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Autore: Ode To Joy    28/06/2017    6 recensioni
[Kageyama x Hinata]
"Le leggende narrano di una creatura oscura, solitaria. Dicono che le sue ali siano nere come quelle di un Corvo, che la sua bellezza sia pari a quella di un Cigno e che la sua forza possa essere superiore anche a quella di un'Aquila."
A poche settimane dal suo quindicesimo compleanno, Shouyou abbandona il nido di Corvi in cui è nato e cresciuto per rispondere al richiamo di una strana creatura che continua a vedere nei suoi sogni.
“A quindici anni è facile essere innamorati con la primavera che sboccia e l’euforia di essere finalmente adulti. Ciò che accade dopo, però, quando il fuoco dell’inizio viene domato… È lì che comincia il vero amore ma lo si può toccare solo dopo aver conosciuto l’oscurità dell’altro ed averla saputa accettare.
Tobio, però, non si rivela affatto essere quello che si aspettava di trovare sul suo cammino.
[Winged AU]
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Shouyou Hinata, Tobio Kageyama, Un po' tutti
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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VIII
Piume Nere


Tobio non riusciva a prendere sonno e, per una volta, non poteva biasimare il profumo di Shouyou per questo. Erano nello stesso letto, nella stanza degli ospiti più bella di tutto il Nido delle Aquile. La stessa che era appartenuta a Tooru prima che il matrimonio tra lui ed il Re dell’Aquila divenisse qualcosa di più di un semplice contratto tra nobili.
Shouyou dormiva su di un fianco e gli dava le spalle.
Tobio si era ritrovato ad accarezzargli il fianco coperto dalla stoffa sottile della camicia da notte senza nessuna particolare ragione. Era un gesto distratto, per tenerlo occupato mentre la sua mente si perdeva in mille pensieri e possibilità.
Tre giorni e sarebbe stato il compleanno di Shouyou.
Tre giorni per dimostrare a se stesso e a quel piccolo Corvo che poteva dargli qualcosa che potesse sorprenderlo. Qualcosa che non avesse nulla a che fare con il suo titolo di Principe.
Sarebbe stato come barare, altrimenti.
Gli occhi blu del Cigno si fissarono sulla nuca del piccolo Corvo e lì rimasero per quella che parve un’eternità.
Non aveva importanza quanto lo infastidisse, c’era una sola persona a cui poteva chiedere consiglio e, no, non avrebbe aspettato l’alba per farlo.
Con la luce del sole, gli avrebbe garantito un vantaggio di azione che non poteva permettersi.
“Maledizione... “ Sibilò Tobio contro se stesso. Strinse per un istante il fianco di Shouyou, poi si alzò dal letto.
Sapeva che se ne sarebbe pentito ancor prima di abbassare la maniglia della porta.


