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Autore: EmsEms    04/08/2017    1 recensioni
Oikawa conosce la soluzione perfetta per calmare i bollenti spiriti del suo testardo migliore amico.
[UshiIwa]
Genere: Angst, Commedia, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Eita Semi, Hajime Iwaizumi, Tooru Oikawa, Wakatoshi Ushijima
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Buongiorno gente :3

Spero che stiate passando delle gioiose vacanze estive! Qua da me fanno quaranta gradi... Una vera e propria tortura....

Anche stavolta non ho fatto betare il capitolo, principalmente perché non voglio rompere alle mie amiche in vacanza ;) Quindi se trovate errori vi prego di farmelo sapere nei commenti! Granite e bacini a chi mi ha supportata in questa avventura, e anche solo a chi legge i miei racconti senza capo né coda <3


 

* * *


 

Iwaizumi emerse dalla cortina di vapore che fuoriusciva dal bagno, con un misero asciugamano appollaiato sulle spalle. Ancora completamente nudo e bagnato, osservò con la coda dell'occhio lo schermo del cellulare per scoprire che aveva ricevuto ben quattro messaggi di whatsapp. Inizialmente li ignorò, procedendo ad asciugarsi i capelli, ma in un secondo momento dovette venire a patti con l'idea che potesse trattarsi di importanti messaggi di lavoro.
Appena scorto il mittente, Iwaizumi dovette ricredersi: Oikawa aveva due cellulari, e quello da cui gli aveva spedito quei messaggini non era lo stesso con cui lo chiamava per parlare di affari. Con un prolungato sospiro di rassegnazione, Hajime si diresse verso la cucina, strusciando i piedi contro il pavimento freddo del corridoio. Una volta aperto il cartone del latte ne tracannò un sorso e si asciugò le labbra con il polso, ignaro dello sguardo allibito con cui lo stava fissando la signora del palazzo accanto. Iwaizumi si accorse di lei nel momento in cui ripose il latte nel suo scompartimento. L'espressione scandalizzata della signora, china a stendere i panni sul balcone, gli ricordò che era ancora nudo, ed Hajime non ci pensò due volte a tornare di corsa in camera, lontano dagli occhi indiscreti dei suoi vicini.
Una volta che si fu infilato i boxer, Iwaizumi si decise a scorrere la schermata del telefono e a controllare cosa gli avesse scritto quell'imbecille patentato del suo capo. Il primo messaggio recitava solo un 'Iwa-chaaan~' seguito da una decina di emoji fra cui quelle di un alieno, di un facocero e di un porcospino. Iwaizumi si chiedeva perché si prendesse la briga di leggere i whatsapp di Oikawa. Ad ogni modo, già che era lì, tanto valeva dare un'occhiata anche agli altri tre.
Il secondo era uno sproloquio delirante su come lo avessero riconosciuto in metropolitana. Iwaizumi non dubitava che Oikawa fosse capace di attirare l'attenzione su di sé, soprattutto in seguito all'intervista di un giornale prestigioso che lo aveva nominato ( secondo una serie di parametri che gli sfuggivano) uomo dell'anno.
Iwaizumi pregò mentalmente che i rimanenti due messaggi non fossero inconsistenti come i loro predecessori.

Shittykawa: 'Iwa-chan, ricordati che oggi hai appuntamento con Ushiwaka-chan. Ah, e per favore mettiti qualcosa di decente. Ushiwaka non sarà un grande intenditore, ma quei pantaloni avrebbero spaventato anche un principiante. Suggerisco quelli che ti ho regalato l'anno scorso...'

Iwaizumi lanciò un'occhiata di sbieco all'armadio a muro. Ricordava i suddetti pantaloni, ma non era assolutamente intenzionato ad indossarli. Erano almeno due taglie più piccoli di come li comprava lui, e gli fasciavano le cosce in maniera indecorosa. Iwaizumi non andava fiero delle sue gambe, e quel capo striminzito non faceva nulla per nasconderle.

Shittykawa: 'Altro piccolo promemoria: la prossima settimana abbiamo la cena.
PS so che odi quei pantaloni ma ti assicuro che ti fanno un culo fantastico. Quindi vedi di metterteli.'

