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Autore: 9Pepe4    12/06/2009    7 recensioni
Regulus lo osservò. Aveva le guance infiammate, forse per il tempo trascorso all’aria aperta – incredibilmente frizzante, in quelle giornate di Giugno –, forse per la rabbia dovuta alla discussione che aveva appena avuto luogo.
Il suo viso, però, era anche animato da una soddisfazione che raramente Regulus riusciva a scorgervi.
Quando Sirius vide il fratellino si arrestò.
«Ciao» lo salutò Regulus, senza riuscire ad evitare un tono sospettoso. «Che hai combinato?»
[La possibile origine degli specchi a doppio senso]
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Regulus Black, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Lo specchio

Il piccolo Regulus Black era coricato sul pavimento della propria stanza, l’orecchio premuto per terra in un infantile tentativo di captare qualcosa della conversazione che si stava svolgendo al piano inferiore.
I lucidi capelli corvini gli ricadevano in ciocche davanti agli occhi scuri, mentre il viso era teso in un’espressione concentrata, il respiro sospeso.
Dopo qualche istante si alzò. Non aveva capito molto – ad essere onesto, quasi nulla – di quello che i genitori stavano dicendo al piano di sotto, ma aveva captato quel quanto che bastava per sapere che Sirius era uscito per andare ad Hogsmeade. Aveva anche capito che la zia Druella avrebbe organizzato un party a casa sua quel fine settimana. Ma di quell’ultima notizia non si interessava.
Piuttosto, lo incuriosiva che il fratello fosse riuscito ad andare fuori. I loro genitori erano così arrabbiati con lui, infatti, che parevano avere tutte le intenzioni di segregarlo in casa per tutta l’estate.
Con un sospiro, si strofinò gli occhi e si guardò attorno. La sua stanza, come sempre, era ordinata in maniera impeccabile. Gli occhi di carbone del ragazzino esile indugiarono sulle pareti, soffermandosi sui drappi argento e smeraldo che decoravano la stanza.
A passi lenti, camminò sino al letto, per poi gettarvisi sopra con un sospiro.
Afferrò un libro dal comodino e si immerse nella lettura.
Quando udì un battibecco ad alto volume, si riscosse bruscamente dalla storia. Abbassò il libro, improvvisamente accigliato. Solo una persona era in grado di scatenare un tale frastuono…
«Sirius…» mormorò.
In fretta, poggiò nuovamente il volume sul comodino, alzandosi e dirigendosi velocemente verso la porta. Si affacciò, in ascolto.
«…il rispetto?! Come ti sei permesso di uscire senza chiedere ad alcuno? Io e tuo padre siamo molto indignati dal tuo rozzo comportamento, in tutta la storia della nostra Casata, mai nessuno…»
La voce di Walburga continuava la propria ramanzina, animata dalla particolare flemma delusa che la caratterizzava durante i rimproveri rivolti al primogenito.
Regulus, per uno spiacevole istante, si ricordò di quando era piccolo. Al sentire quei toni arrabbiati si tappava le orecchie e mormorava disperato, sperando di coprirli.
Finalmente, dopo essere salita di almeno un’ottava, la voce di Walburga si spense, chiaro segno che Sirius era stato spedito con due secche parole in camera sua.
Regulus indugiò. Ben presto iniziò a sentire i tonfi frustrati provocati dai passi di Sirius sulle scale che conducevano al piano sul quale si affacciavano le loro stanze; non ci volle molto che il viso del maggiore dei fratelli Black si affacciasse al pianerottolo.
I capelli corvini gli incorniciavano il volto pallido nel quale erano incastonati due occhi splendenti, dalle iridi di cobalto. La sua figura era attraente, così come Regulus non sarebbe mai stato. Forse era quella scintilla ribelle a renderlo così affascinante, fatto sta che i suoi lineamenti aristocratici da Black avevano un carisma particolarmente spiccato.