***


Quando era arrivato il suo primo uovo, Tooru si era sentito dire da molte madri che poteva anche dire addio al suo sonno di bellezza: non avrebbe più dormito una notte intera per il resto della sua vita.
Suo malgrado, quella previsione si era avverata ancor prima che il suo peggior incubo divenisse realtà. Wakatoshi lo aveva sorpreso molte volte mentre accarezzava quell’uovo, canticchiando una ninna nanna a quella bambina non ancora nata.
Aveva passato quelle parentesi di tempo sottratto ai doveri, alle apparenze della corte e agli orrori della guerra per godersi quel piccolo miracolo. In mezzo a tante cose brutte, Tooru aveva avuto il bisogno di fermarsi ad immaginare la sua felicità: la sua bambina dalle ali candide tra le braccia.
La figlia a cui avrebbe voluto dare il suo nome non era mai nata ed allora le fantasie che lo avevano tenuto sveglio la notte si erano tramutate in incubi senza fine.
Demoni che non lo avevano lasciato andare nemmeno quando era arrivato il loro secondo uovo, quello dell’unico figlio che avrebbero mai avuto.
I sei mesi che Tobio aveva impiegato per varcare il sottile confine tra la vita e quello che vi era immediatamente prima erano stati i peggiori della vita di Tooru.
Il terrore di perdere anche quel bambino era stato secondo solo alla determinazione con cui si era sforzato di non amarlo.
Alla fine, però, nel bel mezzo di quel Grande Inverno che aveva finito di massacrarli come la guerra non era riuscita a fare, il suo piccolo Principe era venuto al mondo e l’aveva fatto impazzire in più di un modo fin dal suo primo vagito.
Sì, Tooru poteva contarle sulle dita di una mano sola le notti in cui aveva davvero dormito tranquillo dal giorno in cui era divenuto un genitore.
Tobio, però, era talmente legato al suo ruolo di figlio da sentirsi in dovere di rovinare anche quelle.
“Tooru…”
A causa di quell’istinto materno che Tooru odiava con tutto se stesso, seppe chi lo stava svegliando ancor prima che la sua mente riuscisse a ricollegare il suono di quella voce ad un volto.
“Tobio…” Gemette affondando il viso nel cuscino.
“Tooru, devo parlarti.”
“Adesso?” Fosse stato un po’ più sveglio, Tooru avrebbe preso a calci il suo adorato erede fino a che non avesse perso i sensi sul pavimento. Wakatoshi non era lì per biasimarlo, comunque.
Una seconda mano prese a scuoterlo. “Tooru,” lo chiamò la voce del Re Aquila, “Tobio è qui per parlarti.”
Tooru aprì gli occhi di colpo. Wakatoshi rispose al suo sguardo tranquillamente seduto contro i cuscini e con l’espressione di chi sta vivendo una situazione del tutto socialmente accettabile. Non lo aveva sentito rientrare.
Si voltò: Tobio si era accomodato sul bordo del letto, lo sguardo scocciato.
Tooru si dovette trattenere per non prenderlo a calci in faccia ed il suo regale padre con lui. Lo svegliavano nel bel mezzo della notte e quello ad essere scocciato era quel moccioso ingrato?
“Che diavolo vuoi?” Sibilò.
Wakatoshi inarcò le sopracciglia. “Se è venuto qui nel bel mezzo della notte deve essere importante,” notò con tono democratico.
Tooru lo guardò in cagnesco. “Importante per chi?” Strillò. “Per me? Per te? Per lui? Il Nido sta andando a fuoco? Non mi pare! Se siete così felici di essere svegli nel bel mezzo della notte, allora parlate tra di voi!”
Il Cigno affondò di nuovo il viso nel cuscino pregando che gli altri due idioti sparissero nel nulla e lo lasciassero al suo più che meritato sonno di bellezza.
“Si tratta di Shouyou,” disse Tobio senza girarci troppo intorno. “Tra tre giorni è il suo compleanno…”
Ci fu un momento di totale silenzio, poi Tooru riemerse dal suo nascondiglio con un gran sorriso euforico stampato in faccia: tutto il rancore sparito.
Tobio si trattenne dall’alzare gli occhi al cielo.
“Ma perchè non lo hai detto subito?” Domandò il Consorte Reale con fare scandalizzato.
“Il giorno del solstizio d’estate…” Sottolineò Wakatoshi.
“Oh!” Esclamò Tooru con voce tanto felice da suonare ridicola. “Il giorno del solstizio d’estate! È proprio la tua anima gemella, Tobio! Siete così perfetti! Così… Beh, lui può essere perfetto con una piccola risistemata per mia mano, tu… Tu puoi apparire decente accanto a lui ma solo se...”
“Vuole che lo sorprenda,” tagliò corto Tobio.
“Ovvio!” Tooru annuì. “È il suo primo compleanno con te! Il minimo che puoi fare è…”
“A che genere di sorpresa hai pensato?” Domandò Wakatoshi guadagnandosi un’occhiata storta da parte del suo Consorte.
Tobio scosse la testa. “A niente…”
Tooru sbuffò. “Ma possibile che tu non abbia niente di me in quella testaccia vuota?”
Il Principe s’imbronciò. “Ti sto dando la possibilità di metterci del tuo… Dovresti ringraziarmi.”
“Vedi di finirla con questo comportamento ingrato, Tobio!”
“Cosa piace a Shouyou?” Domandò Wakatoshi, ormai deciso a voler partecipare alla conversazione.
Tobio scrollò le spalle. “Sarebbe più facile dire che cosa non gli piace.”
Tooru gli rivolse un sorrisetto sarcastico. “Tipo te?”
“Che cosa lo rende felice?” Riprovò Wakatoshi.
Il Cigno, a quel punto, gli rivolse un sorrisetto piacevolmente sorpreso. “Che domande profonde, mio Re.”
“Tutto…?” Rispose Tobio.
Tooru inarcò le sopracciglia. “Lo stai domandando a noi o…?”
“Shouyou è così!” Esclamò il Principe esasperato saltando in piedi. “Lo porto a fare un bagno al fiume e lui è felice! Pranziamo insieme e lui è felice!”
I genitori l’osservarono con attenzione per qualche istante, poi si guardarono tra loro. Non c’era nessuna reale espressione sul viso di Wakatoshi ma quello di Tooru era luminoso come il sole.
“Beh…” Sospirò. “Pare che qualche pregio tu lo abbia. Mi piacerebbe sapere quale, però! Dovrei parlare con Shouyou…”
“Parla chiaro, Tooru!” Esclamò Tobio.
“Mio arrogante, idiota ma bellissimo pulcino: quel piccolo Corvo è semplicemente e genuinamente innamorato di te!” Esclamò il Consorte Reale. “E lo è al punto che gli basta stare con te per essere felice… Cosa che non mi spiego assolutamente!”
Tobio odiò il calore che sentì salirgli alle guance ma decise di continuare a testa alta. “E come faccio a renderlo più felice di così?”
Tooru non aveva aspettato altro. “Con un gran ballo in suo onore!”
Wakatoshi lo guardò ma il Cigno non ci fece caso.
Tobio sbatté le palpebre un paio di volte. “Un ballo?”
“Certo, Tobio!” Esclamò Tooru come se fosse una cosa scontata. “Un gran ballo in onore del Principe Consorte.”
“Non sono ancora sposati,” intervenne il Re Aquila.
“Dettagli!” Tagliò corto Tooru. “Tu gli regalerai un gran ballo di corte! Un regalo che non ha mai ricevuto un vita sua e che nessun altro potrebbe mai fargli!”
Tobio storse la bocca. “A parte un altro Principe.”
Tooru lo guardò storto. “Non essere assurdo, Tobio! Nessuno può essere predestinato a due Principi nella stessa vita!”
“Ma io non voglio fargli un regalo da Principe!” Replicò il giovane Cigno Nero. “Io voglio regalargli qualcosa che sia… Che sia…” Era inutile preoccuparsi per il calore che gli saliva alle guance, a quel punto. “Qualcosa di nostro!”
Tooru inarcò un sopracciglio. “Qualcosa di vostro?”
Tobio si umettò le labbra. “Non c’era alcun bisogno di un nido segreto per te,” disse. “Eppure, lui lo ha costruito.” Aggiunse lanciando un’occhiata a suo padre. “E lo ha fatto con le sue mani, non ha ordinato ad altri di farlo perchè è un Re. Lo ha costruito come lo avresti voluto tu, perchè sapeva che per te questa corte era come una prigione. Quello è qualcosa di vostro.”
Suo malgrado, Tooru si ritrovò a riflettere, poi lasciò andare un sospiro. “Va bene…” Concluse. “Tuttavia, io e tuo padre non possiamo aiutarti, Tobio. Se deve essere una cosa vostra, devi pensarci da solo.”
Tobio abbassò lo sguardo: aveva ragione e lui era di nuovo punto e a capo. Annuì due volte. “Grazie…” Disse con tono incolore, come se non avesse disturbato i suoi genitori nel cuore della notte per una conversazione che non aveva portato a nulla.
“Buona fortuna, mio Principe!” Lo salutò Tooru con fare drammatico mentre l’erede del Nido delle Aquile usciva dalla camera reale senza aggiungere una parola.
Wakatoshi guardò il compagno con attenzione. “A che cosa stai pensando?”
Tooru lo guardò con un’espressione di finta innocenza. “Io?”
“Stai pianificando qualcosa…”
Il Consorte Reale sbuffò di nuovo, già stanco e stressato ancor prima che il sole sorgesse. “Sto facendo il mio dovere di genitore! Tobio fallirà nell’impresa senza ombra di dubbio e chi sarà allora a salvarlo dalla cocente umiliazione?”
Wakatoshi scrollò le spalle. “Nessuno?” Propose. “Perché il piccolo Corvo non farà o dirà niente che possa farlo sentire umiliato, probabilmente?”
“Il magnifico Cigno del Nido delle Aquile, dovevi rispondere!” Replicò Tooru un poco irritato. “Ovvero, me.”
Wakatoshi inarcò un sopracciglio. “Lo so chi sei, Tooru.”
Il Cigno decise di non rispondere e tornò a coricarsi dando la schiena al suo Re. “Se sei così ottimista perchè non ci parli tu con tuo figlio? Tra idioti dovreste comprendervi bene!”
Il Re si sentì colpito da quelle parole più del dovuto. Non tanto perchè il suo compagno aveva insultato lui ed il loro unico figlio − a quello era abituato, in fin dei conti − ma per la proposta che aveva avanzato senza nemmeno rifletterci su.
“Pensi che mi ascolterebbe?” Domandò.
Nonostante l’irritazione per il sonno ormai perso, gli occhi di Tooru erano gentili quando tornarono a guardarlo. “Avete molte cose in comune.”
“Quelle che non ha in comune con te.”
Tooru sospirò. “Penso che capiti quando si fa un figlio insieme, non credi?”
“Dovresti parlarci domani, con più calma,” propose Wakatoshi. “Qualunque cosa stia succedendo a Tobio, non credo che sappia come agire.”
Tooru alzò gli occhi al cielo. “Nessuno sa come agire di fronte a questi sentimenti, Wakatoshi,” replicò fissando il soffitto della camera da letto con aria quasi nostalgica. “Ne sappiamo qualcosa io e te…”
“Io e te non avevamo nessuno che ci guidasse.”
Il Cigno cercò gli occhi del compagno. “In realtà, l’avevamo,” disse. “C’erano tutti quelli che ci dicevamo che l’amore non era necessario, che quello che serviva sarebbe venuto col tempo…” Sorrise con sarcasmo a quel ricordo. “Ancora oggi non so cosa fosse quello che serviva.”
“Non è a quello che mi riferivo per Tobio,” replicò il Re.
Tooru ridacchiò. “Certo, lo so, “ si rigirò tra le lenzuola appoggiando la guancia alla spalla dell’uomo con cui non aveva scelto di stare ma di cui non avrebbe mai abbandonato il fianco e quello era un giuramente fatto con se stesso e nessun altro. “Forse è crudeltà la mia ma, no, non sono ottimista per Tobio. Lasciamo che fallisca, Wakatoshi… Se è vero quel che dici, sarà una sconfitta costruttiva ed il suo legame con Shouyou non potrà che uscirne rafforzato. Oppure…”
“Oppure?”
“Oppure, concediti qualche minuto per non essere Re, smettila di guardarlo come un Principe e parlagli come il quindicenne arrabbiato, poco razionale,” gli sfuggì un sorriso, “ e passionale che è… Pensi di potercela fare?”
Anche l’angolo destro della bocca del Re si sollevò appena. “Arrabbiato, poco razionale e passionale?” Ripetè. “È una battaglia che ho già affrontato, dopotutto…”
Tooru sorrise raggiante. “La prima volta, però, ho vinto io!”