Iwaizumi scaraventò il telefono dall'altra parte del letto, emettendo un singulto quando lo vide rimbalzare sul materasso e rotolare verso il bordo.
Perfetto, rimuginò Iwaizumi, raccogliendolo dal pavimento ed osservando con aria avvilita come la caduta avesse provocato un'innumerevole serie di graffi sul vetro dello smartphone. Non aveva neanche finito di pagarlo e lo aveva già rotto.
Hajime si alzò in piedi e cominciò a misurare la stanza ad ampie falcate, cercando di mantenere la calma. Senza rendersi pienamente conto di cosa stesse facendo, si ritrovò a frugare nella tasca dei suoi jeans slavati. Quando le sue dita pescarono il bigliettino che gli aveva dato Ushijima, Iwaizumi rimase immobile a fissarlo, come se non si fosse realmente aspettato di trovarlo dove lo aveva lasciato. A scioccarlo fu il fatto che avesse seriamente preso in considerazione l'idea di chiamare quel numero. Iwaizumi stava per strappare il foglietto quando si accorse di non esserne fisicamente capace. C'era qualcosa che lo tratteneva dallo stracciare quel pezzetto di carta.
Alla fine Hajime optò per infilare il foglietto in uno scomparto del suo portafogli e cominciare a vestirsi per andare a lavoro, rifiutandosi categoricamente di soffermare lo sguardo sui pantaloni che gli aveva consigliato di indossare Oikawa, relegati nell'angolo più remoto del suo guardaroba.


 

