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Autore: Happy_Pumpkin    08/08/2017    5 recensioni
Madara Uchiha e Hashirama Senju: uomini, amanti, colleghi di lavoro. Travolti da un satellite che andava a fuoco e morti forse in seguito all’esplosione.
Dalla presa di coscienza della propria morte, cominciava anche la vita di altre due persone: Sasuke e Naruto.
Madara, quella volta, non poté fare a meno di sgranare gli occhi.
“Mi vedete?"
“Certo che ti vediamo.” Replicò asciutto Sasuke.

Ah, i dialoghi pieni di emozioni di due Uchiha.
[SasuNaru; MadaHashi – humor anticonvenzionale AU]
Genere: Commedia, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hashirama Senju, Madara Uchiha, Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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R.I.P. & Play Again

Riposa in Pace… Pausa – una storia di redenzione e seconde occasioni.






“I have love in me the likes of which you can scarcely imagine and rage the likes of which you would not believe. If I cannot satisfy one, I will indulge the other.”
“L'amore che è in me è talmente grande che tu stenteresti a immaginarlo e il mio furore ha un'intensità che tu non puoi concepire. Se non troverò il modo di soddisfare l'uno, darò libero sfogo all'altro.”
Kenneth Branagh's 1994 adaptation of Shelley's novel Frankenstein.


“If I cannot inspire love, I will cause fear; and chiefly towards you my arch-enemy, because my creator, do I swear inextinguishable hatred.”
Frankenstein – By Mary Shelley


III

Forward - Frankenstein



Sasuke e Naruto erano rimasti bloccati a guardare un tavolino per altri vuoto, sul quale un mozzicone di sigaretta galleggiava in una decorazione pacchiana.
“Li ammazzo.” Sussurrò Sasuke, in un rigurgito di rabbia. Odiava le cose fuori controllo e improvvisate, forse perché l’unico che potesse farlo deragliare era Naruto.
Questi, che a sua volta fissava il tavolo, con Madara e Hashirama che avevano l’aria di essere due avventori al bar, lo corresse:
“Beh, teoricamente sono già più o meno morti.”
Ehm, Sasuke odiava essere corretto. Specialmente da Naruto. Ma in quel momento le questioni in sospeso erano troppe per poter dar spazio anche alla mancanza di tatto dell’amico nei confronti di una delle tante cose che Sasuke Uchiha detestava.
“Ragazzi?”
Li richiamò Sakura. Il dolce era arrivato.
I due scattarono, fissandola.
“Oh, sì, giusto. Dessert!” esclamò Naruto.
“Il gelato panna e fragola. Quand’è che tiri fuori ciuccio e pannolino?” lo prese in giro Madara.
“Quand’è che ti fai i cazzi tuoi?” sbottò Naruto puntandogli contro il cucchiaino.
Madara rise genuinamente, mentre il ragazzo offeso avvertì la mano di Sasuke sul collo che, con le dita sottili ma forti, lo costrinse a girare la testa verso il loro tavolo e non verso gli ospiti fantasma.
“Ha problemi di collocazione mentale. Troppe randellate in testa con gli anni producono questi effetti.”
“Scherza, ovviamente.” Precisò Naruto piccato, affondando il cucchiaino nel gelato per mangiarsi un boccone gigante.
Era comunque bello sentire le dita di Sasuke sul suo collo, il modo in cui indugiavano tra i capelli per poi scivolare giù, lentamente, fino alla schiena, da dove si allontanarono così da riavvicinarsi al tavolo.
Hashirama incrociò le braccia e disse in un sussurro, rivolto a Madara:
“Sei proprio un po’ stronzo.”
“No – scrollò le spalle – è che in fondo questi due mi divertono. Già li adoro.”
Sospirò, resistendo comunque all’impulso di tormentarli.
Hinata nel frattempo aveva sorriso, mentre Sakura si era risolta a tirare fuori il cellulare per proporre:
“Dovreste scambiarvi i numeri di telefono. Ve li invio per messaggio? Naruto è impedito per certe cose.”
Lo disse quasi con affetto ma in tutto il resto fu categorica, come se non fossero ammesse alternative. Era una donna forte, Sakura, Naruto lo aveva sempre pensato.
Tramite le riflessioni del nostro biondo pugile, approfittiamone biecamente per teletrasportarci indietro nel tempo – più per comprendere meglio gli attuali sviluppi di trama, che per ficcanasare nelle vite private altrui, per quanto sia sempre molto interessante farlo: anni fa, infatti, Naruto aveva confuso per amore ciò che in realtà era ammirazione nei confronti di Sakura. In fondo era stato comodo ingigantire quel sentimento, per sminuire e rendere irreale anche con se stesso tutto quello che egli invece provava... per Sasuke.
Ben presto fu palese che lei aveva occhi solo per quest’ultimo, Naruto lo aveva capito persino troppo bene, anche se Sasuke non si era mai sbilanciato eccessivamente nei confronti della ragazza. Proprio per questo tutte le volte in cui i due finivano a letto, convinti che tanto prima o poi tutta quell’attrazione si sarebbe spenta, dirottata verso delle donne come accadeva a una buona parte dei loro amici e coetanei, Naruto finiva per fare qualche battuta, sostenendo che un giorno avrebbe fatto innamorare Sakura per soffiarla a quello stronzetto del suo migliore amico. Ma il giorno in cui il suddetto stronzetto se ne era arrivato con un:
Ho deciso di mettermi assieme a Sakura e l’aveva guardato, in attesa di una sua reazione, a Naruto era cascato il mondo addosso. Chissà per quale stupida ragione credeva che non sarebbero mai cresciuti veramente loro due, che non avrebbero mai dovuto fare i conti con il resto del mondo o con il fatto che gente tipo Sasuke acchiappava inevitabilmente il gentil sesso e persino un insofferente come lui ai legami avrebbe finito per trovare qualcosa di stabile.
Bastardo, non mi hai neanche dato tempo di contrattaccare.
Non lottò. Per avere Sasuke, non Sakura. Semplicemente perché forse Sasuke se la meritava quella vita normale, specie dopo l’incidente, ed era tempo di passare oltre la loro indefinita relazione. Peccato che Naruto non fosse a conoscenza tutti gli infiniti mesi di insistenza della famiglia Uchiha, che vedeva in quella ragazza tanto affascinante un orizzonte di felicità per il loro figlio, il quale invece si sentiva messo alle strette, arrabbiato per l’ottusità di Naruto e dei suoi stessi genitori. Eppure… come poteva deluderli, ancora, dicendo loro che l’unica persona che gli interessava era il suo amico di sempre?
Con questo spunto di riflessione, infine ritorniamo al nostro ristorante evidentemente sovraffollato, a una Sakura battagliera, a Hinata vittima inconsapevole degli eventi, a Naruto convinto di aver fatto la cosa giusta anziché una supercazzola di dimensioni atomiche e infine… a Sasuke, futuro sposo. Quest’ultimo infatti stava stringendo con forza una posata. Pessimo segno. E, soprattutto, si poneva questioni relative a sentimenti che non avrebbe mai potuto capire, quali l’istinto femminile di dominio del territorio: perché Sakura doveva fare così? Perché? Cos’era quell’invadenza, quella decisione di accelerare le cose, come se ci fosse una bomba a orologeria piazzata sotto di loro?
“Va… va bene.” Annuì Hinata, lanciando un’occhiata a Naruto, come aspettandosi che questi avrebbe avuto da ridire.
No, non va bene per un cazzo – sbottò Sasuke – e l’idiota annuisce pure. Con quegli altri sottospecie di Casper di categoria zeta a guardare. Lo strozzo, così va a far loro compagnia, visto che ci tiene tanto.
“Dai, Sasuke, non essere geloso, il mio numero ce l’hai già.”
Buttò lì Naruto, facendogli l’occhiolino con aria complice.
Sakura assottigliò le labbra. Sasuke si voltò a guardarlo. Nonostante tutto scoprì di aver voglia di sorridere, per quella battuta quasi provocatoria che manifestava una ricerca di complicità. Eppure allo stesso tempo l’allenatore sentiva addosso un inevitabile senso di tragedia.
“Stupido.” Borbottò.
“Già – ammise l’amico in un sussurro, massaggiandosi il collo mentre guardava l’avanzo del dolce – sono proprio stupido.”
Sakura, che aveva cominciato a parlare con Hinata del matrimonio e delle ultime cose da organizzare, non sentì quelle parole. Ma Sasuke le udì benissimo.
Finirono, pagarono il conto e si alzarono, ciascuno diretto verso le proprie direzioni. Hashirama e Madara in silenzio li guardarono andar via e si resero conto di quanto entrambi fossero, in fondo, tristi.