***


Wakatoshi decise di fare un tentativo il giorno seguente.
Tobio era sulla grande balconata fuori dalla sala del trono.
Il sole d’estate illuminava la valle sottostante ma il Cigno Nero non ci faceva caso, completamente rapito dal profilo del piccolo Corvo che, invece, descriveva euforico tutto quello che poteva vedere.
Il Re si concesse un istante per osservare la scena, per rivivere i suoi quindici anni nel silenzio con cui Tobio assecondava quella conversazione a senso unico annuendo di tanto in tanto. Se il piccolo Corvo si fosse voltato di colpo a chiedere il suo punto di vista, suo figlio si sarebbe tratto indietro sorpreso ed avrebbe impiegato qualche istante prima di riuscire a rispondere.
O, almeno, era quello l’effetto che gli occhi di Tooru avevano avuto su di lui al tempo in cui poterli guardare con l’intensità che meritavano non era ancora un suo diritto.
La fortuna di Tobio stava nel non doversi conquistare un posto nel cuore del piccolo Corvo.
Non si preoccupò d’interrompere qualcosa: mancavano solo due giorni al solstizio d’estate e non c’era molto tempo da perdere.
“Tobio…” Chiamò portandosi in avanti.
Gli occhi blu di suo figlio furono immediatamente sui suoi ed anche Shouyou si voltò a guardarlo. Wakatoshi notò l’imbarazzo, la soggezione. “Torna nella tua stanza, piccolo Corvo,” disse con voce incolore. “Io ed il Principe dobbiamo parlare.”
Secondo l’etichetta, Shouyou se ne sarebbe dovuto andare a testa bassa dopo un inchino. Quel fanciullo, però, era cresciuto ben lontano dai tossici costumi di una corte reale e fece solo ciò che più ritenne opportuno. Guardò Tobio e non si mosse fino a che quest’ultimo non gli assicurò con un silenzioso cenno del capo che poteva andare.
Il piccolo Corvo accennò un sorriso prima di lasciarli soli e Wakatoshi non pensò nemmeno per un istante di riprenderlo per il suo comportamento poco formale.
“Tu ti muovi, lui si muove…” Commentò a bassa voce.
Tobio inarcò un sopracciglio. “Come?”
Il Re scosse la testa ed esaurì la distanza tra sè e suo figlio ma non lo guardò in faccia. “La valle è meravigliosa questa mattina.”
“Non è diversa dalle altre mattine di sole,” replicò Tobio.
Wakatoshi avrebbe dovuto aspettarselo: non gli avrebbe lasciato condurre la conversazione. “Hai pensato a qualcosa?” Domandò. Tanto valeva arrivare dritti al punto ed osservare le reazioni del giovane Cigno Nero.
“Pensavo che la questione fosse stata chiusa ieri notte,” disse Tobio con voce incolore.
“Per Tooru senza dubbio.”
“Era il suo consiglio quello che cercavo.”
Wakatoshi si decise a guardare il suo erede negli occhi. Gli attacchi diretti erano sempre stati gli unici efficaci con lui, dopotutto. “E se volessi dartene uno io?”
Gli occhi di Tobio si fecero grandi, accesi per la sorpresa.
A Wakatoshi non fece piacere. “È una prospettiva tanto assurda?”
“Sì…” Rispose il Principe senza pensarci due volte. “È già abbastanza umiliante parlare di queste faccende con Tooru, in realtà,” ammise. “Lui, però, le capisce...”
Wakatoshi lo guardò con attenzione. “Nelle storie che ti racconta tua madre, viene ripetuto spesso il mio nome.”
Tobio alzò gli occhi al cielo al pensiero delle grandi storie di Tooru. “Lo so,” rispose. “Ma è Tooru quello che…”
“Queste cose si fanno in due, Tobio.”
“Hai capito che voglio dire!”
“No,” ammise Wakatoshi con voce incolore. “Le storie di cui parli si vivono in due. La tua la stai vivendo con quel piccolo Corvo, non da solo e lui non lo sta facendo per entrambi.”
Tobio si umettò le labbra e puntò gli occhi blu su quel paesaggio che per Shouyou era tanto meraviglioso ma che per lui era assurdamente banale. “Dimmi quello che devi dirmi e finiamola qui,” concluse, le guance un po’ rosse per l’imbarazzo.
Wakatoshi sapeva quanto il semplice atto di confidarsi fosse difficile per suo figlio. Anche lui era così, dopotutto ma non non riusciva a digerire bene il fatto che Tobio continuasse a guardare a Tooru come suo principale modello di riferimento, non quando ogni loro dialogo si trasformava in una discussione infinita.
Eppure, era sempre stato così: Tobio aveva sempre cercato Tooru nei momenti di difficoltà, non lui. Tooru era quello che raccontava grandi storie. Tooru era quello con il piano di riserva sempre pronto per salvare tutti. Tooru era quello a cui chiedere consigli sull’amore.
Wakatoshi era un Re e Tobio era destinato a diventarlo dopo di lui.
Almeno in quell’occasione, però, il signore del Nido delle Aquile voleva provare ad essere qualcosa di più. “Vuoi renderlo felice?”
Il modo in cui Tobio si voltò verso di lui gli ricordò terribilmente Tooru. “Immagino di sì.”
“E che cosa lo rende felice?”
Il Principe sbuffò. “Come ho già detto, lo rende felice ogni dannata cosa che vede.”
Il sovrano scrollò le spalle. “Tua madre ha ragione: è legato a te, gli basta la tua compagnia per essere felice.”
“La mia compagnia non potrebbe mai sorprenderlo, però!” Replicò Tobio. “Non ricordo nemmeno più come fossero le mie giornate senza di lui! Mi sta continuamente intorno!”
“O tu stai continuamente intorno a lui?” Domandò Wakatoshi.
Tobio aprì la bocca e fece per rispondere, si fermò e ci riflettè, poi provò a parlare di nuovo ma, alla fine, si limitò ad imprecare tra i denti: “maledizione…”
“Sì, è frustrante,” concordò Wakatoshi.
Tobio non replicò, l’espressione sconsolata. Il Re studiò il suo profilo in silenzio, quando parlò lo fece d’istinto, senza riflettere. “Fai qualcosa che non hai mai fatto per lui,” disse. “Metti alla prova questo legame, anche se potrebbe non essere piacevole…”
“Che significa?” Domandò Tobio.
Suo padre si sporse più verso di lui, gli occhi puntati nei suoi. “Alle volte, Tobio, quello che la persona che ami vuole da te è proprio l’ultima cosa che sei disposto a mostrargli.”
Tobio dischiuse la labbra, fece per chiedergli a che cosa si riferiva ma la risposta divenne chiara nella sua testa prima che avesse modo di dare voce ai suoi dubbi. Scosse la testa. “No…”
“Il mio è solo un suggerimento,” chiarì Wakatoshi. “Non un ordine.”
“Ed è un suggerimento folle!” Esclamò il Principe con rabbia.
Il Re drizzò la schiena ed il fanciullo fece un passo all’indietro.
“Perchè?” Domandò il sovrano. “Perchè dovrebbe essere una follia?”
“Per una lunga lista di ragioni che conosci molto bene!”
“Tu, però, Shouyou lo vuoi, no?” Era calmo il tono di Wakatoshi, quasi rassicurante. “Vuoi tutto di lui.”
“Io non lo so quello che voglio!” Sbottò Tobio frustrato. “So solo che riguarda Shouyou…”
“Non sai quello che vuoi per te,” Wakatoshi annuì. “Ma cosa vuoi per lui?”
Tobio strinse i pugni, lo sguardo rivolto alla valle, lontano dagli occhi indagatori di suo padre. “Non quello che posso dargli io,” concluse a voce troppo bassa, come se avesse paura di ammetterlo.
Wakatoshi, però, lo udì chiaramente e strinse le labbra. “Non avere la superbia di decidere cosa è meglio per lui, Tobio,” disse. “Finirai solo per ottenere il suo odio.”
Il giovane Cigno Nero lanciò un’occhiata al genitore con la coda dell’occhio. “È quello che è accaduto a te e Tooru?” Domandò.
Wakatoshi strinse le labbra per un istante. “Posso dirti che se avessi ascoltato Tooru, se gli avessi dato davvero quello che mi chiedeva, invece di ostinarmi a proteggerlo anche da me stesso, forse…” Scosse la testa. “Quella è la nostra storia, Tobio. La tua è un’altra cosa.”
Il Principe scosse di nuovo la testa. “Non posso dare a Shouyou quello che mi chiede.”
“Non vuoi. È ben diverso.”
Se avesse continuato a stringere i pugni, Tobio sarebbe finito col ferirsi i palmi. “Shouyou non sa quello che vuole. Non sa quello che chiede.”
“Allora siete pari,” gli ricordò Wakatoshi. “Perchè non lo sai neanche tu,” si staccò dal parapetto della balconata. “Ma, se fosse vero, non avresti tanta paura di perderlo mostrandogli chi sei veramente.”
Tobio non si voltò per cercare nuovamente lo sguardo di suo padre.
Quello che dovevano dirsi se lo erano detti.
Un Principe ed un Re. Un figlio ed un padre.
In che veste si erano parlati non era certo di saperlo nemmeno lui.
Di certo, la battaglia che stava combattendo contro se stesso non era arrivata alla sua conclusione.
Il Cigno Nero riportò la sua attenzione sulla valle di fronte a lui ed un’idea lo colse di sorpresa nel guardare più lontano, verso le cime delle montagne più alte.
Quelle ancora bianche di neve.
Distese le dita, i palmi pulsavano dove le unghie erano affondate ma Tobio non ci fece caso.
Era dolorosamente consapevole di quello che non voleva dare a Shouyou, almeno quanto lo era di quello che non poteva concedergli.
Quello che Shouyou voleva era un problema troppo grande perché potesse affrontarlo da solo e non sarebbe andato da nessuno parte continuando a rifletterci con se stesso.
“Maledizione…” Imprecò tra i denti.
Sapeva esattamente cosa doveva fare ed era la cosa che temeva di più.