Quella giornata era cominciata con il piede sbagliato e non sembrava intenzionata a migliorare.
Seduto in fondo alla carrozza della metropolitana, il tipo dai capelli bicolore che Iwaizumi aveva incontrato a casa Ushijima stava leggendo con aria annoiata un libro dalla copertina scolorita. Hajime era sicuro di non averlo mai visto sulla linea che prendeva ogni giorno, altrimenti l'avrebbe notato ( un tipo con un'acconciatura del genere non passava certo inosservato). Subito l'istinto di nascondersi ebbe il sopravvento, e Iwaizumi si mimetizzò nella folla di pendolari. Aveva come la sensazione che l'eccentrico anonimo non lo avrebbe salutato anche se lo avesse scorto, ma Hajime non voleva correre il rischio.
Quando le porte si aprirono, Iwaizumi si affrettò ad uscire, temendo di essere riconosciuto dal businessman. Nello scompiglio generale, però, non si accorse di essere finito proprio ad un metro di distanza dall'uomo che aveva così scrupolosamente evitato durante il tragitto in metro.
Semi lanciò uno sguardo nella sua direzione, e proseguì a camminare al suo fianco nella caotica stazione senza accennare ad un cordiale saluto. Iwaizumi, che fino ad allora aveva pregato silenziosamente che lo straniero non lo riconoscesse, si ritrovò suo malgrado profondamente offeso da quel comportamento distaccato. Eita lo stava ignorando di proposito! Sebbene Iwaizumi stesse facendo la stessa identica cosa, non poteva tollerare un affronto del genere da parte di quell'arrogante damerino.
"Ehi" grugnì Hajime, cercando di attirare l'attenzione dell'uomo che, un gradino più in su, aveva ripreso a leggere. Semi non staccò gli occhi dalle pagine ingiallite, una mano posata sul corrimano delle scale mobili e l'altra aperta a ventaglio in modo da sorreggere il libro.
Iwaizumi perse le staffe e si slanciò verso l'uomo assorto nella lettura, afferrandolo per una spalla ed obbligandolo così a spostare l'attenzione dai caratteri d'inchiostro ai suoi dintorni.
Semi alzò lo sguardo dal libro ed aggrottò le sopracciglia, visibilmente indispettito dal brusco strattone. Iwaizumi notò solo allora il filo bianco degli auricolari che sbucava dal collo della camicia e scompariva nei capelli decolorati.
Per un attimo si sentì un vero e proprio idiota. Semi si tolse le cuffie e le lasciò spenzolare dal colletto. Considerato che la sua cravatta era infilata per metà nel taschino, non era difficile immaginarsi Semi come un anticonformista attaccabrighe. C'era qualcosa nella sua tenuta volutamente scomposta che sembrava gridare 'sono il capo, e faccio quello che mi pare'. I due si squadrarono, come due cani randagi pronti a saltarsi al collo per difendere il proprio territorio. Così non andava bene: se avesse continuato con quel suo comportamento rissoso, Oikawa lo avrebbe forzato a continuare quella stupida terapia. Doveva fare uno sforzo.
"Ciao" mugugnò alla fine Iwaizumi, digrignando i denti e cercando di rievocare nella sua testa lo sguardo severo di Oikawa. Purtroppo l'immagine del suo capo non fece altro che peggiorare il suo umore, trasformando il suo cipiglio aggressivo in una smorfia di rabbia repressa.
"Ciao" rispose Semi, ostentando un'aria di sufficienza che fece imbestialire il moro.
"Mi stavi evitando" sbottò Hajime, accorgendosi solo in un secondo momento di quanto infantile suonasse quell'accusa. Eita gli rivolse uno sguardo interrogativo, prima di chiudere il libro ed infilarlo nella ventiquattrore di pelle.
"Pensavo che non volessi parlare con noi 'matti'" replicò stizzito, chiudendo la fibbia.
Hajime stava per ribattere, quando una straordinaria epifania lo colse impreparato. Semi aveva ragione: perché aveva rivolto la parola a quell'uomo? Non aveva nulla da spartire con gli svalvolati di quel circolo, no? Il rossore che tingeva le guance di Iwaizumi tradì il suo imbarazzo, rendendolo improvvisamente una preda vulnerabile. Eita però non approfittò di quel momento di debolezza, restando impassibile e chiuso nel suo snervante senso di superiorità.
"Qual è il tuo problema?" sbuffò alla fine Semi, seguendo il flusso di impiegati che si erano diretti verso l'uscita della stazione.
"Potrei chiederti la stessa cosa" ribatté Iwaizumi, sostenendo il suo sguardo a testa alta.
"Lo sai bene qual è il mio problema. Sei tu quello che si ostina a fare il difficile" sibilò Eita, scartando bruscamente per non entrare in collisione con la folla che stava spingendo nella direzione opposta alla loro.
"Ti do un consiglio: smettila di fare lo spaccone e accetta l'aiuto che ti viene offerto."
Iwaizumi strinse i pugni, narici innaturalmente dilatate e mascella serrata.
"Come scusa?"
"All'inizio può sembrare una stronzata, ma le sedute di Ushijima sono forse l'unico antidoto per sopportare questo schifo di vita" proseguì Semi, cercando con lo sguardo l'area fumatori, nascosta da un muro alto che la separava dalla strada principale.
Iwaizumi non rispose, principalmente perché non poteva controbattere: Ushijima emanava un'aura di rispettabilità che rendeva impossibile sparlare di lui.
Semi svoltò nell'area fumatori a passo deciso e Hajime si rese conto troppo tardi di averlo inavvertitamente seguito. Stava per tornare indietro, quando Eita fece saltare due sigarette fuori dal loro pacchetto, offrendogliene una.
Iwaizumi scoprì un braccio, facendogli notare il cerotto alla nicotina.
"Ho smesso" borbottò, abbassandosi la manica con aria sdegnata.
Eita scrollò le spalle, infilandosi la sigaretta in bocca ed arrotolandosi la camicia fino al gomito. Sul suo avambraccio svettavano ben tre cerotti.
"Anche io" biascicò, labbra strette intorno al filtro. Prima che Hajime potesse fare mente locale, un mezzo sorriso si palesò sul suo volto, e a nulla servirono i suoi sforzi per reprimerlo. Con un breve cenno del capo accettò la sigaretta.

