio,” Continuai, ignorando l’espressione da: qui ti volevo imbroglione, che era apparsa sul volto della babbana, “non mi chieda di riportare in vita un morto, perché quello è impossibile per chiunque. Per il resto mi chieda pure quello che vuole.”
La signora parve rifletterci attentamente allettata dalla sfida e dal desiderio di poter smascherare un truffatore che si era dimostrato molto, molto abile. Quasi più di lei.
“Mi porti sul Big Ben.” Disse infine, incrociando soddisfatta le braccia.
Mi trattenni dall’imprecare solo perché Morgana mi stava guardando con aria scettica.
Big Ben… Bastava atterrare in un punto riparato e non l’avrebbe mai notato nessuno. D’altra parte se avessi esitato non sarei più riuscito a convincerla e avrei dovuto confonderla, distruggendo per sempre il mio record personale di persone convinte al primo colpo.
Certo, neppure cercare di spiegare a quelli del Ministero perché avessi materializzato me stesso, un babbano e una neo-strega sul Big Ben, era una cosa che morivo dalla voglia di fare, ma la mia priorità adesso era solo convincere la signora Pelopidas e sua figlia, quindi non potevo esitare.
“D’accordo. Si aggrappi alle mie spalle e non mi lasci per nessun motivo.” Dissi. Un babbano spaccato era l’ultima cosa che volevo mentre violavo lo Statuto di Segretezza.
“Scusi?”
“I suoi trucchi funzionano in un certo modo e anche la mia magia ha delle regole.”
“Lo vede, cerca di fregarmi? i maghi possono fare di tutto senza nessun contatto fisico! Se la tocco di sicuro lei mi mette K.O e ruba la cassa.”
“Signora le assicuro che dei suoi soldi non me ne faccio assolutamente nulla, visto che non valgono nel modo magico.”
“Prendi nota Morgana: prima fingere disinteresse, poi spostare la conversazione e, infine, portare a termine il proprio obbiettivo; oltretutto la vittima guarderà automaticamente dove ha nascosto i soldi. Il nostro amico è abile.”
Alzai gli occhi al cielo.
“Ha presente Gandalf?” Chiesi “Non può fare le sue magie senza il suo bastone e questa è la stessa cosa, deve toccarmi se vuole che funzioni.”
“Sciocchezze, le basterebbe utilizzare la sua bacchetta per farmi sparire e ricomparire. Non me l’ha mostrata poco fa?”
“Se questo la rende più tranquilla la posso tenere in mano, ma lei deve aggrapparsi alla mia spalla o non se ne fa nulla. Mettiamola così: questo metodo sarà molto più confortevole che utilizzare la bacchetta.”
“Lei però tiene le mani dove posso vederle e io non mi aggrappo di certo alla sua spalla a mani nude.” Disse indossando dei guanti violetti. “Chissà che droga ci ha messo lì sopra. Ah e Morgana, prendi la telecamera e tienila accesa.”
“Sì, mamma, certo.”
Disse la bambina, recuperando senza battere ciglio una telecamera nascosta nella bocca di un drago cinese.
Sospirai rassegnato mentre la donna mi poggiava una mano sulla spalla e presi per mano la bambina che mi puntava la telecamera in faccia con un’aria ancora più scettica di quella della madre. “Andiamo.“ Dissi. Vorticai su me stesso e fui accolto nella spiacevole compressione della smaterializzazione.
Un attimo dopo eravamo in cima Big Ben e la pioggia ci colpiva in pieno volto. Sorrisi dell’incredulità delle mie due passeggere, mentre, sotto di noi il grosso orologio cominciava a battere l’ora.