***



Per i due giorni seguenti, Tobio sparì.
Shouyou lo attese nella sua stanza per tutto il pomeriggio dopo averlo lasciato parlare con suo padre sulla balconata. Il Principe, però, non era più tornato a cercarlo e le uniche cose che garantivano al piccolo Corvo che l’altro non si erano dimenticato di lui erano le persone che continuavano a fargli visita per suo ordine.
“Ti conviene farci l’abitudine,” disse distendendosi sul grande ramo dell’albero sui cui si era arrampicato per far compagnia al piccolo Corvo. “Tobio non è il tipo che si ferma a dare spiegazioni. Alcuni pensano che abbia l’arroganza di pretendere che le persone accettino anche i suoi comportamenti più stravaganti per principio. Io sostengo che, il più delle volte, nemmeno lui sa spiegare adeguatamente quello che gli passa per la testa, quindi agisce… Agisce e basta.”
Shouyou s’imbronciò. Poteva vedere il Nido delle Aquile da lì ma, almeno, a quella distanza potevano parlare senza che qualche nobile s’intromettesse per porre al piccolo Shouyou le domande più assurde.
Sì, più i giorni passavano e più il piccolo Corvo comprendeva perchè quella corte non era particolarmente amata nemmeno dal suo stesso Principe.
Ciò, però, non cambiava il suo ruolo in quella Foresta.
“Non abbiamo litigato,” si sentì in dovere di dire appoggiando una spalla al tronco dell’albero. “In realtà, penso che siano stati i giorni più tranquilli che abbiamo passato insieme da quando ci siamo incontrati.”
Takeru gli lanciò un’occhiata. “Domani è il tuo compleanno, giusto?”
Il piccolo Corvo annuì distrattamente, lo sguardo puntato sul Nido delle Aquile. “L’ho sfidato a sorprendermi,” raccontò, poi piegò la bocca in un ghignetto. “Immagino di averlo messo in crisi e costretto alla fuga!”
Takeru alzò gli occhi al cielo. “Riuscite a non rendere ogni cosa una sfida, voi due?”
Shouyou ridacchiò. “Penso che sia una delle poche cose che abbiamo in comune!”
“Vuoi dire una delle tante.”
Il piccolo Corvo si voltò verso il Cacciatore reale. “Cosa intendi?”
Takeru sospirò e si mise a sedere. “Che cosa ho fatto di male per ritrovarmi nella stessa posizione di mio padre, davvero non lo so…”
Shouyou sbatté le palpebre un paio di volte. “Takeru, non so di cosa…”
“Un giorno, forse, lo capirai… Ti basterà rimanere al Nido delle Aquile abbastanza a lungo per conoscere la storia del Re e del suo Consorte da tutti i punti di vista possibile. Per allora, tu e Tobio dovreste già aver avuto il vostro primo pulcino se sarete fortunati.”
Shouyou divenne paonazzo. “Io e Tobio non…”
“Tu e Tobio dormite nella stessa camera, andate al fiume da soli e il cielo solo sa cos’altro ma non si può parlare di voi due con un pulcino?” Domandò Takeru inarcando un sopracciglio.
Shouyou si ritrovò ad aprire e chiudere la bocca come un pesce fuor d’acqua. “Passiamo solo molto tempo insieme.”
Takeru annuì. “Conosco mio cugino, Shouyou,” disse. “Lui non passa molto tempo con nessuno,” scrollò le spalle, “ma questo già lo sai.”
“Io e Tobio non ci siamo…” Shouyou si umettò le labbra. “Non siamo divenuti compagni.”
“No, questo lo so,” confermò Takeru.
“Prego?”
“Se tu e Tobio aveste fatto quello che mio zio attende con particolare ansia, immagino che Tsutomu non avrebbe più ragione di avere crisi isteriche perchè il tuo profumo non lo fa dormire la notte. O, almeno, è così che dovrebbe funzionare, no? Una volta che sei di Tobio… Sei di Tobio. Niente più odori strani e via dicendo, vero?”
Gli occhi di Shouyou erano assurdamente grandi e le guance terribilmente rosse. “Io… Ah… Ehm…”
“Santo cielo, Takeru!” Esclamò una voce dall’alto. “Solo Tobio può essere tanto idiota d’affidare il nostro ospite d’onore a te!”
Shouyou s’irrigidì e Takeru saltò subito in piedi mentre Tooru scendeva da uno dei rami più alti.
“Ci stavi spiando?” Domandò il giovane Cacciatore per nulla sorpreso.
Tooru sorrise con innocenza. “Passavo di qua e…”
“Ci stavi spiando,” concluse Takeru con voce incolore.
“Moccioso, porta rispetto per il tuo Re!” Sbottò Tooru rivolgendosi al nipote.
Takeru non prese sul serio la minaccia. “Le storie di mia madre m’impediscono di provare per te qualsiasi tipo di soggezione. Se aggiungiamo quelle che racconta mio padre, poi…”
Tooru si massaggiò la fronte come se gli dolesse la testa. “A proposito di tua madre, hai intenzione di farle visita a breve?”
Takeru piegò le labbra in un sorrisetto sarcastico. “E lasciarti godere da solo della caduta nel baratro di Tobio? Neanche per sogno, mio caro zio.”
Shouyou inarcò entrambe le sopracciglia. “Quale caduta nel baratro?”
Il Cacciatore alzò le spalle. “Se dico la parola pulcino rischi una crisi respiratoria,” disse. “Mi trovo costretto a modificare il linguaggio.”
“Takeru, perchè non torni con i piedi per terra prima che tu possa accidentalmente scivolare e cadere di testa?” Propose Tooru con finta voce amorevole incrociando le braccia contro il petto.
Takeru alzò gli occhi al cielo annoiato, poi reclinò la testa per cercare lo sguardo del piccolo Corvo. “Per ordine di Tobio, posso stendere chiunque ti dia noia… Compreso il Consorte reale, parole sue.”
“Grazie, Takeru!” Esclamò Tooru irritato. “Vattene ora, grazie!”
Shouyou accennò un sorriso. “Va tutto bene, Takeru. Davvero.”
Il giovane Cacciatore lanciò un’altra occhiata al Cigno, poi prese a ridiscendere lungo il tronco con abilità. Shouyou si ritrovò a guardarlo sorpreso. “Non avrà le ali ma l’altezza non lo preoccupa di certo.”
Il viso di Tooru si fece più rilassato. “È nato a Seijou ma ha passato gran parte della sua infanzia qui, insieme a Tobio. Non potendo condividere l’arte del volo, hanno dovuto trovare un compromesso.”
Shouyou annuì. “Per questo Tobio conosce così bene la Foresta anche da terra.”
“Esatto,” confermò Tooru. “Nella sua posizione è un grande vantaggio. Spesso, i Cacciatori si approfittano della boschiglia per tendere agguati alle creature in volo ma non credo di doverti raccontare della loro codardia, dopotutto.”
Shouyou s’incupì un poco ma annuì.
Tooru si sedette sul ramo con un sospiro. “Scusami,” disse. “Non avrei dovuto farti ripensare a cose tanto spiacevoli.”
“Non fa niente,” rispose il piccolo Corvo accomodandosi accanto al Consorte reale. “Immagino che tu non sappia dirmi dove si trova Tobio, vero?”
Tooru gli aveva chiesto di essere informale con lui e Shouyou doveva ammettere che ne era felice: era tutto così nuovo per lui che non dover rispettare l’etichetta di corte con almeno uno dei genitori di Tobio era di gran conforto per lui. Lo faceva sentire accettato.
Tooru gli sorrise. “La risposta non è così semplice.”
“Nemmeno stare con Tobio lo è,” replicò Shouyou.
Il Cigno ridacchiò. “Ottima risposta, piccolo Corvo.”
“Temo solo di aver fatto qualcosa di sbagliato senza rendermene conto,” ammise il fanciullo. “Tobio è molto diretto con la rabbia ma lo è molto meno quando si tratta di rivelarmi quello che gli passa per la testa.”
Tooru annuì, poi alzò una mano per accarezzare con gentilezza quasi materna i capelli ribelli del ragazzino. “Datti tempo,” gli disse. “Alla fine di questa stagione, saranno successe tante di quelle cose che vi sembrerà di essere stati insieme una vita intera ma sarà solo l’inizio, Shouyou. Tante cose verranno col tempo e non avete ragione di mettervi fretta. Te lo dico per esperienza.”
Shouyou si mordicchiò il labbro inferiore. “Io e Tobio non sappiamo cosa accadrà alla fine dell’estate,” ammise. “In principio, ci eravamo detti che le nostre strade si sarebbero divise con l’inizio dell’autunno, a dire il vero.
“Questo è accaduto in primavera,” gli ricordò Tooru. “Domani inizia una nuova stagione e tante cose sono già cambiate tra voi, no?”
Il piccolo Corvo annuì, le guance di nuovo calde per l’imbarazzo. “Perchè è così difficile?”
Tooru rise di nuovo. “Alla tua età, mi ponevo domande molto simili.”
Shouyou trovò il coraggio di guardarlo in faccia. “E sei mai riuscito a darti le risposte.”
“Non esattamente,” rispose il Cigno con pazienza. “Le rispose che stai cercando con tanta foga in questo momento, non arriveranno come te le aspetti. Un giorno, semplicemente, saprai di averle… Che sia semplice o meno, che ti piacciano o no.”
Shouyou storse la bocca. “Fa un po’ paura…”
Tooru gli aggiustò una ciocca di capelli dietro l’orecchio. “Passerà anche quella, te lo prometto.”
Shouyou annuì, poi gonfiò le guance. “Mi aveva promesso qualcosa per il mio compleanno.”
“Beh, il tuo compleanno è domani…”
“E sta tramontando il sole.”
“Rilassati, piccolo Corvo,” lo rassicurò Tooru. “Tobio ha una lunga lista di difetti ma rimangiarsi la parola non è tra questi.”
Shouyou prese un respiro profondo, gli occhi rivolti all’orizzonte, al cielo variopinto dei colori del tramonto.
Le ore che lo separavano dal solstizio d’estate non sarebbero mai passate abbastanza in fretta.


***



”Shouyou…”
Era morbida la neve sotto la sua guancia.
“Shouyou…”
Non aveva freddo, però.
Era come starsene raggomitolati sul fondo di un nido ricoperto di muschio.
“Shouyou…”
Doveva solo aprire gli occhi e cercare gli occhi blu della creatura che stava chiamando il suo nome.
“Tobio?”
Ma c’era solo buio intorno a lui.
“Tobio!”




“Tobio!”
Shouyou spalancò gli occhi, le dita della mancina artigliavano la federa del cuscino.
“Tobio…” Chiamò di nuovo mettendosi a sedere contro i cuscini del grande letto.
La camera era buia, silenziosa, immobile.
Non c’era nessuno lì con lui, eppure Shouyou avrebbe potuto giurare che…
Scivolò fino al bordo del letto e si alzò in piedi con cautela, come se temesse che il terreno sotto i suoi piedi potesse cedere da un momento all’altro. Conosceva quella sensazione: era la stessa che lo aveva tenuto sveglio per troppe notti per poterle contare.
Le notti in cui aveva conosciuto Tobio nei suoi sogni senza, però, sapere il suo nome… Solo il colore dei suoi occhi.
Si affacciò oltre la tenda di fiori. “Tobio?”
Non c’era nessuno sul balcone, nè sui rami sopra di lui.
Camminò sul pavimento di legno a piedi scalzi appoggiando le piccole mani sul parapetto. La luna splendeva come un secondo solo nel cielo scuro e le stelle erano a stento visibili.
La valle di estendeva sotto i suoi occhi immobile e silenziosa.
Lasciò andare un sospiro ed abbassò lo sguardo: qualunque cose avesse in serbo Tobio per lui, per il suo compleanno, non era ancora arrivato il momento di scoprirlo.
Si voltò.
”Shouyou…”
La mano destra era ancora sul parapetto della balconata quando quel richiamo lo raggiunse.
Il respiro gli si bloccò in gola e gli occhi d’ambra tornarono sullo stupendo paesaggio notturno che solo il Nido delle Aquile poteva offrire.
Non fu alla valle, però, che Shouyou rivolse la sua attenzione ma più lontano, verso quelle cime in cui l’estate non era ancora giunta.
“Mi stai chiamando?” Domandò a qualcuno che non c’era. “Mi stai aspettando?”
Nessuno gli rispose.
“Dove vuoi che vada, Tobio? Io…” Shouyou smise di parlare: aveva chiesto a Tobio di sorprenderlo, non di rendergli le cose facili.
Era una prova anche quella ed il risultato dipendeva solo da lui.
“Va bene,” disse aprendo le ali nere e puntando gli occhi d’ambra sulle montagne innevate in lontananza. “Mi fido di te…”