 

 

Iwaizumi attraversò il trafficato corridoio che portava al suo cubicolo e una volta arrivato a destinazione si lasciò cadere a peso morto sulla sedia girevole. Da quella postazione poteva sentire le conversazioni dell'intero ufficio, alternate dalle telefonate di lavoro e dal ritmico rumore di tasti che venivano premuti ad una velocità disumana: qualcuno doveva essere rimasto indietro con la consegna del giorno prima. Iwaizumi rimase in ascolto del ticchettio, chiedendosi da quale cubicolo provenisse e quale povero malcapitato sarebbe andato incontro all'ira di Oikawa Tooru.

Proprio in quel momento, una chioma vaporosa apparse dietro i divisori verde acqua dell'ufficio. La sua prima reazione fu quella di saltare a sedere e accendere il computer, in modo da mostrarsi occupato ed evitare dunque un rimprovero da parte del suo capo. Oikawa non era solito fare sfuriate, ma c'era qualcosa nel tono mellifluo della sua voce che riusciva ad annientare il prossimo mantenendo una facciata di gelida cortesia. Ovviamente la questione era diversa quando si trattava di lui. Erano amici dai tempi delle elementari, e se c'era qualcuno che Tooru non sarebbe mai riuscito ad intimidire, quello era proprio il suo testardo migliore amico. D'altronde, come avrebbe potuto trovare minaccioso il suo capo, quando quest'ultimo era lo stesso uomo che lo chiamava ubriaco alle quattro di notte per chiedergli un passaggio, visto che aveva chiuso le chiavi della mercedes dentro la macchina? Insomma, gli era impossibile vedere Oikawa sotto una luce diversa. Lui lo conosceva per quello che era, ovvero un bambino cresciuto troppo in fretta, viziato, egocentrico e capriccioso.

 

Hajime tirò un sospiro di sollievo quando Tooru sparì in un altro cubicolo che dava sul corridoio: a quanto pare il suo ritardo era significativamente meno grave rispetto a quello che la 'preda' di Oikawa aveva combinato. L'intero piano piombò nel più tetro silenzio, mentre tutti tendevano l'orecchio per carpire la discussione fra il capo e il loro collega. Iwaizumi invece si rimboccò le maniche e cominciò a lavorare al suo rapporto, ignorando completamente i bigliettini che Matsukawa gli stava lanciando dal cubicolo accanto al suo. Una buona mezzora dopo, una voce disgustosamente zuccherina distolse la sua attenzione dallo schermo del computer.

"Iwa-chaaaaaan" trillò Oikawa, appoggiandosi al divisorio, espressione rilassata, come se non avesse appena minacciato qualcuno di licenziarlo in tronco.

"Cosa vuoi Shittykawa?" bofonchiò Iwaizumi, braccia incrociate e sguardo inflessibile.

"Sei sempre così scontroso!" piagnucolò Tooru, mettendo su l'odiosissimo broncio da lesa maestà.

"E tu sei sempre una spina nel fianco" ritorse il moro, cercando inutilmente di tornare al suo rapporto.

"Non ti sei messo i pantaloni che ti avevo consigliato" notò Oikawa, sondando con uno sguardo colmo di profondo disgusto l'anonimo abbigliamento da lavoro di Iwaizumi.

"Contrariamente a Sua Signoria, non posso venire in ufficio vestito come cavolo mi pare" ringhiò Hajime, premendo con forse un po' troppa verve la barra spaziatrice della tastiera. Tooru entrò nel cubicolo, e cominciò ad ispezionare i pochi effetti personali che si trovavano sulla scrivania di Iwaizumi. C'era una vecchia foto della sua famiglia (iguana compreso), e il cactus che Oikawa gli aveva regalato per il suo compleanno. Il resto della superficie era ricoperto da scartoffie e matite mordicchiate.

"Iwa-chan, sei l'unico essere umano in grado di uccidere una pianta grassa..." commentò Oikawa, poggiando il dito sulle spine del cactus morente ed osservando come queste ultime si piegassero sotto la sua falange. Iwaizumi si girò verso il suo capo, occhi assottigliati che scomparivano sotto le folte sopracciglia nere.

"Si può sapere cosa vuoi? Pensavo che non potessimo parlare del più e del meno in ufficio, Mr Ci-Tengo-Alla-Professionalità."

Oikawa scrollò le spalle: era così abituato al comportamento scorbutico del proprio migliore amico, che le sue frecciatine non lo tangevano minimamente.