*

“Allora ci sentiamo per il matrimonio. Una settimana e ci siamo, eh?” commentò Naruto, cercando di sorridere.
Hinata annuì: “Già. Ci sentiamo… domani? Se non è un disturbo, ovviamente.”
Precisò, con delicata empatia.
“Ma quale disturbo, figurati!” la rassicurò.
Sasuke era rimasto in silenzio. Sakura salutò l’amica e collega di lavoro poi, finita qualche altra breve chiacchiera, Hinata chiamò un taxi e si allontanò, dopo essersi scambiata anche con Naruto un bacio di cortesia sulla guancia, con il risultato di sentirsi andare a fuoco le gote morbide.
Rimasero loro tre. Erano sempre e solo loro tre, alla fin fine.
“Spero che la serata ti sia piaciuta, Naruto – interloquì Sakura – Hinata è una brava e bellissima ragazza.”
“Sì, l’ho visto.” Disse lui, fissandola.
Ci fu un altro silenzio. Poi la futura sposa esortò con un sorriso:
“Andiamo, Sasuke? Domani devi alzarti presto per andare a lavoro e dopodomani abbiamo la cena con i nostri amici. Devi essere in forze per festeggiare, se vuoi arrivare vivo al matrimonio.”
Scherzò, con quell’aria premurosa e al tempo stesso energica che conquistava gli altri. Certo, all’idea di arrivare vivi a fare qualcosa c’era da pensare istintivamente a Madara e Hashirama… chissà se erano ancora dentro il locale.
“Andiamo.” Concordò lui, incurvandosi appena nelle spalle mentre le mani affondavano nelle tasche.
“Hai bisogno di un passaggio?” domandò però rivolto a Naruto, come se si aspettasse che dicesse di sì.
Ma questi scosse la testa, tirando su il pollice:
Eccerto, vengo a fare il terzo incomodo.
“No, sono a posto. Ci… sentiamo.”
“Ok.”
Non riuscirono a dirsi di più. Si separarono, andando in due direzioni opposte.
Quando fu certo di aver percorso abbastanza terreno, non sapeva nemmeno quanto, né dove esattamente fosse, Naruto calciò un sasso dal marciapiede e urlò, con forza, gridando la sua rabbia fino a sentire la gola bruciare. Maledisse Sasuke, il suo senso di colpa, la consapevolezza di averlo bloccato per colpa della sua stupidità e, allo stesso tempo, odiò la convinzione di non rappresentare la scelta più ovvia per il migliore amico.
Non si erano mai detti ti amo. Avevano fatto sesso, si erano parlati di tante cosa ma… amare, come un uomo amava una donna? No, quello non era il loro campo. Rispetto a Sakura proprio non si potevano avanzare pretese legittime.
Allora… perché sentiva tutta quella tristezza addosso?