Col senno di poi, Shouyou non avrebbe saputo spiegare come aveva trovato la strada.
Esattamente come quando era scappato di casa per inseguire la creatura dei suoi sogni, aveva preso la direzione che sentiva essere giusta. Aveva seguito il richiamo di Tobio senza riflettere ma, quella volta, l’aveva fatto con la certezza che il Cigno Nero non avrebbe permesso a niente e nessuno di fargli del male.
Ci volle un po’.
Dovette fermarsi più volte lungo la strada per riprendere fiato ma non lo fece mai abbastanza da darsi il tempo di chiedersi dove era o cosa stava facendo. Altrimenti, temeva che la paura avrebbe preso il sopravvento.
Non aveva mai volato per una simile distanza ma aveva spiccato il volo con tanto entusiasmo che non si era lasciato abbattere da un simile particolare.
Quando raggiunse le montagne ancora ricoperte di neve, il cielo cominciava a schiarirsi.
Atterrò dove sentì che era giusto, vicino alla meta del suo piccolo viaggio solitario.
Il cielo era limpido e la neve fresca cedette sotto i suoi piedi ma non tanto dal rendergli difficile camminare.
Se si fosse voltato, avrebbe visto la luce del sole riversarsi gradualmente nella valle, come una valanga dorata, fino al Nido delle Aquile e sarebbe rimasto senza fiato.
Non lo fece. Non aveva il tempo di fermarsi a rimirare niente.
Il suo cuore aveva troppa premura.
Si strinse le braccia intorno al corpo: l’estate non era ancora arrivata lassù e l’assenza di vento non rendeva l’aria meno gelida. Le ali gli facevano male ma decise di non pensarci.
Era vicino alla vetta della montagna, su di una spalla di roccia piuttosto prominente.
Vi era l’ingresso di una caverna naturale di fronte a lui.
L’unica cosa ad impedirgli di avere paura era il pensiero che nessun essere umano sarebbe riuscito a salire fino a lì senza lasciare tracce evidenti e nessuna creatura alata avrebbe rischiato di avventurarsi fin lassù per costruire il proprio nido.
Almeno, nessuna a cui riuscisse a dare un nome.
L’immagine di un essere dalle piume corvine e gli occhi blu comparve nella sua mente e seppe di non poter indugiare oltre.
All’interno della caverna, la temperatura era notevolmente più piacevole.
Rilassò le ali dietro la schiena e si fece avanti. Era circondato dalla semi-oscurità ma il posto era abbastanza grande per permettergli di muoversi liberamente. “Tobio?” Chiamò.
Nessuno gli rispose ma non dubitò neanche per un istante di essere nel posto giusto.
“Tobio?”
Qualcosa si mosse nel buio, alle sue spalle.
Shouyou trasalì, preso di sorpresa.
La grotta era enorme, divisa in diversi ambienti. Sembrava quasi un nido scavato nella pietra.
“Tobio…” Chiamò Shouyou con voce più ferma muovendosi piano, dando tempo agli occhi di abituarsi all’oscurità che si faceva più cupa passo dopo passo. “Non vedo niente, Tobio!” Si lamentò.
Non era un gioco: a Tobio non piaceva giocare.
Era una sfida. Ancora una.
Shouyou svoltò un angolo e si ritrovò di fronte ad un corridoio dal soffitto basso, tanto che dovette chinare un poco la testa per non andare a sbattere. Di fronte a lui, vi era un’altra stanza, piena di luce.
Il piccolo Corvo rimase a fissarla immobile, a metà del corridoio, con le spalle curve e le ali piegate quanto gli era possibile per il poco spazio.
Aspettava qualcosa. Un segnale. Una conferma.
Un’ombra si mosse sul pavimento di pietra.
“Aspetta!” Esclamò Shouyou e sbatté la testa contro il soffitto di pietra. “Aspetta! Tobio!”
Si massaggiò la nuca procedendo più velocemente.
Quando il soffitto di pietra si rialzò, drizzò le spalle e lasciò andare un sospiro. Se poco prima Shouyou aveva tremato per il freddo, adesso non lo ricordava più.
“Tobio…” Chiamò stanco, annoiato.
No, non era nel suo carattere arrendersi ma aveva volato per tutta la notte sopra una parte della Foresta che non conosceva e tutto quel rincorrersi cominciava ad essere troppo.
Il piccolo Corvo sollevò gli occhi d’ambra: la luce dell’alba entrava da un foro naturale nella parete di roccia.
Il sole doveva aver tagliato l’orizzonte.
Si portò al centro della stanza circolare lanciando un’occhiata al corridoio dal soffitto basso che si era lasciato alle spalle: se avesse dovuto ritrovare l’ingresso della grotta da solo, dubitava ci sarebbe riuscito facilmente.
Un movimento alle sue spalle lo indusse a voltarsi di scatto, il cuore in gola. “Tobio!” Esclamò un po’ irritato ed un po’ sollevato nel riconoscere la sagoma scura delle ali del Cigno Nero. “Vuoi farmi riprendere fiato?” Quasi lo pregò avvicinandosi. “Mi hai fatto volare fino a qui ed ora scappi? Parlami, almeno! Dimmi perchè siamo…”
Le parole rimasero bloccate in gola.
Shouyou dovette stringere i pugni per obbligarsi a rimanere calmo.
Quello che i suoi occhi non era riusciti a vedere da lontano, poteva intuirlo ora che si era fatto più vicino.
Due occhi blu lo fissavano dall’angolo più buio della stanza circolare ma non erano gli occhi di Tobio.
Meglio, non erano gli occhi con cui lo aveva conosciuto.
O, forse, no, non era corretto nemmeno quello.
Forse, lo era l’esatto contrario.
Già… Quelli non erano gli occhi blu che, gradualmente, avevano conquistato il potere di farlo rimanere senza fiato con un solo sguardo e di farlo sorridere un istante dopo.
Quelli erano gli occhi con cui Tobio lo aveva guardato la prima volta che lo aveva visto in un sogno.
Shouyou indietreggiò di un paio di passi lasciandosi investire dal raggio di luce. Gli occhi d’ambra, però, non si allontanarono nemmeno per un istante da quelli della creatura nascosta nell’ombra. Erano sempre blu, come quelli del Principe della Foresta ma senza calore, senza l’intensità che Shouyou si era abituato a trovare in fondo agli sguardi di Tobio.
Fosse rabbia o qualunque altra cosa.
Le pupille erano verticali, rettili.
Eppure, Shouyou non avrebbe mai paragonato il fanciullo che conosceva ad una di quelle viscide creature.
L’altro non diceva una parola ed il piccolo Corvo sentì la necessità di spezzare l’immobilità che era caduta tra loro. “Vieni qui…” Mormorò.
In un contesto normale, forse, nessuno sarebbe riuscito ad udirlo.
In quel momento, però, nascosti in un angolo buio sulla cima dell’unico mondo che conoscevano, Shouyou vide la creatura che aveva di fronte trasalire, come se un Corvo fanciullo potesse rappresentare una qualche minaccia per lui.
Shouyou si umettò le labbra, tutt’altro che deciso ma impossibilitato a tornare indietro. “Tobio, vieni qui…” Indietreggiò ancora di un paio di passi, lasciando all’altro un po’ di posto sotto la pioggia di luce.