La signora Pelopidas rifiutò con forza di tornare a casa nella stessa maniera e si fece trasportare a livello della strada solo perché non aveva altra scelta; poi, chiese scrupolosamente giorno, ora e nome della regina ad almeno dieci passanti, per essere sicura che non l’avessi imbrogliata in nessun modo e mantenne un silenzio pensieroso per tutto il tragitto in taxi.
Azzittì con un gesto il marito che stava per chiederle qualcosa, sorpreso di vederci entrare dalla porta del suo ristorante, mentre ci pensava, di sopra, nello studio, costrinse il pover’uomo a vedere il video della telecamera per confermare che fosse tutto accaduto davvero e, infine, mi ricondusse al punto di partenza.
“Ora mi crede, signora Pelopidas? ”Chiesi, una volta che fummo tornati a sederci sulle comode poltroncine viola.
“la videocamera non ha funzionato durante il trasporto.”
“La magia interferisce con la tecnologia.”
“D’altra parte, i tempi sono stati troppo stretti perché lei abbia potuto drogarmi, caricarmi su un camion e trasportarmi in cima al Big Ben, di questo ne sono più sicura.”
“Signora, nessuno farebbe ma una cosa del genere per convincerla che la magia esista. Troppo costoso, piuttosto cambierebbe vittima.”
La signora Pelopidas annuì abbattuta.
“Ha ragione.”
Poi riprese un po’ di colore e aggiunse: ”per essere un mago, però, lei non ha proprio stile.” 
“Mi scusi?”
“Sì, insomma, si veste come un impiegato delle poste. Un vero mago dovrebbe indossare dei cappelli a punta. E lunghe vesti nere o verdi, come minimo.”
“Sì, signora, infatti, lo facciamo.”
“Non mi sembra.”
“Sono vestito così per non spaventarla e per farmi prendere sul serio da lei.”
“Bah ridicolo! Come faccio a prendere sul serio un mago che si mette la cravatta e prende i taxi invece di usare una scopa magica o un tappeto volante?”
“I tappeti volanti sono illegali. E comunque abbiamo delle regole che…”
“Lei poi è proprio un tipo poco appariscente. Ma almeno è sposato?”
“Signora, non credo che siano affari suoi.”
“Ma certo che lo è, non ha l’aria da scapolo.”
“Ma questo cosa c’entra?”
“Sa non capisco il suo interesse per quelli che non praticano la magia. Mmh sì, la sorpresa che provoca il suo annuncio…” Rifletté ”Già forse dopotutto la capisco, certo che fa un mestiere strano.”, disse quella che faceva la finta indovina, “Potrebbe mostrarmi la scuola?” aggiunse.
“Mi spiace, ma solo i maghi possono vederla, per gli altri è invisibile.” Risposi.
“Questa sì che come scusa è originale e come faccio ad andare a parlare con gli insegnanti?”
“Se vuole può spedirgli una lettera via gufo.”
“Gufo? Perché non un corvo? E comunque dove lo trovo un gufo? E poi mi scusi a chi dovrei indirizzarla la lettera? E come faccio a sapere se quello stupido volatile l’ha portata alla persona giusta?”
“Il gufo lo può comprare a Diagon Alley e i nostri gufi sono… incantati, sì diciamo così, per portare la posta al giusto destinatario.”
“Ma non sono troppo lenti? Non fareste prima a fare una telefonata?”
“I maghi non hanno il telefono.”
“Davvero? È una strana scelta di vita, serve a non pagare le bollette? Puoi stregare il contatore per pagare meno tasse?”
“Noi maghi non abbiamo l’elettricità: ci sono diversi incantesimi che ci rendono la vita altrettanto facile. Inoltre, come le ho già detto, la magia interferisce con la tecnologia.” Spiegai e sorrisi compiaciuto, sorvolando magnanimamente sulla questione del contatore stregato, ma prendendo mentalmente nota di fare due parole con dell’Ufficio dell’Uso Improprio dei Manufatti dei Babbani. Se la figlia assomigliava minimante alla madre avrebbero avuto parecchie grane nei prossimi anni.
“Allora perché lei mi ha appena consegnato un numero di telefono e mi ha detto di chiamarla se dovessi avere qualche difficoltà?”
Era vero, approfittando di un raro momento di silenzio, mentre viaggiavamo in taxi, le avevo dato il mio numero di emergenza: quello che tenevo solo per comunicare con genitori isterici, impauriti e confusi.
“Io sono uno dei pochi maghi che ne è dotato.” Dissi, e che lo sa usare, pensai. “Mi piace tenermi al passo con i tempi.”
La signora Pelopidas sbuffò e mi guardo storto. “Siamo sicuri che funzioni davvero?”
“Provi a chiamarlo se vuole, ma l’avverto, a quest’ora suonerà a vuoto.”
“Allora lo farò quando sarò sicura di trovarla.”
“Se proprio ci tiene a conoscere gli insegnanti di suo figlia le lascio questa” Dissi, porgendole una figurina delle Cioccorane. “lui è il preside di Hogwarts.” Un Albus Silente completo di cappello, veste nera e lunga barba bianca salutò allegramente la signora Pelopidas, che sorrise compiaciuta.
“Questo sì che sembra un mago, signor Tokai! Dovrebbe proprio prendere esempio da lui!”