*

Hashirama e Madara erano fuori dal locale. Quest’ultimo aveva una sigaretta in bocca, presa da un tizio che non si era reso conto del pacchetto che si apriva da solo; poi era bastato sottrarre un accendino senza dare nell’occhio e via, il gioco era fatto. Poteva quasi abituarsi.
Espirò, per poi dire dopo aver assistito al saluto dei due:
“Bella merda.”
“Già.” Commentò l’altro. All’improvviso piegò appena la testa e la appoggiò su quella di Madara, di poco più basso di lui.
Rimasero così un istante, finché l’illustratore ammise, con voce leggera ma allo stesso tempo profonda:
“Non voglio separarmi da te. Sono sempre stato parecchio fiducioso per quello che mi attendeva oltre ma… restando qui, sospesi, mi rendo conto che prima o poi tutto questo finirà e io – fece una breve pausa – io potrei rischiare di perderti.”
Non si era mai abituato a passare così tanto tempo con Madara; non credeva che il miracolo di averlo accanto potesse verificarsi proprio da morto.
“Non succederà. Finché morte non vi separi – l’altro fece un breve sorriso – è per questo che non ci siamo sposati, no?”
“E’ che…”
Non finì la frase, limitandosi a sospirare e a sorridergli.

*

Sasuke aveva appena riaccompagnato a casa Sakura. Casa loro, a dire il vero. Ormai mancavano gli ultimi pezzi d’arredamento, i mobili del soggiorno erano in consegna e le pareti sapevano di vernice fresca. Tutto perfetto, pronto per quando si sarebbero sposati.
Lei aveva insistito affinché condividessero lo stesso tetto; avevano dunque già più o meno convissuto nell’appartamento di Sakura, che era più grande, ma Sasuke ogni tanto sentiva bisogno di tornare tra le sue mura, con le cose che ancora non aveva portato via, come le robe da boxe o le fotografie della sua infanzia.
Anche quella sera, nemmeno troppo sorprendentemente, aveva finito per trasformarsi in un’occasione di lontananza, a discapito di ciò che Sakura avrebbe voluto. Perché Sasuke, con il pretesto che il suo appartamento era vicino a lavoro, congiunto all’obbligo di dover andare via più presto del solito, aveva ribadito che passare la notte nel proprio alloggio era la cosa migliore – consapevole comunque che tra un mese quelle mura tanto vissute sarebbero state vendute, perché era irreale che lui potesse ancora tornarci.
Almeno su quello Sakura era stata irremovibile.
Quando scattò il semaforo, Sasuke ripartì.
“Ti spiace se ascoltiamo un po’ di musica?”
Sorpreso, il ragazzo sterzò e le ruote sferzarono la strada. Uno dietro suonò il clacson ma il guidatore si rimise in fretta in carreggiata, dopo aver lanciato un’occhiata di incredulità e fastidio a chi gli era comparso al fianco senza preavviso, tanto per cambiare.
“Hashirama! Ancora tu? E dov’è quel cafone del mio finto parente?”
Aveva parlato con tono minaccioso, ogni parola era una lamata gelida. Ma Hashirama non si lasciò certo impressionare, abituato ad avere a che fare con i disagiati sociali. Per contro, infatti, rise:
“Madara? – scrollò le spalle – Ah, non lo so. All’improvviso mi sono ritrovato qui. Gli spostamenti funzionano un po’ stranamente, sono controllati dall’emotività.”
“Perfetto, mi mancavano solo più i fantasmi sensibili.”
Grugnì. Senza scomporsi, Hashirama accese il lettore MP3. Partì una canzone pop.
“Katy Perry?” domandò, divertito.
Sasuke arrossì e corrugò le sopracciglia, in evidente imbarazzo: “Non è roba mia. Sakura non sa farsi gli affari suoi e mette le sue canzoni.”
Tutto sommato Hashirama non cambiò canzone, limitandosi a commentare:
“Ah, i piaceri e i dolori della vita coniugale.”
Sollevando un sopracciglio, Sasuke inquisì: “Puoi toccare le cose?”
“Sì. Se fossi stato Madara avrei aggiunto: e se voglio posso anche prenderti a schiaffi. Ma non sono Madara, sebbene… sì, potrei davvero prenderti a schiaffi.”
Fissò Sasuke che, fermo al semaforo, a sua volta lo guardava, mentre Katy Perry parlava di giungla e di ringhi. Wow, ci sarebbe stato da spanciarsi dal ridere, non fosse che l’intera situazione era sull’orlo del disastro e che un morto sposato, trovato a letto con il migliore amico, gli parlava di vita coniugale.
“Ok – disse Sasuke all’improvviso, stringendo il volante e ripartendo – dimmi che accidenti devo fare per farvi andar via. Chiamo un’esorcista? Un medium? Mi cospargo di sale?”
Hashirama trovò nostalgicamente divertente quel tono acido di parlare.
“Tanto per cominciare potresti parlare con Naruto. Questa sera mi è sembrato il perfetto esempio come non parlare.”
“Oh, perché, tu lo hai fatto in vita?” sbottò Sasuke per poi bloccarsi e ricomporsi, di nuovo fermo al semaforo.
“Con Madara l’ho fatto, a differenza tua. E’ con me stesso che non ho parlato. E ho dato ascolto a quello che voleva la società e gli altri; mi sono sposato, con una donna verso cui provavo comunque amore, ho cresciuto una figlia, che ora ha qualche anno più di voi, e aspetta una nipotina che io non vedrò mai – accennò a un sorriso – sai, ho conosciuto Madara quando ero già sposato. E Mito era incinta.”
Mi piace il tuo tratto. E’ malinconicamente bello.
Quelle erano state le prime parole che Madara gli aveva rivolto, per strada, dove all’epoca durante le fiere un giovane Hashirama esponeva le sue opere nel tempo libero, visto che gli altri giorni lavorava per mantenere la famiglia.
E Madara, quel giorno, gli era sembrato una macchia d’oscurità che aveva finito per espandersi in lui, portandogli in realtà tanta luce. Perché se all’inizio lo scrittore, autore già di qualche modesta pubblicazione, sembrava solo uno stronzo arrogante e pretenzioso, con il tempo si era scoperto una persona sensibile, con un’emotività travolgente che mascherava tramite il suo fare in parte scostante, in parte arrabbiato.
Hashirama aveva finito per innamorarsi di lui.