Non sapeva con esattezza quello che stavano facendo ma sapeva che Tobio lo stava facendo per lui e non aveva alcuna intenzione di deluderlo.
La creatura non disse una parola e Shouyou non abbassò lo sguardo neanche allora, non ritrattò la sua offerta.
Gli aveva chiesto di mostrarsi alla luce ed ora lo pretendeva.
Il rumore del primo passo che Tobio fece verso di lui riecheggiò contro le pareti di pietra e così il secondo ed il terzo.
La creatura si lasciò alle spalle l’ombra dentro cui si era avvolto ma nemmeno la luce del sole ebbe il potere di lavare via il nero.
Non ci fu un reale cambiamento sul viso di Shouyou, solo la luce nei suoi occhi cambiò d’intensità ma l’altro non poté indovinare cosa questo potesse significare.
Non era la prima volta che Shouyou vedeva Tobio così ma era la prima volta che lo guardava.
Le ali sulla sua schiena sembravano più grandi o, forse, era solo un’illusione dovuta alla soggezione e a tutto quel nero. Il petto nudo era ricoperto di piume corvine e così le spalle larghe e le braccia. Shouyou poteva vedere la linea di ogni muscolo, riconoscere i dettagli del corpo di Tobio che aveva memorizzato in silenzio, in segreto, mentre stringeva al petto un desiderio che solo di recente aveva scelto di accettare.
Fece un passo in avanti.
“Fermo!” Tuonò la creatura.
Shouyou trasalì ma fu più per sorpresa che per paura.
Era diversa la voce di Tobio. Più profonda. Più oscura, forse.
Non aveva importanza: era la sua voce.
Strinse le labbra, Shouyou e si fece coraggio. Disubbidì a quell’ordine come se avesse il controllo della situazione ed il cuore non gli stesse esplodendo nel petto.
“Ti ho detto di…” Tentò Tobio.
Gli occhi d’ambra si sollevarono su quelli dalle gelide iridi blu con decisione.
Bastò lo sguardo di un Corvo fanciullo a zittire il Mostro della Foresta che tutti i Cacciatori e le creature alate temevano, compreso il Principe che lo nascondeva sotto la pelle.
Shouyou aprì e chiuse le dita della mano destra, poi trovò il coraggio di sollevare il braccio.
Fu il turno di Tobio di ritrarsi ma solo di un mezzo passo: gli occhi d’ambra lo incatenarono al suo posto, sfidandolo ad allontanarsi ulteriormente, a rinunciare a quella battaglia che stavano combattendo insieme.
Perchè di una battaglia si trattava. Forse, più dura per Tobio che per Shouyou ma uno non poteva uscirne vincitore senza l’altro.
Quando il piccolo palmo aderì al petto ricoperto di piume corvine ed avvertì la vibrazione del cuore che vi batteva all’interno, Shouyou riuscì a respirare di nuovo.
Dischiuse le labbra, chiuse le palpebre per un istante ed ingoiò aria pregando al suo cuore di non abbandonarlo proprio ora. Quando i suoi occhi cercarono di nuovo quelli di Tobio, erano tornati a splendere nel modo che il Principe aveva imparato a conoscere.
Il sorriso che sbocciò sulle labbra di Shouyou riempì la stanza di luce più del sole del solstizio d’estate. “Ed io che temevo che mi avresti deluso…” Ammise, le guance un po’ rosse.
Si avvicinò di un passo ancora toccando il petto forte della creatura anche con la mancina. “Sono morbide,” commentò piacevolmente sorpreso accarezzando le piume nere, risalendo fino alle spalle e poi più su, fino al viso. Lì erano più piccole e aderivano ai lineamenti di Tobio come una seconda pelle, tanto che poteva ancora distinguere l’attaccatura dei capelli altrettanto scuri.
“Questo è il regalo per il mio compleanno?” Domandò Shouyou prendendo quel viso tra le mani come se fosse quello di Tobio. Era quello di Tobio.
Era una realtà così semplice per il piccolo Corvo, eppure il Principe sembrava essere rimasto senza parole.
“Tobio,” chiamò Shouyou ridendo con leggerezza per allentare la tensione. “Sono io, avanti, parlami!” Prese ad accarezzarlo, ad incitarlo con dolcezza. Era il suo modo di dirgli che andava tutto bene.
Tobio dischiuse e richiuse le labbra un paio di volte prima di riuscire a parlare. “Non hai paura?” Domandò ed il suono della sua voce non parve più poi così strano  
“Perchè dovrei quando tu sembri avere più paura di me?” Domandò Shouyou un poco divertito ma non derisorio.
“Sono io il mostro tra noi due,” disse Tobio.
“Sei anche il solo che sta tremando,” replicò Shouyou in un sussurrò sollevandosi sulle punte per appoggiare la fronte a quella dell’altro. La mano destra di nuovo premuta contro il suo cuore.
Tobio sentì la morsa che gli stringeva il petto lasciarlo andare.
O, forse, era qualcosa di più profondo, più doloroso che svaniva via, come un incubo al mattino.
Il suo incubo, però, era durato molto più di una notte.
All’alba di quel primo giorno d’estate, però, tutti i suoi demoni sembravano scomparsi.
C’era solo luce intorno a lui.
Le labbra di Shouyou sfiorarono le sue e tanto bastò per spezzare il respiro ad entrambi.
“Posso avere ancora un regalo, Tobio?”
Il Principe si fece indietro, cercò nell’ambra degli occhi di Shouyou quel desiderio taciuto solo a metà. La risposta di cui aveva bisogno non ebbe bisogno di essere pronunciata ma lo spaventò comunque.
Shouyou percepì il suo timore come se lo provasse lui stesso e fece scivolare una mano tra le piume nere sul retro del collo per impedire al Principe di allontanarsi. “In che altro modo posso convincerti che non c’è nulla di cui aver paura?”
Tobio abbassò lo sguardo. “Shouyou…”
Il piccolo Corvo gli prese le mani e se le portò ai fianchi, come se gli artigli alle estremità delle sue dita non esistessero. “Mi hai mostrato tutto di te. Tutto ciò che sei.” Gli disse. “Non mi basta. Non mi accontento… Io voglio anche…” Si umettò le labbra. “Io lo voglio, Tobio e lo voglio così.”
Così...” Ripeté Tobio incredulo. Non poteva capacitarsi che il piccolo Corvo gli stesse proponendo di essere suo complice in una simile pazzia. “Sono un mostro, Shouyou,” sottolineò, come se il suo aspetto non rendesse quella verità abbastanza evidente.
Sì, aveva desiderato che Shouyou lo accettasse ed era stato terrorizzato dalla possibilità che non sarebbe mai potuto accadere.
Ed ora… Ora…
Le labbra di Shouyou si piegarono in un sorriso sicuro, arrogante. “Ho vinto io…” Decretò.
E, mentre gli angoli della sua bocca si sollevarono, Tobio accettò la sconfitta.
Il piccolo Corvo se ne accorse e fu con la stessa arroganza con cui lo guardava che lo baciò sottolineando un diritto che era suo e che Tobio non aveva alcuna intenzione di sottrargli.
“Aspetta, Shouyou,” non lo allontanò, però. Bensì, lo strinse di più a sè. “Aspetta, non qui…”
Le grandi ali ricoperte di piume nere li avvolsero entrambi.