Regulus lo osservò. Aveva le guance infiammate, forse per il tempo trascorso all’aria aperta – incredibilmente frizzante, in quelle giornate di Giugno –, forse per la rabbia dovuta alla discussione che aveva appena avuto luogo.
Il suo viso, però, era anche animato da una soddisfazione che raramente Regulus riusciva a scorgervi.
Quando Sirius vide il fratellino si arrestò.
«Ciao» lo salutò Regulus, senza riuscire ad evitare un tono sospettoso. «Che hai combinato?» aggiunse, dal momento che la sua voce aveva già reso evidente quella domanda.
A dire il vero non si aspettava seriamente una risposta. Da quando avevano iniziato a frequentare Hogwarts, infatti, aveva notato che Sirius si era fatto sempre più propenso ad ignorarlo.
Rimase pertanto a bocca aperta quando il fratello, dopo averlo valutato per un momento, rispose: «Mi sono limitato a prendermi la libertà di movimento che mi spetta».
«Cosa sei andato a fare?» aggiunse Regulus. Ormai le domande gli affollavano la gola e gli inondavano le labbra.
Sirius ghignò. «Cosa si può mai fare ad Hogsmeade, Regulus? Sono andato a far compere, è ovvio».
Il suo sarcasmo era così irritante… Regulus avrebbe voluto allungargli un pugno sonoro sul naso, ma si trattenne.
Sirius, sotto lo sguardo del fratellino, aprì la porta della propria stanza, apprestandosi ad entrare in quel rifugio dove non ammetteva altre presenze.
All’ultimo momento, si fermò, un piede dentro ed un piede fuori. Frugò nelle tasche. «Sai cos’è questo?» domandò a Regulus, mostrandogli un involucro che evidentemente conteneva qualcosa di sottile.
Il ragazzino fu combattuto tra la curiosità e lo sbattere la porta indifferente. Alla fine si avvicinò, seppur riluttante, a Sirius.
Questi, intanto, aveva disfatto l’involucro e teneva in mano due piccoli specchi identici. «Ricordi quando zio Alphard ci ha parlato degli specchi a doppio senso?» domandò.
Regulus annuì, senza riuscire a staccare lo sguardo dagli oggetti che Sirius teneva in mano…

Nevicava. Grossi fiocchi di neve turbinavano davanti alle finestre di Grimmauld Place, osservati dagli occhi scuri e spalancati del più piccolo dei Black, il nasino schiacciato contro il vetro freddo.
Lui e il fratello si trovavano in salotto, dove un gran camino scaldava e illuminava l’ambiente. Sirius sedeva sul tappeto, e poco dopo Regulus andò a raggiungerlo. Si scambiarono uno sguardo eloquente: entrambi stavano pensando al racconto dello zio.
Alphard era il fratello della loro madre, ma, come spesso si lagnava Sirius, era molto meno noioso dei genitori, e il maggiore avrebbe voluto vivere con lui.
Quando veniva in visita era sempre una festa. Usava raccontare ai nipoti – che lo ascoltavano attenti, ad occhi sgranati – di vari manufatti magici. Sirius apprezzava che scegliesse di parlare di cose vere invece che delle “solite favole”.
Quel giorno, poi, aveva raccontato loro degli specchi a doppio senso, ossia specchietti di scarse dimensioni apparentemente normali, ma che permettevano a coloro che li possedevano di comunicare a grande distanza. Bastava pronunciare il nome dell’altro e… puf! Ecco che saltava fuori la sua immagine nella superficie riflettente.
«Di’, Reg, ti piacerebbe avere quei due specchi?» chiese Sirius, distendendo le gambe e fissandolo con i grandi occhi grigi.
Regulus annuì, accoccolandosi sul tappeto. «Così potremmo restare in contatto anche quando la mamma mi porta in visita dalla nonna Irma». Non capiva per quale motivo toccasse sempre a lui andare da quella donna vecchia e noiosa, sempre pronta a criticare ogni minima cosa.