Tutti voi, in fondo, avrete sperimentato cosa significhi amare. Come si può controllare, inscatolare, imbrigliare un sentimento così forte? Non parliamo dell’attrazione zuccherosa da romanzi rosa, ma di puro e semplice amore, forse chimico, forse empatico. Ecco... no, non si può controllare, né far finta che non esista, specie se ricambiato.
Perché anche, e soprattutto, Madara amava, in una maniera così diretta da far capire ad Hashirama che nessuno dei due avrebbe più potuto cambiare rotta. E a quel punto rimanevano solo due possibilità: dire la verità a Mito e passare il resto della sua vita accanto allo scrittore con cui aveva finito per collaborare ormai da anni; oppure tacere, vedersi con l’uomo che amava in qualche motel o con il pretesto dei disegni, e tenere unita la sua famiglia, consapevole che si sarebbe alzato ogni giorno vedendo il volto di sua figlia.
Ecco, come potrete prevedere dall’andamento della storia, Hashirama aveva scelto la seconda opzione, anche se Hana da adulta era andata ad abitare con il suo futuro marito e Senju si era lo stesso trovato in trappola, perché Mito continuava ad esistere e sembrava sussurrargli nella testa di non lasciarla sola.
Madara all’epoca si era incazzato e aveva rischiato di mandare tutto a fanculo ma... alla fine, proprio perché amava così tanto, era rimasto, accontentandosi. Quello stesso amore di cui abbiamo parlato sopra non è un bel sentimento, né è così positivo: chiunque vi dica il contrario forse è solo stato molto fortunato o, magari, è semplicemente un illuso. Proprio perché fuori controllo l’amore finisce per fare quello che vuole, portando a compromessi e scelte che normalmente non si farebbero, proprio quando ci si crede invincibili, intoccabili, di fronte a frivolezze come i sentimenti.
Madara aveva ben ragione dunque ad essere incazzato, sentimento amplificato esponenzialmente la sera dell’incidente satellitare.
Non che Hashirama provasse qualcosa di diverso, semplicemente aveva un modo diverso di esprimerlo:
“Li ho lasciati mentendo – concluse, lucidamente – perché pensavo avrei perso mia figlia per sempre. Sarebbe bastato essere onesto con me stesso e non credere di dovermi per forza sacrificare in nome di quello che ritenevo più giusto. Così facendo ho perso il mio tempo con Madara in vita e il resto della mia famiglia durante la morte.”
La canzone smise. Prese al suo posto Pictures of You, dei Cure. E Hashirama era certo che, nonostante tutto, quella fosse di Sasuke.
Il quale, in qualche modo, dopo diversi minuti di doloroso silenzio si ritrovò a spiegare senza nemmeno accorgersi di aver cominciato:
“Con Naruto non ho nulla di cui parlare. A lui sta bene così. Non mi ha mai detto niente quando ho iniziato a uscire con Sakura, non ha fiatato quando abbiamo iniziato a convivere, né ha replicato quando gli ho detto che ci saremmo sposati. Nulla, non un cenno. Eppure a ‘sto stronzo piace comunque scopare!”
Sbatté una mano contro il volante. Aveva alzato la voce, senza rendersene conto; anche quelle parole gli erano uscite così dalla bocca, da sole, e lui non le aveva controllate.
“Questo perché ti ama.” Disse con estrema semplicità Hashirama, per poi ricevere lo sguardo più scettico e disperato che Sasuke fosse in grado di fare, dietro quella perenne maschera di freddezza che non riusciva proprio a scrollarsi di dosso.
“No, io…” cominciò ma Hashirama gli domandò, abbassando il finestrino per appoggiare il gomito:
“Cos’è successo, anni fa?”
Sasuke non rispose. Rimasero in silenzio entrambi, fino a che il ragazzo parcheggiò vicino a casa. Eppure non scese dalla macchina e Hashirama guardò davanti a sé, in attesa. Lui aveva tutto il tempo del mondo.
Il guidatore si slacciò la cintura, portò la testa contro il sedile e disse, all’improvviso:
“Una stupidaggine. Naruto e io stavamo correndo per allenarci. Poi lui ha attraversato la strada e una macchina che non doveva passare lo stava per investire. Non ho più pensato: mi sono buttato per spingerlo via. Sostanzialmente, ciò che non è toccato a lui, è toccato a me; per fortuna il tizio non mi ha preso in pieno ma la gamba me la sono giocata, nonostante le costole rotte e tutto il resto.”
“Hai detto addio alla tua carriera sportiva, in pratica.”
Anche Hashirama, esattamente come Madara, sapeva essere spaventosamente diretto. La differenza era nel tono di voce, così comprensivo e umano da far pensare che fosse realmente lì, carne e ossa, in quella macchina.
“Sì.” Ammise Sasuke, obiettivo. Suo padre, che aveva posto tante speranze in lui, era rimasto deluso, anche se aveva fatto il possibile per non farglielo capire, né pesare. Dopo anni i suoi si aspettavano che il figlio menomato almeno trovasse felicità nella famiglia, come l’avevano ricevuta loro.
A volte i genitori sanno essere molto egoisti nei desideri verso i figli, proprio quando ritengono di pensare solo al benessere di coloro che hanno messo al mondo.
La strada era buia e silenziosa, quasi per far sentire meglio le parole di entrambi.
“E non pensi che Naruto possa sentirsi in colpa per questo?” osservò Hashirama, digerendo quelle parole del passato.
“So che si sente in colpa, dannazione! – scattò Sasuke, mordendosi poi un labbro – ma cosa devo fare? Continuiamo ad allenarci assieme, cerco di spronarlo a iscriversi alle competizioni almeno locali, perché è bravo, ha talento, e non sopporterei di vederlo ingabbiato in una stupida palestra che frequenta come se fosse un appuntamento sul calendario, specie per una colpa che non ha!”
“E… questo, invece, gliel’hai detto?”
La domanda di Hashirama rimase lì, sospesa nell’abitacolo ordinato della macchina.
La risposta non aveva bisogno di essere detta, entrambi sapevano già qual’era.