Piume nere.
Quello sarebbe stato l’unico ricordo razionale che Shouyou avrebbe conservato del giorno d’estate in cui aveva ceduto la sua innocenza a Tobio e lui, in cambio, lo aveva amato con la parte più oscura di sè.
Erano ancora all’interno della caverna quando si sentì depositare su un letto di muschio morbido. La luce del sole filtrava tra le crepe nella parete di roccia ma il calore della carezza di quei raggi era nulla in confronto a quello del corpo di Tobio sul suo.
Non era la prima volta che lo sentiva contro di sè ma in quella forma era tutto diverso.
Spiegarlo lucidamente sarebbe stato impossibile.
Per un’intera primavera avevano represso quei desideri e lasciarli liberi tutti insieme era tanto bello da fare male.
Era come cercare di guardare il sole e rimanere abbagliati.
Tobio tremò per tutto il tempo. Shouyou non smise neanche un istante di cercarlo, di andargli incontro, di tenerlo più vicino. L’inesperienza, il dolore e la paura si persero nel delirio dei sensi.
Quel che rimase non aveva dei margini a delinearlo ma era loro.
Quando Shouyou tornò in sè, la luce del sole era ancora lì ma non c’erano piume sulla mano che stringeva la sua con una disperazione ingiustificata ma che decise di comprendere.
Tobio aveva appoggiato la fronte contro il suo petto nascondendosi da un giudizio che non sarebbe mai uscito dalla bocca del piccolo Corvo.
Tremava ancora. Se per la paura o per il piacere appena consumato, Shouyou non era capace di dirlo.
Il Principe temeva tanto il Mostro che nascondeva dentro da non rendersi conto di quanto fosse umano. Con qualunque forma si mostrasse.
Il Corvo affondò le dita tra i capelli neri del fanciullo che il destino aveva scelto per lui ma che non aveva potuto obbligarlo ad amare. Quell’amore era qualcosa che Tobio si era conquistato con le sue sole forze e Shouyou non gli avrebbe mai permesso di credere il contrario.
“Tobio…” Lo chiamò. Voleva quegli occhi blu sui suoi. Voleva quelle labbra contro le proprie.
Voleva quello che aveva già avuto e lo voleva ancora, ancora, ancora…
Il Cigno Nero, però, non si mosse. Le loro dita ancora intrecciate sul letto di muschio.
Nel suono di un singhiozzo mal trattenuto, il tremore che scuoteva appena le spalle di Tobio acquistò tutto un altro significato.
Perchè dopo tanto buio, era difficile abituarsi alla luce.
Shouyou posò le labbra tra i capelli corvini del Principe. Non lasciò andare la sua mano.
E tutt’intorno a loro vi erano piume nere.