"Volevo solo accertarmi che il mio caro Iwa-chan fosse in forma."

Iwaizumi inclinò la testa, e lanciò uno sguardo scettico al suo boss.

"Come no..."

Dopo aver curiosato un altro po', Oikawa trotterellò verso l'entrata del cubicolo e salutò teatralmente il suo impiegato.

"Ah!" esclamò, riaffacciandosi un'ultima volta prima di tornare nel suo ufficio. "Un altro ritardo del genere e ti sospendo la busta paga per due mesi" aggiunse, con un sorriso che avrebbe spento il sole.

 

Iwaizumi passò il resto della giornata a trangugiare caffé fra un rapporto e l'altro. Completamente assorto nel suo lavoro, ignorava le pile di documenti che si accumulavano sulla sua scrivania e i pettegolezzi di chi si radunava intorno al distributore dell'acqua.

Hajime Iwaizumi era un lavoratore indefesso, che a testa bassa eseguiva gli ordini con precisione ed efficienza, senza sprecare tempo. Matsukawa ed Hanamaki si affacciavano spesso oltre il divisorio per comunicare a quell'automa del loro collega che la pausa pranzo era già iniziata, principalmente perché Iwaizumi sarebbe stato capace di continuare a fissare lo schermo del pc anche se un incendio fosse divampato nell'edificio.

Dopo una decina di palline di carta andate a vuoto, Matsukawa riuscì a fare centro, catturando l'attenzione di Hajime con un'esemplare palla curva.

"Ed ecco che Iwaizumi colpisce la palla e si appresta a correre in seconda base" annunciò Hanamaki, palmi raccolti a mo' di megafono intorno alla bocca, in modo da imitare l'altoparlante di uno stadio di baseball. Hajime rispose con un grugnito, dita che correvano sulla tastiera. Quando l'ufficio cominciò a svuotarsi però, anche lui fu costretto a soddisfare i suoi bisogni primari: non sarebbe riuscito a terminare la consegna a stomaco vuoto.

 

C'era un motivo per cui Iwaizumi detestava la pausa pranzo, un motivo di un metro e ottantaquattro, e settantadue chili di stupidità e teorie su come i politici siano rettiliani provenienti da un altro pianeta.

"Dove andiamo a mangiare oggi?" chiese Oikawa, prendendo sottobraccio il suo irascibile migliore amico.

"Andiamo sempre nel solito posto, Shittykawa" brontolò Hajime, schivando la penosa mossa dell'amico e piegando il braccio di quest'ultimo in una posa tanto innaturale quanto dolorosa.

"Ahia!" uggiolò Tooru, una volta che Iwaizumi ebbe allentato la presa sul suo polso. I due proseguirono verso il chiosco che si trovava sotto un cavalcavia. Una volta comprate due porzioni di ramen, Iwaizumi cominciò a rimpinzarsi di noodles e ad ingoiare brodo bollente, senza prestare attenzione al fiume di sciocchezze che usciva dalla bocca del suo migliore amico. Beh, finché Oikawa non menzionò un nome a lui familiare.

"Mph" biascicò Iwaizumi, cercando di mandare giù la quantità mostruosa di cibo che aveva azzannato mentre Tooru parlava a vanvera dei fatti suoi. Dopo che si fu sferrato una serie di colpi decisi in mezzo al petto, evitando così l'imminente morte per soffocamento, Iwaizumi si asciugò le lacrime dagli occhi e rivolse ad Oikawa uno dei suoi sguardi truci.

"Non si chiama Ushiwaka. Perché ti ostini a chiamarlo così?" sbottò, irritato dal nomignolo che Oikawa aveva affibbiato al suo 'terapista'.

Tooru allontanò le bacchette dalla bocca ed osservò il moro con la sua snervante espressione da cucciolo ferito.

"E come dovrei chiamarlo scusa?"

"Ushijima."

"Ma Iwa-chan, 'Ushijima' suona così male! A te piacerebbe se ti chiamassi Iwaizumi?"