*

“No!”
Esclamò Naruto, quando Kiba gli propose di prendere un’altra birra. Erano usciti assieme dopo lavoro, visto che tanto il ragazzo non aveva granché da fare e di certo non aveva voglia di tornarsene a casa, non quando sapeva che quella sera Sasuke sarebbe stato a quella specie di addio al celibato con tutte quelle coppie allegramente sposate o quasi, assieme alla sua futura moglie. Ma che accidenti di addio al celibato era? Dov’erano le spogliarelliste, i costumi a filo interdentale e tutto il resto? Lì c’era lo zampino di Sakura, che voleva far odorare al marito l’aria di famiglia, figli e responsabilità in un clima allegro. Decisamente furba.
Però, nonostante questo, l’ultima cosa che Naruto voleva fare era proprio bere. L’altra sera era tornato a casa dopo aver chiamato un taxi che lo aveva minacciato di morte, se solo avesse osato insozzare la macchina con il suo vomito; effettivamente Naruto aveva retto, forse più intimorito all’idea di pagare i danni che per reale sopportazione, ma una volta giunto a casa si era fiondato in bagno e aveva rigettato anche l’anima.
Per quello, decise, doveva rimanere sobrio e non far pensare a se stesso che tutta quella faccenda del matrimonio lo potesse ridurre a un rifiuto umano. Poi si era sentito anche con Hinata e si erano messi d’accordo per andarla a prendere il giorno della cerimonia, non male, no?
Kiba l’aveva insultato come meritavano tutti gli astemi o presunti tali del mondo e se n’era andato fuori a fumare, assieme agli altri amici. Così Naruto era rimasto solo al tavolo, intento a sgranocchiare delle arachidi.
Sollevò la testa e si vide davanti Madara, con i gomiti appoggiati sul legno e l’aria di chi stava per mandare qualcuno a fanculo.
“Stai scherzando, vero?” domandò infatti l’uomo.
Chissà perché, Naruto pensò di aver sentito comunque, nella pelle, quel famoso vaffanculo.
“Ti sembro uno che scherza?”
Ah, che risposta del cazzo.
“Sì, effettivamente sì. Sembri proprio un pagliaccio.”
Ecco, appunto.
“Senti, Uchiha Ipersociopatico, già mi basta dover gestire Sasuke, non ti ci mettere anche tu. Non hai tipo da vedere i tuoi cari o tutte queste robe qui?”
Domandò, speranzoso, consapevole di non riuscirlo prendere a pugni ma, da quanto aveva intuito, poter comunque ingiustamente ricevere tante botte.
Madara finse di pensarci:
“No. E non me ne fotterebbe ugualmente nulla. Tanto l’unica persona che amavo è morta e ora mi trovo qui a dover avere a che fare con una sorta di ragazzo mestruato che esce con gli amici e non beve. Sei un insulto alla specie umana, che già di per sé fa piuttosto schifo, immagina quindi a che livello sei.”
“Certo che sei proprio stronzo – ammise Naruto, fissandolo quasi con interesse – è odio represso il tuo o proprio non ti hanno dato affetto da piccolo?”
All’improvviso, Madara scoppiò a ridere. Non sapeva bene perché ma quel ragazzo si rivelava essere a suo modo imprevedibile.
“Nah, è che mi viene naturale insultare la gente.” Si limitò a dire, scrollando le spalle.
“Scrivi dei bei libri, davvero. Sembri un’altra persona.” Ammise all’improvviso Naruto. Il locale era affollato, ben pochi avrebbero fatto caso a un tipo solitario che parlava da solo: gli ubriachi lo facevano tutto il tempo, oltre a vomitare a raggiera.
Madara, perplesso e quasi spaventato da quell’osservazione piuttosto intima e maledettamente perspicace, inarcò un sopracciglio, artigliando inconsapevolmente i polpastrelli sul bordo del tavolo. Che strana sensazione toccare qualcosa, anche se a tratti sembrava più un ricordo, quasi un prodotto della sua memoria.
“Scrivere è l’unica cosa che mi riesce bene, per questo lo faccio – attese un istante, poi domandò, assottigliando gli occhi come se si stesse addentrando in un terreno pericoloso – che libri hai letto?”
Così, sorprendentemente, dialogarono di libri, di storie e di racconti. Per la prima volta Madara sentì parlare di qualcosa di suo, di una sua storia, da una persona che non fosse Hashirama. E fu strano, persino sconvolgente. Arrogante e indisponente, non aveva mai letto le belle recensioni dei lettori, né sentito dal suo agente i dati fantastici di vendita, se non per avere conferma che avrebbe potuto continuare a scrivere per sempre. Credeva, in fondo, di non meritare alcun complimento, perché scrivendo rigettava nelle righe la persona che era e lui… non si era mai reputato un umano piacevole, come potevano dunque i suoi libri essere anche solo minimamente belli?
Si sentì invece sorprendentemente avvolto da quel calore, dall’entusiasmo, e quasi stordito all’idea che ciò che scriveva riusciva ad arrivare così in profondità nelle persone.
Rientrarono gli amici di Naruto. Perplesso, Kiba domandò:
“Con chi parlavi?”
Naruto si grattò il naso, facendo finta di nulla: “Mi preparavo… il discorso del matrimonio.”