Alzai gli occhi al cielo e ringraziai Merlino che non lo avesse visto indossare il suo vestito color prugna e il cappello con il trifoglio: il mondo non aveva bisogno di un’altra fan sfegatata dello stile di Silente.
“A quella scuola mi rovineranno la bambina...” Si crucciò, poi, la signora Pelopidas,”una volta che saprà fare la sua magia, non vorrà più fare la mia e chi la manda avanti la tradizione di famiglia?”
“Magari sua figlia preferirà intraprendere un altro tipo di carriera una volta finita la scuola.”
“Sciocchezze! Noi questo mestiere ce l’abbiamo nel sangue! Semplicemente allargheremo il giro d’affari.” Si riprese immediatamente la babbana, fulminandomi con gli occhi per aver osato dire una simile eresia.
“Signora, devo avvertirla che è proibito dalla nostra legge usare la magia sui babbani e ciò include anche filtri e pozioni: sua figlia verrebbe processata per questo.”
“Come possono provare che io abbia, non so, usato una pozione d’amore, e che i due non si siano semplicemente innamorati?”
“Le pozioni d’amore, come quasi tutti gli altri filtri e incantesimi, lasciano una traccia che il Ministero è in grado di riconoscere facilmente.”
“Ah quindi le pozioni d’amore esistono davvero! Buono a sapersi! Sentito Morgana?” Disse afferrando il braccio della figlia con entusiasmo, “Devi imparare a farle alla perfezione! Un paio di quelle potrebbero esserci davvero utili! Poi se esistessero anche quelle afrodisiache… Beh se esistessero, potrei permettermi di ritirarmi su una bella isoletta greca per il resto dei miei giorni.”
“Signora Pelopidas le ho appena detto che è illegale!”
“Ah ma noi le useremmo solo un cliente ogni dieci! Solo per i casi disperati, vede, gli insicuri patologici. Un cliente felice è un cliente che ritorna, ma un cliente troppo felice, non ritorna affatto.”
“Signora lei non può…”
“Oh ma quanto è rigido signor Tokai! L’amore è il motore immobile del mondo! Non sarà certo un po’ di magia a mandarlo fuori fase. E la divinazione esiste?”
“È una branca molto misteriosa della magia che in pochi sono in grado di praticare.”
“Quella almeno la mia bambina la potrebbe usare per i miei clienti?”
“Non saprei, non ci sono molti precedenti in proposito.”
“Bene, perché una predizione esatta ogni tanto, cioè, la certezza di aver fatto una predizione esatta, sì, insomma, qualcosa di sicuro al cento per cento e non solo all’ottanta, sarebbe una manna dal cielo per gli affari. Comunque, ora che ci penso, a mia figlia serviranno delle cose nuove per la scuola, una bacchetta, un calderone, una sfera di cristallo… Ci accompagnerà lei a comprare l’occorrente.” Decise la signora Pelopidas.
“Certamente, nei prossimi giorni l’accompagnerò di persona a Diagon Alley.”
“Però mi deve promettere una cosa, signor Tokai, lì deve venirci vestito da mago vero, niente scuse: non voglio mai più vederla con questo orribile completo babbano. È un insulto alla categoria.”
“Ai suoi ordini, signora.” Acconsentii stancamente. Figurarsi! Non mi ero mai presentato a Diagon Alley con niente di diverso di una veste da mago e mai lo avrei fatto. Non ci tenevo a farmi ridere dietro.

A settembre Morgana fu smistata a Corvonero non appena il cappello le sfiorò la fronte: era una discreta pozionista e si rivelò una vera indovina.
Madre e figlia svilupparono un sentimento d’antipatia e rispetto per la professoressa Cooman: la ammiravano per essere riuscita a sopravvivere per tanti anni in un ambiente competitivo come il mondo magico, ma la disprezzavano perché non aveva il coraggio di ammettere a sè stessa di essere un imbrogliona fatta e finita (e neanche tanto brava).
Dopo i suoi sette anni ad Hogwarts Morgana portò avanti l’attività materna e l’ampliò, iniziando a servire anche i maghi e ottenendo un sorprendente successo anche tra la nostra gente: nessuno seppe mai a quali clienti fornisse vere profezie e vere pozioni e a chi soltanto un placebo. Come diceva sempre la signora Pelopidas, un cliente troppo felice è un cliente che non torna e Morgana aveva perfettamente fatto sua questa filosofia.
L’unico a cui sembrava importare qualcosa delle supposte attività illecite della strega era l’Ufficio dell’Uso Improprio dei Manufatti dei babbani che, però, non riuscì mai a dimostrare l’effettività dei suoi sospetti; probabilmente perché l’indovina prevedeva sempre per tempo l’arrivo degli uomini del Ministero. 






Ciao a tutti, dopo un’enormità eccomi di ritorno con una storia di John Tokai, avrei voluto aggiornare prima, ma la revisione mi ha portato via un sacco di tempo, senza contare l’altra raccolta che avevo iniziato nel frattempo.
Quando parlo di “sfruttamento di magia minorile” intendo qualcosa del tipo: un parente babbano si rende conto della magia del figlio e la usa per truffare altri babbani suoi pari o vedergli oggetti incantati dal suo pargoletto. Mi sembrava una cosa possibile, ma fatemi sapere che ne pensate. John Tokai che non riconosce un’indovina è come una persona che parla due lingue a volte non si rende subito conto in che lingua sta leggendo, semplicemente capisce (e sì, capita, almeno a me è successo). Ah e per la cronaca la signora Pelopidas si è davvero ritirata sulla tanto agognata isoletta greca.
Al solito, se trovate qualche errore o svista fatemela notare.
QUI trovate l'avventura di John Tokai nel mondo babbano. Malaca, invece, è un'imprecazione greca. Questa raccolta procederà molto lentamente data l’immensa mole di pagine da scrivere, io sono abituata a cose molto più brevi, ma procederà, non vi preoccupate. Grazie a tutti.
  
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