Oikawa si accorse della gaffe, e subito posò l'indice sulle labbra del suo interlocutore, frenandolo prima che rispondesse a quella specie di domanda retorica.

"Ok, ok, smetterò di chiamarlo Ushiwaka" sbuffò alla fine Tooru, accettando la sconfitta e riponendo il telefono con cui aveva scattato un set fotografico alla sua anonima ciotola di ramen nella giacca.

"Perché ti innervosisce così tanto la cosa?" chiese Tooru, sovrappensiero.

Iwaizumi non lo degnò di una risposta. In verità voleva sapere come facessero a conoscersi Ushijima e il suo capo, ma piuttosto che chiedere una delucidazione a quel pettegolo di professione di Oikawa Tooru, Iwaizumi avrebbe preferito farsi gettare vivo in una vasca piena di piranha.

"Perché sì" sbottò, chiudendo la conversazione con una risposta degna di un bambino di otto anni. Oikawa continuò a guardarlo di sottecchi durante il tragitto per tornare alla ditta: forse era solo una sua impressione, ma Iwaizumi sembrava più rilassato del normale.

 

* * *

 

Hajime si presentò alle nove spaccate a casa di Ushijima. La porta era aperta, ma dall'interno dell'appartamento non proveniva nessuno schiamazzo. Dopo aver letto per l'ultima volta il quadrante dell'orologio, Iwaizumi varcò la soglia. Non poteva essere il primo, no? Eppure appena messo piede nell'appartamento, il suo presagio trovò fondamento. Stava per fuggire da quell'imbarazzante situazione, quando la voce profonda di Ushijima lo immobilizzò sul posto.

"Iwaizumi" chiamò il proprietario di casa, obbligando l'opite a voltarsi verso di lui. Iwaizumi non se ne intendeva, di emozioni, ma per un attimo era sicuro di aver scorto nel viso del suo interlocutore un barlume di sorpresa.

Ushijima portava una polo azzurra e un paio di pantaloni beige che rendevano le sue cosce ancora più spesse. Il dettaglio che colse la sua attenzione, però, furono gli occhiali dalla pesante montatura anni '80.

"Uhm...gli occhiali..." balbettò Hajime, piedi inchiodati al pavimento e sguardo fisso sull'oggetto incriminato.

Ushijima ci mise un po' a processare le parole dell'inaspettato ospite, ma quando finalmente colse il messaggio, un timido rossore si diffuse sui suoi zigomi. L'espressione era sempre la stessa, impenetrabile e severa, eppure quella reazione così spontanea apriva uno spiraglio sulle mille sfaccettature della sua presunta monolitica personalità.

"Mi è caduta la lente destra nel lavandino" chiarì subito, sfilandosi gli occhiali e pulendoli al bordo della maglietta.

"Devo ricomprarle" concluse, massaggiandosi il ponte del naso.

Iwaizumi passò il peso da una gamba all'altra, visibilmente a disagio per essersi lasciato sfuggire un'osservazione inopportuna. I due rimasero in silenzio, finché Wakatoshi non si decise ad offrirgli un tè.

"Sono in anticipo?" domandò Hajime, mentre il padrone di casa si affaccendava in cucina.

"No. Gli altri sono sempre in ritardo. Di solito la seduta delle nove comincia alle nove e mezzo" spiegò Ushijima, tirando fuori una cassetta di vimini dove aveva riposto la sua collezione di tè verdi. Iwaizumi seguì ogni suo movimento con la coda dell'occhio, troppo imbarazzato per guardare direttamente il suo interlocutore.

"Ho del bancha" lo informò Ushijima, passando in rassegna i vari contenitori di latta.

"Va bene" sospirò Iwaizumi, appoggiandosi al muro alle sue spalle.

La cucina era di gran lunga più piccola del salotto; a malapena riusciva ad accogliere una persona della stazza di Ushijima, il quale si aggirava per la stanza come un gatto incastrato in una casa per bambole.

"Puoi sistemarti in salotto...Arrivo subito."

Iwaizumi fece come comandato e si sedette su una delle sedie che erano già state disposte a cerchio, pronte ad accogliere i 'pazienti' di Ushijima.