“Ah, bella, ti voglio sentire. Dai, una birra prenditela!”
Il ragazzo fece per protestare anche quella volta ma successe qualcosa di imprevedibile: Madara lo toccò. In realtà con l’intento di ribaltarlo dalla sedia e dargli una svegliata, poi il tutto finì per trasformarsi in qualcosa di nettamente diverso: senza nemmeno comprendere come o per quale strano fenomeno fisico, lo scrittore si trovò infatti catapultato nel corpo di Naruto.
Vide il mondo con i suoi occhi, la gente, i suoni e gli odori. Tutto gli sembrò tanto vivido e pieno di vita da fargli capire che, da quando era morto, non c’era nulla di davvero reale come quando camminava sulla Terra, scriveva, fumava e amava, amava completamente Hashirama.
Ehi, che stai facendo?!
Esclamò la voce di Naruto, che gli rimbombò nelle orecchie. Il vero proprietario del corpo poteva sentire e vedere come sempre ma… non riusciva più a muovere un muscolo, né a parlare. Avvertiva la presenza di Madara, un marionettista senza fili.
E che cazzo ne so! Ti sono entrato dentro all’improvviso!
Rise, per il doppio senso che c’era dietro.
Kiba lo guardò perplesso:
“Naruto? Tutto bene?” Okay che l’amico era sempre stato allegro ma scoppiare a ridere all’improvviso dopo essere stato depresso tutta la sera era un po’ troppo anche per lui.
“Mai stato meglio! – esclamò Madara attraverso Naruto – Ordina quella cazzo di birra e non se ne parli più!”
Ehi, stronzo! Che cazzo fai? No, non osare farmi ubriacare!
“Wow! – esclamò Kiba – Che aggressività! Così ti voglio, bello panterone!”
Panterone? Ma che…
“Fanculo a Sakura! Sabato mi bombo Hinata e mi fotto anche Sasuke, già che ci sono!”
Qualcuno nel pub si voltò.
Kiba sollevò un sopracciglio. Ehr… sì, insomma, Naruto più che panterone sembrava decisamente posseduto. Arrivò la birra e gliela avvicinò, ridacchiando. Massì, non era male essere così su di giri.
“Ben detto! Il mare è pieno di pesci!” concordò, riecheggiando senza saperlo parole già dette di recente.
“E di puttane!” esclamò Madara nei panni del biondo, un tempo affettuosamente simpatico, Naruto.
Un altro, meravigliato, esclamò: “Come sei saggio!”
No! Ma che saggio?! Te stai fuori!
Madara per contro trangugiò metà boccale, si pulì con il dorso della mano e fu fantastico sentire la birra scorrere giù per lo stomaco, anche se non era esattamente il suo stomaco. Ma quelli erano dettagli. Sicuramente quel complessato di Naruto poteva beneficiare di una bella ubriacatura come si doveva.
Ordinò un’altra birra e si finì anche quella, cominciando a chiacchierare coi presenti al tavolo.
Naruto, sebbene impossibilitato a muoversi in autonomia, si sentì piacevolmente brillo e finì per trovare gradevole sentire Madara parlare, raccontare storie, corteggiare le cameriere e insultare gli amici che, ubriachi marci, ridevano come se stesse facendo loro il solletico.
Madara sentiva solo vagamente l’ubriachezza eppure... a modo suo persino lui si stava divertendo, anche se davvero non capiva come finisse la gente per volergli comunque parlare, nonostante si fosse sempre impegnato per allontanarla. Non gli avevano fatto neppure il funerale, in ogni caso. Decise che avrebbe perseguitato quel figlio di puttana di Fugaku, contrappasso minimo per avergli sbolognato un complessato come Sasuke.
“Allora, tu, coso – Kiba, dannazione, ci conosciamo da anni – Kiba! Sigaretta! Ho bisogno di fumare!”
Kiba rise, anche lui alticcio e incapace di prendersela per quella lieve dimenticanza sul nome:
“Ma dai, che dici? Da quando fumi?”
L’altro sbatté la mano sul tavolo: “Da adesso! Devo emanare un editto? Un concilio? Adesso. Quindi sgancia, perché visto che comincio ora non ho comprato le cazzo di sigarette.”
Perfetto, no, fai pure, uccidi anche me, tanto a te che cambia?
“E sta un po’ zitto, cazzo di suora.” Sbottò.
“Ma veramente non ho detto altro – replicò Kiba – va bene comunque, dai, pigliati ‘sta paglia e andiamo a fumarcene una.”
“Ma prima – Madara si alzò in piedi di scatto e il corpo di Naruto traballò un istante – un’altra birra! Alla goccia!”
“Impossibile! Muori prima!” replicò qualcuno.
Esatto. Morire? Presente? Dovresti aver capito come funziona. Minchia ti riempirei di botte!
Madara-Naruto si portò un pollice al petto:
“Per me nulla è impossibile! O non avete abbastanza palle per sperare di battermi?”
L’altro amico commentò: “Sei proprio maschio, Naruto. Mi sorprende che Sakura non te l’abbia data e si sia messa con quel tuo amico che sembra abbia sempre un palo su per il culo!”
Naruto ridacchiò e rise anche Madara.
Effettivamente ogni tanto Sasuke sembra proprio stare per le sue.
La risposta di Madara invece fu: “Per forza, lei è una frigida del cazzo. Si sono trovati, evidentemente!”