Sirius sogghignò. «Così non ti annoierai troppo» concordò. Si ammorbidì appena e scrutò comprensivo il fratellino. Ormai Walburga non portava più il figlio maggiore da sua madre, dal momento che Sirius era una vera peste, ma non aveva problemi a portarsi appresso il più piccolo, da tutti considerato un autentico angioletto.
Regulus voltò il viso ad osservare le fiamme che guizzavano nel camino. Le lingue di fuoco si riflettevano brillanti nei suoi occhi scuri.
Sirius lo guardò per un momento, poi esclamò: «Ehi, Regulus, ho un’idea!»
Il minore si girò verso di lui, interrogativo.
«Secondo me non dev’essere tanto difficile procurarsi questi specchi a doppio senso» continuò spedito il fratello, «quindi» proseguì, «quando sarò grande andrò a cercarli e li comprerò» concluse trionfante.
Gli occhi di Regulus si riempirono d’entusiasmo mentre annuiva con forza. «Giusto! Che bella idea, Sirius!»
Sirius sorrise. Era troppo orgoglioso per dire un “grazie”, ma in quel momento era davvero grato al fratellino che aveva approvato la sua idea, e quella parolina aleggiò chiaramente tra loro.

«Quindi li hai trovati davvero?» domandò, sbalordito.
Sirius annuì, riavvolgendo con cura i due specchietti nel piccolo panno. Sorrise soddisfatto. «Ti avevo detto che non doveva essere difficile» disse, con un’alzata di spalle.
Regulus allungò automaticamente una mano verso l’involucro che reggeva il fratello, ma Sirius lo scostò in fretta. «Che fai?» domandò.
Regulus lo guardò e capì che non stava scherzando. Era davvero perplesso, interrogativo, stupito. Ma com’era possibile che avesse scordato la loro conversazione? Certo, ormai le visite da nonna Irma – grazie al cielo – non erano altro che un brutto ricordo, ma potevano sempre usarli per altri momenti…
«Sono per me e James!» concluse Sirius, stringendo i due specchietti.
Regulus sobbalzò come se il fratello lo avesse picchiato. «C-come?» balbettò.
«Per me e James» ripeté Sirius, con l’aria di chi dice una cosa talmente ovvia da essere sottintesa.
Il fratellino voltò di scatto il viso per fare in modo che i capelli corvini nascondessero a Sirius l’espressione ferita che gli si era disegnata in volto.
Sirius si infilò l’involucro in tasca, gli occhi grigio blu illuminati dall’entusiasmo. In quel modo, lui e James avrebbero potuto chiacchierare anche se fossero finiti in punizione separati! Gettò un’occhiata perplessa al fratellino immobile. «Regulus?» azzardò.
Lui si riscosse. Lo fissò torvo, quasi con ferocia, poi si voltò e con uno scatto repentino entrò nella propria stanza, chiudendo di botto la porta alle proprie spalle sotto lo sguardo confuso di Sirius.
Una volta nella propria camera, la schiena contro la porta, si guardò attorno col respiro affannoso. Udì Sirius entrare nella propria stanza.
Avanzò appena. La rabbia gli ribolliva nello stomaco. Per un attimo, quando aveva visto quegli specchi in mano al fratello, aveva pensato che indicassero il fatto che qualche legame di quello che avevano condiviso da bambini fosse sopravvissuto. Invece no. Erano per James Potter!
Digrignò i denti. Insomma, Sirius era stupido o cosa?! Si era forse scordato di avere un fratello?! Si era forse dimenticato della loro chiacchierata sugli specchi a doppio senso?!
No, rifletté amaramente, se l’era ricordata, ma solo quanto occorreva per stare sempre con il suo amichetto, quell’insopportabile di Potter!
Furibondo, percorse ad ampi passi il perimetro della stanza. Si fermò davanti alla porta di legno scuro.
Ora non nevicava.
Ora Sirius aveva gli specchi.
Ora nessuna parola grata aleggiava fra loro due, lasciando quell’aria di soffocante rancore.
  
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