***



Tooru se ne stava con le braccia incrociate sul parapetto di legno della grande balconata che dava sulla valle.
Alle sue spalle, nella sala del trono, si stava svolgendo un banchetto senza ospiti d’onore che aveva organizzato all’ultimo con la scusa del solstizio d’estate. Evidentemente, la vera ragione per cui si era dato tanto da fare non si era nemmeno realizzata.
Sospirò stancamente: il sole stava tramontando alla fine del giorno più lungo dell’anno e la sua attesa era appena cominciata.
Conoscendo Tobio, lo avrebbe fatto attendere a lungo per puro e sadico gusto.
Sbuffò ed imbronciò le labbra, poi due braccia calde gli circondarono la vita prendendolo di sorpresa.
“Non ti diverti?” Domandò Wakatoshi appoggiando la fronte alla sua nuca.
Suo malgrado, Tooru sorrise. “Non è andata proprio come credevo,” confessò.
“Deluso?”
“Non lo so,” ammise il Cigno. “Sono spariti entrambi. Non posso sapere come è andata a finire se non vedo le conseguenze con i miei occhi.”
“E se il fatto che siano spariti sia proprio una delle conseguenze?”
Tooru inarcò le sopracciglia. “Sai qualcosa che io non so, Wakatoshi?” Domandò quasi indignato. Ci mancava solo che il Re Aquila divenisse più consapevole di lui di quello che accadeva all’interno del Nido delle Aquile.
“No,” ammise il sovrano facendosi indietro quel tanto che bastava per permettere al suo Consorte di voltarsi e guardarlo. “Solo un’intuizione…”
Tooru storse la bocca. “Non sei autorizzato ad avere intuizioni. Sono io quello che pensa tra me e te!”
Wakatoshi lo osservò con attenzione. Sollevò una mano e l’affondò tra i capelli castani accarezzandoli.
“Ehi!” Esclamò Tooru con un sorriso un po’ nervoso, le guance rosse. “Che ti prende, adesso?” Domandò, come se non fossero l’uno dell’altro da quasi due decenni.
“Te la ricordi la prima notte che abbiamo passato insieme?” Domandò Wakatoshi di colpo.
Gli occhi di Tooru divennero grandi per la sorpresa ma su svelto a riprendere il controllo di sè. “Cerco di dimenticare!” Disse con fare altezzoso e tornò a voltarsi verso il paesaggio. Le mani del Re erano ancora sui suoi fianchi.
“Sei stato tu a sedurmi,” gli ricordò il Re per sottolineare quanto la sua replica fosse priva di senso.
Tooru sorrise senza farsi vedere. “Ti brucia ancora?” Domandò. “La tua prima sconfitta, Re Aquila.”
“No, Tooru,” replicò Wakatoshi. “Mi avevi già sconfitto tante volte,” ammise. “Quella è stata solo l’unica di cui non mi pento.”
Il Cigno lo guardò da sopra la spalla. “L’unica?”
“La prima di molte.”
“Oh, così va meglio!”
Wakatoshi premette le labbra contro il lato del collo del Consorte e Tooru reclinò la testa da un lato per invitarlo a non fermarsi.
“E se Tobio ha vinto la battaglia di oggi, saranno sconfitte anche tutte le nostre paure,” aggiunse il Cigno.
Wakatoshi s’irrigidì e si tirò indietro portandosi al fianco del compagno.
Era triste il sorriso di Tooru e le lacrime nei suoi occhi li rendevano ancor più lucenti. “L’essere Re non ti costringerà più a fargli del male,” disse con voce rotta. “Ora, possiamo guardarlo diventare grande sapendo che c’è un futuro per lui.”
Wakatoshi strinse i pugni. “Se ha vinto la battaglia di oggi…” Sottolineò.
E Tooru rise asciugando alcune lacrime sfuggite al suo controllo. “Wakatoshi, come te lo devo dire che sottovalutare Tobio non è una cosa saggia.”
“Tu lo fai continuamente.”
“Lo facevo quando era da solo. Quando pensavo che non avrebbe permesso a nessuno di avvicinarsi a lui.”
Wakatoshi accarezzò il profilo del suo compagno con lo sguardo aggrappandosi ancora una volta alla forza che Tooru sosteneva di non avere ma che lo aveva sorretto in più di un’occasione. “Ed ora?” Domandò.
Tooru sbuffò smorzando notevolmente i toni della conversazione. “Suvvia, Wakatoshi!” Esclamò scocciato. “A me piace minare alla sua autostima ma è per sempre figlio mio! Crolleranno le montagne laggiù prima che si faccia sconfiggere dalla sua maledizione, dal destino o da qualunque altra forza più grande di lui!”
E, ancora una volta, Wakatoshi seppe di amarlo ma non glielo disse.
Non era bravo con le parole, il Re del Nido delle Aquile ed era un’eredità scomoda che aveva passato a quel figlio che aveva amato e cresciuto col terrore che sarebbe potuto arrivare il giorno in cui avrebbe dovuto privarlo della vita che lui stesso gli aveva dato. Lui e Tooru.
Il sole del giorno più lungo dell’anno, però, non era ancora calato: non era abbastanza buio per dare voce ai suoi demoni.
E, con un po’ di fortuna, per Tobio non sarebbe tramontato mai più.





 
   
 
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