Fecero a gara per chi finiva prima la birra. E quando Madara vinse, decretando il tutto con un sonoro rutto per colpa del quale Naruto si sentì quasi sfondare la cassa toracica, il giovane Uzumaki fu completamente ubriaco e ritenne che era stato persino stupido a non aver mai sostanzialmente fumato in vita sua, cosa che confermò quando uscì fuori dal locale e gli accesero una sigaretta.
Colpa del frigido! Ti fa male! – nella sua testa scimmiottò Sasuke che lo rimproverava, quando ancora sperava di portarlo in cima alla vetta – Che sportivo saresti? Blahblah!
Ridacchiò e, a sua volta, Madara rise, aspirando il fumo:
“Cerca di proteggerti – nel dire quella frase lo scrittore suonò spaventosamente serio, per poi aggiungere più scanzonato – Ma tu sei un maschio alpha e un panterone. Hai dei titoli da difendere!”
Sì, piaciono anche a me sti titoli – si accorse di star perdendo delle lettere per strada ma non importava -  proteggermi. Bah, considerando che l’ultima volta si è fatto investire per farlo, direi che non è stata molto produttiva come scelta.
Gli altri erano troppo ubriachi per interessarsi di Naruto che, tanto per cambiare, oltre a fumare e puzzare come tutti loro d’alcool, parlava da solo facendosi i complimenti. Kiba, nel frattempo, vomitò sul marciapiede.
“No, per niente produttiva. Proprio un coglione, vero?” il tono di Madara suonò quasi... triste.
“Ehi, coglione sarai te!” esclamò Kiba tra un conato e l’altro.
Madara lo ignorò.
Già – mormorò Naruto – per quello gli devo il favore di lasciarlo stare. Per colpa mia non può più fare a botte.
“Boxe, intendi?” domandò Madara aspirando, con la schiena appoggiata al muro. Non tanto per far fare a Naruto la figura del figo, quanto perché ubriaco com’era sarebbe caduto a terra.
Shi, quella roba lì. Picchiamo tutti e due, da anni. Ma Sasuke non può più. E’ giusto che sposi Sakura e abbia una vita normale, almeno quello glieo deo.
Si mangiò le ultime parole.
“Ehiehi, non farti venire la ciucca triste, cazzo! Ma sei scemo o cosa? Credi davvero che Sasuke sia felice con Sakura? Che quel cazzo di matrimonio sia ciò che veramente lo renda realizzato?”
“Per me no, si vede lontano un miglio che non gli si tirerebbe manco se lei fosse vestita da mandrillona sexy.” Commentò uno degli amici, per poi porgere un fazzoletto a Kiba.
Io
Naruto non seppe che dire. Si sentì stupido, con la testa leggera, il peso di tutte le cose non dette, l’idea terribile che Sasuke era da qualche parte in città a festeggiare una cosa che… che Naruto avrebbe voluto bloccare, con tutte le sue forze.
Fanculo al matrimonio! Fanculo a Sakura! E’ con me che devi stare, stupido Uchiha!
Lo disse talmente forte nella sua testa da rimanere senza fiato, come se avesse gridato dalla cima della vetta.
“Tizio, telefono, ora. Prendilo a Kiba, tanto è più di là che di qua.” Ordinò Madara, al primo ragazzo che aveva a tiro.
In men che non si dica si ritrovò il cellulare di Kiba. Le dita di Naruto composero istintivamente il numero, la sua testa lo sapeva a memoria.
Cheffai?
Domandò il ragazzo, sospettoso ma incapace di alterarsi.
Ma non fece in tempo ad attendere una risposta, perché nel giro di qualche secondo rispose la sua voce dall’altro capo del telefono. La voce di Sasuke.
“Naruto?”
“Proprio io, testa di cazzo!”
Ci fu un attimo di silenzio.
Se Naruto avesse potuto si sarebbe dato una testata sul muro, anche se avrebbe pagato per vedere l’espressione di Sasuke.
“Sei ubriaco?”
“Sì, ma questi non sono fottutissimi cazzi tuoi – decretò Madara, per poi aggiungere – dove sei?”
“Naruto, fatti accompagnare a casa. Ne parliamo domani, ti vengo a trovar…”
“No, parliamo proprio adesso. Non domani, ora. Ripeto: dove sei?”
Ci fu un altro silenzio. Naruto si sarebbe aspettato che a quel punto Sasuke avrebbe staccato la telefonata, mandandolo a fanculo; invece, sorprendentemente, dopo un sospiro apparentemente irritato il ragazzo indicò il nome del locale e la via.
“Aspettami lì. Tu e tutti gli altri che giocate alla famiglia di Barbie.”
“Ehi, cazzutissimo!” replicò l’amico che gli aveva passato il cellulare. Madara, sempre nei panni di Naruto, gli restituì il telefono.
“Anche voi non siete male. Ci vediamo, ora… ho un conto in sospeso da risolvere.”
Gli altri lo guardarono ammirati: il loro amico sembrava proprio un personaggio uscito da un fighissimo film d’azione con sparatorie e gnocche assurde. Il ragazzo infatti se ne andò, con la camminata un po’ traballante ma a suo modo eroica, la sigaretta gettata via e i capelli biondi che rilucevano sotto le insegne dei locali.
Ci fu un istante di silenzio contemplativo. Poi, meditabondo, qualcuno chiese:
“Sì ma… ha pagato il pub?”
Altro silenzio; nessuno rispose. Massì, Naruto era un figo comunque, anche se aveva bevuto per dieci senza sganciare un centesimo. E sembrava che il conto che lo aspettava fosse ben più importante di quello maturato in una sbronza dettata da insoddisfatta nostalgia.