"Ecco" mormorò Wakatoshi, porgendogli la tazza di tè caldo. Iwaizumi la prese con entrambe le mani, per paura che gli scivolasse.

Ushijima si sedette a sua volta sotto i rami di una rigogliosa pianta d'appartamento. Il suo viso era tornato calmo e indecifrabile, e i suoi occhi bruni erano insolitamente grandi, a causa delle spesse lenti.

"Sono contento che tu sia venuto" ammise Ushijima, osservando il suo ospite mentre quest'ultimo sorseggiava il suo tè.

"Beh, non ho avuto scelta..." mugugnò Iwaizumi, memore delle minacce del suo migliore amico.

"Quindi ti ha mandato Oikawa?" chiese Wakatoshi, dopo una lunga pausa.

"Sì. È il mio capo."

Ushijima annuì, un gesto che voleva far intendere ad Iwaizumi che lo stava ascoltando attentamente. Hajime si specchiò nel tè, trovando il suo riflesso esausto dal lavoro e indurito dal suo caratteraccio.

"Ho capito" mormorò Ushijima, voce calda e confortante. Era strano come quel tono cavernoso potesse mettere Iwaizumi a suo agio, come potesse cullarlo in uno stato di assoluta tranquillità. O forse era l'odore di terra bagnata che fuoriusciva dai vasi, o quello del bancha sotto il suo naso.

"Per come la vedo io, Oikawa è prima di tutto il mio migliore amico..." confessò Iwaizumi, prendendo un altro sorso di tè. Ushijima stava aspettando che Hajime completasse quella frase, quando un boato, seguito da una serie di improperi, catturò la loro attenzione: nella furia con cui era entrato in casa, Tanaka aveva urtato l'attaccapanni.

Iwaizumi venne così strappato dal suo Nirvana, fatto di tè e silenzio meditativo, e tornò ad essere il solito testone immusonito e indisponente. D'altronde, Tanaka aveva la capacità di irritarlo oltre ogni altra cosa.

"Ah, avete iniziato la seduta senza di me?" ridacchiò Ryuunosuke, lasciandosi cadere su una sedia e tirando rumorosamente su con il naso.

Iwaizumi lanciò uno sguardo infuocato al nuovo arrivato, sfidandolo a ripetere la battuta. Tanaka gli rispose con uno spassionato sorriso. Hajime era pericolosamente vicino al suo limite, quando una seconda faccia nota si presentò sul ciglio della porta.

"Ehi" salutò Semi, allentandosi la cravatta e sbottonandosi il colletto della camicia.

Ushijima diede il benvenuto ad entrambi, con la sua caratteristica formalità. Eita, una volta individuato Iwaizumi, si sedette accanto a lui. Hajime non protestò, intento com'era a scolarsi il rimanente del suo tè.

 

Una volta che l'intera compagnia si fu riunita in mezzo alla stanza, Ushijima diede inizio ad un primo giro d'aggiornamento. A turno tutti parlarono dei loro progressi nel campo del controllo della rabbia. Quando toccò ad Iwaizumi parlare, i partecipanti alla seduta si scambiarono sguardi colmi di stupore. Iwaizumi, infatti, non solo si era alzato, ma, senza ulteriore indugio, aveva addirittura abbozzato una presentazione. Dopo che ebbe ripreso posto, Eita gli rivolse un'occhiata eloquente, che sembrava dire 'Benvenuto nel club'. Ushijima, dal canto suo, gli rivolse un breve inchino. Hajime si sentiva stranamente sollevato in seguito a quel primo, sperimentale tentativo d'integrazione. Rimaneva dell'idea che fossero una banda di svitati, ma a conti fatti, non lo era un po' anche lui?

 

* * *

 

Ok, uhm...questa fic potrebbe rivelarsi un po' più lunga di tre capitoli...Ad ogni modo, grazie a chi mi fa sapere la sua nelle recensioni!

PS ho un account facebook, dove potete venire a farmi boop sul naso <3

PSS nel prossimo capitolo si scopriranno un paio di cosette in più sugli incazzati anonimi (in particolare su Aone e Kyoutani).

 

 

 

  
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