Sproloqui di una zucca


Eccoci finalmente al terzo e penultimo capitolo che, lo ammetto, mi sono divertita tantissimo a scrivere; era una bella sfida, raccontare qualcosa di così assurdo come una possessione spirituale e renderla divertente, sottolineando però aspetti introspettivi importanti dei personaggi, alternando tra l'ironico e il triste. Mi auguro di esserci riuscita.
Come avrete notato, ogni titolo dei capitoli ha una sua ragione contestuale (anche se con l'ultimo sarà definitivamente chiaro lo stop, backwards etc.); Frankenstein, colui che ha dato vita alla creatura. Quest'ultimo essere, prima fenomeno da baraccone, poi temuto e odiato da tutti, in realtà ha una sua sensibilità, un modo di percepire il mondo e gli altri molto più intenso di un qualsiasi essere umano. In questo mi ha ricordato molto il nostro Madara che, nonostante il carattere scostante, a dire il vero è capace di amare al punto da offrire ad Hashirama la possibilità di non disgregare la sua famiglia e di intuire cose che magari non tutti riescono a cogliere. Non gli chiede di scegliere e questa è una cosa che pochi riuscirebbero a fare.
Piccolo appunto: la prima citazione appartiene a un film tratto dal libro di Mary Shelley e, secondo me, rimane molto evocativa. Nell'originale il discorso della Creatura è più catgorico: se non ispirerò amore, ispirerò paura. Credo sia un modo possibile di reagire di fronte a sentimenti che non ci piacciono.
Quanto adoro Madara, che scende a compromessi impensabili e che ama così tanto, ma anche Hashirama che è padre e, assieme a sua figlia, è cresciuta anche la relazione con Madara, al punto da non poter scindere né l'una, né l'altra; ma voglio tanto bene anche a Naruto, con i suoi sensi di colpa, il suo amore, la sua rabbia e la voglia un po' pazza di riprendersi Sasuke, allo stesso modo voglio bene anche a Sasuke, che non aveva esitato un istante nel proteggere il migliore amico e che non prova risentimento nei suoi confronti, ma solo voglia di vederlo in alto, come meriterebbe.
Con il prossimo capitolo, che concluderà questa pazza storia, vedremo il confronto tra Sasuke e Naruto; infine, in base all'esito, comprenderemo che fine faranno i nostri due fantasmini adorati. Quando giungerete alla parola fine... consiglio di rileggere da capo, forse ci sono dettagli che avranno un senso diverso.
Per concludere, vi lascio con un'altra splendida immagine di Hashirama e Madara, anche in questo caso perfetta per descrivere un Madara in preda alle affettuose crisi di gelosia dovute alla neonata che ruberà tutte le attenzioni di Hashirama XD E, nonostante tutto, Madara accetta per lui di rimanere nell'ombra T_T





Che dire, grazie per chi sta seguendo questa storia e per apprezzarla, spero che possiate continuare a pensarla allo stesso modo sia per questo capitolo che per il prossimo <3 Alla prossima! Grazie di cuore a coloro che la commentano e che condividono con me i loro pensieri :3

   
 
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